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Il ritorno del principe (eLit): eLit
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E-book167 pagine2 ore

Il ritorno del principe (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Call of Duty 3
Dopo quindici anni di esilio volontario, Xander Drakos, principe ribelle e tormentato, varca di nuovo i cancelli del palazzo reale per assumere il ruolo di erede al trono che gli compete. E c'è una sola persona che può aiutarlo a riabilitare il proprio nome: la donna che si è lasciato alle spalle tanto tempo prima senza il minimo scrupolo. Solo che Layna Xenakos non è più la stessa di allora: gli eventi hanno segnato la sua vita, ma le hanno regalato anche quella forza di spirito che le consente, ora, di opporsi alle sue richieste. Xander però non è tipo da rassegnarsi facilmente, e farà di tutto per convincerla a diventare la sua sposa.
LinguaItaliano
Data di uscita4 mag 2020
ISBN9788830511392
Il ritorno del principe (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    Il ritorno del principe (eLit) - Maisey Yates

    Immagine di copertina:

    Bogdan Kurylo / iStock / Getty Images Plus

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Pretender to the Throne

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2014 Maisey Yates

    Traduzione di Anna Vassalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-139-2

    1

    «O ti butti in mare o abdichi. Non m’importa granché cosa scegli, ma sbrigati a prendere una decisione.»

    Alexander Drakos, erede al trono di Kyonos, dissoluto libertino e accanito giocatore, trasse una boccata dalla sigaretta prima di spegnerla e posare le carte sul tappeto verde.

    «Sono un po’ impegnato in questo momento, Stavros» disse al telefono.

    «A fare cosa? A gettare al vento i tuoi soldi e a bere fino a ubriacarti?»

    «Non essere stupido. Non bevo mai quando gioco. E neppure perdo.» Xander diede un’occhiata agli uomini seduti intorno al tavolo e ritirò un mucchietto di gettoni.

    «Peccato. Se perdessi, probabilmente saresti tornato a casa da tempo.»

    «Ah, be’... non mi pare che tu abbia sentito la mia mancanza.» Xander rise riponendo i gettoni in un sacchetto di velluto. «Per questa sera ho finito. Buona serata» salutò gli altri giocatori alzandosi. «Buon proseguimento.» Prese la giacca scura dalla spalliera della sedia e se la mise sulle spalle.

    Passò alla cassa e posò il sacchetto davanti all’addetto.

    «Cambiale. Il cinque per cento resta a te, non di più.»

    Poi fece una sosta al bar.

    «Uno scotch liscio.»

    «Mi pareva di aver capito che non bevevi quando giocavi» considerò suo fratello.

    «Non sto più giocando.» Il barista gli mise davanti il bicchiere, ma Xander lo respinse e uscì dal casinò, ritrovandosi in una delle strade più affollate di Montecarlo.

    «Dove sei?»

    «A Montecarlo. Ieri ero in Francia. O, almeno, credo che fosse ieri. Sai, è tutto un po’ confuso.»

    «Mi fai sentire vecchio, Xander, eppure sono più giovane di te.»

    «Ti comporti da vecchio, Stavros.»

    «Sì, be’... non posso permettermi il lusso di schivare le mie responsabilità come te... quindi qualcuno deve pure assumersele e crescere.»

    Xander ricordava bene il giorno in cui si era arrogato questo lusso, schivando le responsabilità, come lo definiva Stavros.

    L’hai ammazzata tu. È stata colpa tua. Hai sottratto qualcosa di importantissimo al nostro paese, a me! Non potrai mai rimediare! Non ti perdonerò mai.

    Dannazione.

    Ora che il ricordo era riaffiorato, era necessaria una battuta sarcastica.

    «Sono sicuro che un giorno erigeranno un monumento in tuo onore, e te lo sarai meritato...» borbottò.

    «Stammi a sentire, non ti ho telefonato per una piacevole conversazione. Piuttosto mi strangolerei con la mia stessa cravatta.»

    Xander si fermò di colpo, ignorando la donna che gli era andata a sbattere contro.

    «E allora, perché mi hai chiamato?»

    «Nostro padre ha avuto un infarto. C’è il rischio che possa morire, e tu sei il primo in linea di successione al trono. A meno che, naturalmente, non ti decida ad abdicare o, meglio ancora, ti leghi una pietra al collo e ti butti in mare. Non mi dispiacerebbe, sai?» mormorò Stavros.

    «Credo che saresti felice se abdicassi» ribatté Xander, ignorando la tensione al petto. Odiava la morte. Odiava il modo in cui colpiva all’improvviso, odiava la sua mancanza di discriminazione.

    Se la morte avesse mostrato un po’ di misericordia, l’avrebbe preso con sé da tempo. Diavolo, l’aveva supplicata per anni.

    Invece colpiva le persone amate e indispensabili, quelle che facevano una differenza nel mondo, non coloro che lasciavano solo zolfo e puzza di bruciato sulla loro strada.

    «Non ho nessun desiderio di diventare re» replicò Stavros, «ma stai tranquillo che lo farò. Il problema, ovviamente, sta negli eredi. Per quanto felici siamo Jessica e io con le nostre bambine, loro non sono ammesse alla linea di successione. Le bimbe adottate non hanno questo diritto, secondo le leggi di Kyonos.»

    «Resta... Eva.»

    «Sì» ammise Stavros. «E immagino tu sappia che è incinta.»

    «Come sta? Cosa pensa del fatto che suo figlio possa essere l’erede?»

    «Non sopporta l’idea. Lei e Mak non abitano neppure a Kyonos, e dovrebbero operare uno sconvolgimento totale nella loro vita per permettere che il bambino fosse cresciuto a palazzo. Ma lei non ne vuole sentire parlare. La conosci.»

    Xander chiuse gli occhi e pensò alla sorella ribelle, così poco incline al protocollo. Sì, non l’avrebbe sopportato. Aveva sempre odiato la vita di palazzo. Così come lui.

    Le aveva già sottratto la madre. Poteva anche sottrarle il resto dei sogni?

    «Qualsiasi sia la tua decisione, Xander, che sia veloce. Ti chiedo di prenderla nel giro di un paio di giorni» lo avvertì Stavros, «ma se vuoi il mio parere...»

    «Non lo voglio.» Chiuse la comunicazione e infilò in tasca il cellulare.

    Poi si avviò al porto, domandandosi dove avrebbe potuto trovare una pietra sufficiente allo scopo.

    Layna Xenakos smontò da cavallo e accarezzò l’animale sul collo. Era sudata e appiccicaticcia, e la semplice veste a maniche lunghe che indossava non aiutava certo a disperdere il calore.

    Ma sorrideva. Cavalcare la faceva sempre sorridere. Lì in cima, la vista del mare era fantastica e la brezza salmastra che si mescolava all’aria fresca della montagna era qualcosa che non aveva mai sperimentato in nessun luogo.

    Era una delle cose che le piaceva nella vita al convento. Era riparato, sicuro. E lì, almeno, l’assenza di vanità era una virtù. Una virtù che Layna non doveva impegnarsi per conquistare. La vanità, nel suo caso, sarebbe stata risibile.

    Estrasse dalla borsa un velo, poi se lo mise sui capelli, l’unica cosa di cui avrebbe potuto essere orgogliosa adesso celata, coperta di nuovo.

    «Vieni, Phineas» disse al cavallo, conducendolo verso le stalle, per poi tornare alla luce del sole.

    A dire il vero, non aveva fatto un uso appropriato del tempo da dedicare alla meditazione ma, in fondo, raramente si sentiva più in contatto con Dio e con la natura di quando andava a cavallo. Quindi era convinta di essere più che giustificata.

    Si diresse verso il convento. Era quasi ora di cena ed era affamata, poiché la contemplazione pomeridiana era stata trascorsa in sella al cavallo.

    «Mi scusi tanto...»

    Gelò alla voce maschile che rompeva il silenzio perfetto. Avevano spesso contatti con gli abitanti del villaggio, ma era insolito che un uomo entrasse nella proprietà del convento.

    Per un attimo, prima di voltarsi, provò una certa ansia. L’avrebbe guardata come si guardava un mostro? Il suo viso si sarebbe distorto in una smorfia inorridita? Ma quando si voltò, ormai il timore era superato. Dio non badava alla sua mancanza di bellezza esteriore, e non doveva farlo neppure lei.

    Eppure momenti del genere erano un ammonimento, a conferma che l’aspetto esteriore sgradevole poteva essere un impedimento per il servizio agli altri.

    Questo, in breve, spiegava perché era una novizia e non una sorella, anche dopo dieci anni di permanenza al convento.

    «Posso aiutarla?» Il sole le illuminava il viso, e sapeva che lui poteva vederla perfettamente... tutte le cicatrici, la pelle accartocciata e raggrinzita che le aveva rubato la bellezza. Una bellezza che un tempo era stata la sua caratteristica.

    Ma lei non riusciva a scorgere in viso l’uomo, e questo le risparmiava di individuare quale fosse la sua espressione, la sua reazione al viso deturpato. Era alto e indossava un abito costoso. Non era del villaggio. Pareva che fosse uscito dalla vita che un tempo lei aveva vissuto.

    Un uomo che le ricordava saloni da ballo e un principe che sarebbe dovuto diventare suo marito. Se le cose fossero andate in modo diverso. Se solo la vita non si fosse sbriciolata sotto i suoi piedi.

    «Forse, sorella, benché dubiti fortemente di essere nel luogo giusto.»

    «Non c’è nessun altro convento a Kyonos, quindi è improbabile.»

    «È già strano per me essere in un convento.» L’uomo alzò lo sguardo. «O, almeno, trovo strano di non essere stato colpito da un fulmine.»

    «Non è così che opera Dio.»

    Lui alzò le spalle. «Devo prendere per buone le sue parole. Dio e io non comunichiamo da anni.»

    «Non è mai troppo tardi» replicò lei, perché le pareva la cosa giusta da dire.

    Quello che avrebbe detto la badessa.

    «Be’, comunque sia, non sto cercando Dio. Sto cercando una donna.»

    «Qui ci sono solo sorelle.»

    «Be’, potrebbe esserlo anche lei. Sto cercando Layna Xenakos.»

    Lei gelò, il cuore che si stringeva. «Non porta più questo nome.» Ed era vero. Le sorelle la chiamavano Magdalena. Un memento che era cambiata, e che adesso viveva per gli altri e non per se stessa.

    E poi lui si avvicinò, una visione uscita da un sogno, o da un incubo. L’epitome di ciò da cui aveva cercato di fuggire negli ultimi anni.

    Xander Drakos, erede al trono di Kyonos, playboy leggendario. E l’uomo al quale era stata promessa.

    Proprio l’ultimo uomo sulla faccia della terra che avrebbe voluto vedere.

    «Perché no?» chiese lui.

    Non l’aveva riconosciuta. E come avrebbe potuto? L’ultima volta che si erano visti era poco più di una ragazzina. Aveva diciotto anni ed era bellissima.

    «Forse perché non vuole che la gente la trovi» rispose, chinandosi a raccogliere un pomodoro, cercando di ignorarlo, di ignorare il cuore che batteva impazzito.

    «Non è difficile da trovare. Alcune indagini mi hanno condotto qui.»

    «Cosa vuole?» gli domandò. «Cosa vuole da lei?»

    Xander osservò la donna minuta. Aveva del fango sull’orlo della veste e anche sui polsini. I capelli erano nascosti da un velo, l’unica traccia di colore sul viso le sopracciglia, finemente arcuate e scure.

    Un lato del viso aveva la pelle dorata, zigomi alti e una bocca generosa che s’incurvava all’insù all’angolo. Ma questa era soltanto metà del viso, e qui finiva la sua bellezza. Perché l’altra parte, dal collo alle guance e al naso era devastata, ruvida e grinzosa, le labbra quasi pietrificate, troppo segnate dalle cicatrici per formare un sorriso. Non che gli stesse sorridendo. Ma, anche se l’avesse fatto, sarebbe stata una smorfia fissa, almeno da quel lato del viso.

    Era proprio il tipo di donna che lui si era aspettato di trovare lassù. Non una giovane allegra e gioiosa come Layna. Quando si erano fidanzati lei, praticamente, era una ragazzina, di una bellezza eccezionale. Occhi e pelle dorata, capelli color del miele.

    Aveva capito subito che sarebbe stata una regina perfetta e, ciò che più contava, era che il popolo la adorava.

    Inoltre lei aveva delle connessioni molto importanti, in quanto suo padre era uno degli uomini più ricchi di Kyonos.

    Da quanto aveva saputo al suo ritorno, due giorni prima, la famiglia Xenakos non risiedeva più sull’isola, salvo Layna. E doveva trovarla.

    Aveva bisogno di lei, era l’ancora al suo passato, l’alleata più sicura. Per la stampa, per il popolo. L’avevano adorata, l’avrebbero adorata ancora.

    Non sarebbe stato così, temeva, per lui.

    «Abbiamo vecchi argomenti da discutere.»

    «Le donne che abitano qui non vogliono discutere di argomenti che riguardano il passato» ribatté lei, la voce incerta. «Le donne vengono qui per iniziare una nuova vita. E il passato... non è benaccetto.» Si voltò avviandosi verso il convento.

    Nessuno lo congedava senza il suo consenso.

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