Dopo Monti: Liberalsocialismo: L’alternativa ai populismi per uscire dal pantano della Seconda Repubblica
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Anteprima del libro
Dopo Monti - Alessandro Gilleri
peggio".
Cap.1
I SOCIALISTI NELLA STORIA D´ITALIA
Le biografie dei socialisti che seguono, attinte in gran parte dalle banche dati del Parlamento italiano che ringraziamo per l’ottimo servizio d’archivio, sono l’esempio del profondo impegno politico di tanti leader socialisti italiani. Altresì dimostrano come la storia del socialismo italiano sia indissolubilmente legata alla storia d’Italia in quanto i socialisti ne sono stati veri protagonisti e hanno contribuito, spesso sacrificando persino la propria vita, alla crescita della società italiana. Il nostro intento non è riscriverle ma valorizzarne il contributo sia in relazione al vissuto di ciascun esponente sia come proposta politica. Vogliamo che i più giovani abbiano la possibilità di esaminarle per capire come la politica si basi su valori, ideali e sia una missione e non uno strumento per avere "ostriche e champagne", come successo nel Consiglio Regionale del Lazio. Non vogliamo esser moralisti o integralisti, la nostra storia non ce lo permette, ma denunciare il degrado etico ,derivante dalla politica delle promesse virtuali e dal degrado della classe politica dell’ultimo ventennio e della società, in quanto i politici li eleggono i cittadini. Sulle modalità di elezione parleremo più avanti ed ora leggiamo con attenzione la vita di protagonisti anche ignoti , che con umiltà e spesso con il sacrificio della vita, hanno contribuito alla Storia dell’Italia democratica: utile informazione per i più giovani e ripasso per i più anziani. Iniziamo con i morti di Mafia, per far notare al lettore come le intromissioni mafiose siano iniziate nelle politiche agrarie ed oggi la commistione si è evoluta ai piani più alti con una progressione che è stata direttamente proporzionale all’indebolimento della Politica e delle Istituzioni. Nulla succede per caso.
Luciano Nicoletti
Nacque in provincia di Palermo a Prizzi nel 1851, da giovane si trasferì a Corleone dove si sposò ed ebbe cinque figli. Nel 1893 fu tra i più attivi contadini di stampo socialista che chiedevano l'applicazione dei Patti di Corleone, aderendo ai Fasci siciliani e lottando attraverso l’arma degli scioperi. Per realizzare quest’obbiettivo coinvolse molti contadini e per garantire loro una certa forma di sussistenza, promise la costituzione di una cassa di resistenza
proprio per mantenere le famiglie degli scioperanti. Una soluzione temporanea a cui seguirono importanti vittorie, tra cui spicca il tentativo di ottenere le affittanze collettive
per poter assicurare un fazzoletto di terra ad ogni lavoratore. Incontrò purtroppo l’opposizione della mafia che, il 14 ottobre 1905, lo freddò con due colpi di lupara nella contrada di San Marco.
Lorenzo Panepinto
Nato nel 1865, fu maestro elementare, ma la sua attività non si esaurì qui. Infatti fondò uno dei Fasci Siciliani, fu direttore del giornale La Plebe, e fu membro del Comitato della Federazione Regionale Socialista. Per le sue iniziative a favore dei contadini e contro l'atavico ordinamento mafioso agrario, come Nicoletti, venne fucilato la sera del 16 maggio 1911. A Lui venne poi intitolata la strada dove avvenne l'orrendo misfatto.
Gaetano Marino
Nacque a Favara il 16 gennaio 1902 da una famiglia povera in cui la madre era casalinga ed il padre ebanista, studiò a Palermo e, dopo aver ottenuto la maturità classica, si laureò nel 1928 in farmacia presso la locale università. Negli anni universitari cominciò a scrivere articoli per l’Avanti!, quotidiano socialista allora clandestino. Dal 1928 al 1930 lavorò come tirocinante a Burgio, dove conobbe la sua futura moglie. Nel corso degli anni ’30 tornò a Favara, suo paese natale, per acquistare una farmacia ed esercitare la sua professione. Nello stesso periodo, Guarino chiese ed ottenne regolarmente la tessera del Partito Nazionale Fascista, anche se probabilmente lo fece solo per poter proseguire la sua attività. Nel 1943, dopo lo sbarco in Sicilia degli americani, si iscrisse al Partito Socialista Italiano e divenne segretario comunale del PSI a Favara. Il 2 ottobre del 1944, su proposta del prefetto di Agrigento, Guarino fu nominato sindaco del suo paese ma si dimise dall'incarico il 15 settembre del 1945 dopo le dimissioni di tre assessori della Democrazia Cristiana.
Guarino lottò contro i grandi proprietari terrieri che sfruttavano la locale manodopera e divenne la voce della gente umile che chiedevano l'attuazione delle leggi Gullo-Segni per la quale i terreni incolti dei latifondi dovevano essere destinate alle cooperative. In tale prospettiva, costituì anch’egli una cooperativa agricola, probabilmente ispirata alla Madre Terra di Accursio Miraglia, che divenne presto causa di numerosi conflitti con i proprietari fondiari.
Il 10 marzo del 1946 si svolsero le elezioni comunali a Favara e Guarino, sostenuto oltre che dai socialisti anche dal Partito Comunista Italiano e dal Partito d'Azione, vinse le consultazioni con il 59% dei voti e fu eletto sindaco. La Mafia delle terre però non gli perdonò le scelte considerate troppo popolari e, dopo appena 65 giorni dall’elezione, fu ucciso con un colpo di lupara alla nuca il 16 maggio 1946. I responsabili del suo omicidio, seppur facilmente rintracciabili, non furono mai arrestati né gli artefici materiali né i mandanti; per protesta la vedova di Guarino ed il figlio andarono a vivere a Parigi, indignati si rifiutarono sempre di tornare a Favara.
Pino Camilleri
Il 28 giugno 1946 a soli 27 anni divenne uno dei più giovani sindaci socialisti, a Naro in provincia di Agrigento. Già riconosciuto come capo contadino in una vasta zona a cavallo tra le province di Caltanissetta e Agrigento, fu colpito dalla lupara mentre cavalcava da Riesi (CL) verso il feudo Deliella, aspramente conteso tra gabelloti e contadini
Altri protagonisti del socialismo morti di mafia
Nicola Alongi (1 marzo 1920), dirigente socialista e anima del movimento contadino, fu ucciso a Prizzi (Pa).
Paolo Li Puma e Croce Di Gangi (settembre 1920), contadini nonché consiglieri comunali socialisti di Petralia Soprana, furono uccisi a Petralia Soprana (Pa).
Paolo Mirmina (3 ottobre 1920), combattivo sindacalista socialista, ucciso a Noto (Sr).
Antonino Scuderi (9 ottobre 1920), segretario della cooperativa agricola nonché consigliere comunale socialista di Paceco, morì ammazzato a Paceco (Tp).
Giovanni Orcel (14 ottobre 1920), segretario dei metalmeccanici di Palermo e promotore assieme ad Alongi del collegamento tra movimento operaio e movimento contadino nel palermitano. Era il candidato socialista alla provincia di Palermo quando venne ucciso a Palermo.
Giuseppe Monticciolo (27 ottobre 1920), presidente socialista della Lega per il miglioramento agricolo, ucciso a Trapani.
Stefano Caronia (1920), arciprete di Gibellina.
Pietro Ponzo (1921).
Vito Stassi (1921), dirigente del movimento dei contadini, rimase ucciso a Piana degli Albanesi (Pa).
Giuseppe Cassarà e Vito Cassarà (1921)morti ammazzati .
Giuseppe Compagna (29 gennaio 1921), contadino e consigliere comunale socialista di Vittoria.
Domenico Spatola, Mario Spatola, Pietro Spatola e Paolo Spatola (febbraio 1922), parenti di Giacomo Spatola (presidente della locale società agricola cooperativa). Furono tutti uccisi a Paceco.
Sebastiano Bonfiglio (11 giugno 1922), sindaco di Erice nonché membro della direzione del Partito Socialista, viene ucciso a Erice (Tp).
Nicolò Azoti, segretario della Camera del lavoro di Baucina nei pressi di Palermo, fu colpito dalla mafia il 21 dicembre 1946 e morì due giorni dopo.
Accursio Miraglia (4 gennaio 1947), sindacalista, segretario della Camera confederale circondariale di Sciacca
Epifanio Li Puma (2 marzo 1948), sindacalista ed esponente del Partito Socialista Italiano, capolega della Federterra
Placido Rizzotto (10 marzo 1948), ex-partigiano, dirigente del Partito Socialista Italiano e segretario della Camera del Lavoro di Corleone
Calogero Cangelosi (2 aprile 1948), esponente del Partito Socialista Italiano, sindacalista e segretario della Camera del Lavoro di Camporeale
Salvatore Carnevale (16 maggio 1955), sindacalista e militante del Partito Socialista Italiano di Sciara, in provincia di Palermo.
Giuseppe Spagnolo (13 agosto 1955), sindacalista e dirigente politico
Crediamo sia doveroso anche ricordare gli 11 morti e i 56 feriti tra contadini celebranti la festa del lavoro del 1947, di cui segue un approfondimento.
La strage di Portella della Ginestra
Nell’immediato dopoguerra, il 1 maggio 1947, la festa dei lavoratori, abolita durante il fascismo, tornò ad essere festeggiata. Circa 2000 lavoratori della zona di piana degli Albanesi, in prevalenza contadini, si riunirono nella vallata di Portella della Ginestra, nei pressi di Palermo, per manifestare contro il latifondismo, a favore dell'occupazione delle terre incolte e per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni dell'Assemblea Regionale. Su questa folla in festa partirono, dalle colline circostanti, delle raffiche di mitra che lasciarono sul terreno 11 morti (9 adulti e 2 bambini). Solo quattro mesi dopo, trapelò che a sparare furono gli uomini del bandito Salvatore Giuliano. Non fu mai fatta luce sui reali mandanti della strage, anche se il rapporto dei carabinieri faceva chiaramente riferimento ad "elementi reazionari in combutta con i mafiosi locali". In tempi più prossimi, la tesi delle collusioni ad altissimo livello, fino al capolinea del Quirinale, è stata assunta e rilanciata da Sandro Provvisionato, in Misteri d'Italia (Laterza 1994), e da Carlo Ruta, nel Il binomio Giuliano Scelba (Rubbettino 1995). C’è chi sostiene però, più di recente, una tesi più grave, ma essa viene rifiutata da molti storiografi che attribuiscono invece la strage ad una coincidenza di interessi tra i post-fascisti legati alla X MAS di Junio Valerio Borghese, i servizi segreti USA preoccupati dell'avanzata socialista-comunista in Italia ed i latifondisti siciliani. Non fu mai possibile dimostrare la veridicità di questo scenario, tramite testimonianza diretta perché Giuliano fu ucciso nel 1950. L’unico probabile assassino, il suo luogotenente Gaspare Pisciotta, fu a sua volta ucciso nel 1954, avvelenato in carcere con della stricnina nel caffè, dopo aver preannunciato rivelazioni sulla strage. Pisciotta sostenne di aver ucciso Giuliano, dietro le istruzioni del ministro dell'interno Mario Scelba, e di aver raggiunto un accordo con il colonnello Ugo Luca, comandante delle forze anti banditismo in Sicilia, per collaborare e non essere condannato né arrestato. Possiamo comunque sostenere che l’episodio fu un momento oscuro della neo nata democrazia italiana, alla quale contribuirono tanti compagni socialisti più o meno noti. Ne vogliamo continuare a rammentare il contributo di almeno alcuni, di cui di seguito proseguiamo la citazione.
Osvaldo Gnocchi - Viani
Osvaldo Gnocchi-Viani (Ostiglia Mantova 1837, Milano 1917) è stato identificato come il padre
delle Camere del lavoro anche se, a rigore, non fu neanche un dirigente sindacale. In effetti fu un iniziatore, un promotore, un creatore di società mutualistiche, leghe operaie, associazioni cooperative e istituzioni sociali. Quasi dimenticato, è invece doveroso ripescare dall’oblio questo fervido e originale personaggio, scarsamente menzionato anche dallo stesso movimento operaio. Si definiva un sociologo militante
e un socialista pratico
, cosa che lo avvicina per alcuni versi ai coniugi Webb, i numi tutelari del sindacalismo e del socialismo britannico. Borghese d’origine, Gnocchi-Viani studiò giurisprudenza a Padova e si laureò a Pavia impegnandosi nei circoli studenteschi progressisti. Si trasferì a Genova, iniziò a collaborare con il periodico mazziniano Il Dovere, di cui diventò poi direttore, e aderì alla locale Consociazione operaia, che gli permise di approfondire le problematiche legate al mondo del lavoro. La scoperta della questione operaia lo mise in tensione con i mazziniani, che non approvavano la via dello sciopero. Nel 1870 si recò in Francia seguendo Garibaldi in una campagna contro i prussiani, rientrato in Italia a Roma fu tra gli organizzatori delle Società operaie mazziniane ma anche fra i fondatori della Lega operaia di arti e mestieri che aderì alla Prima Internazionale. La contrapposizione con i mazziniani si fece quindi accesa fino a giungere ad una netta rottura. Come professione fece il correttore di bozze che gli permise, tra le altre cose, di entrare in contatto con la Società dei compositori tipografi e di organizzare il loro primo sciopero, poi stroncato dalla polizia. Lo stesso impegno fu profuso a favore dei muratori, che ricevettero da lui un grosso aiuto nella stesura delle proprie rivendicazioni. Tutto questo attivismo gli procurò un arresto per cospirazione contro la sicurezza dello Stato
ma riuscì ad ottenere la libertà provvisoria e tornò alle sue attività: prese contatto con la Lega universale delle corporazioni operaie a Ginevra, si impegnò ancor più con i tipografi diventando redattore del loro periodico Il Tipografo, e infine iniziò a collaborare con La Plebe, fondato da Enrico Bignami. Proprio per il popolare periodico, Osvaldo Gnocchi-Viani si trasferì a Milano dove continuò il suo impegno politico soprattutto all’interno della Prima Internazionale. Accettò