Le notti bianche (illustrato)
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Info su questo ebook
Le notti bianche è uno dei racconti più famosi di Fëdor Dostoevskij, pubblicato per la prima volta nel 1848. Ambientato a San Pietroburgo, il racconto narra una storia profonda e commovente di un giovane che combatte con la sua irrequietezza interiore. Una narrazione leggera e tenera, che viaggia in profondità nel tormento e nella colpa dell'amore non corrisposto. Un classico senza tempo e una grande aggiunta a qualsiasi amante delle grandi storie d'amore.
In questa edizione, il romanzo è arricchito dalle illustrazioni inedite a colori dell'artista italiano Sebastiano Caretti.
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Anteprima del libro
Le notti bianche (illustrato) - Fëdor Dostoevskij
Fëdor Dostoevskij
Le notti bianche
(Con illustrazioni di Sebastiano Caretti)
Contenuti
Diritto d'autore
L'autore
Le notti bianche
Prima notte
Seconda notte
La storia di Nastenka
Terza notte
Quarta notte
Mattina
Illustrazioni
Note
Diritto d'autore
Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij è un’opera di dominio pubblico.
La traduzione qui proposta, a cura di Sebastiano Caretti, è protetta dalla legge sul diritto d'autore.
Le illustrazioni che completano questo volume sono protette dalla legge sul diritto d’autore. La loro copia, modifica e riutilizzazione per scopi commerciali sono espressamente vietate senza specifica autorizzazione.
Diritti riservati © Sebastiano Caretti (2019)
Questo volume è stato pubblicato in self-publishing dall’illustratore attraverso la piattaforma:
Streetlib
L'autore
Fëdor Michajlovič Dostoevskij (Mosca, 11 novembre 1821 - San Pietroburgo, 9 febbraio 1881) è considerato uno dei più grandi romanzieri russi di tutti i tempi. Tra le sue opere: Povera gente (1844), Delitto e castigo (1866), L'idiota (1869) e I fratelli Karamazov (1880).
Per una biografia dettagliata: http://www.treccani.it/enciclopedia/fedor-michajlovic-dostoevskij/
Le notti bianche
Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Prima notte
Forse egli era stato creato per rimanere un solo istante nel cuor tuo?
IVAN TURGHENIEFF
La notte era meravigliosa e splendente, una di quelle notti, caro lettore, che soltanto un giovane può amare in tutta la sua pienezza. Il cielo era così stellato e tranquillo che osservandolo ci si domandava se sotto un cielo simile potessero esistere uomini malvagi e iracondi. E anche questo è un pensiero proprio della giovinezza, caro lettore, della più ingenua giovinezza. Che Dio possa più spesso ispirarvi pensieri simili nell’animo.
Pensando ai cattivi, la mia mente si soffermò, non senza un certo piacere, al modo in cui avevo impiegato il mio tempo durante la giornata appena terminata, durante la quale ero stato assalito da uno strano disagio: sembrava che tutti cercassero di evitarmi, a tal punto che in poco tempo mi ritrovai assolutamente solo. Sarebbe vostro diritto domandarmi cosa io intenda con la parola tutti
, dato che negli ultimi otto anni vissuti qui a Pietroburgo non sono riuscito a farmi nemmeno un amico, nemmeno uno soltanto. Ma a cosa mi servirebbero gli amici, con l’intera città già amica mia?
L’impressione di questa mattina che tutti cercassero di allontanarsi da me era di certo dovuta al fatto che tutti quanti erano in procinto di lasciare la città in fretta e furia per recarsi in campagna, e tale evento scatenava in me la paura di ritrovarmi solo. Da tre giorni questa impressione era germinata in me senza che potessi spiegarmene il motivo. Durante questi tre giorni vagabondai per la città, profondamente triste, senza riuscire a comprendere nulla di ciò che avveniva dentro di me.
A Newsky, nel giardino pubblico sulle rive del fiume, non incontrai neppure uno di coloro che conoscevo e che mi conoscevano. Senza dubbio, neppure uno di quelli che incontrai si ricordava di avermi mai veduto. Ma io li conoscevo tutti approfonditamente. Avevo già studiato le loro fisionomie e mi erano note le loro gioie più intime e le loro più tristi angosce.
Ho stretto un legame di sincera amicizia con un vecchietto che incontravo quasi tutti i giorni, ad una cert’ora, sulla Fontanka. Era un venerabile piccolo uomo dal viso altero di sognatore che, camminando, sussurrava sempre qualcosa a se stesso. Agitava sempre la mano sinistra, tenendo nella destra un lungo bastone dal pomo d’oro. Anch’egli mi notò e potrei dire che abbia anche cominciato a volermi bene. Se talvolta qualche incidente m’impedisce di trovarmi alla solita ora nel solito luogo, sono sicuro che questo vecchietto verrà assalito da un attacco d’ipocondria. Ed ecco perché siamo quasi sempre in procinto di salutarci, specialmente quando ci troviamo di buon umore.
Non molto tempo fa, io e il vecchietto siamo stati due giorni senza vederci. Poi, incontrandoci, facemmo entrambi lo stesso gesto per levarci il cappello di testa. Ma subito ci ricordammo che non ci conoscevamo abbastanza per scambiarci un saluto di quel tipo e così ci lanciammo solo uno sguardo di simpatia.
Mi accade così anche con le case. Si direbbe che quando io passo ciascuna di loro mi corra incontro, mi guardi da tutte le sue finestre e mi dica:
«Buongiorno! Come stai? Io sto benone. A maggio mi porranno sulle spalle un altro piano".
Oppure:
«Come va la salute? Io, domani, incomincerò a subire delle riparazioni".
Oppure:
«Mancava poco che bruciassi. Che tale spavento!»
E così via.
Tra le mie case, ne ho delle mie preferite, tali che potrei considerarle delle vere amiche. Una di esse ha l’intenzione, nella prossima estate, di farsi curare da un architetto di grido. Io, certamente, andrò nel luogo dov’essa s’innalza per vedere come procedono queste cure. Dio la assista e la protegga dai medici.
Non dimenticherò mai l’avventura che capitò ad una assai bella casettina color rosa-pallido, una casettina di pietra che mi guardava sempre con tanto affetto e aveva, per le sue vicine sgarbate, un così evidente atteggiamento di superbia che il mio cuore balzava dalla contentezza quando le passavo vicino.
Un giorno la mia piccola amica mi disse con un’indescrivibile tristezza:
«Mi vogliono dipingere di giallo, quei barbari!»
E infatti non hanno risparmiato niente, né le colonne né le balaustre, e la mia piccola amica diventò gialla come un canarino, e mancò