Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

IL SALE INTEGRALE, RIMEDIO ANTICO, MAGICO, ETERNO (Grazie all'alchimia degli Ormus)
IL SALE INTEGRALE, RIMEDIO ANTICO, MAGICO, ETERNO (Grazie all'alchimia degli Ormus)
IL SALE INTEGRALE, RIMEDIO ANTICO, MAGICO, ETERNO (Grazie all'alchimia degli Ormus)
E-book220 pagine2 ore

IL SALE INTEGRALE, RIMEDIO ANTICO, MAGICO, ETERNO (Grazie all'alchimia degli Ormus)

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Con questa TERZA EDIZIONE del suo libro sul SALE, Pierre Pellizzari aggiunge elementi per dimostrare quanto sia infondata la cattiva fama del consumo del sale. Appoggiandosi sulla propria esperienza e su ricerche mediche scientifiche autorevoli, l’Autore smonta le varie obiezioni relative a questo prodotto guaritore e miracoloso che ci offre la natura, tra le quali il fatto che il suo consumo alzerebbe la pressione sanguigna o che nel sale ci sarebbero grandi quantità di “plastica oceanica”. Infine, viene condivisa la scoperta e l’utilizzo dello straordinario Ormus, una polvere bianca dalle strane proprietà alchemiche che si estrae facilmente dal sale marino integrale o dall’acqua di mare. Ovviamente, in tutto il libro, quando si parla di sale, si intende SALE MARINO INTEGRALE e non sale raffinato trattato industrialmente.

La lettura di questo libro consentirà ai suoi lettori di rivoluzionare alcuni preconcetti e di provocare un incredibile ed insospettabile salto di qualità nella propria salute, liberandosi di tanti malanni e guadagnando in giovinezza e gioia di vivere. E tutto questo vale anche per i propri animali domestici; provare per credere!
LinguaItaliano
Data di uscita30 gen 2020
ISBN9788831657242
IL SALE INTEGRALE, RIMEDIO ANTICO, MAGICO, ETERNO (Grazie all'alchimia degli Ormus)

Correlato a IL SALE INTEGRALE, RIMEDIO ANTICO, MAGICO, ETERNO (Grazie all'alchimia degli Ormus)

Ebook correlati

Benessere per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su IL SALE INTEGRALE, RIMEDIO ANTICO, MAGICO, ETERNO (Grazie all'alchimia degli Ormus)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    IL SALE INTEGRALE, RIMEDIO ANTICO, MAGICO, ETERNO (Grazie all'alchimia degli Ormus) - Piero Pellizzari

    !!

    Pri­ma Par­te

    LE SCO­PER­TE

    1. Nella storia

    L’im­por­tan­za da­ta al sa­le ri­sa­le ai tem­pi an­ti­chi. Nel­la tra­di­zio­ne po­po­la­re si sa­pe­va che per sta­re in sa­lu­te oc­cor­re­va man­gia­re sa­le; in Fran­cia (e pro­ba­bil­men­te an­che in al­tri pae­si), nel me­dioe­vo, nei pe­rio­di di guer­ra (la guer­ra dei Cen­to An­ni), quan­do si ri­du­ce­va il com­mer­cio e au­men­ta­va­no le dif­fi­col­tà di spo­sta­men­ti, nel­le zo­ne lon­ta­ne dal ma­re, per evi­ta­re di di­ven­ta­re ra­chi­ti­ci, i con­ta­di­ni po­ve­ri man­gia­va­no o suc­chia­va­no un po’ di ter­ra o pie­tre. È ri­sa­pu­to che i po­po­li del­le co­ste so­no più vi­spi dei po­po­li del­le mon­ta­gne. Esi­ste an­che il det­to po­po­la­re "gli man­ca sa­le nel­la zuc­ca che si ri­fe­ri­sce a una per­so­na di po­ca in­tel­li­gen­za. I ter­mi­ni cre­ti­no e cre­ti­ni­smo, so­no in ori­gi­ne ter­mi­ni me­di­ci che si ri­fe­ri­sco­no a per­so­ne ral­len­ta­te" (Sin­dro­me da in­suf­fi­cien­za ti­roi­dea, spo­ra­di­ca o en­de­mi­ca, ca­rat­te­riz­za­ta da com­par­sa del goz­zo ti­roi­deo e scar­so svi­lup­po men­ta­le e fi­si­co), che abi­ta­no le zo­ne mon­ta­gno­se e/o lon­ta­ne dai ma­ri.

    La di­spo­ni­bi­li­tà e il con­trol­lo del sa­le so­no sta­ti spes­so cau­sa di guer­re. Ba­sti pen­sa­re che, fi­no ad epo­che re­cen­ti, in Etio­pia il te­so­ro na­zio­na­le de­gli im­pe­ra­to­ri era co­sti­tui­to da ri­ser­ve di bloc­chi di sa­le e non di lin­got­ti d’oro.

    Nel 400 a.C., Pla­to­ne scri­ve­va "L’ac­qua di ma­re la­va via tut­ti i do­lo­ri dell’uo­mo; nell’an­no 75 a.C., Pli­nio Il Vec­chio, scrit­to­re e na­tu­ra­li­sta ro­ma­no, de­fi­nì il sa­le co­me il più im­por­tan­te dei ri­me­di uma­ni".

    Le qua­li­tà te­ra­peu­ti­che del sa­le fu­ro­no ri­co­no­sciu­te uf­fi­cial­men­te so­prat­tut­to dall’Islam: nel li­bro I det­ti di Mao­met­to, il pro­fe­ta dei mu­sul­ma­ni, c’è un ver­set­to che re­ci­ta: "Il sa­le è il far­ma­co uni­co e uni­ver­sa­le da­to da Dio agli uo­mi­ni; per di­re So­no in buo­na sa­lu­te, gli ara­bi di­co­no So­no sa­la­to! An­che nel­le lin­gue la­ti­ne i ter­mi­ni sa­le e sa­lu­te" han­no la stes­sa ra­di­ce.

    Il me­di­co in­gle­se Ri­chard Rus­sell (1687-1759) è il pri­mo oc­ci­den­ta­le a con­si­de­ra­re il sa­le ma­ri­no in­te­gra­le co­me un far­ma­co. Egli scri­ve: "Per ave­re una ec­cel­len­te sa­lu­te, bi­so­gna be­re l’ac­qua di ma­re, far­vi il ba­gno, man­gia­re tut­te le co­se ma­ri­ne nel­le qua­li è con­cen­tra­ta la vir­tù del ma­re".

    2. René Quinton

    Il bio­lo­go fran­ce­se Quin­ton (1867-1925) ha il me­ri­to di aver spie­ga­to scien­ti­fi­ca­men­te, me­glio di ogni al­tro, l’uti­li­tà del sa­le, riu­scen­do a far­ne ap­pli­ca­zio­ni me­di­che di­ret­te.

    Egli è giun­to a que­sto qua­si in­vo­lon­ta­ria­men­te: la sua ri­cer­ca sul­le tem­pe­ra­tu­re cor­po­ree de­gli ani­ma­li lo por­tò, con sua stes­sa sor­pre­sa, all’os­ser­va­zio­ne del fat­to che la com­po­si­zio­ne del sa­le di tut­ti gli ani­ma­li e di tut­ti i ma­ri è sem­pre la stes­sa (leg­ge di Dit­mar): la com­po­si­zio­ne del sa­le ma­ri­no è straor­di­na­ria­men­te si­mi­le al­la com­po­si­zio­ne del sa­le con­te­nu­to nei li­qui­di cor­po­rei (san­gue, la­cri­me, li­qui­do am­nio­ti­co).

    Quin­ton, as­sie­me ad al­tri bio­lo­gi, ha spie­ga­to che la vi­ta ha avu­to ori­gi­ne in un bro­do pri­mor­dia­le che era un’ac­qua sal­ma­stra tie­pi­da: la sua sa­li­ni­tà era di cir­ca 7,2 g/li­tro e la sua tem­pe­ra­tu­ra di 44 gra­di. Le pri­me cel­lu­le di vi­ta so­no na­te in que­sto am­bien­te che han­no ri­co­no­sciu­to e me­mo­riz­za­to co­me il lo­ro am­bien­te vi­ta­le. Nel­la fi­lo­ge­ne­si (evo­lu­zio­ne del­le spe­cie) che è se­gui­ta, le cel­lu­le si so­no pro­gres­si­va­men­te or­ga­niz­za­te di­stri­buen­do­si in ruo­li di­ver­si ed al­cu­ne cel­lu­le si so­no spe­cia­liz­za­te co­me cel­lu­le epi­der­mi­che per for­ma­re un in­vo­lu­cro e con­sen­ti­re all’es­se­re vi­ven­te di spo­star­si e vi­ve­re co­me un ac­qua­rio am­bu­lan­te nel qua­le fos­se im­por­tan­te con­ser­va­re le con­di­zio­ni di ori­gi­ne del­la vi­ta. Quin­ton spie­gò an­che co­me le va­rie spe­cie di es­se­ri vi­ven­ti han­no cer­ca­to di con­ser­va­re il più pos­si­bi­le le con­di­zio­ni ori­gi­na­li.

    Per fa­re ciò, le cel­lu­le han­no svi­lup­pa­to la ca­pa­ci­tà di crea­re un si­ste­ma di ri­scal­da­men­to in­ter­no (tem­pe­ra­tu­ra in­ter­na) e un si­ste­ma di con­cen­tra­zio­ne di ele­men­ti chi­mi­ci in­ter­ni (sa­li­ni­tà in­ter­na).

    Ge­ne­ral­men­te, nel­le mie con­fe­ren­ze sull’ali­men­ta­zio­ne, par­lo dell’im­por­tan­za del sa­le ma­ri­no in­te­gra­le (sem­pli­fi­can­do le co­se) e di­co:

    "Le cel­lu­le so­no i mat­to­ni uti­liz­za­ti per co­strui­re tut­ti gli es­se­ri vi­ven­ti, non c’è pra­ti­ca­men­te nes­su­na dif­fe­ren­za tra le cel­lu­le di un ani­ma­le e di un es­se­re uma­no. La cel­lu­la ha una me­mo­ria ed ha la me­mo­ria dell’am­bien­te idea­le nel qua­le è na­ta: un am­bien­te ma­ri­no con una con­cen­tra­zio­ne sa­li­na di cir­ca 9g/li­tro ed una tem­pe­ra­tu­ra di 44 gra­di. Con­sa­pe­vo­li di que­sta lo­ro ne­ces­si­tà vi­ta­le, le cel­lu­le si so­no or­ga­niz­za­te per crea­re un in­vo­lu­cro (la pel­le) nel qua­le man­te­ne­re il più pos­si­bi­le le ca­rat­te­ri­sti­che di que­sto am­bien­te ori­gi­na­le.

    È per que­sto che il no­stro cor­po è fat­to al 70% di ac­qua sa­la­ta con una con­cen­tra­zio­ne di cir­ca 9 g/li­tro e una tem­pe­ra­tu­ra in­ter­na di cir­ca 37,5 gra­di. 37,5 non so­no 44, ed è per que­sto che quan­do ci am­ma­lia­mo le cel­lu­le pro­vo­ca­no un rial­za­men­to del­la tem­pe­ra­tu­ra cor­po­rea (feb­bre) cer­can­do di ri­por­tar­ci il più vi­ci­no pos­si­bi­le al­la tem­pe­ra­tu­ra ori­gi­na­le al­la qua­le le cel­lu­le sa­ne si rin­for­za­no e si ri­ge­ne­ra­no e al­la qua­le gli ele­men­ti pa­to­ge­ni muo­io­no; è an­co­ra per que­sto che la te­ra­pia dell’iper­ter­mia è tan­to ef­fi­ca­ce an­che su pa­to­lo­gie tu­mo­ra­li. È per que­sto che il sa­le ma­ri­no in­te­gra­le è in­di­spen­sa­bi­le per una buo­na sa­lu­te: per rein­te­gra­re l’equi­li­brio in­ter­no e la cor­ret­ta di­stri­bu­zio­ne di tut­ti i mi­ne­ra­li e più pre­ci­sa­men­te di tut­ti gli ele­men­ti ed oli­go-ele­men­ti chi­mi­ci...".

    In real­tà, per la tem­pe­ra­tu­ra in­ter­na e la con­cen­tra­zio­ne sa­li­na, il di­scor­so che fac­cio è sem­pli­ci­sti­co e non cor­ret­to: la sa­li­ni­tà ori­gi­na­le del bro­do pri­mor­dia­le era di 7,2 g/l e non 9 g/l. In­fat­ti, ade­ren­do al­la mia sem­pli­fi­ca­zio­ne, si po­treb­be con­clu­de­re che tut­ti gli es­se­ri vi­ven­ti (ani­ma­li e uma­ni) han­no una sa­li­ni­tà in­ter­na del 9 per mil­le e una tem­pe­ra­tu­ra in­ter­na di 37,5°C sen­za ca­pi­re per­ché 37,5° e non di­ret­ta­men­te i fa­vo­re­vo­li 44°. Nel­le con­fe­ren­ze, mi per­met­to que­sta sem­pli­fi­ca­zio­ne per­ché non ho il tem­po per en­tra­re in spie­ga­zio­ni nuo­ve e di non fa­ci­le com­pren­sio­ne; lo fac­cio per tra­smet­te­re ra­pi­da­men­te e con em­pa­tia agli ascol­ta­to­ri il con­cet­to del fab­bi­so­gno ter­mi­co e sa­li­no del cor­po uma­no. Ma quan­do an­dia­mo a ve­de­re nel det­ta­glio, ci ren­dia­mo con­to che nel re­gno ani­ma­le ci so­no gran­di dif­fe­ren­ze di tem­pe­ra­tu­re in­ter­ne e an­che dif­fe­ren­ze (pic­co­le) di con­cen­tra­zio­ne sa­li­na dei flui­di in­ter­ni. Quin­di esa­mi­ne­re­mo ora la spie­ga­zio­ne ve­ra e com­ple­ta.

    Legge di costanza termica

    Quin­ton era sor­pre­so e in­cu­rio­si­to dal fat­to che quan­do fa­ce­va fred­do le lu­cer­to­le era­no in le­tar­go o len­tis­si­me, men­tre di­ven­ta­va­no agi­li e ve­lo­ci sot­to il so­le e nel ca­lo­re.

    Egli giun­se al se­guen­te ra­gio­na­men­to.

    Bi­so­gna in­nan­zi­tut­to es­se­re con­sa­pe­vo­li del fat­to che la tem­pe­ra­tu­ra ter­re­stre si sta pro­gres­si­va­men­te ab­bas­san­do nei mi­liar­di di an­ni che van­no dal no­to (o pre­sun­to) Big-Bang ad og­gi. Tor­nia­mo in­die­tro nel tem­po e ve­dia­mo co­sa suc­ce­de in que­sto raf­fred­da­men­to pro­gres­si­vo:

    - La tem­pe­ra­tu­ra ter­re­stre pas­sa da 44° a 42°, gli in­ver­te­bra­ti e i ver­te­bra­ti an­ti­chi (ret­ti­li e an­fi­bi) non evol­vo­no, non so­no ca­pa­ci di crear­si una cen­tra­le ter­mi­ca in­ter­na e la­scia­no che la lo­ro tem­pe­ra­tu­ra cor­po­rea scen­da a 42 gra­di, ap­pa­io­no al­tre spe­cie (mam­mi­fe­ri e uc­cel­li) che crea­no una cen­tra­le ter­mi­ca in­ter­na e so­no quin­di ca­pa­ci, in quell’epo­ca, di ge­ne­ra­re un ca­lo­re in­ter­no di 2° per com­pen­sa­re la dif­fe­ren­za (42+2=44).

    - La tem­pe­ra­tu­ra ter­re­stre si ab­bas­sa ul­te­rior­men­te, di­cia­mo di 10 gra­di, quin­di sia­mo a 32 gra­di, al­cu­ne spe­cie si evol­vo­no men­tre al­tre no; quan­do un ani­ma­le smet­te di evol­ve­re, la sua ca­pa­ci­tà di ele­va­zio­ne ter­mi­ca in­ter­na si fer­ma sul­la dif­fe­ren­za tra i 44° pri­mor­dia­li e i 32° di quell’epo­ca, cioè que­sto ani­ma­le adot­ta co­me tem­pe­ra­tu­ra cor­po­rea de­fi­ni­ti­va di 12 gra­di, che rap­pre­sen­ta­no quin­di la tem­pe­ra­tu­ra nor­ma­le in­ter­na del suo cor­po per il re­sto del­la sto­ria del­la sua spe­cie. In al­tre pa­ro­le, in quell’epo­ca dell’evo­lu­zio­ne del­la ter­ra, que­sto ani­ma­le è ca­pa­ce di ge­ne­ra­re 12 gra­di per ri­por­ta­re le cel­lu­le cor­po­ree ad una tem­pe­ra­tu­ra di 44 gra­di. Ma la ter­ra con­ti­nue­rà a raf­fred­dar­si e que­sto ani­ma­le non sa­rà ca­pa­ce di au­men­ta­re ul­te­rior­men­te la sua tem­pe­ra­tu­ra in­ter­na; d’ora in poi, tut­ta que­sta spe­cie ani­ma­le ri­mar­rà con un cor­po po­co cal­do (12 gra­di).

    - La tem­pe­ra­tu­ra si ab­bas­sa ora fi­no a 20 gra­di, ed ec­co che un al­tro ani­ma­le (l’or­ni­to­rin­co) smet­te di evol­ve­re e ri­ma­ne con una tem­pe­ra­tu­ra in­ter­na di 24 gra­di (44° me­no 20°). Gli or­ni­to­rin­chi, che so­no tra gli ani­ma­li più an­ti­chi an­co­ra esi­sten­ti, han­no tut­to­ra una tem­pe­ra­tu­ra in­ter­na di 24 gra­di.

    - Quan­do la tem­pe­ra­tu­ra ar­ri­va a 6,8 gra­di, ec­co che ap­pa­io­no i pri­ma­ti e gli omi­ni­di che in­ter­rom­po­no la lo­ro evo­lu­zio­ne ter­mi­ca e ri­man­go­no con una tem­pe­ra­tu­ra cor­po­rea di 37,2°, tem­pe­ra­tu­ra in­ter­na che gli es­se­ri uma­ni han­no tut­to­ra.

    - La tem­pe­ra­tu­ra si ab­bas­sa an­co­ra, si svi­lup­pa­no al­cu­ni mam­mi­fe­ri (ru­mi­nan­ti tra 39° e 41°, il ca­ne e il co­ni­glio a 39°).

    - Gli ul­ti­mi ad in­ter­rom­pe­re la lo­ro evo­lu­zio­ne ter­mi­ca  so­no gli uc­cel­li vo­lan­ti (42°) con in­fi­ne gli uc­cel­li vo­lan­ti car­ni­vo­ri (44°).

    Per fa­ci­li­ta­re la com­pren­sio­ne ed il­lu­stra­re in mo­do sche­ma­ti­co i ri­sul­ta­ti del­le ri­cer­che e de­gli espe­ri­men­ti di Quin­ton, pos­sia­mo fa­re la se­guen­te me­ta­fo­ra.

    Im­ma­gi­nia­mo che gli es­se­ri vi­ven­ti fac­cia­no par­te di un grup­po di cor­ri­do­ri ma­ra­to­ne­ti. Lo sco­po del­la lo­ro ga­ra è di giun­ge­re all’ar­ri­vo por­tan­do più avan­ti pos­si­bi­le nel­lo zai­no l’ere­di­tà del­le con­di­zio­ni ori­gi­na­li di ap­pa­ri­zio­ne del­la vi­ta sul­la ter­ra, no­no­stan­te il fat­to che la tem­pe­ra­tu­ra am­bien­ta­le si stia pro­gres­si­va­men­te raf­fred­dan­do. Po­co do­po la par­ten­za, qua­si tut­ti gli ani­ma­li (co­me per esem­pio le lu­cer­to­le e le ra­ne) fuor­ché i mam­mi­fe­ri e gli uc­cel­li ri­fiu­ta­no di par­te­ci­pa­re o smet­to­no di cor­re­re, non ce la fan­no ed ab­ban­do­na­no la ga­ra in par­ten­za: ri­mar­ran­no sen­za aver crea­to una cen­tra­le ter­mi­na in­ter­na, quin­di con una tem­pe­ra­tu­ra cor­po­rea che si ade­gua al­la tem­pe­ra­tu­ra dell’am­bien­te in cui si tro­va­no; que­sto spie­ga che quan­do la tem­pe­ra­tu­ra si ab­bas­sa, per­do­no ve­lo­ci­tà di mo­vi­men­to o de­vo­no an­da­re in le­tar­go, men­tre quan­do si espon­go­no al so­le, le cel­lu­le tro­va­no la lo­ro tem­pe­ra­tu­ra ot­ti­ma­le e que­sti ani­ma­li di­ven­ta­no ve­lo­cis­si­mi. Più avan­ti nel­la ga­ra, al­tre spe­cie, al­cu­ni mam­mi­fe­ri e uc­cel­li, non ce la fan­no più ed ab­ban­do­na­no, è il ca­so dell’or­ni­to­rin­co che è riu­sci­to a tra­spor­ta­re fi­no a lì so­la­men­te par­te dell’ere­di­tà: una tem­pe­ra­tu­ra di 24 gra­di. Con il pro­sie­guo del­la ga­ra, co­min­cia­no a stac­car­si dal grup­po al­tri mam­mi­fe­ri (Ar­ma­dil­lo o Ta­tu: 34°), (Ip­po­po­ta­mo: 35,3°), (Ele­fan­te: 35,9°) e tro­via­mo i pri­mi uc­cel­li non vo­lan­ti (Ki­wi 37°), gli omi­ni­di (37,2°), e al­tri mam­mi­fe­ri (ru­mi­nan­ti o car­ni­vo­ri: 39°) e in­fi­ne al­tri uc­cel­li (41 a 44°) e gli uc­cel­li car­ni­vo­ri vo­lan­ti (Aqui­la: 44°) che so­no gli uni­ci a por­ta­re a ter­mi­ne la ga­ra!

    Col­go l’oc­ca­sio­ne per sot­to­li­nea­re il fat­to che tut­to que­sto di­mo­stra che l’uo­mo non è l’ul­ti­ma spe­cie ap­par­sa sul­la ter­ra. L’uo­mo è quel­lo che più ha svi­lup­pa­to il cer­vel­lo (neo-en­ce­fa­lo e cor­tec­cia ce­re­bra­le), ma fi­sio­lo­gi­ca­men­te, al­tri ani­ma­li, tra cui gli uc­cel­li han­no uno svi­lup­po su­pe­rio­re.

    Mi so­no spes­so do­man­da­to per­ché gli es­se­ri uma­ni pos­so­no ave­re trau­mi ce­re­bra­li (me­nin­gi­ti) quan­do la tem­pe­ra­tu­ra si al­za fi­no a cir­ca 42°, in quan­to que­sto an­dreb­be in con­tra­sto con la te­si di Quin­ton di una tem­pe­ra­tu­ra di 42 a 44°, idea­le per le cel­lu­le. Cre­do di aver tro­va­to la spie­ga­zio­ne! È una spie­ga­zio­ne per­so­na­le che non ho an­co­ra tro­va­ta in al­tri scrit­ti. Il mo­ti­vo an­dreb­be an­co­ra una vol­ta ri­cer­ca­to nell’evo­lu­zio­ne de­gli es­se­ri vi­ven­ti: la cor­tec­cia ce­re­bra­le de­gli omi­ni­di, la più svi­lup­pa­ta di tut­to il re­gno ani­ma­le, si è svi­lup­pa­ta quan­do la tem­pe­ra­tu­ra ter­re­stre si era ab­bas­sa­ta a cir­ca 5°, più fred­do di quan­do si era strut­tu­ra­to il re­sto del cor­po (6,8°). Le cel­lu­le che si so­no spe­cia­liz­za­te nel ruo­lo di neoen­ce­fa­lo e so­prat­tut­to di cor­tec­cia ce­re­bra­le avreb­be­ro me­mo­riz­za­to una tem­pe­ra­tu­ra in­fe­rio­re e per­ciò si tro­va­no in gran­de dif­fi­col­tà se la tem­pe­ra­tu­ra in­ter­na rag­giun­ge o su­pe­ra 42 gra­di. Le me­nin­gi so­no l’in­vo­lu­cro del cer­vel­lo e ser­vo­no a pro­teg­ger­lo. Se la tem­pe­ra­tu­ra rag­giun­ge i 42°, van­no in al­lar­me. Ha­mer ci in­se­gna che en­tra­no in un con­flit­to di pro­te­zio­ne, ispes­sen­do­si o gon­fian­do­si e, pas­sa­to il pe­ri­co­lo, fe­de­li al­la bi­fa­si­ci­tà del­le ma­lat­tie se­con­do il dot­tor Ha­mer (ve­di più

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1