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Il destino della duchessa
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E-book249 pagine4 ore

Il destino della duchessa

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Info su questo ebook

Inghilterra, XIX sec. - Lily Hightower ha sempre creduto che il suo vicino di casa, l'affascinante Conte Lionel Edgeworth, avrebbe sposato un giorno la sua dolce sorella maggiore, Abigail. La verità, però, è che Lionel è da sempre innamorato della ribelle e impertinente Lily, che tuttavia non potrà mai avere a causa della sua condizione di figlia illegittima. Ma quando una verità nascosta troppo a lungo viene a galla, ribaltando le carte in tavola, l'attrazione che consuma Lionel e Lily è libera di rivelarsi e di portare la coppia quasi all'altare. Ancora una volta però i segreti che coinvolgono la famiglia Edgeworth rischiano di rovinare tutto. Solo la sincerità e il coraggio riusciranno a sgretolare le ombre che gravano sulla felicità dei due giovani, permettendo loro di amarsi fuori da ogni costrizione.
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2018
ISBN9788858977323
Il destino della duchessa

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    Anteprima del libro

    Il destino della duchessa - Liz Tyner

    successivo.

    Prologo

    Il futuro Duca di Edgeworth tese il collo per toccarsi il taglio che si era fatto durante il suo primo tentativo di sbarbarsi. Quando aveva raccontato al padre come si era procurato quel taglio, il genitore gli aveva ingiunto di non toccare più il rasoio. Un giorno, però, sarebbe stato lui il Duca di Edgeworth e allora nessuno avrebbe più potuto dargli ordini.

    Le voci dei genitori risuonavano accanto a lui mentre studiava matematica. Il padre era seduto all'altra scrivania, mentre alle sue spalle la madre sollevava di tanto in tanto la testa dal telaio del ricamo e tendeva il collo per controllare i suoi esercizi.

    La voce del duca ruppe il silenzio. «La più giovane delle signorine Hightower?»

    «È graziosa» rispose la madre osservando attenta il ricamo.

    «A differenza della sorella maggiore, che tiene sempre il muso» aggiunse il duca.

    «La maggiore si chiama Lily» lo informò la moglie. «E non tiene il muso. Aggrotta la fronte per riflettere.»

    «È una giovane di ottime maniere, ma di certo non adatta a diventare una duchessa.»

    «È troppo seria» convenne lei senza mai sollevare gli occhi dal ricamo, «eppure sono certa che crescendo sboccerà in tutta la sua bellezza. I bambini più brutti diventano sempre splendidi adulti e, sinceramente, non ho mai visto una bambina più brutta di Lily in vita mia. Aveva gli occhi enormi e le braccia così magre da sembrare un topolino affamato, ma è già migliorata molto nell'aspetto, e la cosmetica oggigiorno riesce a fare miracoli.»

    Il duca tamburellò con le dita sul tavolo. «Con il padre che vive proprio qui accanto, sarebbe facile seguire la sua crescita, ma non ne sono ancora sicuro. La madre è una tale...»

    «Questo non significa che lo saranno anche le sue figlie» lo interruppe la moglie. «La più piccola è una ragazzina così obbediente! Ha seguito alla lettera le istruzioni della sorella maggiore.»

    «Obbediente.» Il padre assentì e le fece l'occhiolino. «Non avevi mai detto che a un duca serve una moglie obbediente.»

    «Certo che l'ho detto» ribatté la duchessa, lasciando il ricamo e preparandosi a uscire dalla stanza. «Peccato che tua madre non l'abbia mai detto a te.»

    Il padre scoppiò a ridere. «È deciso, allora» sentenziò guardando suo figlio. «Cosa ne pensi della giovane Miss Hightower?»

    «È soltanto una bambina» rispose Lord Lionel continuando a far di conto. «Le bambine non possono sposarsi.»

    «Prima o poi crescerà» obiettò il padre. «Se la scegliamo quando è ancora giovane, potremo fare in modo che venga istruita e educata come si conviene a una vera duchessa, come tu stesso vorresti che fosse. Quando informerò suo padre del tuo interesse per lei, sono certo che farà in modo di allevarla come si conviene. Quell'uomo comprende il valore dell'alta società anche se a malapena ne fa parte.»

    Lionel si strinse nelle spalle. Forse un giorno avrebbe sposato Miss Hightower, ma non la più giovane. In fin dei conti la gente si sposava quando era già vecchia, a venticinque, se non addirittura a trent'anni. Ecco, sì. A trent'anni avrebbe chiesto in moglie la più grande delle signorine Hightower, perché a quel punto sarebbe stato troppo vecchio per preoccuparsi che fosse adatta o meno.

    E comunque non gli sembrava che assomigliasse a un topolino, e anche in quel caso, comunque, non gliene sarebbe importato.

    Il mercoledì precedente, mentre studiava in giardino, Miss Lily lo aveva chiamato e gli aveva rivolto una riverenza. Nessuno aveva mai fatto niente di simile, con lui, così le aveva risposto con un cenno del capo, proprio come aveva visto molte volte dal padre. A quel punto lei lo aveva invitato a giocare con le bambole, e al suo rifiuto lo aveva chiamato Lord Secchione, guadagnandosi un rimprovero della governante, che l'aveva rispedita di corsa in casa.

    A Lionel era dispiaciuto molto per lei. Aveva sentito ciò che dicevano di lei i suoi genitori, ed era molto peggio che secchione. Non che sapesse bene cosa significava, ma era certo di non esserlo. In fondo un giorno sarebbe diventato duca, e tutti si rivolgevano con gentilezza a un duca.

    Talvolta i fratelli più piccoli dicevano che non lo avrebbero mai chiamato Edgeworth, perché quello era il titolo che spettava al padre. Lo avrebbero chiamato piuttosto Edgeworthless, indegno di Edge, anche se a quel punto la madre li rimproverava e li ammoniva a comportarsi a dovere, se non volevano diventare l'onta dell'intera famiglia. Erano nobili, loro, continuava a ripetere, e non dovevano mai dimenticarlo.

    1

    «Vostra Grazia.» La voce del valletto risuonò con la stessa forza di un sasso in fondo a un pozzo.

    Il Duca di Edgeworth non voleva svegliarsi. Quella notte aveva lavorato fino a tardi per occuparsi dei libri contabili che aveva trascurato tanto a lungo.

    «Vostra Grazia» ripeté Gaunt con voce più insistente.

    Edgeworth socchiuse gli occhi, ma solo per rassicurare Gaunt che era ancora vivo. «Sì» mormorò sollevando la testa dal cuscino, ma il dolore lancinante rischiò quasi di farlo ripiombare sui guanciali. Serrò i denti. Era vivo, si disse. Vivo. Era sopravvissuto per ben due volte: la prima a un quasi annegamento, la seconda a un'ustione. Quell'anno non era certo cominciato sotto i migliori auspici.

    «La ragione per cui vi ho svegliato...»

    «Sì?»

    «C'è una donna che chiede di vedervi. Di questo... di questo siamo certi» asserì Gaunt stringendosi le mani.

    Con uno sforzo sovrumano Edge si alzò dal letto, cercando di ignorare il dolore lancinante. L'impacco allo zolfo con cui Gaunt aveva quasi tentato di soffocarlo giaceva ancora accanto al catino dell'acqua. Glielo indicò affinché lo portasse via, e il valletto obbedì all'istante. «Al momento con l'ospite c'è la governante» spiegò Gaunt. «È stato il maggiordomo a insistere.»

    La governante non intratteneva mai gli ospiti, ed era inaudito che il maggiordomo le avesse chiesto di farlo.

    «Abbiamo pensato che fosse meglio così» aggiunse Gaunt. «Non volevamo lasciarla sola, ma non potevamo certo accompagnarla fuori, tanto più che sostiene di dovervi comunicare delle notizie su una vostra congiunta.»

    «Sostiene, avete detto?»

    «Conosce il nome della vostra congiunta.»

    Edge andò a sciacquarsi il viso nel catino. Le ustioni lo avevano infiacchito, non certo privato dell'intelletto, e Gaunt conosceva alla perfezione l'albero genealogico della sua famiglia.

    «Perché non le avete chiesto di lasciare un biglietto da visita e non l'avete mandata via?»

    «Lo farò adesso» assicurò Gaunt, ma si trattenne a tossicchiare. «È in gramaglie. Vestita di nero da capo a piedi. Ha il viso coperto. Il fazzoletto. Singhiozzava da far pena. Ho pensato che fosse meglio lasciare decidere a voi. C'è qualcosa, in lei, che mi sembra... familiare.»

    «Scenderò a incontrarla» dichiarò Edge.

    «Non è arrivata in carrozza.»

    «È in compagnia di una domestica?»

    «È da sola.»

    Edge scosse la testa. Si sarebbe detto uno degli scherzi del cugino Foxworthy: mandargli una giovane di facili costumi per tentare di sedurlo e restare ad attendere fuori con un gruppetto di amici a scommettere quanto tempo ci avrebbe impiegato prima di cacciarla di casa. Non sarebbe stata la prima volta che Fox gli giocava uno scherzo simile. Stavolta, però, Edge gli avrebbe dato la possibilità di scoprire quanto in fretta si era ripreso.

    Quando Edge entrò in soggiorno, la governante sollevò gli occhi verso di lui con espressione sgomenta.

    Edge non aveva mai visto nessuno vestito in modo più luttuoso di quella donna. I suoi abiti sembravano di buona fattura, anche se di certo non erano nuovi. Stringeva un fazzoletto in ogni mano, e in quel momento se ne portò uno sotto il velo per asciugarsi gli occhi.

    «Forse qualcuno è passato a miglior vita?» domandò Edge rivolgendosi alla figura in gramaglie.

    «Ebbene sì. Potrei parlarvi in privato?»

    Doveva essere senza dubbio una donna di facili costumi. Foxworthy gliel'avrebbe pagata. «No» rispose.

    A quel punto la donna si portò le mani al velo per sollevarlo, poi si fermò.

    «Datemi la notizia che siete venuta a darmi» la esortò allora lui. «Non intendo trattenere più del dovuto una signora in lutto.»

    La sentì sospirare, la vide alzarsi. «Vostra Grazia, mi duole informarvi che la cugina di quinto grado di vostra madre, Lady Cumberson, è defunta.»

    Edge rimase immobile. Lady Cumberson era morta già da qualche mese. Esalò un respiro. «Lady Cumberson è defunta?» ribatté allora. «Per un attimo l'avevo dimenticata. Che donna tenera, alta all'incirca così» aggiunse portandosi una mano sul braccio, appena sotto la spalla. «Santa donna, capelli bianchi.»

    In realtà Lady Cumberson era più alta di qualsiasi altra donna lui avesse mai conosciuto, aveva i capelli corvini e un senso dell'umorismo a dir poco volgare.

    «Direi di no. Piuttosto alta, con i capelli neri, e benché Vostra Grazia la definisca una santa, io non la consideravo affatto tale.»

    Fu allora che Edge riconobbe la voce. Si sforzò di non reagire.

    Lily? Lily Hightower? Fox non si sarebbe mai azzardato a mandare lei, non aveva a che fare con donne come Lily. Ma da quando in qua Lily aveva una voce così sensuale?

    «Potreste dedicarmi qualche istante per raccontarmi dei suoi ultimi giorni?» le chiese allora, facendo contemporaneamente cenno alla governante di allontanarsi, e solo quando furono soli si risolse a parlare liberamente. «Vi dispiacerebbe spiegarmi il motivo di questa mascherata?» le chiese.

    Lei sollevò il velo quanto bastava per mostrargli il mento, una bocca dalla splendida forma che non mancò di attrarre la sua attenzione e due grandi occhi castani che lo fissarono intenti. Edge deglutì.

    «Non posso farvi visita apertamente senza che mio padre venga a saperlo, e di certo non potevo attendere il ritorno di vostra madre per fingere di far visita a lei, sperando di potervi vedere e magari di parlarvi a tu per tu per qualche istante.» Lei scosse il capo, quasi volesse allontanare pensieri tanto incerti. «Non sono riuscita a pensare a nessuno che fosse in grado di aiutarmi e non avevo idea di cosa avrei fatto, se non vi foste ripreso presto.»

    «Vi ringrazio molto per l'interessamento al mio stato di salute.»

    «Si capisce!» Quelle parole le sfuggirono dalle labbra mentre si riabbassava il velo sul volto. «Ho sentito del vostro incidente... santo cielo, un altro! Poi mi hanno detto che vi avevano riportato a Londra in un carro e che non avevano idea se sareste sopravvissuto o meno. La mia famiglia sarebbe stata distrutta, se voi...»

    «La vostra... famiglia?» ripeté lui con enfasi.

    «Si capisce. Tutti noi lo saremmo stati.»

    Il velo tornò a sollevarsi, quei profondi occhi marroni si soffermarono di nuovo su di lui per un istante, poi il tulle nero scese a coprirle il volto. «Ho temuto il peggio, sapete, ma poi vostra madre mi ha accompagnata al vostro capezzale.» Le tremò la voce. «Avevate un aspetto...» Tacque, poi riprese a parlare. «Però da allora vi siete ripreso in fretta.»

    Edge liquidò quelle parole con un cenno della mano. «Avevo soltanto due opzioni, e penso di aver scelto la migliore.»

    «È stato terribile vedervi in quello stato.»

    Un vago ricordo gli tornò alla mente: la madre che lo implorava di non morire il giorno del suo compleanno. Lo scacciò. Soffermarsi su quei pensieri non gli avrebbe certo giovato.

    «Vostra Grazia» riprese lei. Edge si protese per ascoltarla. «Sono così sollevata che siate tornato in voi.»

    «Se svegliandomi avessi scoperto di essere mio cugino Foxworthy, dubito che mi sarei mai più ripreso» ribatté lui, sforzandosi di alleggerire le parole di Lily.

    Attese la sua reazione. Dannato velo!

    «Sarebbe stato un vero peccato se foste morto proprio dopo aver riempito per bene gli stivali.»

    «Come dite, prego?»

    «Gli stivali» ripeté Lily. «Ricordo che anni fa sembrava che indossaste stivali troppo grandi per voi. Adesso, invece, vi calzano a meraviglia.»

    «Vi ringrazio.»

    «Sapete, ho sempre pensato che foste piuttosto affascinante. Fino al giorno in cui mi faceste cadere dall'albero.»

    «Quel giorno evitai che vi ammazzaste.» E non era stato facile. Si era accorto che Lily stava correndo dietro a un aquilone che si era impigliato tra i rami in cima a un albero e le aveva gridato di fermarsi, ma lei aveva continuato a correre più veloce di lui.

    Allora si era precipitato verso l'albero, appena in tempo per afferrarle una caviglia mentre lei già vi si stava arrampicando. Lily aveva scalciato con tutte le sue forze nel tentativo di divincolarsi e allora lui le aveva spiegato, metodicamente, che aveva intenzione di liberare l'aquilone con un altro sistema. Le aveva detto che avrebbe finito per romperlo, se avesse continuato a tirarlo in quel modo.

    «Oh!» aveva esclamato allora lei, sollevando gli occhi verso l'aquilone.

    Edge le aveva lasciato andare la caviglia, certo che Lily sarebbe scesa dall'albero, invece lei aveva ripreso la scalata. Era stato allora che l'aveva tirata per un laccio della scarpa e lei aveva perso l'equilibrio, cadendo verso di lui. E Edge era caduto a sua volta all'indietro, attutendo con il proprio corpo la caduta di lei.

    Mentre cercava di riprendere fiato dopo il colpo, Lily era balzata in piedi urlando. Si era rotta il labbro sbattendo contro il tronco, durante la caduta. Non era la prima volta che gli capitava di vedere un labbro rotto, ma non di certo su una ragazza.

    «Razza di secchione!» lo aveva apostrofato lei, fulminandolo con lo sguardo.

    Secchione? L'aveva guardata senza capacitarsi di quell'insulto. Evidentemente le ragazze imprecavano in maniera diversa dai ragazzi.

    «Mi hai fatto cadere.»

    «Ma tu...»

    Avrebbe voluto spiegarle che le aveva impedito di cadere da un ramo più alto, perché a quel punto non sarebbe stato in grado di afferrarla, ma la vista del sangue sul suo viso lo aveva zittito.

    Proprio in quel momento lei si era portata le mani alle labbra, le aveva ritratte sporche di sangue e alla vista del liquido cremisi aveva emesso un grido assordante. Era fuggita in casa prima ancora che lui avesse avuto modo di spiegarle.

    In seguito, Edge aveva visto la cicatrice larga quasi quanto un dito che le sfregiava le labbra. Crescendo, Lily aveva imparato a coprirla con del belletto, ma Edge aveva sempre continuato a cercarne le tracce ogniqualvolta la incontrava. Adesso, però, la bocca di lei era nascosta dietro quel dannato velo, il che lo irritava.

    «Qualcuno avrebbe dovuto punire la vostra governante» sentenziò.

    «E perché mai? Mrs. Smith era una cara, carissima donna. Molto diversa da quella che arrivò dopo. E comunque credo di essermela cavata piuttosto bene.»

    «Questo è certo.» Edge non aveva dubbi, al riguardo. «Non dovete nascondervi a me, sapete?» le disse fissando il velo nero che ancora le copriva il volto.

    «Non mi sto nascondendo. Sono soltanto discreta» replicò lei alzando la voce.

    «Allora abbassate il tono.» Edge le si avvicinò per afferrare il velo tra due dita, poi lo sollevò, a guisa di una tenda tesa tra di loro.

    Per un istante osservò la cicatrice su quelle labbra accattivanti, poi gli occhi marroni che lo fissavano, e all'improvviso si sentì di nuovo ragazzo. Il che era strano, visto che neppure da giovane si era mai sentito tale. «Perché siete qui?» domandò. Voleva sentirle affermare che era venuta perché voleva vederlo.

    «Edge!» lo rimproverò lei per tutta risposta ritraendosi. Il velo gli scivolò dalle mani e tornò a coprirle il volto.

    Lo aveva chiamato con il nomignolo che gli avevano affibbiato fratelli e cugini subito dopo il trapasso del vecchio duca. Senza dubbio meglio di secchione, si disse.

    «Speravo di trovarvi in giardino per parlarvi, ma...»

    Lui annuì. Il giardino. Era da quando si era ustionato che evitava di esporsi al sole.

    Lily girò la testa, e lui trattenne un sorriso. Si era girata per nascondergli la propria espressione, quasi che gli fosse concesso scorgerla, oltre il velo che le copriva il viso.

    Allora le guardò le spalle, scese a osservarle il resto del corpo. E in quel preciso istante si rese conto che Lily era diventata Lillian. Con un profondo respiro distolse gli occhi e fissò la parete.

    «Siete sempre stato un tipo determinato, avete sempre fatto ciò che dovevate e so che avete moltissimi doveri a cui adempiere.» Lei si schiarì la voce. «Uno in particolare.»

    «A quale dei miei molti doveri vi riferite?»

    «Siete il solo a cui posso rivolgere una domanda.»

    «Siete qui per interrogarmi?»

    Stavolta fu lei a sollevare quel maledetto velo per fissarlo dritto negli occhi. «Non avrei saputo come metterlo per iscritto e non vorrei che una mia lettera cadesse nelle mani sbagliate. È molto più facile rifiutare una richiesta verbale che una scritta.» Abbassò la voce. «E poi volevo accertarmi di persona che steste meglio.»

    Edge rimase immobile, ripensando alla ragazzetta che un tempo soleva fissarlo mentre lui studiava all'aperto. Gli ci era voluto poco, a quel tempo, per scoprire che gli bastava brontolare affinché lei scoppiasse a ridere e tornasse di corsa dentro casa.

    «Cosa desiderate sapere, dunque?»

    «Intendete chiedere in moglie mia sorella?»

    Fu come se gli fosse atterrato un macigno sullo stomaco. «Prego?» Confusione e irritazione lo investirono.

    «Presto?» insistette Lily.

    «Non ci ho pensato» replicò brusco lui.

    «Ma siete quasi morto!» lo accusò Lily. «Due volte. Che ne sarebbe di Abigail, a quel punto? Gli anni passano in fretta, per lei.»

    «Gli anni passano in fretta per tutti noi.»

    Un lampo le saettò negli occhi. «Mi sono detta che, data la nostra lunga conoscenza, avreste apprezzato il mio interesse per mia sorella. Sono convinta che tra noi ci sia un legame.»

    «È così.» Lo sguardo di Edge tornò a posarsi sulla cicatrice, su quell'impercettibile segno verticale che saliva dal labbro superiore.

    L'attenzione di lei venne meno. Con una mano inguantata di nero si sfiorò quel segno. «Lo so, mi dà l'aria di un pirata» commentò.

    «No. Io vedo la cicatrice soltanto perché so... perché so dove guardare.»

    L'espressione di lei si fece solenne. «Intendete corteggiare mia sorella? Ho bisogno di saperlo.»

    «Perché?» Era suo padre, l'unico ad avere mai parlato di un suo interesse nei confronti della giovane. Lui non lo aveva mai alimentato. Mai. E da tempo

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