Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Un incauta promessa: Harmony History
Un incauta promessa: Harmony History
Un incauta promessa: Harmony History
E-book254 pagine6 ore

Un incauta promessa: Harmony History

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

The Sinful Sinclairs 3
Egitto - Inghilterra, 1822
Otto anni dopo il loro primo bacio, Lady Samantha Sinclair e Lord Edward Edgerton si rivedono in Egitto, la terra che li ha visti crescere insieme e che è stata teatro della loro attrazione. Lui sta cercando il fratello, che sembra svanito nel nulla, lei la serenità che ha perduto con la morte del marito. Quell'incontro non li lascia indifferenti e, spinto dal desiderio di proteggerla e dai sentimenti che ha sempre provato nei suoi confronti, Edge decide di sposarla. Una volta tornati in Inghilterra devono però fare i conti con le parole non dette e i segreti che li dividono, e quando Edge scopre che lei l'ha sposato solo per dimenticare l'antico amore, l'ombra di quel rivale invisibile sembra avvelenare ogni sua speranza di felicità.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2020
ISBN9788830514577
Un incauta promessa: Harmony History

Leggi altro di Lara Temple

Autori correlati

Correlato a Un incauta promessa

Titoli di questa serie (3)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa romantica storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Un incauta promessa

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Un incauta promessa - Lara Temple

    successivo.

    Prologo

    La Città nascosta non è veramente invisibile, Gabriel. La maggior parte della gente è cieca di fronte a qualcosa che minaccia il suo mondo. La vita è più facile, così.

    La Regina degli Elfi

    Desert Boy, Libro primo

    Qetara, Egitto, 1814

    «Per amor del cielo, Samantha, scendi di lì, prima di cadere!»

    «Oh, vai via, Signor Non avvicinarti all'orlo

    «Smettila di chiamarmi così.»

    «La mamma dice che non devo più chiamarti Edge, perché ora che ho diciott'anni non è decoroso, ma io mi rifiuto di chiamarti Lord Edward Edgerton. Ti fa apparire ancor più pomposo di quanto tu non sia.»

    Edge scoppiò a ridere. Non rideva spesso, ma Sam era sempre sorpresa da come il riso trasformasse il suo volto, addolcendo le linee decise ai lati della bocca e il solco tra le sopracciglia. Con i suoi occhi verdi sempre seri e i capelli scurissimi, le era sempre sembrato un adulto. O forse era la sua ostinazione a vestirsi in modo formale nonostante il calore del deserto egiziano.

    Accanto a lui, i fratelli di Sam sembravano incarnazioni delle divinità raffigurate sulle pareti del tempio, dove il cugino della madre, Huxley, trascorreva tutto il giorno a lavorare con lo zio di Edge, Poppy.

    Edge si fece serio e aggrottò le sopracciglia, come se volesse compensare quel momento di ilarità. «Decoroso. Non sai nemmeno cosa significhi.»

    «Sì, invece. Significa non far niente di divertente.»

    «No, significa mostrare rispetto. E non arrampicarsi sui monumenti antichi.»

    «Se questa sfinge è sopravvissuta per duemila anni, può sopravvivere anche a me.»

    «Non è una sfinge, ma un ariete» la corresse lui, «e Poppy sostiene che probabilmente ha almeno tremila anni, in base ai riferimenti di... non importa. In ogni caso non dovresti scalarla a piedi nudi. Un giorno calpesterai uno scorpione, e sarà la fine.»

    «Se così dev'essere, hai il permesso di ballare sulla mia tomba, Lord Istrice

    Edge ignorò l'ennesimo nomignolo. «Non essere sciocca, Sam. Inoltre, odio ballare. E comunque, perché sei salita lassù?»

    «Vieni a vedere.» Lei si voltò e attese.

    Dopo cinque minuti, udì un'imprecazione soffocata e i passi degli stivali. Probabilmente non era molto di più di un uffa, niente a che vedere con le espressioni colorite di Lucas e Chase. Nonostante gli zii l'avessero portato in Egitto quando aveva solo sei anni e parlasse l'arabo meglio di tutti loro, Edge si abbandonava di rado agli epiteti che i suoi fratelli avevano imparato dalla gente del posto.

    Quando la raggiunse, diede un'occhiata al suo album da schizzi ma non disse nulla. Sam si girò a guardarlo, ma tutto quello che poté vedere fu una sagoma scura circondata dall'alone del sole.

    «Non male» commentò lui. «Stai migliorando.»

    La tentazione di dargli una spinta e farlo cadere dalla sfinge... o ariete che fosse, era potente, ma Sam resistette. «Il cugino Huxley crede che io sia molto dotata» ribatté. «Sostiene che il talento artistico è un tratto dei Sinclair. Devo aver preso da mia zia Celia.»

    Sam aveva pronunciato quel nome con aria di sfida, aspettandosi qualche commento. Ma evidentemente lo scandalo della fuga di Lady Stanton con una spia e la loro scomparsa era troppo, per lui, perché si limitò a sedere al suo fianco. «Posso?»

    «Sederti? Certo. Non è il mio ariete, dopotutto.»

    «No, volevo dire: posso vedere i tuoi schizzi?»

    Edge prese l'album con la stessa cura che dedicava ai reperti dello zio. Sam lo vide soffermarsi sullo schizzo di un affresco del tempio e su uno di un'urna funeraria con la testa di Bastet, il dio felino.

    «Hai un buon occhio per i dettagli» ammise lui. «Non c'è nemmeno un errore, qui. Strano.»

    Sam strinse i denti ma, quando si voltò, vide il tremolio all'angolo delle labbra di lui, e si rilassò leggermente. Il suo peculiare senso dell'umorismo riusciva sempre a sorprenderla. Aveva quasi dimenticato che sotto la facciata granitica c'era un altro Edge, che sembrava ridere tra sé anche quando faceva del proprio meglio per sgridarla.

    «Molto divertente. Non sorrideresti, se sapessi quanto sei stato vicino a ricevere una spinta al fondoschiena.»

    Lo vide aggrottare la fronte.

    «Non è un linguaggio appropriato» le ricordò.

    «Dovevo dire posteriore?»

    Edge sospirò. «Sam, non crescerai mai?»

    «Sono cresciuta» lo contraddisse lei. «Tra un paio di mesi farò il mio debutto nella società veneziana, indosserò abiti molto frivoli e non avrò altra scelta che comportarmi come un'oca. Però non sono ancora a Venezia, e non ci vedo niente di male a menzionare una parte del corpo umano. Tu, Lucas e Chase lo fate abbastanza spesso, e ricordo distintamente che una volta avete discusso degli attributi di un certa ballerina ghawazi in termini piuttosto dettagliati...»

    Edge gemette. «Sei impossibile!»

    «E tu sei un individuo ben noioso, soffocante e legnoso, legato con un piccolo fiocco e immerso nell'aceto.»

    «Un piccolo fiocco? Mi ritengo offeso.»

    Sam non poté trattenere un sorriso. In qualche modo riusciva sempre a stemperare la sua irritazione. «Un grande fiocco sarebbe preferibile?» suggerì.

    «Almeno sarei grande in qualcosa.»

    Sam si girò verso di lui, schermandosi gli occhi dal sole. «Vorresti essere grande, Edge?»

    «Non è quello che desideriamo tutti?»

    «Non saprei. Forse in qualche modo sì, ma non tutti sono disposti a investire grandi sforzi per diventarlo. In che cosa vorresti essere grande?»

    Lo vide arrossire anche sotto l'abbronzatura. Quando fece per scivolare giù dalla statua, Sam lo afferrò per la manica. «Aspetta. Non insisterò, se non vuoi parlarne. Il tuo braccio va meglio?»

    Lui fece ruotare la spalla sinistra. «Meglio» rispose, «ma è stato frustrante venir messo fuori combattimento poco prima che Napoleone abdicasse. Hai notizie da Lucas o da Chase?»

    «Hanno scritto che devono restare in Francia. Non li vedo da... troppo tempo.»

    Sam si strinse le mani, sperando che lui non si accorgesse che stavano tremando. Viaggiare così tanto significava che la sua unica casa era la famiglia: prima di tutto Lucas, Chase e la madre, subito dopo il cugino Huxley e i Carmichael. E Edge. Oltre a loro non aveva casa, né radici, né ancore. Se fosse successo qualcosa a Lucas o a Chase... Non voleva nemmeno pensarci.

    «Mi mancano» dichiarò impulsivamente. «Anche se la guerra è finita, regna ancora l'incertezza. Perfino in questo momento, potrebbero essere morti, e passerebbero settimane prima che lo sapessimo.»

    Edge le coprì la mano con la propria, calda e solida, ma non cercò di rassicurarla. Non era nella sua natura. Parlare con lui era come avvicinarsi a un'isola pattugliata dalla Marina, e non era facile ottenere l'autorizzazione di scendere a terra. Forse era perché viveva con i Carmichael da quando aveva sei anni. Sam non aveva mai osato chiedere perché. Tutto quello che sapeva era che Poppy e Janet lo amavano incondizionatamente e che non si vergognavano di mostrarlo, anche adesso che Edge era un uomo adulto.

    Resistendo alla tentazione di appoggiarsi alla sua forza, cercò qualcosa da dire. «Mi piacerebbe rivedere Londra, un giorno» asserì. «Mia madre ha giurato di non tornarci mai più, così non ci sono più stata da quando ero una bambina. Tu hai visitato il British Museum? Sarebbe in cima alla mia lista, nel caso dovessi tornare.»

    Lui ritirò la mano e si allacciò le braccia intorno alle ginocchia. «Un giorno lo farai. Le decisioni di tua madre dopo lo scandalo non sono le tue, Sam. Da quanto dicono Poppy e Huxley, tuo padre era solo un brav'uomo che ha commesso un errore mentre era lontano dalla sua famiglia.»

    «Non è da te edulcorare la verità, Edge. Una relazione con una donna già impegnata e un duello con il suo fidanzato non sono un errore da poco» replicò lei con amarezza.

    «Vero, ma è triste quando il ricordo di uomo che ha fatto anche del bene si riduce alle sue azioni peggiori. E rammenta che la morte di tuo padre non ha alcun riflesso su di te.»

    «Per la società non è così.»

    Edge fissò l'orizzonte, e la sua voce si fece più esitante. «La società è strana. Le singole persone possono essere piacevoli, ma tutte insieme, a volte... sono come un mostro mitologico con più teste che sta a guardia di un regno ed esulta quando qualcuno non riesce a risolvere l'enigma che permette di entrare.»

    Sam si voltò a guardarlo, preoccupata. «Sparlavano anche di te quando eri a Londra, Edge?»

    «Ci sono sempre dei pettegolezzi.»

    «Ma tu sei perfetto!» si lasciò sfuggire Sam e, prima ancora di udire la sua risata, si sentì avvampare. «Non intendevo dire perfetto...» si corresse, contrariata.

    «Lo so.» Edge stava ancora ridendo. «Volevi dire che sono così noioso che niente di ciò che faccio potrebbe suscitare pettegolezzi.»

    «Non intendevo nemmeno questo. Ma davvero non vedo che cosa potrebbero avere da obiettare.»

    «Ti ringrazio, Sam. Purtroppo, tutto quello che è al di fuori dell'ordinario diventa sospetto per un gruppo chiuso.»

    «Vuoi dire perché sei stato allevato da Poppy e Janet anziché dai tuoi genitori? Perché sei andato a vivere con loro, Edge?» Sam non aveva mai osato chiederglielo e si aspettava che eludesse la domanda, ma lo vide fissare l'orizzonte, il profilo che si stagliava nettamente contro il cielo. Anche se lo conosceva da sempre, non era sicura di conoscerlo. Forse era per quello che molti erano sospettosi nei suoi confronti.

    «Non ricordo» rispose lui. «Non ricordo niente, di quei primi sei anni. No... ricordo solo neve e grigio, tutto qui. Comunque, se la mia vita era qualcosa di simile a quanto ho visto negli ultimi mesi, sono contento di non ricordare. I miei genitori... sono molto diversi da Poppy e Janet. Ho trascorso un po' di tempo con mia madre per il debutto di mia sorella. Mio padre, per fortuna, non si è mosso da Greybourne. Mia madre è fredda e tratta tutti con sufficienza e mio padre, è... rigidamente pio.» Le lanciò un'occhiata. «Avanti, fai qualche commento a proposito della mela che non cade lontano dall'albero» aggiunse quasi ringhiando.

    Sam scosse il capo. «Non dirò quello che non penso. Non ti ho mai visto trattare qualcuno con sufficienza, indipendentemente dalla sua religione o dalla posizione sociale. Quanto a essere freddo...» Sam si interruppe, vedendolo aggrottare la fronte, e si rese conto con stupore che il suo giudizio gli interessava davvero. «Penso tu faccia del tuo meglio per erigere barriere di ghiaccio, che si sciolgono continuamente perché non sei davvero freddo. Poppy e Janet non ti amerebbero così tanto se lo fossi.»

    Rimase stupita lei stessa da quelle parole, che parvero imbarazzarlo. Vedendo che posava le mani sulla pietra come se volesse alzarsi, fu tentata di prendergli la mano e chiedergli di restare, ma si sentì contagiata dal suo imbarazzo.

    Lui sospirò, rilassando leggermente le mani. «Se non sapessi quanto sei onesta, Sam, sospetterei che cerchi di lusingarmi per qualche misterioso motivo. Non è che hai abbattuto qualche prezioso monumento mentre non stavo guardando?»

    «I Colossi di Memnone? Sì, sono stata io» replicò con un sorriso, e fu sollevata dalla sua risata.

    «Spero che verrai presto a Londra, Sam. Quando lo farai, ti porterò al museo. C'è una statua che mi ha fatto pensare a te, è il busto di una giovane donna che fissa il cielo come fai tu quando fingi di non sentire tua madre che ti chiama per la cena.»

    Anche lei rise, imbarazzata ma stranamente lusingata per il paragone, ma ancor più dal fatto che qualcosa lo facesse pensare a lei. Era raro che Edge le dicesse qualcosa di così carino. Si lisciò le gonne, rimpiangendo all'improvviso di essere vestita con quel miscuglio impolverato di indumenti orientali e occidentali. «Che altro hai fatto a Londra?» chiese, desiderando che non smettesse di parlare.

    «Ho dovuto partecipare a balli e riunioni senza fine per il debutto di Anne. Ti sarebbe piaciuto vedermi in agonia.»

    «Oh, no di certo. Era così terribile?»

    «A volte sì. Altre volte mi sono davvero divertito...» Edge spazzolò qualche traccia di sabbia dalla pietra su cui sedevano e aggrottò la fronte. «Quel mondo riesce a risucchiarti. Tutto sembra così... facile. Siamo scampati a stento alla guerra, eppure la gente è così allegra, piena di vita. Ti fa ridimensionare le cose. Cancella il sangue, la sporcizia e il dolore, e puoi quasi credere che la realtà sia Londra, non... tutto il resto. Ti fa pensare di essere l'uomo che vedono.» Esitò, raccogliendo in un piccolo cumulo la sabbia che aveva sparpagliato. «Lì tutti mi chiamano Edward, o Lord Edward.»

    «Be', è il tuo nome.»

    «Lo so, ma... mi hanno chiamato Edge per anni. Da quando un'irritante bambina di sei anni alla sua prima visita a Qetara decretò che non avevo l'aria di un Edward o di un Lord Edward Edgerton, e mi ribattezzò Edge.»

    Sam fece una smorfia. «Continuo a pensare che non assomigli a un Edward, e Lord Edward Edgerton sembra il personaggio pomposo di una commedia moraleggiante, ma non ho costretto nessuno a chiamarti Edge. Hanno fatto tutto da soli.»

    «Sì, ??be'... hai sempre avuto la capacità di trascinare le persone. E io non ho obiettato. Mi piaceva avere un nome poco comune. Edward è quello di mio padre.»

    «Oh.»

    «Sì. Edward Raphael, eccetera eccetera. Come tutti i primi due maschi della famiglia.»

    «Se non ti piace che ti chiamino Edward, non hai che da dirlo. Io ti ho ripetuto abbastanza spesso di non chiamarmi Samantha.»

    «Come hai detto tu stessa, è il mio nome» ribatté lui. «È quello che sono.»

    Sam non capiva cosa stesse cercando di dire. Poppy, Janet e tutti gli altri lo chiamavano ancora Edge, e lui non aveva mai obiettato. Distrattamente tracciò una piccola piramide nella sabbia tra loro, e lui aggiunse una mezzaluna.

    «Nel mezzo del deserto, alla luce di uno spicchio argentato di luna...» recitò, facendola sorridere. Una delle doti di Edge era la lettura ad alta voce. C'era ben poco a rallegrare le serate, a Qetara, e il loro piccolo gruppo faceva del suo meglio con quello che aveva a disposizione, dalle carte alle sciarade, ai libri. Fin da bambina, Sam amava quando qualcuno tendeva un libro a Edge e lui si metteva a leggere. Non erano solo il timbro e la profondità della voce, ma le variazioni di tono, che rendevano il racconto più vivido di un sogno.

    «Stavi raccontando una storia diversa» mormorò lei. «Nel cuore di Londra, alla luce di cento candelabri, danzarono tutta la notte...»

    Lui spazzò via la sabbia e intrecciò le mani intorno alle ginocchia.

    «Tre candelabri, ma enormi. Credo che ognuno reggesse cento candele, o almeno così sembrava. Continuavo a preoccuparmi che la cera bollente colasse sulla pista da ballo, facendoci scivolare.»

    Sam rise, ma qualcosa nella sua voce aveva attirato la sua attenzione. «Noi?»

    Lo vide girare il capo, e poi udì anche lei il suono.

    «Il corno di Daoud. Andiamo, prima che le mosche vincano la battaglia per il pranzo.»

    «Credevo ti sarebbe bastato arrampicarti su quel povero ariete, Sam, ma dovevo aspettarmi che avresti cercato di superare te stessa. Non potresti almeno aspettare che liberiamo il resto del tempio dalla sabbia, prima di impadronirtene?»

    «Non so perché perdi tempo a rimproverarmi. Sai che non fa alcuna differenza.» Seduta sull'architrave del tempio, Sam lanciò un'occhiata a Edge.

    «Un giorno cadrai e ti spaccherai quella testa dura.»

    «Farò in modo di atterrare su di te. Sei così pieno di arie che sarà un atterraggio morbido.»

    Il suo sorriso brillò nell'ombra. «Come sei arrivata lassù?»

    «Mi sono arrampicata sul didietro di quelle statue.» Lei indicò le enormi sfingi gemelle ai lati del tempio. Erano ancora mezze sepolte nella sabbia, ma erano sufficientemente accessibili perché da lì si potesse raggiungere il tempio.

    «Sam!»

    «Ieri mi hai sgridata perché ho detto posteriore

    «Mi arrendo.»

    «Continui a dirlo, eppure perseveri. Ora vai, il sole si sta abbassando e io voglio finire questo schizzo.»

    Lui si allontanò, e Sam sentì più acutamente il silenzio che la circondava. Si pentì di averlo mandato via, ma poi sorrise tra sé, udendo un grugnito. Poco dopo Edge sedeva accanto a lei. Notando un piccolo graffio sul bordo della mano destra, provò l'impulso di toccarlo. «Ti sei graffiato» osservò invece.

    Lui sollevò la mano per esaminarla. «E allora?»

    «Allora niente» rispose lei. «Era solo un'osservazione. O un tentativo di iniziare una conversazione, in modo che tu potessi darmi la colpa anche di quello.»

    «Non posso incolparti per la mia goffaggine.»

    «Non sarebbe la prima volta. Ricordi Saqqara, due anni fa?»

    Venne ripagata da uno dei suoi sorrisi sorprendenti. «Cielo, sì. Be', era colpa tua. Cosa diavolo pensavi di trovare, arrampicandoti su quelle pile di macerie?»

    «Pensavo di fare una grande scoperta. Non mi aspettavo di cadere in una tomba e di essere assalita dai pipistrelli.» Sam rabbrividì al ricordo.

    «No, certo» ribatté lui con ironia. «Quando mai i pipistrelli si rifugiano in una tomba umida e buia? E perché mai dovrebbero allarmarsi vedendo qualcuno che piomba nella loro tana e la invade di luce?»

    «Non sapevo ci fosse una grata nascosta, sotto le macerie!»

    «Se non ti fossi arrampicata, non saresti caduta e non mi avresti trascinato con te.»

    «Ti ho chiesto scusa più di una volta» gli rammentò Sam, «e tu non mi hai quasi rivolto la parola per tutto il tempo che siamo rimasti.»

    «Credevo lo considerassi un premio, non una punizione» la rimbeccò lui. «E, dato che qualsiasi cosa potessi dire avrebbe provocato una rissa con i tuoi fratelli, ho preferito mantenere la pace. Eri una minaccia, Sam.»

    «Ero?»

    Edge annuì. «Pare tu ti sia ammorbidita, con l'età. Nonostante la tendenza a scalare i monumenti antichi, non è ancora successo niente di orribile, dal mio arrivo e, dato che mancano solo un paio di giorni alla mia partenza per l'Inghilterra, ho buone probabilità di cavarmela senza disastri.»

    Anche se aveva parlato in tono leggero, c'era una nota particolare nella sua voce che la fece rabbrividire. Sam sapeva che sarebbe partito, ma in qualche modo non si sentiva pronta.

    Non voleva che se ne andasse.

    Quella rivelazione la lasciò stordita. Era come se un buco si fosse aperto all'improvviso e lei fosse sull'orlo, con un senso di vertigine. Cosa le stava succedendo?

    Spostò lo sguardo sulla linea delle colline, seguendo il dolce declivio e la parete rocciosa sopra la vallata. Anche se il sole appiattiva i colori in un'uniformità di giallo e marrone chiaro contro l'azzurro intenso del cielo, era un paesaggio di contrasti e sorprese. Non tutte piacevoli. «Sei stato in Inghilterra solo un paio di mesi fa» osservò.

    «E con questo?»

    «Credevo avresti accompagnato tuo zio nella spedizione ad Abu Simbel, la prossima settimana.»

    Edge scosse il capo. «Non quest'anno. L'anno prossimo probabilmente tornerò con Dora.»

    «Dora?» Il

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1