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Tre domande per Tamira
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E-book312 pagine4 ore

Tre domande per Tamira

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Info su questo ebook

Tamira è un’adolescTamira è un’adolescente come tante altre, vivace ed estroversa. C’è qualcosa però che la rende diversa dalle sue coetanee: è l’unica erede al trono del Regno di Doranda. Vive una vita felice e spensierata insieme al suo amico del cuore Zac, anch’egli rampollo di nobile famiglia, suo compagno di giochi dalla più tenera infanzia. Alla vita di corte ed alle cose che attirano le altre ragazze della sua età preferisce lunghe passeggiate a cavallo nella natura e tirare di spada, cosa che le attira continui rimproveri da parte della Regina sua madre. Finché, uno splendido giorno d’estate, non succede qualcosa che cambierà la sua vita in modo definitivo ed inaspettato: il suo amato padre è vittima di uno strano attentato, portato a compimento nonostante la continua sorveglianza presente all’interno del castello dove si trovava. Non se ne capisce il motivo né il mandante, ma sembra chiaro che a costringere in catalessi il Re sia stata una forza innaturale…forse un incantesimo di qualche tipo? Anche se nel Regno la pratica della magia è severamente vietata perché considerata una semplice fandonia destinata ad alimentare le superstizioni più irrazionali del popolino...ente come tante altre, vivace ed estroversa. C’è qualcosa però che la rende diversa dalle sue coetanee: è l’unica erede al trono del Regno di Doranda. Vive una vita felice e spensierata insieme al suo amico del cuore Zac, anch’egli rampollo di nobile famiglia, suo compagno di giochi dalla più tenera infanzia. Alla vita di corte ed alle cose che attirano le altre ragazze della sua età preferisce lunghe passeggiate a cavallo nella natura e tirare di spada, cosa che le attira continui rimproveri da parte della Regina sua madre. Finché, uno splendido giorno d’estate, non succede qualcosa che cambierà la sua vita in modo definitivo ed inaspettato: il suo amato padre è vittima di uno strano attentato, portato a compimento nonostante la continua sorveglianza presente all’interno del castello dove si trovava. Non se ne capisce il motivo né il mandante, ma sembra chiaro che a costringere in catalessi il Re sia stata una forza innaturale…forse un incantesimo di qualche tipo? Anche se nel Regno la pratica della magia è severamente vietata perché considerata una semplice fandonia destinata ad alimentare le superstizioni più irrazionali del popolino. Tamira decide di sfidare la sorte avversa e di avventurarsi alla ricerca dei motivi e del mandante dell’attentato, ma soprattutto del modo di risvegliare il padre dal sonno profondo e senza ritorno nel quale sembra essere piombato.
LinguaItaliano
Data di uscita20 lug 2020
ISBN9788831685368
Tre domande per Tamira

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    Anteprima del libro

    Tre domande per Tamira - Gian Luigi Cerciello

    però…

    1

    Era davvero una giornata meravigliosa. Il sole splendente, appena velato da qualche timida nuvola sottile, regalava colori saturi e contrastati al panorama che si poteva apprezzare dalla balconata dei piani superiori del Castello. Di fronte, a nord, lo spettacolo delle Grandi Montagne subito dietro la vasta pianura, fertile e trionfante di vegetazione, che proseguiva verso est accompagnata dallo scorrere del fiume il quale, scendendo dalle montagne e compiendo una larga curva verso destra, proseguiva sicuro e pressoché diritto in direzione della grande città del versante orientale, Doranda. Sulla sinistra, grazie all’estrema nitidezza di quella tersa mattinata, guardando con attenzione si potevano addirittura scorgere le cime più alte degli alberi della Selva Oscura, oltre la città di Sottobosco.

    Sì, era davvero una meravigliosa giornata estiva e Tamira non vedeva l’ora di correre a tuffarsi nelle acque azzurre e rinfrescanti dell’amico fiume. Raccolto in una sacca il necessario (un grande asciugamano ed una veste leggera che usava per il bagno), corse verso la grande scalinata, per percorrerla scendendo ai piani inferiori e di lì all’uscita. Come fu arrivata a piano terra, incrociò sua madre, la Regina, che, ben conoscendola ed immaginando cosa avesse intenzione di fare, era già pronta ad affrontarla.

    Dove corri? le chiese. Era come sempre bellissima con gli splendidi capelli corvini che incorniciavano un volto perfetto, con quegli occhi chiarissimi, quasi di ghiaccio, che ben si accordavano all’algida carnagione del viso.

    Tamira si chiedeva spesso come facesse ad essere sempre perfettamente vestita ed ordinata: a lei non riusciva quasi mai! Non si riteneva bella come la madre, anche se un po’ le assomigliava: aveva lunghi e setosi capelli (neri come quelli della madre) e gli occhi azzurri, più scuri e profondi di quelli della Regina; quelli li aveva presi dal padre.

    Certo non era così elegante e femminile, anche se la Principessina non se ne preoccupava molto.

    In realtà, ripulita e vestita a dovere, Tamira avrebbe sicuramente fatto un’ottima figura, anche accanto alla Regina Magda; quando, in occasione di ricorrenze ufficiali o di feste tenute a corte, era costretta a vestirsi e ad agghindarsi come si conviene ad una ragazza per bene (così definita dalla madre) la perla nascosta usciva fuori dall’ostrica. E si comportava persino ben educatamente! D’altronde era sempre la figlia del Re (anche di questo in genere non se ne curava troppo) ed aveva ricevuto la migliore istruzione possibile nel reame. Tutto sommato era una ragazza giudiziosa e aveva sempre fatto un uso proficuo delle possibilità che le venivano offerte. Però non era quello il ruolo che amava interpretare; preferiva vestire come un maschiaccio e tirare di scherma, cavalcare e andare chissà dove all’avventura, piuttosto che dedicarsi a trine e merletti. Era figlia unica e poiché il Re (ed anche la Regina, pur se lo dava meno a notare) la adorava, le veniva concesso di fare quello che più le aggradava. Un po’ Re Victor si compiaceva che l’unica figlia che il fato gli aveva destinato avesse la tendenza ad esercitare il ruolo di Principe Ereditario, più che quello di Principessina; si divertiva molto a condividere con lei i passatempi tipicamente maschili, come la caccia o il tiro con l’arco. Non avrebbe certo potuto giocare con le bambole, se mai la figlia ne avesse posseduta una. In verità Tamira ne aveva una bellissima collezione, frutto dei regali fattile da genitori, parenti e frequentatori della corte; ma si può affermare che la maggior parte di esse fosse rimasta praticamente abbandonata in un angolino della sua stanza. Da tempo, comunque, non badava più ai giocattoli.

    Vado a fare un bagno nel fiume, madre! La voce allegra e squillante tradiva un velo di preoccupazione per la risposta della Regina, che come lei sapeva non amava molto le iniziative dell’irruente ragazza.

    Non vorrai andare da sola fino al fiume! Inoltre sai che non ritengo prudente fare il bagno senza compagnia… può succedere qualcosa di pericoloso, potresti incontrare qualche malintenzionato o …

    Sì, madre! Lo so… ma ho intenzione di chiedere a Zac di venire con me. Si era già preparata la risposta, nel caso avesse incontrato la genitrice. La Regina sembrò rassicurata da questa affermazione.

    Bè… porta con te qualcosa da bere, e da mangiare anche… e non fare tardi!

    Va bene, non ti preoccupare. Richiesta inutile, pensò, dato che aveva una madre estremamente apprensiva. Tamira non riusciva a capire il perché della grande attenzione che angosciava continuamente la regina nei suoi confronti. Ormai sono grande, ho diciassette anni e so affrontare situazioni pericolose come fare un bagno nel fiume…

    Non fare la spiritosa! obiettò la regina E’ vero che sei grande; infatti alla tua età dovresti pensare a trovarti un marito piuttosto che a come perder tempo ed a divertirti!

    Per quello c’è sempre tempo… e poi i mariti non sono mica come le pere, che puoi andare a scegliere al mercato in qualsiasi momento. Quando troverò quello giusto ne riparleremo; ma temo che dovremo aspettare parecchio che quel giorno arrivi!

    Senza aspettare risposta, la ragazza corse fuori a cercare Zaccarias, il suo amico del cuore dalla più tenera infanzia. Lo trovò che si allenava a tirar di spada contro un inerme manichino.

    Ciao, Zac. Vieni a fare un bagno al fiume? Il ragazzo rivolse lo sguardo verso di lei.

    Ciao, Tami. Ti ringrazio per l’invito ma ora sono occupato ad allenarmi, come vedi.

    E dài, senza di te mia madre non mi manda; potrei morire dal caldo senza una bella nuotata! Zac fermò la sua frenetica lotta e poggiò una mano sul fianco.

    Bene, mi fa piacere! Mi chiami solo perché ti faccia da accompagnatore, non certo perché gradisci la mia compagnia! Il tono era un po’ provocatorio.

    Buffone, lo sai che senza te non mi diverto… non fare storie, vieni con me… Tamira aveva assunto il tono piagnucoloso che nella maggior parte dei casi bastava a convincere l’amico a farla contenta. Erano cresciuti insieme, a corte; Zac era il figlio di un importante cavaliere ed amico del re. Erano quasi coetanei (Zac era più grande di un circa un anno) ma mentre il ragazzo crescendo tendeva ad assumere un atteggiamento serio e dignitoso, da adulto, Tamira faceva di tutto per dimostrare che lei di crescere non ne aveva proprio voglia. Sapeva bene che l’amico aveva un debole per lei, anche se lui non osava cercare di superare la barriera che li separava; ma non si preoccupava della questione, perché lei preferiva continuare a considerarlo il fraterno amico che era sempre stato. L’amore proprio non faceva al caso suo, almeno per allora; aveva solo diciassette anni! Però spesso approfittava quasi inconsciamente della disponibilità e della serietà del ragazzo. Accennò il broncio fanciullesco che adottava nei casi estremi, ma non ci fu bisogno di esagerare. Ancora una volta Zac aveva ceduto alle sue richieste.

    Uffa… va bene, andiamo! Ma fammi almeno preparare a dovere per l’occasione.

    Agli ordini! fu la risposta scherzosa. Non ci volle molto tempo perché Zac tornasse pronto per andare. Non amava far aspettare troppo Tamira.

    In breve i due giovani erano a mollo nel fiume.

    Non è stata una buona idea? squillò Tamira.

    Si, certo; una bella nuotata è proprio quello che ci voleva…

    Il sole filtrava dai rami degli alberi, illuminando i capelli di Tamira in modo da far sembrare che brillassero di luce propria. Anche se era ben conscio del fatto che non avrebbe mai avuto alcuna speranza che l’amica provasse per lui qualcosa al di là di una affettuosa amicizia, alle volte Zac non poteva proprio fare a meno d’ammirare le splendide fattezze della ragazza. Scosse la testa e guardò altrove. Ma non riuscì a distrarsi per molto tempo, perché quella mattina Tamira era in vena di chiacchierare.

    Sai, dal balcone si vedeva un panorama stupendo, stamane. Si riusciva persino a scrutare i confini della Selva Oscura. Alle volte provo una voglia irresistibile di arrivare fin laggiù, per scoprire se davvero, come dicono, in quel posto lontano c’è qualcosa di così orribile da tenere a distanza la nostra gente… Zac raccolse la sfida e replicò:

    Dicono che oltre la Selva esista un regno sconosciuto, un posto triste e pericoloso…

    E’ vero, così dicono; ma chi può sapere cosa c’è di vero nelle storie che si raccontano a proposito… Un fatto comunque è certo. Tamira rimase in attesa della domanda che , come immaginava, arrivò quasi subito:

    Sì, e cosa? Zac ascoltava affascinato le parole della compagna.

    Se ne avessi l’occasione, non ci penserei due volte a fare il tragitto che ci separa da quella foresta sconosciuta.

    Stai scherzando. Non ti farebbero mai compiere un viaggio simile.

    Lo so… ma non mi tirerei indietro. Voglio dire… se potessi farlo.

    Anche se dovessi affrontare dei troll? O dei folletti malefici affamati della tua carne? Zac cercava di spaventarla; o meglio fingeva di volerlo fare, sapendo benissimo che spaventare Tamira era quasi impossibile.

    Certo, non ci rinuncerei per niente al mondo… non da sola, però! Ma in tua compagnia… Mi accompagneresti, vero? Vigliacca- pensò Zac- sai bene che se me lo chiedi così…

    "Piantala di prendermi in giro. Non sono certo io quello in grado di affrontare troll e follettido..

    No, ma con te vicino mi sentirei più sicura… davvero!

    Bè, non temere. Non sarà certo qualche troll puzzolente a farmi perdere lo spettacolo di Tamira-la-Grande che attraversa la Selva Oscura! Scoppiarono a ridere fragorosamente e a lungo. D’improvviso, però, Tamira cambiò espressione.

    Guarda là in alto!

    Cosa c’è?

    Sta arrivando una gazza di corte, la vedo. Gli intelligenti volatili venivano ammaestrati per portare messaggi in giro per il regno; quelli utilizzati al Castello erano di una razza più unica che rara, subito riconoscibile per le rosse piume striate sulle ali.

    Il tono preoccupato era giustificato dalla considerazione che se avevano inviato in quel momento una gazza per loro c’era sicuramente qualcosa di molto importante di cui dovevano essere messi a conoscenza. L’animale si adagiò lentamente sul braccio che la Principessina gli aveva teso. Intorno ad una zampa era stato legato ben stretto, con un laccio rosso come le piume, un bigliettino. Tamira lo aprì e lesse ad alta voce. Non aveva segreti per il suo amico del cuore. Le poche parole recitavano:

    Tornate subito al Castello. E’ accaduto qualcosa di grave! La firma era quella della Regina. Tamira ne rimase sconvolta.

    Cosa può essere successo? Mia madre non mi avrebbe mandato un messaggio così senza una seria ragione. Speriamo stiano tutti bene!

    Non ti preoccupare! intervenne Zac Corriamo a casa e vedrai che è tutto a posto. Non amava vedere Tamira così cupa in viso.

    Lo spero! Si scambiarono uno sguardo preoccupato.

    Andiamo! riprese Zac. In un minuto erano in cammino.

    2

    Il ritorno fu più veloce dell’andata. I puledri, che prima avevano adeguato il proprio passo al rilassante tepore di quella tranquilla giornata, ora galoppavano veloci, quasi comprendendo la preoccupata solerzia dei due cavalieri. Gli sguardi dei ragazzi erano concentrati e dimostravano la loro determinazione a scoprire in fretta cosa li avesse forzati ad un ritorno così precipitoso. In breve stavano camminando velocemente nella ampia sala che faceva da ingresso agli appartamenti reali. Gli si fece incontro una disperata Regina.

    Madre! esordì immediatamente Tamira Cos’è successo, dimmi? La regina la guardò con occhi pieni di lacrime.

    Oh, Tamira… tuo padre… La ragazza si sentì per un attimo sbandare.

    Che dici… papà non sta bene? Si è forse fatto male? Non capitava spesso che la Principessa chiamasse così suo padre. Anche se non amava l’etichetta di corte, sapeva che la buona educazione imponeva di parlare con rispettoso distacco ai propri genitori.

    … è accaduto qualcosa di inaspettato! Tuo padre è stato colpito da uno sconosciuto e ora… è privo di sensi. Ho molta paura che si tratti di qualcosa di grave! Tamira si sentì raggelare il sangue. Amava i suoi genitori ed aveva sempre visto nel padre la personificazione della forza e dell’invincibilità. Non aveva mai contemplato la possibilità che potesse accadergli qualcosa di brutto. Nonostante lo choc che la notizia le aveva provocato, riuscì a mantenere la vigile freddezza che sentiva necessaria in quel momento.

    Dov’è? chiese Voglio vederlo!

    Vieni, lo abbiamo adagiato sul letto. Con lui ci sono il Medico ed il Decano di Corte… cercano di rendersi conto del suo stato. Tamira trovò un po’ strano che il Decano si trovasse vicino al padre, in quel momento. Si domandò a cosa servisse la presenza del vecchio saggio accanto al dottore che stava esaminando il Re, ma non esternò il suo pensiero in merito. Voleva solo vedere al più presto il suo amato genitore; così, senza dire un’altra parola, salì le scale con la Regina e Zac ed attraversò con trepidazione, ma cercando di non far rumore, l’uscio della real camera, avvicinandosi al capezzale. Sembrava che i due uomini che erano lì vicino avessero finito di esaminare il paziente e stessero discutendo fra loro per arrivare ad una conclusione.

    Padre! esclamò la ragazza, pur rendendosi conto che l’uomo sdraiato sul letto non poteva ascoltarla. Girò lo sguardo.

    Ditemi, come sta? Cosa è successo di preciso? Il più giovane dei due uomini, il dottor Assuria, prese la parola:

    Sua Maestà è in catalessi. Significa che il colpo che ha ricevuto lo ha mandato in una specie di… sonno profondo, dal quale non riusciamo a risvegliarlo. Ma è vivo, respira regolarmente ed il suo cuore batte senza indugi. Per il momento, non credo corra altri pericoli.

    Tuo padre intervenne la Regina è stato aggredito mentre era seduto al suo scrittoio, esaminando i rapporti che ogni giorno arrivano dai quattro angoli del regno. Un uomo, non sappiamo chi sia, lo ha colpito alla schiena con una pugnalata, in corrispondenza del cuore. Il dottore annuì.

    Dov’è quest’uomo? E come può una pugnalata aver causato lo stato di mio padre? C’era molto altro che avrebbe voluto chiedere, ma per ora queste le sembravano le cose più importanti da approfondire.

    Quell’uomo è morto. Lo abbiamo trovato accasciato accanto a tuo padre senza vita, lì per terra. Come se, una volta portata a termine la sua missione, non avesse più avuto necessità di vivere. Tamira sbarrò gli occhi: che uomo poteva essere quello che aveva odiato così tanto suo padre da morire pur di fargli del danno? Per un istante rifletté, pensando che in realtà i motivi del gesto dovevano essere più complessi del semplice odio personale. Continuò con le domande:

    Si è avvelenato?

    Forse. Riprese sua madre Non siamo ancora in grado di dirlo, vedremo. Ma c’è qualcosa di diabolico in questa storia!

    Che intendete dire? La Regina fece un cenno al medico e si sedette sul bordo del letto dove giaceva il marito. Il dottore annuì e andò avanti:

    Il colpevole è riuscito ad arrivare alle camere di vostro padre eludendo qualsiasi sorveglianza, riuscendo a superare porte e chiavistelli senza che nessuno se ne accorgesse; già questo è un fatto strano. Ci siamo accorti dell’accaduto solo perché abbiamo udito l’urlo agghiacciante che sua maestà il Re ha lanciato dopo essere stato accoltellato… dunque anch’egli era del tutto ignaro che una persona si era avvicinata alle sue spalle per colpirlo di soppiatto. Eppure era seduto di fronte all’unica porta di ingresso alla stanza in cui si trovava. E poi c’è questo… Accompagnò le ultime parole mostrando alla ragazza un pugnale dal particolarissimo aspetto: la lunga e sottile lama era formata da un elicoide, tipo la punta di un trapano; osservandola meglio si scopriva che tale lama era libera di girare, rispetto all’impugnatura, in modo da avvitarsi nelle carni della malcapitata vittima. Un sistema non molto efficiente, tutto sommato, per infliggere ferite che non potevano essere più gravi di quelle inferte con un comune stiletto. Tamira si chiese chi aveva potuto concepire un’arma così inutilmente strana. Quando l’ho estratto, non era bagnato dalla benché minima goccia di sangue, così come lo vedete ora. Neanche la ferita dalla quale è penetrato fino ad arrivare quasi al cuore era insanguinata. Prese fiato Non ho mai visto alcunché di simile, nella mia lunga carriera! Il Decano, che fino a quel momento era rimasto in completo silenzio, prese la parola senza chiederla:

    Si tratta senza dubbio di un potente veleno, fatto apposta per sospendere la vita di chi ne è colpito; qualcosa di estremamente strano ed a noi sconosciuto. Forse c’è in gioco una specie di sortilegio. Quel pugnale è un artefatto creato appositamente per colpire il Re e ridurlo in queste condizioni, non per ucciderlo. Si fermò, guardando la Regina, come in attesa che aggiungesse qualcosa. La donna, asciugando le lacrime che ancora le rigavano il viso, prese fiato e parlò:

    Abbiamo trovato qualcosa, nelle tasche dell’attentatore: un messaggio. Nonostante fosse sempre più sconvolta ascoltando tutte quelle vicende, Tamira voleva sentire tutto quello che fosse necessario per capire chi e come aveva organizzato quel vile gesto.

    Un messaggio? Che tipo di messaggio? incalzò.

    Un foglio di pergamena, accuratamente piegato e sigillato con la ceralacca. La Regina Magda fece una pausa. Ma nessuno ne approfittò per inserirsi nel suo discorso; erano tutti in attesa delle sue conclusioni. E’ indirizzato a me. Uscite tutti, tranne mia figlia! Aveva alzato il tono della voce, ritrovando l’autorità che in certi momenti una Regina deve avere. I presenti eseguirono subito l’ordine; inchinandosi prima di congedarsi, anche Zac lasciò le due donne da sole.

    Tamira attendeva osservando la madre con occhi preoccupati e disperati. Costei, dopo aver deglutito ancora una volta, riprese:

    Dice: ‘Se vuoi che il tuo beneamato marito torni a vivere, devi accettare lo scambio. Voglio che ciò che mi appartiene torni al più presto tra le mie mani. Magda abbassò lentamente il foglio che stava mantenendo ed alzò gli occhi verso la figlia. Le lacrime avevano di nuovo riempito lo splendido sguardo.

    … E basta?! Non dice altro?

    Questo è tutto quello che c’è scritto…

    Ma chi lo manda? Non è firmato?

    Sì, c’è una firma: T.P.

    E chi è T.P., che significa? La madre assunse, se possibile, un’espressione ancora più preoccupata di quella che già aveva.

    Non lo so. Ma intendo scoprirlo al più presto! Si accasciò ai piedi di quello che ormai non era altro che il vuoto simulacro del suo uomo, con il viso tra le mani. Tamira non aggiunse parola. Il suo viso rivelava un misto di rabbia e di dolore, di sorpresa e voglia di agire. Si voltò di scatto e prese a grandi passi, ma non correndo, la porta per uscire dalla camera. Sentiva il cuore battergli forte e l’eccitazione salire; doveva fare qualcosa, a tutti i costi, per salvare suo padre. Era l’unica cosa della quale era certa, in quel momento di sconforto e di disperazione. Gli altri, che erano lì in attesa nell’anticamera, la guardarono preoccupati: sembrava una belva in gabbia, faceva continuamente avanti e indietro con lo sguardo fisso per terra. Ad un tratto, lo alzò e si avvicinò al Decano.

    Che significa tutto questo? Perché hanno colpito mio padre? E soprattutto, chi lo ha fatto? Il vecchio le rivolse uno sguardo sgomento e rispose:

    Non lo so… l’unica cosa certa è che il colpevole è morto.

    Non intendevo quello! L’uomo che giace morto di là non è stato che la mano che ha compiuto l’attentato; io voglio sapere chi ha armato quella mano. Fece una pausa, come per calibrare bene le parole. Per due motivi: voglio che sia punito; ma soprattutto voglio che riporti in salute mio padre! Si fermò di nuovo. Il tono con cui aveva espresso quei concetti era stato tale da non lasciar alcun dubbio, tra i presenti, sulla sua determinazione. Guardò dritto negli occhi l’anziano che gli stava di fronte. Ho bisogno del tuo aiuto… devo trovare il colpevole! Ci fu di nuovo un attimo di silenzio. Il vecchio ancora non rispondeva, forse stava cercando le parole. Ma fu Zac il primo a parlare, rivolto a Tamira:

    Qualunque cosa tu decida di fare, ricorda che io sono con te! Sembrava anche lui molto deciso, e convinto di quel che aveva appena detto. Tamira lo guardò per un attimo in silenzio, con occhi brillanti: non che avesse dubbi sul fatto che il suo amico non si sarebbe tirato indietro, ma provò comunque una sensazione di estrema gratitudine verso di lui. Finalmente Sinod, il Decano, rispose con reverenza:

    Mia Principessa, sarò ovviamente a vostra disposizione per tutto ciò che potrò fare in vostro aiuto; forse però questo non è il momento per l’azione. Sedetevi e bevete un sorso d’acqua: avete bisogno di assimilare per bene tutto ciò che avete appreso in così poco tempo e con così poca tranquillità.

    Si, ora bisogna fermarsi a riflettere. Era stata la Regina a parlare, mentre varcava la soglia della stanza. Tamira si voltò verso di lei; l’istante successivo si era buttata tra le sue braccia in cerca di un po’ di conforto.

    Vieni, figlia mia, andiamo in camera tua a riposare. Proveremo a schiarirci le idee, noi due da sole. In silenzio si avviarono mentre i presenti si inchinavano al loro passaggio.

    Come furono uscite, Zac si precipitò a domandare al Decano:

    Cosa pensi? Chi può essere stato il mandante? E perché? Questa volta il vecchio rispose con solerzia:

    L’unica persona che mi viene in mente è qualcuno il cui nome non avrei mai più voluto sentir pronunciare…

    Parla! Dimmi chi è! Sinod lanciò uno sguardo agli altri presenti. Senza bisogno di proferir parola, questi se ne andarono via. Una volta rimasto solo con Zac, il vecchio continuò:

    Hai mai sentito parlare di colui che combatte per affermare il male, che maledice le brave persone ed encomia i malvagi, che diffonde la paura a macchia d’olio nelle terre lontane del nord? fece una pausa Hai mai sentito parlare del Nero Signore? Zac notò che gli occhi di Sinod sembravano esser diventati di fuoco.

    Ma è una storia che si racconta ai bambini per mettergli paura; non vorrai farmi credere…

    Non desidero farti credere a un bel niente. aveva ben scandito le parole Io penso che dato il modo in cui si è svolto l’atto criminoso solo un essere nefando come quello avrebbe potuto organizzarlo. Zac tacque. Non si soffermò a riflettere su quel che aveva detto il Decano. Erano successe troppe cose strane, quel giorno, e non aveva intenzione di mettere in dubbio tutto quello che la sua educazione logica gli aveva insegnato a pensare.

    Madre e figlia si erano sistemate sul

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