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Uomo in fuga. Alla ricerca di un mito
Uomo in fuga. Alla ricerca di un mito
Uomo in fuga. Alla ricerca di un mito
E-book127 pagine1 ora

Uomo in fuga. Alla ricerca di un mito

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Info su questo ebook

Il capitano del SAS inglese, ormai a proprio agio nel mondo fantastico in cui è stato catapultato, intraprenderà con i suoi compagni il viaggio alla ricerca del mago buono. Non sarà affatto semplice! Per raccogliere informazioni e aiuto, saranno costretti a fare diverse tappe, dall’Isola dei nani al Regno degli Orchi e le difficoltà saranno all’ordine del giorno. Faranno nuove amicizie, ma la loro vita sarà spesso in pericolo; proprio come il Regno di Aluisa. Riuscirà la matriarca Malica a mantenere il controllo delle sue terre? Agares desisterà dalla sua brama di conquista? Un omicidio instillerà dubbi nelle menti dei nostri amici, mettendo a dura prova la loro fiducia reciproca.
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2020
ISBN9788835892076
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    Anteprima del libro

    Uomo in fuga. Alla ricerca di un mito - Marcello Stoppa Corona

    Uomo in fuga

    Marcello Stoppa Corona

    Uomo in fuga

    Alla ricerca di un mito

    Marcello Stoppa Corona

    Uomo in fuga Alla ricerca di un mito

    Quest’opera è frutto dell’immaginazione e della fantasia dell’Autore.

    Personaggi, istituzioni, organizzazioni e soprattutto circostanze sono casuali e si trovano qui per puro scopo narrativo.

    Ogni riferimento a cose, persone o fatti reali è da ritenersi

    semplicemente fortuito.

    L’Isola dei reietti

    La Galeotta beccheggiava, sballottava e dondolava cercando di domare le onde impetuose di un mare introverso. La furia delle onde non si placava e continuava imperterrita a schiaffeggiare lo scafo già malridotto.

         Il capitano Pàdriac vagava sul ponte e lottava con se stesso trattenendo un malessere che voleva sfociare di getto. ‘Odio il mare e le barche!’, pensò cercando un posto dove poter vomitare. Ogni passo era un supplizio; si muoveva sperando che il disturbo passasse velocemente, ma non era così semplice come sperava. Il mal di mare era l’unica debolezza di quell’uomo plasmato nelle foreste più inospitali del pianeta. Il rollio era diventato fastidioso e insopportabile, Pàdriac si sentiva intontito, ubriaco senza aver bevuto. Poggiò la mano sul pennone di maestra, l’unico punto saldo vicino a lui e si guardò attorno.

    Tallon, il nano guerriero comandante dell’esercito di Aluisia, conduceva la barca con la risolutezza di un marinaio esperto. Al suo fianco, appoggiato al parapetto, sedeva il fedele capitano Navarro, che con aria triste e cupa scrutava l’orizzonte verso prua. La corporatura di Tallon vicino a quella maestosa di Navarro sembrava ancor più minuta.

    Pàdriac deviò lo sguardo verso la costa da cui era partita la loro fuga e fissò il drago di Gualanda volteggiare tra le fumane nere che, come sibillini fantasmi, salivano al cielo dai miseri resti della fortezza del duca Talomeo.

    Saldamente al comandando del suo drago, il nocchiere di tanto in tanto gli intimava di sputare il suo fuoco letale sugli ultimi soldati sopravvissuti a quella battaglia ormai persa. Il getto incendiario di quell’animale ricordava a Pàdriac le bombe di gel combustibile con cui aveva dovuto misurarsi nella sua vita precedente.

    Sì perché il capitano Pàdriac non apparteneva a quel mondo in cui la magia, i draghi e le streghe condizionano la vita delle persone e controllano tutti gli elementi. Pàdriac proveniva dal mondo reale, dove l’inutile è più apprezzabile dell’utile e dove il nemico viene ucciso senza contatto, ma con il semplice gesto di pigiare un bottone o tirare un grilletto.

    Ora, triste e impotente, guardava quella fortezza distrutta pensando alla fuga come unica scelta sensata per rimanere vivo.

    Avevano fallito. I soldati Zirki, alleati ai barbari Dracon, avevano sbaragliato l’intera legione di soldati Aluisiani in una sola notte. Da mille, se ne erano salvati una ventina o poco più, quelli che ora riposavano nella stiva della Galeotta.

    Pàdriac presumeva fossero diretti al Regno delle streghe per rifugiarsi nella sua inespugnabile fortezza.

    A un tratto, una contrazione allo stomaco gli fece pensare al peggio. Si avviò lentamente verso il parapetto del barcone: da lì avrebbe rigettato in mare qualunque cosa potesse uscire da uno stomaco vuoto.

    «Prendi questo, ti farà bene!». Elin, la strega destinata a ereditare il matriarcato di Aluisia, comparve al suo fianco porgendogli una bustina di carta. Pàdriac, senza esitazioni, prese la bustina, inghiottì la polvere rosa che conteneva e bevve un lungo sorso d’acqua dalla borraccia appesa al cassero centrale. Non fece domande né ebbe alcun dubbio perché aveva piena fiducia in quella giovane donna; infatti, il suo malessere scomparve immediatamente: lo stomaco smise di torcersi e il suo volto ritornò roseo.

    «Ti senti meglio?», chiese la strega.

    Pàdriac annuì. Poi, con cenno della testa in direzione di Tallon, chiese: «Dove credi ci stia portando?».

    Elin fece spallucce, scosse la testa e lasciò intendere di non saperlo.

    «Spero ci riporti a Pardo!» esclamò lui.

    «Chiediglielo se vuoi saperlo.»

    Non osò, ma quando guardò verso l’Isola Madre non la vide. «Odio il mare, e questo mi porta a fare una crociera!» bofonchiò tra sé. Osservò Tallon che impassibile manteneva lo sguardo fisso sull’orizzonte davanti a sé e capì che non erano diretti ad Aluisia, ma la risolutezza nello sguardo del nano gli fece passare definitivamente la voglia di domandargli dove stessero andando.

    Stanco di tutto, Pàdriac sentì l’incombente necessità di riposare. Si scusò con Elin e si diresse al boccaporto della stiva sbadigliando come un leone annoiato. Scese la scaletta e, appena trovò un posto tra i soldati, poggiò la schiena alla carena del barcone e cercò di rilassarsi, ma fu subito incalzato dalla curiosità dei presenti.

    «Capitano, dove stiamo andando?»

    «Capitano, stiamo tornando a casa?»

    «Capitano ...»

    Le domande si susseguivano una dietro l’altra e Pàdriac, pur non avendo risposte esaustive, non poteva sottrarsi alla legittima curiosità dei suoi uomini. Prima di aprir bocca li guardò tutti, uno a uno, e dopo un sospiro a pieni polmoni affermò: «Abbiate fiducia nel comandante, lui sa cosa fare!».

    Gli uomini cominciarono subito a confrontarsi tra loro e Pàdriac ne approfittò per poggiare la testa sulle ginocchia e chiudere gli occhi, le sue palpebre erano insopportabilmente pesanti. Cercò di combattere con il sonno, di rimanere sveglio, il bailamme dei soldati in sottofondo l’avrebbe aiutato, ma perse la battaglia senza neanche accorgersene e si addormentò.

    «Sveglia! Sveglia capitano. Siamo arrivati!», urlò Navarro con il suo inconfondibile vocione. Anche se il richiamo sembrava il tuono di un temporale, Pàdriac prese tempo e non aprì gli occhi. La sua indifferenza ebbe come conseguenza una serie di calcetti leggeri sugli stivali in aggiunta alle grida: «Sveglia capitano!».

    Pàdriac non poté più temporeggiare: aprì gli occhi agitato. D’istinto guardò cauto attorno a sé e, dopo aver realizzato dove si trovava, si tranquillizzò. Sbadigliando e stiracchiando le braccia verso l’alto domandò dove erano giunti. Navarro non rispose, ma lo sollecitò ad alzarsi avviandosi alla scaletta. Pàdriac gli andò dietro.

    Appena mise fuori il muso dalla stiva notò che era calata la sera e fu investito dall’odore stantio di acqua salata e pesce, il classico ‘puzzo dei porti’.

    Lo sgangherato barcone, attraccato al molo di un grande porto, cigolava cullato dal lento sciabordio delle onde.

    Il capitano aveva dormito per gran parte del viaggio e il suo stomaco con un gorgoglio protestò insoddisfatto.

    «Hai fame?», domandò Navarro.

    Pàdriac annuì in silenzio.

    «Tra poco mangerai», lo rassicurò Navarro scendendo dalla barca. Oltre la banchina di vecchie assi scricchiolanti si ergeva un piccolo villaggio. Vi si inoltrarono e l’omone lo condusse a una struttura la cui insegna rivelava essere una taverna.

    Navarro aprì la porta e subito i due furono investiti da risate, urla assordanti e odore di vinaccia, sudore e legno vecchio. Quel tanfo aggredì le narici di Pàdriac che lo schifò con una smorfia di disapprovazione; se fosse stato per lui se ne sarebbe andato immediatamente, ma dovette seguire quella montagna d’uomo che già zigzagava tra tavolacci e sedie.

    Pàdriac si affrettò e, dopo aver attraversato tutto il locale, arrivò al tavolo dove sedeva l’intera ciurma. Vedendolo, Elin sorrise e gli fece segno di sedersi accanto a lei. Pàdriac si accomodò.

    «Ben svegliato» lo salutò lei.

    «Quella polvere che mi hai dato mi ha steso!»

    Tallon, seduto a capotavola, richiamò l’attenzione di Pàdriac con un sonoro «Ehm!».

    «Stavo spiegando», continuò alzando la voce, «che non ritorneremo ad Aluisia».

    «E quali intenzioni avresti? Il resto della ciurma dovrebbe saperlo. Gli uomini vorrebbero tornare a casa dalla propria famiglia che li crede morti!» lo interruppe Pàdriac, esponendo le preoccupazioni dei soldati che aveva ben ascoltato prima di addormentarsi.

    «Andremo in cerca di una persona. Chiederemo il suo aiuto per sconfiggere Agares e il suo esercito. Cercheremo il mago amico del drago.»

    Quell’ultima affermazione ebbe un esito esilarante su tutta la combriccola, solo Pàdriac rimase serio.

    «Sei serio!?», commentò Navarro, interrompendo una risata reboante «dovremmo andare in cerca di un mito?».

    Tallon si risentì dalla mancanza di rispetto e si vide costretto a placare l’ilarità e il vociare dei suoi soldati alzando la voce con ancor più foga, e perentorio ordinò l’immediato silenzio. Dopo aver ripreso il controllo e l’attenzione dell’assemblea moderò il tono della voce e spigò: «Queste sono le disposizioni

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