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Il prezzo della passione: Harmony Destiny
Il prezzo della passione: Harmony Destiny
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E-book186 pagine3 ore

Il prezzo della passione: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Louisiana Legacy 1/2
Bugie , tradimenti e redenzione all'ombra delle famiglie più potenti di New Orleans.

Assunto per indagare sulla vedova di un filantropo milionario, l'investigatore Rhett Brannon è assalito dai dubbi. Con la sua vulnerabilità e dedizione all'eredità del defunto marito, la bellissima Trinity Hyatt non assomiglia alla fredda manipolatrice che si era aspettato di trovare. Nonostante questo, Rhett è determinato a svelare le vere intenzioni di quella donna, e per farlo è disposto a usare ogni mezzo. Anche se l'attrazione che subito divampa fra loro potrebbe esigere un prezzo troppo alto da pagare per entrambi.
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2021
ISBN9788830524873
Il prezzo della passione: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Il prezzo della passione - Dani Wade

    successivo.

    1

    Trinity Hyatt percorse il corridoio del museo camminando in silenzio, come se fosse una bambina che cercava di non farsi scoprire dai genitori. Come se il rumore della festa proveniente dall'ala ovest non coprisse la sua fuga.

    Le occorreva allontanarsi un momento da sguardi curiosi e domande indiscrete. Un momento per respirare...

    Poi, però, ripensò al titolo che aveva letto quella mattina accendendo il computer.

    Un matrimonio ambiguo minaccia la manodopera del posto.

    Quel dannato blogger... Sua madre le aveva inculcato nella mente che solo i maleducati usavano il turpiloquio, anche se Trinity aveva scoperto da adulta che farne un uso occasionale era più che soddisfacente. Poiché quel lapsus mentale era l'unica manifestazione di rabbia che si concedeva, si augurava che la madre l'avrebbe perdonata.

    L'anonimo giornalista non capiva il male che facevano le parole? Per non parlare della foto che corredava l'articolo e che faceva rivivere a Trinity il momento in cui era in piedi accanto alla tomba di Michael, sotto gli occhi di metà del paese che la giudicava. Perché il suo aguzzino online non riusciva a leggerle il dolore in faccia? Perché quella persona non capiva che le sue lacrime erano sincere?

    Trinity scacciò i ricordi di bisbigli e sguardi curiosi durante il gala di beneficenza di quella sera, risvegliati dall'infido blogger. Si sforzò invece di concentrarsi sulla sua momentanea solitudine in uno degli angoli di New Orleans che preferiva.

    Dai corridoi familiari del museo Astra erano così tanti i ricordi che le frullavano per la mente affaticata, procurandole una gradita serenità. Ricordava di aver tenuto sua madre per mano mentre camminavano nel silenzio, senza preoccuparsi che qualcuno urlasse loro di andarsene perché erano fuori luogo essendo troppo povere. L'ingresso al museo era gratis tutti i sabati. Loro avevano attraversato spesso la città con l'autobus per trascorrere qualche ora lontano dalle urla del padre, guardando i quadri e le sculture, apprezzandone la bellezza che le affascinava, anche se non sapevano niente di arte.

    In seguito, Michael aveva vagato per quelle sale con loro, narrandole episodi della vita degli artisti e le traversie che, a volte, le opere dovevano superare prima di essere esposte nel Sud degli Stati Uniti.

    Ormai se n'erano andati tutti e due. Trinity scacciò il dolore, relegandolo in un angolo, perché Michael le aveva lasciato un compito molto importante da assolvere. E lei l'avrebbe assolto. Sarebbe tornata alla festa a testa alta e avrebbe rappresentato il suo migliore amico e tutto ciò che lui aveva costruito con tanto, duro lavoro.

    Comunque, per un momento aveva bisogno di essere circondata da pace e serenità.

    Avvertì un senso di colpa mentre rifletteva sul marito... anche se le era ancora difficile pensare a lui come tale. Di dieci anni più grande di lei, per molto tempo Michael Hyatt era stato un amico e una specie di mentore. Erano stati sposati per appena una settimana. Aveva difficoltà ad accettare che se ne fosse andato, anche se lo schianto del suo elicottero privato glielo aveva portato via poco più di sei settimane prima.

    Il dolore che si era lasciata alle spalle era un peso che non l'abbandonava mai.

    Fermandosi di fronte a un dipinto vecchio di cent'anni di una contadina con in braccio il figlioletto, Trinity ne fissò i colori attenuati. Le si offuscò la vista e i particolari familiari scomparvero mentre il suo cervello vagava. Perfino il dolore che quel particolare ritratto non mancava mai di suscitarle rimase attenuato. I bambini erano un altro aspetto della sua vita di cui piangere, e quella sera non voleva occuparsene.

    Quando sentì di essersi saziata la vista, lasciò che le palpebre si chiudessero, ignorando la lacrima che le rigò la guancia.

    «Sembra felice... in pace, non direbbe? Anche se la sua vita doveva essere tutt'altro che facile.»

    Sorpresa di udire un'eco delle proprie riflessioni su quel particolare dipinto, Trinity si voltò. Non si era accorta che qualcuno si fosse avvicinato, ma l'uomo che adesso si trovava al suo fianco la lasciò alla lettera senza fiato.

    Nei capelli scuri c'era una traccia prematura di argento alle tempie. Il colore richiamava quello delle iridi, con tenui striature verdi. Aveva un portamento distinto, che si accordava con l'atmosfera elegante del museo, ma non possedeva i modi raffinati che si acquisiscono vivendo nell'alta società. Più alto di lei, la faceva sentire piccola. Lo smoking lasciava intuire un corpo muscoloso, senza però esagerare.

    Lo sconosciuto abbassò lo sguardo sulla sua guancia, e Trinity ne fu imbarazzata avvertendo l'aria fredda sulla pelle umida. Con tutta la disinvoltura di cui era capace, si asciugò la lacrima. Lui non accennò a ciò che aveva notato.

    La sua vista l'aveva ipnotizzata ancora più dei quadri. Trascorse un momento di una lunghezza imbarazzante prima che Trinity riuscisse a costringersi a respirare e ad annuire. «Sì, è quello che ho sempre pensato.»

    Per un breve istante, un'espressione sorpresa si dipinse sul volto dello sconosciuto. Lei notò l'impercettibile inarcarsi di un sopracciglio, così fugace da chiedersi se fosse successo.

    Si irrigidì. Non le era passato per la mente che si trattasse di un giornalista, tuttavia, avendo visto quella stessa espressione sulle facce di persone che la assillavano ventiquattr'ore su ventiquattro, non poté fare a meno di chiederselo.

    Essendosi bevuta la storia che lei era cresciuta in un ambiente rurale e rigidamente religioso, la maggior parte di loro non si aspettava che parlasse con un accento colto o che dicesse cose intelligenti. Dopotutto, doveva essere una contadina rozza e avida se era emersa dall'anonimato per ereditare il patrimonio degli Hyatt. Era quella l'immagine che la famiglia di Michael aveva dato di lei.

    Era un'idea che fruttava un numero maggiore di storie per ottenere le quali le davano la caccia. Non volevano cercare la verità, scavare in profondità per scoprire chi lei fosse e a cosa fosse sopravvissuta.

    Tuttavia, quell'espressione scomparve così in fretta che Trinity si chiese se non stesse diventando paranoica a causa della situazione in cui si trovava. Ora stava esaminando con sguardo freddo il suo vestito color zaffiro, uno dei pochi che Michael aveva scelto di persona per lei. Per una volta, Trinity non si sentì vulnerabile ed esposta. Fu invece pervasa da un'imprevista ondata di calore.

    «Aveva bisogno di una pausa dalla festa?»

    Anche se era probabilmente un banale tentativo di fare conversazione, Trinity rimase turbata nel constatare che quelle parole rispecchiavano i suoi pensieri. Tentò di ignorarle. «A volte questi eventi tendono a diventare un po' noiosi.»

    «Sono d'accordo. Da molti punti di vista.»

    Santo cielo, quel sorriso ebbe un effetto sconvolgente su ogni sua cellula. Qualcosa che Trinity non aveva mai provato prima... e non era un'esperienza rassicurante.

    Respirò di sollievo nel momento in cui lo sguardo dell'uomo si trasferì da lei alle pareti color oro e panna della rotonda, soffermandosi sulle dodici opere esposte in quello spazio. «Questo luogo non ispira solo serenità. È unico. Fantastico» disse, e la sua voce assunse un tono sempre più profondo, tale da farle correre un brivido lungo la schiena.

    Cosa c'era in lei quella sera che non andava? «Non è mai stato qui prima d'ora?» gli chiese, per colmare il silenzio.

    Una parte di lei era indignata perché quell'uomo, e le sensazioni che, a quanto pareva, faceva affiorare, si era intromesso distraendola. Un'altra parte non poteva soffocare l'attrazione che continuava a manifestarsi in modi imprevisti.

    Sono una vedova, dannazione. Una vedova recente.

    Inconsapevole di quel turbamento interiore, l'uomo rispose. «No, questa è la prima volta. La mia prima volta a New Orleans, in effetti.» Tese una mano. «Sono Rhett Butler. Piacere di conoscerla.»

    Trinity si accorse di essere rimasta a bocca aperta, in un modo molto poco signorile. «Davvero?»

    «No» replicò, con un altro di quei sorrisi da cento watt. «In realtà mi chiamo Rhett Brannon. Ma al Sud...»

    Canaglia. «Così va meglio. Cominciavo a pensare che i suoi genitori avessero uno strano senso dell'umorismo.» Non che la sua bruna bellezza gli avrebbe impedito di fare da controfigura per Rhett Butler.

    Qualcosa nel suo intimo l'ammonì a non essere amichevole. La mano tesa le ricordò un serpente velenoso. Questo provocava un mix tra attrazione e paura nel suo sospettoso cervello. Non poteva rischiare di commettere un passo falso nella partita che Michael l'aveva pregata di giocare.

    Tese la propria mano e gliela strinse. «Grazie. Io sono Trinity, Trinity... Hyatt.»

    Fu un'esitazione automatica. Perfino dopo quasi due mesi, aveva difficoltà ad accettare che il suo cognome era cambiato, che adesso era un'esigenza di primaria importanza presentarsi come la moglie di Michael. Aveva contato su di lei. L'ente benefico contava su di lei. Doveva fare la cosa giusta.

    «Trinity, eh?» osservò Rhett, senza dar segno di riconoscere chi fosse. Era semplicemente un bravo attore? Oppure davvero lo ignorava? «Anche il suo è un nome interessante.»

    Decisamente. «Mia madre era molto religiosa.» Trinity lasciò che un sorriso le curvasse le labbra. «Mi sono sempre chiesta se fosse inteso come un promemoria per me. Di non dimenticare mai il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.»

    «Ed è stato così?»

    Lei fu abbastanza sorpresa da rispondere sinceramente. «Alcuni giorni sono più facili di altri.»

    Il sorriso mesto che gli affiorò sulle labbra l'affascinò più di quanto avrebbe dovuto. «Posso darle ragione» replicò lui.

    Cadde un breve silenzio, che portò con sé un imbarazzante senso di consapevolezza della sua virilità. Si attenuò un po' appena lui dimostrò di voler proseguire nel giro della rotonda.

    Quantomeno, così le evitava di doverlo guardare in quegli occhi ipnotizzanti. Il silenzio, comunque, la metteva a disagio. «Dunque, cosa la porta a Nola?» chiese.

    «Affari. Sono stato invitato da alcune persone con le quali lavorerò.»

    «Generoso da parte loro.»

    Il suo borbottio sarebbe potuto essere una conferma, invece a lei parve di avvertirvi un'ombra di scetticismo.

    «Lei è in compagnia di suo marito?»

    Trinity rimase sorpresa, fino a che non notò che il suo sguardo si era posato sull'anello che portava al dito, una delicata composizione di smeraldi e brillanti.

    «No» mormorò. «Sono vedova.»

    Le suonava ancora strano pronunciare quella parola a voce alta. Le sembrava strano che lei e Michael fossero stati sposati. Per lei, era stata soprattutto una proposta d'affari, con innumerevoli vantaggi considerando il patrimonio che stava per ereditare. E un favore all'uomo che era stato il suo migliore amico, anche se si era rivelato il compito più difficile che avesse mai affrontato.

    E lo affrontava da sola, adesso che Michael se n'era andato.

    Rhett inclinò la testa di lato, con una domanda stampata sul volto.

    «Mio... marito, Michael Hyatt, è deceduto di recente in un incidente.»

    Rhett annuì con aria seria. «Sì, credo di averne sentito parlare. È stato un incidente con un elicottero, giusto? Molto triste.»

    Era ovvio che ne avesse sentito parlare. Michael non era stato solo l'amico di tutta una vita e il presidente dell'ente benefico, era stato anche un uomo d'affari di successo. La domanda era, di cos'altro aveva sentito parlare?

    Come se avesse avvertito la sua reticenza, Rhett fece una pausa per guardarla negli occhi. Non c'era un posto dove lei avrebbe potuto nascondersi. «La prego, accetti le mie più sincere condoglianze per la sua perdita.»

    Sorpresa, Trinity si sentì bloccata dal suo sguardo e dalle sue parole. Il suo non era il banale mi dispiace che precedeva le innumerevoli domande alle quali si augurava di non dover mai più rispondere.

    «Grazie» si limitò a rispondere.

    «Prego.» Apparve una versione ridotta del suo sorriso ma... diamine, era altrettanto affascinante.

    Per un attimo, Trinity si sentì vacillare e desiderò non essere la vedova di Michael, di non essere al momento la persona più chiacchierata di New Orleans, di essere soltanto una donna che poteva reagire a quel sorriso senza una sola preoccupazione al mondo.

    Purtroppo non lo era. Il tempo passava nella sua testa, scandendo i secondi fino a quando qualcuno si sarebbe accorto che lei era scomparsa.

    «Dovrei rientrare» sospirò. C'era chi doveva essersi sicuramente accorto della sua assenza. Soprattutto gli zii di Michael. A loro non sfuggiva nessuna delle sue mosse.

    A loro come anche alla stampa.

    Si sentì opprimere da un senso di sconfitta ricordando di aver letto l'articolo apparso quel giorno sul blog Secrets & Scandals di Nola. Non l'avrebbe mai notato se Jenny, la sua segretaria, non glielo avesse mostrato. Le allusioni a una vedova venale, che minacciava l'esistenza di innumerevoli famiglie, le dava un'idea del genere di informazioni di cui l'autore era andato a caccia, tuttavia non un'idea di quando la storia completa avrebbe colpito... Come se lei non fosse già abbastanza stressata.

    Nessuno capiva che lei si poneva le stesse domande – e condivideva le stesse paure – circa il modo in cui la morte del marito e la causa intentata dai suoi zii avrebbe colpito il lavoro di cinquantamila persone?

    Assicurò se stessa per l'ennesima volta che stava esaudendo i desideri di Michael, anche se non poteva non chiedersi cos'avesse in mente quando aveva affidato un impero globale e il destino di tutte quelle persone nelle mani della direttrice di un ente benefico come lei. Comunque, malgrado i numerosi dubbi, non aveva mai permesso che le sue preoccupazioni trapelassero in pubblico.

    Erano troppe le persone impazienti di usarle contro di lei.

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