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Una proposta scandalosa
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E-book217 pagine4 ore

Una proposta scandalosa

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1813.
Diana Clare è tornata nel Northumberland dopo una parentesi londinese che ha segnato profondamente il suo animo e la sua vita, e per cinque anni ha cercato di dimenticare ciò che è accaduto nella capitale. Poi Brett Farnham, l'attraente Conte di Coltonby, si trasferisce nella tenuta confinante e, suo malgrado, la costringe a ricordare quanto sia piacevole essere lusingate, corteggiate e amate. Diana però non vuole più soffrire, e soprattutto non ha intenzione di affrontare ancora il rischio di uno scandalo. Anche perché Brett, almeno in un primo momento, la desidera come amante e non come moglie...
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2018
ISBN9788858985854
Una proposta scandalosa
Autore

Michelle Styles

Originaria di San Francisco, California, da quando si è sposata con un inglese, nel 1988, vive nel Northumberland, a poche miglia dal Vallo di Adriano.

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    Anteprima del libro

    Una proposta scandalosa - Michelle Styles

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Question of Impropriety

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2008 Michelle Styles

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-585-4

    1

    Valle del Tyne, Northumberland, settembre 1813

    Diana Clare resistette a fatica all’impulso di imprecare, cosa che non si addiceva a una fanciulla perbene come lei.

    Si limitò a un piccolo grido strozzato per esprimere la propria frustrazione, ma Jester, la giumenta che tirava il calesse, si voltò ugualmente verso di lei, stupita e scandalizzata da quell’insolito gemito della padrona, sempre tanto tranquilla e riservata.

    Jester aveva ragione: Diana non sarebbe mai dovuta venire meno alla prima regola di una vera signora, che prescriveva di non lasciar trapelare in nessun caso le proprie emozioni.

    Diana inspirò a fondo, contò fino a dieci e poi si sforzò di assumere un’espressione calma e serena. Il calesse però rimaneva bloccato nel fango e lei sentiva che stava per scoppiarle un forte mal di testa.

    Jester non condivideva affatto la sua preoccupazione, ma brucava tranquillamente l’erba verde sul ciglio della strada, scegliendo con cura le ultime pratoline dell’estate.

    Era colpa sua se si trovava in quella situazione, si disse Diana sistemandosi dietro l’orecchio una lunga ciocca di capelli neri come la notte e osservando oltre il bordo del calesse. Non avrebbe dovuto leggere mentre guidava, ma era l’unico modo per riprendersi dalla visita a casa di Lady Bolt, dove la reputazione di un’altra donna era stata fatta a pezzi davanti ai suoi occhi a forza di chiacchiere e di volgari insinuazioni.

    Aveva pensato che fosse una fortuna avere con sé l’ultimo volume di Orgoglio e pregiudizio, un romanzo che l’aveva appassionata dal momento in cui Mrs. Sarsfield l’aveva convinta a leggere la prima pagina. Da allora non era più riuscita a staccarsene e aveva atteso con impazienza che i tre volumi della storia arrivassero alla biblioteca circolante.

    Del resto, Jester conosceva la strada di casa meglio di lei, come aveva ripetuto più di una volta a suo fratello Simon. Perciò aveva aperto il libro e aveva lasciato che la cavalla la portasse a destinazione. Purtroppo le redini sciolte e l’erba fresca si erano rivelate una tentazione irresistibile e l’animale aveva trascinato il veicolo in mezzo al fango proprio durante un interessantissimo battibecco fra i due protagonisti del romanzo.

    Come fare a scendere a terra senza infangarsi fino alle caviglie? Diana calcolò la distanza dal calesse al suolo asciutto. Ce la poteva fare con un piccolo salto non troppo sgraziato.

    Si calcò bene in testa il cappellino di paglia e prese fiato, prima di tentare il balzo.

    Lo stivaletto di pelle morbidissima finì nella mota, ben distante dal suolo asciutto. Il cappellino si inclinò e infine cadde nella melma. Diana lo raccolse prendendolo per un nastro e un po’ di fango, con suo grande orrore, le gocciolò sul vestito.

    «Una damigella in difficoltà?» chiese una voce maschile.

    Era una voce che non conosceva, profonda e dal tono un po’ arrogante.

    Diana maledisse la propria sfortuna grazie alla quale qualcuno l’aveva sorpresa in un momento così imbarazzante.

    «Il calesse è finito nel fango e io sto tentando di affrontare la cosa con la dovuta calma» rispose con freddezza, sperando che lo sconosciuto se ne andasse e la lasciasse in pace. Non si voltò verso di lui e cercò con lo sguardo un punto dove avrebbe potuto posare il piede per uscire da quel pantano.

    «Come ho detto, siete in difficoltà» insistette lui con considerevole faccia tosta.

    «Niente affatto. Fra un attimo sarò all’asciutto e tirerò fuori la mia cavalla e il calesse» ribatté Diana altrettanto ostinata.

    Allungò la gamba e quasi perse l’equilibrio. Per fortuna trovò un braccio forte e vigoroso che la sostenne.

    Nel dilemma fra cadere nel fango e aggrapparsi indecorosamente al braccio di uno sconosciuto, preferì la seconda possibilità.

    «Sarebbe stato un peccato rovinare un così bel vestito» dichiarò l’uomo, anche se l’abito che indossava Diana era così semplice da sembrare dimesso.

    Dopodiché le sue braccia la cinsero e la sollevarono per portarla in salvo. Diana si irrigidì, aspettando che lui la rimettesse a terra.

    «Mettetemi giù» gli ordinò visto che indugiava.

    «Non prima di avere ricevuto la mia ricompensa» ribatté lui.

    «Quale ricompensa?»

    «Per avervi salvata.» E senza ulteriori indugi le sfiorò le labbra con un bacio, breve ma sufficiente a infiammarle il sangue.

    «Mettetemi subito giù!» strillò Diana battendo i pugni contro il suo petto.

    «Se è ciò che desiderate...»

    La depositò sul ciglio erboso della strada e Diana si affrettò a ricomporsi. La gonna si era alzata fino ai polpacci, ma si augurò che lo sconosciuto fosse stato abbastanza gentiluomo da guardare altrove.

    Giurò a se stessa che non avrebbe mai più letto un romanzo in vita sua se quell’incubo fosse finito presto.

    «Grazie di avermi aiutato. Adesso posso fare da sola» annunciò al suo soccorritore sollevando lo sguardo verso di lui. Grazie al cielo non lo aveva mai visto e probabilmente non lo avrebbe mai più incontrato.

    Era alto, bruno, con due ampie spalle e gli occhi grigi. Indossava una giacca bianca e intorno al collo un fazzoletto candido a pois neri, che contraddistingueva i membri del Four in Hand Club, il circolo che riuniva i gentiluomini appassionati di guida. Riconobbe, trasalendo, l’inconfondibile cicatrice, che andava dalla fronte alla guancia, di cui aveva tanto sentito parlare. Aveva davanti a sé nientemeno che Brett Farnham, il campione dei campioni.

    «C’è qualcosa che non va? Mi dispiace se vi ho recato offesa, volevo soltanto esservi d’aiuto» disse lui notando che era impallidita di colpo.

    «Niente, niente» gli assicurò Diana sforzandosi di sorridere e di sembrare disinvolta mentre il suo cuore era in tumulto. «Perché dovrei essere turbata? Oggi è stata una splendida giornata.»

    «A parte il fatto che vi siete impantanata.» Un sorriso gli illuminò il volto.

    «Certo, a parte questo.»

    Brett Farnham era ammirato da tutti i giovani della sua età, Diana lo sapeva bene; era amico e confidente sia di Lord Brummel sia di Lord Byron. Ed era stato l’idolo anche del suo defunto fidanzato, morto cinque anni prima tentando di seguire le sue orme.

    Diana si era rifugiata in campagna per dimenticare tutto quello che era successo a Londra, e adesso Brett Farnham arrivava all’improvviso a ricordarglielo. Desiderò più che mai che se ne andasse e non si facesse più rivedere.

    Invece rimaneva lì, davanti a lei, e la fissava dall’alto della sua notevole statura.

    «Non mi sembra che siate molto contenta che vi abbia salvato» commentò Brett.

    «Non ve l’ho chiesto io.»

    «Un gentiluomo deve intervenire quando vede una damigella in difficoltà. E, come ho detto, sarebbe stato un vero peccato rovinare questo bel vestito.»

    Diana era ben consapevole di indossare un modello semplicissimo, in confronto agli abiti delle donne londinesi a cui lui doveva essere abituato. Brett Farnham era noto come uno dei peggiori libertini d’Inghilterra e sicuramente lei doveva stare molto attenta a come si comportava con lui se non voleva rovinarsi la reputazione.

    «Vi ringrazio» gli rispose con la massima gentilezza, ma distaccata come se si fossero incontrati per caso a un ricevimento.

    «Non ringraziatemi, devo ancora tirare fuori il vostro calesse dal fango. Solo allora potrete farlo come si deve.»

    «Sono perfettamente in grado di liberare da sola il mio calesse» replicò lei, pronta a passare all’azione, ma lui glielo impedì.

    «Così volete davvero rovinare i vostri stivaletti, dopo tutta la fatica che ho fatto? Non ve lo permetterò, bellezza.»

    Bellezza? Per chi l’aveva presa? Per la figlia di qualche ricco fattore? Come si permetteva di rivolgersi a lei in quel modo?

    «Considerate la mia reputazione di gentiluomo. Come potrei lasciarvi tirare fuori da sola il calesse dal fango quando sono qui a vostra disposizione?» le domandò con un’espressione esageratamente preoccupata.

    «Non sono un fragile fiorellino. Me la sono cavata in situazioni peggiori.»

    Lui le fece notare che il calesse era sprofondato di parecchio nella pozzanghera e che non sarebbe stato così semplice portarlo all’asciutto. La colpa era tutta sua, si ripeté Diana per l’ennesima volta. Non avrebbe mai dovuto leggere mentre guidava.

    «Il vostro calesse sta bloccando la carreggiata e potrebbe causare un incidente. A me piace trovare il passaggio sgombro quando guido la carrozza a grande velocità» sottolineò Brett Farnham.

    «È una strada pubblica» gli ricordò Diana sollevando il mento indispettita dalla sua arroganza.

    «In ogni caso, avete bisogno del mio aiuto. Sono piuttosto bravo con i cavalli.»

    Si avvicinò a Jester e le sussurrò qualcosa all’orecchio. In men che non si dica riuscì a convincerla a ritornare sulla carreggiata.

    A parte qualche schizzo di fango sui suoi lucenti stivali assiani, Brett Farnham non aveva alcuna macchia sui vestiti.

    «Adesso posso finalmente ringraziarvi?» gli domandò polemica.

    «Salite sul calesse. Guiderò io» fu la sua risposta.

    «Guiderete voi?»

    «Intendo riportarvi a casa.»

    «Mi rifiuto di tornare a casa con voi.»

    «Invece farete come dico. Non posso lasciarvi sola, siete finita nel fango... chissà cos’altro potrebbe succedervi.»

    «La colpa non è stata mia.»

    «No? La vostra giumenta è un animale docile e tranquillo, non può essere stata colpa sua.»

    «So che cosa pensate, ma vi assicuro che non sono un’incapace.»

    «Sapete quello che penso? Potete leggere nel pensiero? Che meraviglia!» la provocò.

    «Stavo leggendo un libro, ecco perché...» ammise a malincuore Diana.

    «Un libro? Non mi pare di vedere nessun libro nel calesse.»

    «Deve esserci. Era l’ultimo volume di Orgoglio e pregiudizio; l’autore scrive così bene...»

    «L’autrice, vorrete dire.»

    «Nessuno conosce il suo nome, ma Mrs. Sarsfield mi ha assicurato che è un uomo.»

    «Volete scommettere che invece è una donna?» le chiese con un luccichio negli occhi grigi. «Se ho ragione io, che cosa mi concederete in cambio?»

    «Non intendo scommettere. Sospetto che voi conosciate la verità altrimenti non mi avreste proposto una scommessa.»

    «Comunque, sono d’accordo con voi, è un romanzo scritto molto bene.»

    «Ero convinta che i membri del Jehu Club di Cambridge disdegnassero la letteratura, Mr. Franham.»

    «Come fate a conoscermi?»

    «Il mio fidanzato era un vostro ammiratore. Si chiamava Algernon Finch.»

    Brett divenne pensieroso e alla finse scosse il capo. «Questo nome non mi dice niente.»

    «Anche lui studiava a Cambridge, ma era un po’ più giovane di voi. Cinque anni fa ci aveva perfino presentato.» Lei strinse i pugni lungo i fianchi: l’uomo che, incoraggiando la sua follia, aveva causato la sua morte, si era completamente dimenticato di lui.

    «Cinque anni sono molti» si giustificò Brett. «Sono ansioso di incontrarlo di nuovo.»

    «Temo che non sarà possibile, Mr. Farnham. Algernon è morto poco dopo averci presentato.»

    «Mi dispiace. Forse però non mi conosceva bene come diceva. Inoltre il Jehu Club si è sciolto anni fa e io non sono più Mr. Farnham. Da sei mesi sono diventato il sesto Conte di Coltonby.»

    «Non lo sapevo, me ne scuso. Comunque sia, il vostro titolo non vi dà la libertà di farmi proposte sconvenienti con il pretesto di una scommessa» sottolineò Diana.

    «Non era mia intenzione farvi alcuna proposta sconveniente. Era una scommessa del tutto innocente e mi spiace che il mio comportamento vi abbia indotta a pensare il contrario.»

    «Sono molto sollevata nel sentirvelo dire.»

    Tuttavia Brett Farnham, anche se giurava di non aver avuto alcuna cattiva intenzione, la stava guardando in maniera tutt’altro che innocente.

    «Vorrei darvi lezioni di guida, se me lo permettete» le propose lui a un tratto prendendole la mano e portandosela alle labbra. «Per la vostra sicurezza e per quella degli altri.»

    «Non credo proprio che sia il caso, e del resto non penso che ci incontreremo di nuovo» tagliò corto Diana liberando la mano.

    Quella conversazione non stava prendendo la piega desiderata da Brett. «Forse avete udito dei pettegolezzi sul mio conto, ma vi posso garantire che sono tutti falsi. O perlomeno esagerati» le assicurò.

    «La mia risposta non cambia. In ogni caso il vostro ambiente naturale è Londra, la vostra permanenza qui sarà di breve durata.»

    Diana strinse le labbra, il cui colore era simile a quello di un bocciolo di rosa. Brett si chiese come sarebbe stato baciarle di nuovo. Ma decise che era meglio evitarlo perché donne come quella ambivano al matrimonio, una trappola da cui lui era sempre riuscito a tenersi alla larga.

    «Dovrò invece rimanere a lungo da queste parti» le annunciò. «Ho appena vinto una proprietà qui nel Northumberland.»

    «Davvero?» gli chiese spalancando i suoi grandi occhi verde azzurro.

    «Sir Cuthbert Biddlestone mi ha sfidato a una corsa, dopo avere bevuto un po’ troppo. Lo avevo avvisato che avrei vinto, ma non ha voluto credermi e ne ha pagato le conseguenze. Adesso sono il nuovo proprietario di Ladywell Park.»

    «Avete gareggiato con un noto ubriacone? Mi meraviglio di voi.»

    «È stato lui a insistere. L’avevo messo in guardia, ma ha preferito non darmi retta.»

    «Intendete tenere la sua proprietà o gli darete la possibilità di riprendersela con un’altra corsa?»

    «Scherzate? Non riuscirebbe mai a vincere, nemmeno se io fossi ubriaco quanto lo era lui. Quindi mi terrò quello che ho ottenuto, Miss...»

    Diana si ritrasse per evitare che le prendesse di nuovo la mano.

    «Non riuscirete a scoprire il mio nome con questi stratagemmi.»

    «Perché no? In fondo, come avete precisato, siamo già stati presentati.»

    «Ma voi lo avete dimenticato. Preferisco aspettare che ci presentino di nuovo, come sicuramente avverrà se rimarrete qui.»

    Brett annuì. Se pensava di essere presentata a lui in qualche occasione mondana, doveva essere una gentildonna, e non era sposata altrimenti lo avrebbe corretto quando l’aveva chiamata miss. Considerando la semplicità dell’abito aveva supposto che fosse la figlia di qualche ricco fattore, ma ascoltandola mentre parlava si rese conto che si trattava di una sua pari.

    Se il suo fidanzato era morto da cinque anni come aveva detto, era possibile che fosse vedova. Gli pareva impossibile che una donna così graziosa potesse rimanere sola per tanto tempo.

    «Guardate, ecco il vostro libro» le disse raccogliendolo e pulendone la copertina.

    Diana stese la mano in attesa che glielo restituisse.

    «Non vorrei che vi distraeste di nuovo. Ve lo riconsegnerò quando saprò il vostro nome.»

    «Che assurdità! Ridatemelo subito.»

    «Nemmeno per sogno.»

    «Il mio libro, per favore, Lord Coltonby.»

    Brett ignorò la sua mano tesa e infilò in tasca il piccolo volume.

    «Attenderò con ansia il nostro prossimo incontro» le disse con un lieve inchino. «E fino ad allora rimango al vostro servizio.»

    Intuendo che non avrebbe ottenuto ciò che voleva, salì sul calesse e fece schioccare le redini. Brett rimase a guardarla mentre si allontanava, pensando che le aveva fornito un’ottima scusa per venirlo a

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