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Il figlio del milionario: Harmony Collezione
Il figlio del milionario: Harmony Collezione
Il figlio del milionario: Harmony Collezione
E-book150 pagine2 ore

Il figlio del milionario: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dalla Grecia agli Stati Uniti, dall'Italia all'Inghilterra, innamorarsi di un milionario non è poi così difficile. Ma riuscire a rapirne il cuore non è un'impresa da tutti.

Una notte di passione. Pura, travolgente e meravigliosa passione con un affascinante sconosciuto. Questo è ciò che si regala Skye Marston prima di volare sull'isola greca di Helicos, dove l'attende Cyril Antonakos, vecchio magnate greco che la prenderà in sposa. La giovane non può certo immaginare che Theo, figlio dell'anziano milionario, è proprio il suo amante di una notte.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2016
ISBN9788858947050
Il figlio del milionario: Harmony Collezione
Autore

Kate Walker

Autrice inglese originaria della regione di Nottingham, ha anche diretto una libreria per bambini.

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    Anteprima del libro

    Il figlio del milionario - Kate Walker

    successivo.

    1

    Theo Antonakos non fu per nulla sorpreso dalla notizia che presto avrebbe avuto una nuova matrigna.

    Non era ancora riuscito a rassegnarsi alla reputazione di donnaiolo che si era fatta suo padre. Aveva perso il conto di tutte le amanti subentrate dopo la morte di sua madre, avvenuta quando lui era ancora un bambino. Nessuna era durata a lungo, nonostante tre di loro avessero ottenuto di farsi sposare da Cyril.

    E a quel punto stava per fare la sua comparsa la signora Antonakos numero cinque.

    In tutta sincerità, Theo non si aspettava che durasse più delle altre, ma era diventata indirettamente la causa dell'irrequietezza e del turbamento che quella sera lo tormentavano.

    Afferrò il bicchiere di vino che si era fatto servire, lo vuotò completamente del liquido rosso e poi lo batté con forza sul bancone.

    Di solito apprezzava la vibrante vivacità di Londra, il frenetico affaccendarsi della gente impegnata a godere una vita sempre dinamica. Le strade affollate, le luci, il rumore delle automobili, gli ricordavano la sua casa di Atene, il genere di vita che vi aveva condotto, gli alti e bassi del mondo degli affari che trasformavano ogni nuovo giorno in una sfida che lo entusiasmava.

    Quando però le serate cominciavano a diventare buie, umide e fredde, proprio come quella particolare sera di ottobre, avrebbe voluto trovarsi in qualunque altro posto, purché non lì.

    In quei momenti gli mancava il calore sulle spalle del sole della Grecia, il pigro sciabordare delle onde dell'oceano contro le rocce che racchiudevano l'isola di Helicos, di proprietà degli Antonakos. Gli mancava la sua lingua, la sua famiglia. La sua casa, con tutto quello che comportava.

    Tutto era cominciato con la lettera ricevuta quella mattina. La sola vista del francobollo greco aveva perentoriamente suscitato la sua attenzione. Non aveva neppure avuto bisogno di controllare la scrittura sulla busta per sapere chi gliela aveva inviata.

    Alla fine suo padre si era deciso a rompere il lungo silenzio che regnava tra loro ormai da anni.

    «Andiamo, rossa, sorridi! Siediti a bere qualcosa con noi.»

    Quel commento rozzo, pronunciato con voce strascicata da ubriaco e seguito da un coro di risate, lo raggiunse dall'altro lato del locale, spingendolo a volgere lo sguardo in quella direzione.

    Un paio di giovanotti stavano seduti a un tavolo invaso da bottiglie di birra vuote.

    L'attenzione di Theo venne però suscitata, e catturata, dalla donna che si trovava in loro compagnia.

    Non riusciva a vederne il viso perché lei gli dava le spalle, ma quel che poteva vedere bastò a incantarlo.

    La donna sfoggiava una lunga chioma folta di un rosso brunito che le ricadeva sulle spalle scintillando, nonostante la luce fioca, di riflessi ramati. Era alta e ben fatta, slanciata e con un posteriore rotondo e sodo, che si delineava nettamente sotto l'abito nero.

    Theo accennò un sorriso. In realtà, più che un abito, pareva una camicetta stretta in una cintura particolarmente alta, giacché le lasciava quasi del tutto scoperte le lunghe gambe fasciate in calze di nylon nere. A completare l'abbigliamento, ai piedi portava scarpe dal tacco vertiginoso.

    «Ordina pure tutto quello che vuoi, dolcezza» offrì lo stesso uomo che aveva parlato poco prima.

    Quella donna possedeva qualcosa che impediva a Theo di toglierle gli occhi di dosso.

    E lui viveva da troppo tempo senza una donna. Da quando Eva lo aveva lasciato, tre mesi prima, non aveva avuto neppure un'avventura.

    È solo questa la ragione del mio interesse.

    Non che gli fossero mancate le possibilità: era consapevole, senza nascondersi dietro false modestie, che le sue fattezze mediterranee godevano del favore delle donne. Oltre al fascino innato, la ricchezza della sua famiglia e sua personale gli garantivano che non sarebbe mai stato costretto a trascorrere la notte da solo, a meno di non essere lui stesso a desiderarlo.

    Negli ultimi tempi però quella consapevolezza non gli bastava, perché desiderava qualcosa di più.

    Ma non da Eva, ed era proprio quello il motivo per cui avevano litigato. Eva sognava già la marcia nuziale, una fede al dito, e Theo era stato costretto a disilluderla con durezza. Di rimando lei, che non era tipo da accettare una situazione in cui non poteva ottenere ciò che voleva, lo aveva lasciato.

    E se voleva essere onesto con se stesso, Theo doveva ammettere di non sentirne la mancanza.

    «No, grazie.»

    La voce della donna era risuonata nitida in uno di quegli improvvisi vuoti di silenzio che a volte interrompono il costante brusio dei locali pubblici e durante i quali si può udire persino chi parla a bassa voce.

    E che voce! Bassa e sensuale, insolitamente rauca per una donna. Theo non poté evitare di immaginarla sussurrare parole dolci nel calore del suo enorme letto matrimoniale. Improvvisamente sentì la gola asciutta e un brivido di eccitazione gli corse lungo la schiena.

    Il successivo, drammatico cambio del tono di voce della donna cancellò quei pensieri che svanirono immediatamente nel nulla.

    «Ho detto no, grazie.»

    Theo fu in piedi prima ancora di rendersene conto. In quella voce aveva ravvisato un disagio, una totale ripulsa della situazione.

    Gli bastarono pochi passi per arrivare alle spalle della donna, ma né lei, né gli uomini con cui stava parlando se ne accorsero.

    Skye Marston si rese improvvisamente conto di trovarsi nei guai.

    In realtà ne aveva già avuto un presentimento subito dopo avere iniziato con leggerezza la conversazione con i due sconosciuti.

    Non avrei dovuto rispondere al loro saluto.

    Era entrata in quel bar seguendo un impulso improvviso. Il locale appariva affollato, illuminato e caldo, in netto contrasto con il vento freddo e la pioggia che battevano la strada. E lei desiderava ardentemente trovarsi in mezzo alla gente. Aveva trascorso fin troppo tempo da sola, rimuginando pensieri tristi.

    Le pareva impossibile che fosse passato meno di un mese da quando suo padre le aveva confessato di avere problemi finanziari molto più gravi di quanto potesse sospettare, e di aver preso a prestito, nel tentativo di risolverli, ingenti somme di denaro dal suo capo, un magnate greco. Per conto di Cyril Antonakos il padre di Skye dirigeva una catena di alberghi. Il suo furto era stato scoperto e, se fosse stata sporta denuncia, l'uomo rischiava di finire in prigione.

    «Non posso finire in galera, Skye!» aveva esclamato suo padre, in lacrime. «Non adesso, con tua madre malata! Lei ne morirebbe... Devi aiutarmi.»

    «Farò qualunque cosa» aveva replicato Skye, reagendo d'istinto.

    I problemi di cuore di sua madre costituivano già da tempo un motivo di preoccupazione. Ultimamente poi le condizioni della donna erano peggiorate ancora e per lei ormai l'unica speranza era riposta in un trapianto. «Qualunque cosa, anche se non so come potrei aiutarti.»

    Suo padre invece lo sapeva. Cyril Antonakos aveva già prospettato una mostruosa soluzione ai problemi di Andrew Marston. E Skye aveva ascoltato con orrore la rivelazione di quanto proprio lei fosse indispensabile a quella soluzione.

    Cyril Antonakos voleva un erede e per raggiungere il suo scopo aveva bisogno di una moglie. A questo fine aveva scelto Skye: se lei avesse accettato di sposarlo e gli avesse dato un erede, Cyril avrebbe evitato di denunciare suo padre.

    Per salvare Andrew Marston, Skye avrebbe dovuto sposare un uomo più vecchio di suo padre.

    Il giorno successivo scadeva il termine per dare a Cyril la risposta che aspettava.

    Proprio per quella ragione era entrata nel bar; per quella ragione era uscita da sola, decisa a trascorrere la sua ultima serata di libertà nelle strade affollate di Londra, sperando di riuscire a non pensare a ciò che sarebbe accaduto il giorno dopo.

    Senza concedersi il tempo di ripensarci, aveva aperto la porta a vetri del bar, penetrando nella massa per cercare di raggiungere il bancone.

    Ma aveva commesso un errore.

    All'interno del bar, ognuno sembrava conoscere gli altri. Nessuno se ne stava da solo, tutti erano immersi in vivaci conversazioni.

    In ogni caso, Skye era certa che nessuno potesse sentirsi isolato e abbandonato quanto lei.

    Per un attimo era stata sul punto di voltarsi e uscire, ma si era fermata quando aveva notato l'unico avventore che pareva non avere compagnia, proprio come lei.

    È il caso che gli rivolga la parola?, si era chiesta. Fin dall'inizio quello era stato il suo piano: incontrare qualcuno e parlare, per sconfiggere quel senso di isolamento e perdita che la soffocava, godendo quei pochi momenti di libertà prima che il mondo si chiudesse su di lei.

    L'uomo però non pareva tipo da soddisfare quella speranza: era troppo alto, troppo scuro, di aspetto troppo pericoloso. Se ne stava seduto con le gambe allungate, apparentemente a suo agio, ma emanava un'aria minacciosa, di potenza controllata che le faceva battere il cuore e mancare il respiro. L'uomo, che possedeva una folta chioma di capelli nerissimi, non stava rivolto verso di lei, ma teneva gli occhi bassi, fissi sul bicchiere di vino rosso.

    Era come trovarsi davanti un gatto dal pelo lucido che, in attesa di una vittima da cacciare, se ne stava acquattato in una radura all'interno della giungla. Skye perse tempo a osservarlo, rallentando il passo e muovendosi con esitazione.

    In quel momento era stata richiamata dal saluto che le avevano rivolto due giovanotti seduti a un tavolo vicino.

    «Ciao, tesoro. Cerchi qualcuno?»

    Se non fosse stata tanto distratta dalla presenza dell'uomo dai capelli scuri seduto nell'angolo, Skye avrebbe rivolto ai due avventori un sorriso di circostanza, mormorato qualcosa tipo vado a raggiungere i miei amici, e si sarebbe allontanata. Invece era rimasta senza parole. E i due si erano evidentemente convinti di poter trascorrere con lei la serata... e anche qualcosa di più.

    I loro sguardi lascivi l'avevano messa a disagio. Per quanto avesse desiderato trascorrere quell'ultima serata come una normale ragazza di ventidue anni senza impegni sentimentali, quello non era ciò che voleva. Aveva cercato di rifiutare le loro avances con un sorriso di scuse e un'espressione di rammarico, ma non era bastato. Il giovanotto biondo si stava facendo piuttosto aggressivo e quando Skye cercò di indietreggiare e allontanarsi, il tipo con i capelli scuri l'afferrò per un braccio con una stretta che faceva male.

    «Allora, qualcosa non va? Non siamo abbastanza per te?»

    «No... è che sto aspettando il mio... il mio fidanzato» cercò di difendersi lei.

    Il biondo scandagliò il locale, alla ricerca

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