Mandragola - Clizia - Andria
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Niccolò Machiavelli
Niccolò Machiavelli (1469-1527) was an Italian diplomat, philosopher and writer during the Renaissance era. Machiavelli led a politically charged life, often depicting his political endorsements in his writing. He led his own militia, and believed that violence made a leader more effective. Though he held surprising endorsements, Machiavelli is considered to be the father of political philosophy and political science, studying governments in an unprecedented manner that has forever shaped the field.
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Anteprima del libro
Mandragola - Clizia - Andria - Niccolò Machiavelli
Premessa
Da Giuliano de’ Ricci, nipote di Machiavelli, sappiamo che negli anni della Cancelleria il Segretario fiorentino si cimentò su due testi teatrali incompleti e andati perduti: uno concepito a imitazione dell’Aulularia di Plauto (oggetto probabilmente di plagio da parte del Gelli nella Sporta), di cui si hanno scarsissime notizie, e un altro, più noto, di impronta aristofanesca, intitolato Le Maschere. Questa seconda commedia, definita «atto reci-tabile», non si sa se in prosa o in versi, ispirata a finalità poli-tico-satiriche molto forti e pericolose, non fu ritenuta degna di essere trascritta dal manoscritto originale da parte del Ricci, che giustificò la sua decisione anche con ragioni di opportunità politica. La perdita di questo testo della drammaturgia machiavelliana costituisce motivo di grave rammarico per gli studiosi e fonte di molti interrogativi sull’importanza della commedia satirica in Machiavelli (e della satira in genere, anche alla luce dell’esperienza dell’Asino) e sui rapporti col modello aristofanesco in un’ età in cui era operante «la rimozione di Aristofane» (Raimondi).
Un fondamentale esperimento di linguaggio drammatico fu compiuto dal Machiavelli con la traduzione della commedia terenziana Andria, avvenuta negli anni 1517-1520. Possediamo la prima stesura della versione e una copia corretta, entrambe conservate nella Biblioteca Nazionale di Firenze. Il volgarizzamento dell’Andria incise in modo rilevante per la sperimentazione di una prosa dialogica, dotata di una propria forza espressiva e mimetica, che troverà la sua massima espressione nel fiorentino della Mandragola. L’Andria, derivata da un originale di Menandro, narra la storia d’amore di Panfilo e della bella Glicerio, una fanciulla povera ritenuta sorella di un’ etèra che proveniva da Andro (isola delle Cicladi), ma in realtà ateniese e di condizione libera; in seguito al riconoscimento della vera identità di Glicerio viene superato ogni ostacolo per la celebrazione delle nozze dei due innamorati.
Scritta e rappresentata quasi certamente tra il gennaio e il febbraio del 1518, in occasione dell’annuncio ufficiale delle nozze del duca Lorenzo de’ Medici con Maddalena de la Tour d’Auvregne, la Mandragola fu di nuovo rappresentata a Firenze nel settembre dello stesso anno al ritorno del duca con la sposa francese. Sempre al 1518 risalirebbe la prima edizione, realizzata da un umile tipografo anonimo che dette alla commedia il titolo di Comedia di Callimaco et di Lucretia. Il capolavoro teatrale di Machiavelli fu recitato a Roma, su richiesta del papa Leone x, nel 1520, e poi forse di nuovo a Roma nel 1524, dietro istanza di Clemente vii. Fu recitato inoltre diverse volte a Venezia, tra il 1522 e il 1526, e a Modena, nel 1526, su richiesta del Guicciardini. La seconda edizione della Mandragola fu stampata a Venezia da Alessandro Biondoni nel 1522, con lo stesso titolo non autorizzato della prima. La terza edizione, uscita a Roma presso i tipografi Calvo nel 1524, recuperò il titolo legittimo: Comedia facetissima intitolata Mandragola et recitata in Firenze. Lo stesso titolo fu assegnato alla quarta edizione di Cesena pubblicata da Girolamo Soncino del 1526. Secondo Ridolfi la correzione del titolo fu dovuta a un diretto intervento di Machiavelli su Della Palla per l’edizione romana e su Guicciardini per l’edizione di Cesena. La vicenda della Mandragola, originale rispetto agli schemi del nuovo teatro volgare, si svolge a Firenze, dove il giovane Callimaco tenta di conquistare Lucrezia, moglie del vecchio uomo di legge Nicia. Con l’aiuto del «parassito» Ligurio e del «mal vissuto» frate Timoteo, egli realizza il suo desiderio sfruttando la credulità e l’ostinazione di Nicia che vuole avere a ogni costo dei figli: si fa credere al vecchio che Lucrezia potrà avere la fecondità solo se berrà una pozione di erba mandragola, che causerà la morte del primo uomo che giacerà con lei. Un «garzonaccio» viene preso per strada e condotto nella camera di Lucrezia; in realtà sotto i suoi panni si nasconde lo stesso Callimaco che svela alla donna la sua vera identità e la convince ad abbandonare ogni resistenza. La commedia si conclude con la beffa ai danni del vecchio Nicia che, ignaro del rapporto ormai instauratosi tra Callimaco e la moglie, accoglie in casa il giovane come «compare». Assai rilevante è l’influsso del Decameron boccacciano per la presenza di spunti e suggestioni tratti da almeno tre novelle: quella di Ricciardo Minutolo e di Catella (III, 6), di Lodovico e di Beatrice (VII, 7) e di mastro Simone da Villa (VIII, 9). Di fondamentale importanza è anche l’apporto della tradizione fiorentina comico-burlesca, utile per ricostruire il realismo vernacolare della lingua e delle situazioni descritte nel testo mandragolesco.
Il 13 gennaio 1525, in un quadro biografico assai diverso da quello della Mandragola, nella villa del ricco fornaio Iacopo Falconetti, con scene di Bastiano da Sangallo, fu recitata la Clizia, commedia autobiografica ispirata alla Casina di Plauto. La vicenda narrata è basata sull’amore del vecchio Nicomaco per la giovane schiava Clizia e sulla beffa crudele a cui la moglie Sofronia e i familiari sottopongono il vecchio innamorato, costringendolo a «ritornare al segno» e a fuggire quel suo indecoroso desiderio. Il personaggio di Nicomaco (il cui nome è una contrazione di Niccolò Machiavelli) rappresenta una grottesca e penosa immagine autobiografica dell’autore che intende alludere con questa commedia al suo amore senile per la cantante Barbara Salutati. La Clizia è la commedia della malinconia machiavelliana degli anni Venti, della sconfitta e del «riscontro» impossibile: al vecchio
Nicomaco non è dato di raggiungere il proprio desiderio d’amore, al contrario di quanto avviene al giovane
Callimaco.
Alessandro Capata
Nota biobibliografica
LA VITA
Niccolò Machiavelli nacque a Firenze il 3 maggio 1469 da Bernardo e Bartolomea de’ Nelli; il padre, notaio, gli fece impartire una buona educazione umanistica. Le notizie sulla sua formazione culturale sono comunque scarse: sappiamo, dal Libro di ricordi del padre Bernardo, che fu avviato agli studi grammaticali a partire dal ’76; all’abaco dall’80; dall’81 seguì le lezioni di grammatica di Ser Paolo Sasso da Ronciglione nello Studio fiorentino. L’unica notizia rilevante di questi anni giovanili riguarda una copia da lui personalmente eseguita del De rerum natura di Lucrezio, documentata dal ms. Vaticano Rossiano 884. Apprese perfettamente il latino, ma non il greco. Alcuni studiosi ipotizzano un suo legame con l’ambiente mediceo già a partire dal ’92, ma le prime notizie sicure sulla sua attività risalgono agli anni della repubblica del Savonarola. Il 18 febbraio 1498 la sua candidatura alla segreteria della seconda cancelleria del Comune fu respinta a favore di un candidato filo-savonaroliano. Dopo la condanna a morte del frate fu nominato il 19 giugno responsabile della seconda cancelleria e, successivamente, dal 14 luglio, fu anche segretario della magistratura dei Dieci di libertà e pace. Alla seconda cancelleria spettavano competenze militari e diplomatiche che richiedevano grandi responsabilità. Nel maggio ’99 scrisse la prima prosa politica, il Discorso sopra Pisa. Nel luglio andò in missione presso Caterina Sforza, contessa di Forlì. Nel 1500 venne inviato in Francia per chiedere aiuti più tangibili nella guerra pisana. Nell’autunno 1501 sposò Marietta Corsini da cui ebbe sei figli. Nel giugno 1502 fu assistente di Francesco Soderini nell’ambasciata a Cesare Borgia, impadronitosi di Urbino; dall’ottobre 1502 al gennaio 1503 avvenne la seconda missione presso il Valentino, durante la ribellione dei luogotenenti; dall’ottobre al dicembre 1503 fu inviato a Roma in ambasceria in occasione del conclave; dal gennaio al marzo del 1504 fu nuovamente in Francia, a Lione, presso Luigi XII. Dal settembre 1502, con l’elezione di Pier Soderini a gonfaloniere perpetuo della repubblica fiorentina, il suo impegno politico divenne più intenso.
Sono di questo periodo i seguenti scritti politici: De rebus Pistoriensibus (marzo 1502); Parole da dirle sopra la provisione del danaio (marzo 1503); Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati (luglio 1503); De natura gallorum (concluso nel 1503); Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il signor Pagolo e il Duca di Gravina Orsini (1503). Risale a questi anni il poemetto in terza rima Decennale (autunno 1504). Del 1506 è la Cagione dell’ordinanza (presentazione del programma di arruolamento, di cui Machiavelli era responsabile).
Tra la fine di agosto e l’ottobre del 1506 svolse una seconda legazione presso la Corte papale, al seguito di Giulio ii, in Umbria e in Romagna. Impressionato dalle imprese del papa, scrisse da Perugia una lettera a Giovan Battista Soderini, nota come Ghiribizi (settembre 1506). Tra il 1506 e il 1516 si dedicò alla stesura dei quattro capitoli morali Di fortuna, Dell’ingratitudine, Dell’ambizione, Dell’occasione. Il 12 gennaio 1507 fu nominato cancelliere dei Nove ufficiali della milizia fiorentina; nel dicembre dello stesso anno fu inviato da Pier Soderini in Tirolo presso l’imperatore Massimiliano.
Al rientro a Firenze scrisse un Rapporto di cose della Magna (1508), il Discorso sopra le cose della Magna (1509) e il Ritratto di cose della Magna (1509-1512); nel novembre 1509 fu inviato a Verona, di nuovo presso l’imperatore. Tra il luglio e il settembre 1510 fu mandato in missione per la terza volta in Francia, presso Luigi XII; al termine dell’esperienza scrisse il Ritracto di cose di Francia (concluso nel 1512). Nell’autunno 1511 tornò per la quarta volta in Francia e fu inviato per pochi giorni a Pisa, presso il concilio dei cardinali contrari a Giulio ii, per indurli a lasciare il territorio fiorentino. Nell’agosto 1512 le truppe spagnole al seguito del cardinale Giovanni de’ Medici, legato pontificio, entrarono in Toscana; il 31 agosto Pier Soderini fuggì da Firenze; il 16 settembre i Medici ripresero il potere; con delibere del 7 e del 10 novembre Machiavelli fu destituito da ogni incarico e condannato al confino entro il dominio. Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre 1512 scrisse l’appello Ai Palleschi, in cui tentava di ingraziarsi il nuovo regime. Il 12 febbraio 1513 fu incarcerato perché sospettato di aver preso parte alla congiura organizzata dal Boscoli contro il cardinale de’ Medici; fu sottoposto a tortura e di nuovo confinato (7 marzo 1513); con l’elezione al soglio pontificio di Giovanni de’ Medici (Leone X), avvenuta l’11 marzo, ottenne l’amnistia e si ritirò nel podere detto Albergaccio, a Sant’Andrea in Percussina. Qui scrisse il trattato De principatibus, meglio conosciuto col nome Il Principe (luglio-settembre 1513); i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (scritti a più riprese tra il 1513 e il 1517, ma la datazione è congetturale); un secondo Decennale, interrotto ai fatti del 1509. Nel 1517 compose il poemetto in terza rima l’Asino, rimasto interrotto; tra il 1517 e il 1520 si dedicò in più fasi alla versione dal latino dell’Andria terenziana; nel 1538 compose la Mandragola e probabilmente anche la Favola (meglio nota col nome di Belfagor arcidiavolo); tra la fine del 1519 e l’estate del 1520 scrisse il dialogo Dell’Arte della guerra. L’8 novembre 1519 ottenne dal cardinale Giulio de’ Medici l’incarico di scrivere una storia di Firenze: la stesura degli otto libri delle Istorie Fiorentine lo tenne impegnato fino al febbraio 1525, quando l’opera venne presentata al dedicatario Giulio de’ Medici, divenuto nel frattempo papa col nome di Clemente VII (novembre 1523).
Nell’estate 1520 scrisse la Vita di Castruccio Castracani da Lucca; nel maggio 1521 fu inviato per conto degli Otto di Pratica al capitolo dei Frati minori a Carpi; visitò successivamente il Guicciardini a Modena. Nel gennaio 1525 venne rappresentata la Clizia; nel giugno dello stesso anno fu inviato in Romagna presso Francesco Guicciardini; nell’aprile 1526 fu nominato cancelliere dei Procuratori delle Mura; in relazione a quest’ultimo incarico scrisse la Relazione di una visita fatta per fortificare Firenze (1526). Il 17 maggio 1527 tornò a insediarsi la Repubblica; sgradito ai nuovi governanti, di impostazione filo-savonaroliana, non ricevette incarichi né uffici. Un mese dopo, il 21 giugno, morì a Firenze per ragioni non del tutto chiarite.
BIBLIOGRAFIA
Edizioni moderne del teatro
Le commedie di Niccolò Machiavelli, a cura di d. bicchi, Milano, Sonzogno, 1902; La Mandragola, a cura di S. DEBENEDETTI, Strasburgo, Heitz, 1910; La Mandragola-La Clizia-Belfagor arcidiavolo, a cura di V. OSIMO, Genova, Formiggini, 1914; Tutte le opere storiche e letterarie di Niccolò Machiavelli, a cura di G. MAZZONI e M. CASELLA, Firenze, Barbera, 1929, pp. 693-726; Le commedie: La Mandragola e Clizia, introduzione e note di D. GUERRI, Torino, utet, 1932; La Mandragola. Clizia. Belfagor, a cura di L. RUSSO, Firenze, Sansoni, 1943; Tutte le opere di Niccolò Machiavelli, a cura di FRANCESCO FLORA e CARLO CORDIÈ, vol. II, Milano, Mondadori («I Classici»), 1950, pp. 557-612; La Mandragola, introduzione di P. GOBETTI, note per la regia di L. LICIGNANI e M. PAGLIERO, Bologna, Cappelli, 1954; Opere, a cura di MARIO BONFANTINI, Milano-Napoli, Ricciardi, 1954, pp. 984-1034; La Mandragola e Clizia, a cura di A. BORLEGHI, Milano, Rizzoli, 1959; La Mandragola, con un saggio di R. BACCHELLI, Alpignano, Tallone, 1960; Opere letterarie, a cura di L. BLASUCCI, Milano, Adelphi, 1964; Teatro (Andria-Mandragola-Clizia), A Cura di G. DAVICO BONINO, Torino, Einaudi, 1964; La Mandragola, ed. critica a cura di R. RIDOLFI, Firenze, Olschki, 1965; Il teatro e tutti gli scritti letterari, a cura di F. GAETA, Milano, Feltrinelli, 1965; La Mandragola, Milano, Zibetti, 1966; Opere, a cura di E. RAIMONDI, Milano, Mursia, 1967, pp. 981-1056; La Mandragola, a cura di G. D. BONINO, Torino, Einaudi, 1967; Opere scelte, a cura di G. F. BERALDI, introduzione di G. PROCACCI, Roma, Editori Riuniti, 1969, pp. 721-785; Tutte le opere, a cura di M. MARTELLI, Firenze, Sansoni, 1971, pp. 868-890; Teatro: Andria, Mandragola, Clizia, a cura di G. DAVICO BONINO, Torino, Einaudi, 1979; La Mandragola, introduzione e note di G. SASSO, nota al testo di G. INGLESE, Milano, Rizzoli, 1980; Mandragola-Clizia, a cura di G. M. ANSELMI, introduzione di E. RAIMONDI, Milano, Mursia, 1984; Opere, IV. Scritti letterari, a cura di L. BLASUCCI e A. CASADEI, Torino, UTET, 1989, pp. 113-169; Mandragola-Clizia, prefazione di R. BACCHELLI, introduzione e cura di E. MAZZALI, Milano, Feltrinelli, 1995; Mandragola, a cura di giorgio inglese, Napoli, SEI, 1997.
Studi sul teatro di Machiavelli e sulla Mandragola in particolare
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