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Canti carnascialeschi
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Canti carnascialeschi
E-book27 pagine11 minuti

Canti carnascialeschi

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Info su questo ebook

I Canti carnascialeschi furono un genere musicale in voga a Firenze nel Quattrocento ai tempi di Lorenzo il Magnifico, a cui viene attribuita anche la loro paternità.
La loro diffusione andò ben oltre il Cinquecento, come attestò la prima antologia curata da Anton Francesco Grazzini nel 1559, intitolata Tutti i trionfi, carri, mascherate o canti carnascialeschi andati per Firenze dal tempo del Magnifico Lorenzo vecchio de’Medici; quando egli hebbero prima cominciamento per infino a questo anno presente 1559, che è stata presa come modello di riferimento dagli storici della letteratura, quali Charles S. Singleton negli anni quaranta e cinquanta del Novecento.
Dopo la morte di Lorenzo (1492) e durante la predicazione di Savonarola, i festeggiamenti carnevaleschi furono sostituiti da processioni e da laudi religiose. Dopo la morte di Savanarola (1498), i divertimenti del Carnevale furono ripristinati.
LinguaItaliano
Editoreepf
Data di uscita20 giu 2020
ISBN9788835852636
Canti carnascialeschi

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    Anteprima del libro

    Canti carnascialeschi - Lorenzo de' Medici

    Ebook realizzato da Litterae.eu informatica umanistica a partire da un'opera di pubblico dominio.

    Lorenzo de' Medici

    CANTI CARNASCIALESCHI

    I - CANZONA DE’ CONFORTINI

    Berricuocoli, donne, e confortini!

    se ne volete, i nostri son de’ fini.

    Non bisogna insegnar come si fanno,

    ch’è tempo perso, e ’l tempo è pur gran danno;

    e chi lo perde, come molte fanno,

    convien che facci poi de’ pentolini.

    Quando ’gli è ’l tempo vostro, fate fatti,

    e non pensate a impedimenti o imbratti:

    chi non ha il modo, dal vicin l’accatti;

    e’ preston l’un all’altro i buon’ vicini.

    Il far quest’arte è cosa da garzoni:

    basta che i nostri confortin’ son buoni.

    Non aspettate ch’altri ve li doni:

    convien giucare e spender bei quattrini.

    No’ abbiam carte, e fassi alla bassetta,

    e convien che l’un l’alzi e l’altro metta;

    e poi di qua e di là spesso si

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