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I giorni della violenza e dell’attesa.: Brescia cattolica e il dramma di Aldo Moro.
I giorni della violenza e dell’attesa.: Brescia cattolica e il dramma di Aldo Moro.
I giorni della violenza e dell’attesa.: Brescia cattolica e il dramma di Aldo Moro.
E-book296 pagine3 ore

I giorni della violenza e dell’attesa.: Brescia cattolica e il dramma di Aldo Moro.

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Info su questo ebook

Il presente lavoro si sofferma sulle reazioni del mondo cattolico bresciano - in particolare dell’associazionismo ecclesiale e civile, oltre che del partito della Democrazia Cristiana - nel corso del sequestro Moro.
Il lavoro è suddiviso i due parti: la prima ripercorre la cronaca di quei drammatici 55 giorni, con alcuni estratti degli interventi dei protagonisti del mondo civile ed ecclesiale bresciano; la seconda parte riporta integralmente tali interventi.
LinguaItaliano
Data di uscita9 mag 2020
ISBN9788831484077
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    Anteprima del libro

    I giorni della violenza e dell’attesa. - Michele Busi

    - III -

    I giorni della violenza

    e dell’attesa

    Brescia cattolica e il dramma di Aldo Moro

    a cura di Michele Busi

    GAM

    Editrice

    GAM editrice

    Prima edizione digitale 2020

    Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore.

    È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

    ISBN 9788831484077

    La vicenda del sequestro e dell’assassinio del leader della Democrazia Cristiana è stata oggetto di svariati approfondimenti e studi, di commissioni d’indagine promosse dal Parlamento (l’ultima, istituita con legge 30 maggio 2014, n. 82, è stata presieduta dall’on. Giuseppe Fioroni) oltre che di ben tre processi.

    Il presente saggio, che anticipa uno studio più ampio in corso di pubblicazione, si propone di illustrare come il mondo cattolico bresciano, in particolare l’associazionismo ecclesiale e civile, oltre che il partito della Democrazia Cristiana, reagirono nei drammatici 55 giorni dal sequestro all’uccisione di Aldo Moro.

    Tali 55 giorni furono caratterizzati da indagini spesso senza costrutto¹, accesi dibattiti politici sull’opportunità di trattare con i brigatisti per la liberazione dell’ostaggio, pubblicazioni di messaggi veri o presunti da parte delle BR e lettere dello stesso Aldo Moro.

    È stato osservato come col trascorrere degli anni, la strage di via Fani, il sequestro di Aldo Moro e la sua efferata uccisione si sono trasformati in un luogo paradossale della memoria italiana perché, da un lato, tutti sono inclini ad affermare il valore simbolico e la funzione periodizzante di quei 55 giorni nella storia repubblicana, dall’altro, non esiste probabilmente altro argomento in grado di suscitare divergenze interpretative e di provocare polemiche tanto laceranti².

    Le pagine si concentrano sulla realtà bresciana, una realtà che Moro ben conosceva; alcuni bresciani erano suoi colleghi di partito; qualcuno, pensiamo in particolare a Franco Salvi, suoi stretti collaboratori.

    Le riflessioni che emergono riguardano la vicenda umana del prigioniero Moro, ma i temi spesso si allargano a considerare l’atteggiamento nei confronti della violenza, indagandone le origini prossime e remote, chiedendosi come fosse stato possibile arrivare a quella drammatica escalation.

    Il rapimento Moro giungeva infatti nel pieno di una serie di episodi di violenza che caratterizzarono la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta e che proseguirono fino all’alba degli anni Ottanta, un intero periodo passato alla storia con il nome di anni di piombo.

    Anche il mondo cattolico bresciano fu chiamato ad interrogarsi profondamente sulle proprie responsabilità all’interno dei rapidi mutamenti della società italiana. Significative, al riguardo, le motivazioni che indussero il Vescovo mons. Morstabilini a promuovere una seduta del Consiglio pastorale diocesano sul tema dell’impegno sociale e politico dei cristiani.

    In questo saggio, che anticipa un lavoro più ampio, sono stati utilizzati soprattutto i periodici bresciani (in modo particolare Voce del Popolo, Il Cittadino, Battaglie Sociali, Madre).

    Il lavoro completo darà conto anche di alcuni resoconti e articoli apparsi sui quotidiani locali (Giornale di Brescia e Bresciaoggi) che riportano altre testimonianze e riflessioni.

    Il saggio è suddiviso in due parti: la prima ripercorre la cronaca dei 55 giorni con alcuni estratti degli interventi dei protagonisti del mondo civile ed ecclesiale bresciano.

    La seconda parte riporta i testi integrali³.

    mb

    Il sequestro di Aldo Moro e le prime reazioni a Brescia

    Poco dopo le ore 9 del mattino del 16 marzo 1978, in Via Mario Fani a Roma, un commando delle Brigate Rosse sequestrava il presidente della DC, Aldo Moro, uccidendo le sue cinque guardie del corpo: Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.

    A Brescia come in tutto il Paese la notizia del rapimento di Moro e dell’uccisione della sua scorta si diffuse immediatamente.

    A metà mattina, man mano si spargeva la voce del rapimento di Moro, si assisteva ad un continuo afflusso verso il cuore di Brescia. Si trattava di persone di differente estrazione: operai, impiegati, studenti, lavoratori di ogni categoria.

    Le forze politiche, sociali e sindacali di Brescia si ritrovarono verso le ore 10 in Municipio, per partecipare ad una riunione della Giunta comunale aperta ai gruppi ed ai segretari politici dei partiti.

    Assieme al sindaco Cesare Trebeschi, vi erano il segretario della DC Ciso Gitti, l’on. Italo Nicoletto, il prefetto di Brescia dott. Gaetano Marrese, ed ancora il vicesindaco Guido Alberini, il segretario del PSI Sergio Tonelli, il segretario del PCI Piero Borghini, l’on. Gianni Savoldi nonché i sindacalisti Melino Pillitteri e Franco Castrezzati, gli assessori Ettore Fermi, Luigi Bazoli e Sam Quilleri.

    Fino alle ore 11 circa, in Piazza Loggia, la gente sostava, in silenzio, in attesa di notizie che potessero dare più tranquillità. Invece, col passare dei minuti, il disagio aumentava: passavano da quattro a cinque le guardie morte nel coraggioso adempimento del loro dovere, l’onorevole Moro era rapito e non ricoverato, come si pensava in un primo momento, al Policlinico "Gemelli’. L’atmosfera diveniva sempre più cupa, più tesa.

    Dopo le ore 11, in una Piazza Loggia presidiata dai lavoratori, si tenne una manifestazione pubblica durante la quale intervennero il sindaco Trebeschi, il segretario della Federazione CGIL, Franco Torri, a nome di CGIL, CISL e UIL, il segretario provinciale della DC Ciso Gitti e l’on. Gianni Savoldi in rappresentanza dei partiti politici.

    Per l’intera giornata proseguì ininterrotto l’afflusso di lavoratori, cittadini, associazioni varie. In serata, alle 18, in via Tosio si svolse una riunione straordinaria del comitato provinciale della Democrazia Cristiana, durante il quale intervenne il segretario Gitti. All’unanimità fu successivamente approvato un documento.

    Il Comitato provinciale DC veniva convocato in seduta aperta. Il segretario provinciale pronunciava un discorso in cui evidenziava come, colpendo Aldo Moro, si era voluto colpire la democrazia italiana e in particolare il partito della Democrazia Cristiana ed anche il nuovo governo di solidarietà nazionale che era sorto grazie alla paziente tessitura di Moro:

    "Amici, si è colpito Moro ma credo che si sia colpito in profondo e insieme in alto l’intera democrazia italiana. Moro è, con De Gasperi, per il ruolo storico che ha ricoperto, l’uomo del dialogo civile e rispettoso, l’uomo che forse più di ogni altro ha operato – geloso nella difesa dell’identità del nostro partito e del nostro ruolo – per intessere quelle indispensabili solidarietà che gli anni passati, quelli presenti e futuri del nostro paese richiedono.

    Si è colpito quindi, in questo nostro uomo, un disegno politico: si è colpita con lui la Democrazia Cristiana, questo partito così profondamente radicato nella nostra società, con una ampia e significativa rappresentanza sociale e civile prima ancora che politica e che costituisce ancora oggi, in un passaggio così difficile e per molti versi imperscrutabile della vita politica italiana, la garanzia della difesa e dello sviluppo democratico del nostro paese. Lo diciamo senza arroganza ma con la piena consapevolezza di ciò che siamo stati, di ciò che siamo e saremo: cioè il pilastro fondamentale della struttura democratica e libera dello Stato repubblicano"⁴.

    Gitti evidenziava il momento particolare che stava vivendo la politica italiana, relativo al concretizzarsi di un disegno che aveva visto Moro come protagonista e regista:

    "Non a caso, credo, questo attentato avviene nel momento in cui, alle Camere, si presentava il nuovo governo. Un governo frutto di un difficile travaglio fra i partiti e all’interno di ogni partito, compreso il nostro. Un governo reso possibile però da un momento di alta, responsabile convergenza di fronte ai rischi che una mancata intesa – pur definita e circoscritta – avrebbe potuto provocare nel paese.

    È quindi contro questo disegno, che è di unificazione civile e sociale a livello sempre più alto e consapevole del popolo italiano, che si dirige questo gesto criminale; gesto che, per la qualità del suo momento più acuto, certo uno dei più acuti di un preciso disegno. Preciso anche se folle e assurdo, presente nel nostro paese, probabilmente collegato con analoghe realtà internazionali, che punta alla disgregazione sociale, a seminare il panico, lo sgomento; che si alimenta sugli assenteismi, sulle diserzioni, sulle intolleranze e che mira, in definitiva, a sovvertire le nostre libere istituzioni nate nella Resistenza"⁵.

    Questo attacco alle istituzioni democratiche doveva avere come unica risposta la fermezza nel non cedere ad alcun ricatto:

    Ecco allora, amici, quale consapevolezza dobbiamo avere come Democrazia Cristiana: si è colpita la DC non solo in sé e per sé per quel che pure di così alto rappresenta, ma perché attraverso essa, se questa forza cedesse, si aprirebbe certamente il varco ad un sovvertimento radicale delle istituzioni democratiche del nostro paese. E allora la prima risposta che come singoli e coralmente dobbiamo dare, pur nella drammaticità e tragicità del momento, è che la DC, i democratici cristiani, quanti sono – e sono milioni nel nostro paese – non cederanno a nessun ricatto; perché il cedimento al ricatto sarebbe la via della capitolazione della democrazia⁶.

    Più concretamente, il segretario provinciale osservava come non possiamo non riaffermare in questo momento quanto la DC abbia visto giusto in questi giorni, in questi mesi, in questi anni quando ha saputo porre al centro del dibattito delle forze politiche i temi propri e specifici dell’ordine pubblico, delle misure necessarie per garantire una pacifica e libera convivenza nel nostro paese. Vi è molto da fare su questo terreno. Vi è un impegno profondo, chiaro, consapevole che deve esprimersi a questo riguardo, non sfuggendo ai problemi ma affrontandoli nella loro concretezza per fare in modo che il nostro stato democratico possa avere realmente la possibilità di usare, con la necessaria fermezza e il necessario rigore, gli strumenti che certo esistono nelle leggi e che troppi impedimenti, anche dal punto di vista funzionale e organizzativo, ostacolano nella loro applicazione. E concludeva:

    Noi sappiamo che la pazienza, la tenacia, la fermezza di un’azione democratica sono infinitamente più forti di qualunque violenza, di qualunque fanatismo. Noi sappiamo che per vincere occorre restare rigorosamente su questo terreno: della tenacia, della fermezza democratica, applicando fino in fondo i mezzi e gli strumenti che la democrazia ha a sua disposizione per difendersi. Difendendo se stessa la democrazia difende le condizioni di crescita e di sviluppo di tutti i cittadini. Questo è l’impegno che come DC bresciana dobbiamo oggi rinnovare se vogliamo davvero seguire, anche in queste ore di ansia e di preoccupazione, l’insegnamento del presidente Moro⁷.

    Il Comitato provinciale DC al termine dell’incontro approvava all’unanimità il seguente documento:

    "Il Comitato provinciale del DC di Brescia, riunito in seduta straordinaria, esprime il proprio sdegno e la propria esecrazione per il criminale attentato consumato ferocemente con il sacrificio di cinque agenti delle forze dell’ordine e che ha colpito l’on. Aldo Moro, presidente del partito. I democristiani bresciani sono in questo momento vicini alle famiglie dei caduti e all’amico Aldo Moro, con commossa solidarietà e partecipazione.

    Questo atto che si innesta, con straordinaria gravità, in un folle disegno che mira alla disgregazione sociale ed alla sovversione delle istituzioni democratiche del nostro paese, colpendo i valori essenziali dello Stato repubblicano nato dalla Resistenza, ha già trovato e trova nella mobilitazione generale di tutti i cittadini democratici, dei partiti e delle forze sindacali e sociali la più autentica, ferma e civile risposta.

    È necessario che ognuno ritrovi lo spirito concorde ed unitario, nel quadro delineato della Carta Costituzionale, il proprio compito per un solidale impegno politico e civile diretto al superamento della grave crisi ed al sostegno concreto all’azione delle forze dell’ordine, chiamate ad applicare con assoluta fermezza e senza cedimenti gli strumenti che la democrazia offre per assicurare al Paese condizioni di pacifica convivenza, di tolleranza e di rispetto.

    Con Aldo Moro si è colpito un uomo che da anni opera per un dialogo civile e rispettoso, per superare gli ostacoli alla crescita democratica e libera del Paese.

    La DC partito popolare e democratico, rivendica questo ruolo storico ed invita i cittadini a non farsi cogliere da smarrimento, a superare ogni assenteismo, per rispondere con una consapevole partecipazione civile e politica, affinchè i principi ed i valori di libera convivenza prevalgano contro le forze irrazionali e fanatiche della violenza e della distruzione"⁸.

    Anche il mondo dell’associazionismo cattolico si mobilitò immediatamente. La presidenza diocesana dell’Azione Cattolica emanava questo comunicato:

    "Scoraggiamento, rabbia, ribellione sono comprensibili di fronte alla violenza lucida, e tanto più spaventosa che ci ha dato la sua ultima dimostrazione nell’assassinio di cinque lavoratori e nell’attentato alla persona dell’on. Aldo Moro, alla cui solida figura di uomo che gioca la sua fede nell’attività politica professiamo la nostra stima.

    L’aberrante concezione della lotta politica, che, per disgregare le istituzioni della convivenza civile, sovranamente disprezza le vite umane e ne sfrutta la morte o il sequestro, deve essere sconfessata con estrema decisione, come avvio alle tenebre di una barbarie ritornante.

    Si deve restituire ai cittadini, con la restaurazione del diritto ed il perseguimento dei colpevoli, la ragionevole garanzia di una vita umanamente tollerabile, in cui senza prevaricazioni si possano promuovere in un pluralismo ordinato progetti di un futuro diverso, dignitoso e libero.

    Certo, le risposte violente e solamente emotive, che si collochino nello stesso orientamento irrazionalmente disumano non sono premessa valida per tale avvenire.

    L’Azione Cattolica, che tra i suoi fini pone, come elemento indispensabile, la formazione dei suoi associati ad un esercizio critico della ragione nel sociale e nel politico, richiama con forza al superamento del clima soffocante di sopraffazione; appellandosi alla sua ispirazione ed alla sua stessa ragion d’essere, addita la figura di Cristo in cui gli uomini, tormentati da una radicale domanda di ‘senso’ della vita, possano trovare, nel disorientamento e nell’incomprensione reciproca, l’impulso ad una partecipazione rigorosa e sofferta nelle istituzioni e negli organismi civici, la quale tenda a riprodurre la logica della dedizione e del sacrificio disinteressato incarnata nel Crocifisso.

    L’appello a questi valori, in cui crede con umile fermezza, è il contributo che l’Azione Cattolica ritiene di dover apportare in questo momento di smarrimento; non solo esaltare, ma sforzarsi di infondere tali valori nell’esistenza quotidiana anche sul piano politico, è operare per una speranza autentica"⁹.

    Dello stesso tenore il comunicato stampa della presidenza delle ACLI bresciane.

    "La vile imboscata con la quale è stato rapito l’on. Aldo Moro e uccisi gli uomini del servizio di scorta rappresenta l’ultimo efferato tentativo di scardinare le istituzioni democratiche del nostro Paese. Questa volta si è mirato in alto colpendo nell’on. Moro la figura di colui che aveva saputo, in passato e soprattutto in questi giorni, indicare al paese intero una prospettiva attorno alla quale far convergere il consenso delle grandi forze politiche e sociali.

    Questa gravissima provocazione esige una risposta ferma e rigorosa da parte di tutti e ad ogni livello di responsabilità, una risposta che passa oggi per la mobilitazione dei lavoratori in difesa della democrazia italiana ma deve al più presto concretarsi in modi e mezzi per stroncare l’eversione, garantire la sicurezza dei cittadini e la tutela dell’ordine pubblico contro coloro i quali dentro e fuori del nostro Paese, tentano di far rivivere in Italia regimi liberticidi.

    È giunto il tempo di operare con chiarezza e rigore, nel rispetto delle libertà civili, per ridare tranquillità ai cittadini attraverso una riforma dei servizi di sicurezza e delle forze di polizia che garantiscano efficacia ed efficienza alle loro azioni non gli opportuni mezzi per condurle.

    Questo dovrà essere uno degli impegni della maggioranza appena costituita e del governo da questa appena approvato in data odierna, assieme agli altri obiettivi intesi ad assicurare una risposta politica ai problemi dell’occupazione e dello sviluppo economico e sociale del nostro paese. In quest’ora di amarezza e difficoltà le ACLI bresciane esprimono la loro solidarietà ala famiglia dell’on. Moro ed al Partito della Democrazia Cristiana ed il loro cristiano cordoglio alle famiglie delle vittime ed alle forze dell’ordine che anche oggi hanno pagato un grave tributo di sangue nell’adempimento del proprio dovere.

    Le Acli bresciane fanno appello ai propri militanti affinchè partecipino alle iniziative che le forze politiche e sociali vanno promuovendo per vigilare in difesa delle istituzioni democratiche nate dalla Resistenza"¹⁰.

    La mobilitazione riguardò anche molti paesi della provincia di Brescia, dove si registrava un movimento nato dalla volontà di esprimere sdegno per gli atti di violenza e nel contempo solidarietà alle vittime del tragico episodio.

    Si assisteva ad una lunga serie di prese di posizione, alla convocazione di consigli comunali straordinari aperti alla cittadinanza, a manifestazioni pubbliche. Documenti furono congiuntamente votati in numerosi paesi della provincia.

    Consigli comunali si tennero a Gardone Valtrompia, Sarezzo, Castenedolo, Vobarno, Breno, Mazzano, Rezzato, Iseo, Pisogne, Toscolano Maderno, Rovato, Gussago, Ospitaletto, Manerbio, Leno, Orzinuovi, Carpenedolo, Calvisano, Montichiari. Praticamente in tutti i comuni della Provincia ci furono momenti di incontro, dibattiti e discussioni.

    VENERDÌ 17 MARZO

    In tutta Italia vengono indette manifestazioni da parte dei sindacati e di molti partiti contro il terrorismo.

    Camera e Senato con procedura d’urgenza hanno espresso la fiducia al monocolore DC, presieduto da Giulio Andreotti con 569 voti su 630. Per la prima volta, dopo il breve periodo del dopoguerra, il PCI è nella maggioranza parlamentare che appoggia il governo.

    Il Ministero degli Interni invita tutti i cittadini a collaborare e dirama le fotografie di venti brigatisti o presunti tali. Ci sono i nomi di cui le cronache del terrorismo hanno parlato frequentemente negli ultimi anni. C’è il volto di Corrado Alunni del quale si dice abbia raccolto l’eredità di Curcio, il fondatore delle Brigate Rosse, e c’è quello di Prospero Gallinari. Non mancano le donne, Susanna Ronconi e Brunilde Petramer. Chi ha visto il commando di Via Fani sostiene che c’era nel gruppo anche una giovane ragazza bionda scappata poi con un complice su una motocicletta di grossa cilindrata. Ci sono, purtroppo, degli errori: foto di brigatisti già in carcere.

    All’alba la polizia trova una Fiat 128 bianca in Via Licinio Calvo, la stessa strada dove il giorno precedente era stata scoperta la Fiat 132 blu.

    Anche a Brescia proseguirono le manifestazioni di solidarietà. In Broletto si riunirono congiuntamente, per un significativo momento di riflessione, il Consiglio Comunale e l’Amministrazione Provinciale. Presero la parola Cesare Trebeschi, Bruno Boni, nonché Ubaldo Mutti per il PSI, Quilleri (PLI), Salvo (PCI), Pelamatti (MSI), Lombardi (PRI), Moscatelli (PCI), Mariani (BN) e Muchetti (DC).

    Ecco alcune delle parole pronunciate da Boni:

    "Purtroppo i fatti di ieri hanno rivelato che la nostra società, la nostra democrazia, l’esistenza delle singole persone è seriamente e drammaticamente minacciata; per cui in tutti noi v’è la necessità di una riflessione nel cogliere i significati, nel farsi qualche domanda e cercare anche di abbozzare delle risposte. Non è semplicemente un fatto di violenza che

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