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L'amuleto di Vendor
L'amuleto di Vendor
L'amuleto di Vendor
E-book238 pagine3 ore

L'amuleto di Vendor

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Info su questo ebook

Sulle pacifiche terre di Vendor è tornata ad incombere la minaccia del Negromante Nero, Zord, ritornato dall’abisso infernale in cui era stato confinato, per riprendersi il dominio sulle terre emerse.
In esse vive l’erborista Thalia, ignara proprietaria del rosso amuleto che, una volta recuperato, permetterebbe a Zord, secondo un antico rito, di raggiungere il suo scopo.
Ignara della minaccia incombente, Thalia si reca alla tomba del vecchio re di Vendor, dove, un’antica profezia, le rivelerà la funzione della pietra che porta al collo e la responsabilità che ne deriva.
Mentre Zord inizia a tessere la sua ragnatela di spie, inganni e magie per catturare la ragazza, lei, coraggiosa e determinata a sconfiggerlo, intraprenderà il pericoloso viaggio fino all’oscuro castello del Negromante, assieme a Gillian il guerriero, Tyra la ladra, Thrax il Mago Bianco e Hadja, bambina non vedente.
Un’avventura in cui i cinque dovranno affrontare non solo le insidie del negromante, ma anche i propri demoni.
LinguaItaliano
Data di uscita25 mag 2015
ISBN9786050379167
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    Anteprima del libro

    L'amuleto di Vendor - Raul Calovini

    viverle

    35° Giorno

    Le alte porte di metallo nero si richiusero alle spalle di Wild con un suono sinistro, sepolcrale. Il piccolo ometto deglutì nervosamente ed avanzò con cautela lungo la soffice passerella nera, nell’immensa sala avvolta nella penombra. I suoi occhi guizzarono a destra e sinistra, cercando di perforare quelle tenebre che parevano liquide. Ogni volta che entrava nella sala del trono si sentiva soffocare dal panico, come se invisibili mani adunche percorressero la sua spina dorsale, alla ricerca di un varco per raggiungere il suo cuore e ghermirlo. Mentre procedeva verso la sua destinazione, seguì con lo sguardo le immani colonne ai lati del corridoio centrale, che si perdevano nell’oscurità che avvolgeva il soffitto, la mente che gli proponeva immagini di orribili creature in attesa di piombare giù per afferrarlo.

    Nella sua miserabile vita da spia aveva affrontato grossi pericoli; l’adrenalina gli aveva pompato impetuosamente nel sangue, aiutandolo a superare i momenti più difficili, ma quando tornava a riferire a Kral, il solo pensiero di attraversare quella sinistra sala lo riduceva ad un ammasso di tremolante gelatina.

    Arrivò all’ultimo tratto del nero tappeto, lo sguardo ora rivolto in basso, verso il primo gradino che portava al gran trono di ebano nero e rimase in attesa.

    - Wild – mormorò una voce baritonale, destando echi multipli che si rincorsero nelle alte volte – La mia viscida spia preferita...-

    - Mio signore... – si limitò a rispondere flebilmente l’ometto, le mani che si contorcevano nervosamente sotto il lacero mantello.

    - L’hai trovata? – la domanda era stata pronunciata con tono dolce, ma Wild percepì un sottofondo di minaccia che gli gelò il sangue.

    Si dondolò nervosamente sui piedi e si schiarì la voce alzando lentamente lo sguardo per inquadrare l’imponente figura seduta sul trono.

    Kral era un uomo massiccio e gigantesco, con i lineamenti stranamente delicati; benché non superasse di molto i trent’anni di età, aveva lunghi capelli bianchi lisci che incorniciavano il volto scultoreo. Gli avambracci muscolosi erano percorsi da lievi tremiti, indice di tensione repressa. Ai due lati del trono, sedute sull’ultimo gradino, c’erano due concubine dai capelli color della notte, vestite esclusivamente con un perizoma trasparente che faceva risaltare sensualmente il loro monte di venere. Una delle due accarezzava la possente coscia nuda di Kral mentre l’altra aveva la mano sinistra infilata sotto il corto gonnellino in pelle dell’uomo e la muoveva con ritmo lento e cadenzato. Entrambe le donne erano bellissime, ma i denti canini appuntiti e l’espressione di lasciva follia che traspariva dai loro volti, impedìrono a Wild qualunque tipo di eccitazione.

    - Non ne ho ancora la certezza, mio signore, ma… - esordì esitante, cercando di infondersi coraggio.

    - Ma… – la voce di Kral risuonò di un’ottava più bassa mentre, con la mano destra, l’albino scendeva fino a ghermire un seno marmoreo della donna alla sua sinistra.

    Wild si fece ancora più piccolo, vincendo a stento l’impulso di indietreggiare.

    -Ma? –  riprese con un tono di voce ferma che lo sorprese – ho ragione di credere che ella viva a Vendor. Ho avuto notizie ragionevolmente sicure ed attendibili da alcuni miei informatori che vivono nella capitale.

    Una figura oscura e sottile emerse lentamente da dietro il trono. Era ricoperta da un lungo mantello nero da cui la luce sembrava quasi rifuggire; un cappuccio rosso fuoco ricopriva il capo dell’essere. Del viso si riuscivano ad intravedere solo due occhi verde smeraldo; occhi che risplendevano sinistramente, circondati dal nulla.

    - Che tipo di notizie? – la voce di Zord, lo stregone nero, primo sacerdote del cerchio nero di Axoth, ricordava il tintinnio metallico del crotalo; un’altra ondata di terrore s’impadronì di Wild che si sentì svuotare l’anima di colpo. Tutte le conquiste di Kral erano state favorite dalla magia nera di Zord; le inutili resistenze opposte dai grandi maghi bianchi venuti da Vendor erano apparsi sciocchi giochetti di prestigio dinanzi alle sue arti nere. Correvano voci che narravano di terribili urla e ringhi bestiali provenienti dalle stanze di Zord, mentre lo stregone preparava i suoi incantesimi; parecchie fanciulle erano state portate nelle sue stanze ma non risultava che alcuna ne fosse ritornata.

    Wild era paralizzato dall’orrore che quell’essere gli incuteva; la sua lingua era bloccata, il cuore gli batteva tumultuosamente nel petto.

    I pulsanti occhi verdi di Zord si fissarono su di lui e l’ometto si sentì trapassare il cuore da una fitta gelida e mortale. Radunò le poche energie che gli rimanevano con la forza della disperazione.

    - Possente Zord – rispose con tono incerto – ella possiede il dono della guarigione e della preveggenza. Inoltre sembra che porti il segno. Esistono numerose testimonianze al proposito.

    Lo stregone emise una piccola risata che bloccò quel disperato flusso di parole. All’ometto parve provenire dal demonio.

    - Dunque – sibilò Zord, fluttuando leggermente sollevato da terra – la lunga ricerca è forse conclusa! Tra trentacinque giorni in cielo si formerà il grande trigono tra Sole, Marte e Plutone e, se la bestia avrà il suo pasto, il rito di Grond sarà compiuto e il possente Kral sarà il padrone dell’assoluto.

    Kral annuì compiaciuto mentre incitava le due donne-vampiro ad accelerare le loro lascive carezze.

    Puntò un dito massiccio sulla piccola spia ai piedi della scalinata.

    - Recati al porto e sali a bordo della Serpe Gialla, che ti porterà a Vendor. Voglio quella donna qui entro un mese.

    Wild annuì ripetutamente e iniziò ad indietreggiare, felice di essersela cavata ancora una volta. Mentre si girava per uscire, lo raggiunse la voce di Zord, sibilante e gelida.

    - Se dovessi fallire, ti aspetterò nelle mie stanze, piccolo verme…

    25° Giorno

    - Mia Signora, ti ricordo che, tra poco, Mastro Thrax giungerà nella nostra bottega.

    Il tono gentile della frase non riuscì a nascondere una venatura di impazienza e rimprovero.

    Thalia sorrise brevemente, continuando a passare in rassegna i colorati scialli di seta Thoriana della bancherella.

    Il mercato settimanale di Vendor era il più rinomato delle terre emerse e lei non perdeva l’occasione di esaminare a lungo gli estesi banconi di legno che invadevano la grande piazza centrale della città; le guizzanti note dei suonatori di sitar, i richiami dei mercanti, il profumo della frutta fresca generosamente esposta, le riempivano di gioia il cuore.

    - Suvvia Nigel – ridacchiò, facendo scorrere l’indice lungo una tela simile all’arcobaleno – Mastro Thrax non ne avrà a male se tarderò di qualche minuto.

    Nigel, l’elfo, represse a stento la rispostaccia che gli stava risalendo in gola; quella ragazza lo avrebbe fatto ammattire prima del tempo.

    - Ti ricordo che Mastro Thrax è il sommo sacerdote delle Tuniche Lucenti e che non bisogna mancargli di rispetto. E’ merito suo se le nere arti di Zord non sono riuscite a soggiogare il regno di Vendor. – Si limitò a rispondere, cercando di trasmettere a Thalia la propria impazienza.

    La ragazza scoppiò a ridere, la fulgida cascata di capelli biondi che oscillava nella calda brezza del primo meriggio. Aveva lineamenti fini e delicati; un viso d’alabastro in cui riluceva una bellezza dolce e antica.

    - D’accordo mio piccolo elfo – si arrese, lanciando un’ultima occhiata eccitata alle stoffe e, seguita da Nigel, passò tra due grandi bancarelle e s’infilò a passi rapidi nel vicolo retrostante. Le sue morbide scarpe di daino non facevano alcun rumore sul lastricato della strada, ma la sua presenza non passò inosservata.

    Chiunque incontrava sul proprio cammino la salutava con calore o con un sorriso. Praticamente ogni abitante adulto del villaggio era entrato almeno una volta nella piccola bottega di erbe ed elisir che lei possedeva. Per tutti era la piccola e bellissima maga delle piante, dei decotti e dei filtri d’amore o contro il malocchio. Lei non se ne rendeva conto, ma rappresentava il fiore all’occhiello di Vendor; tutto il regno sapeva di lei e delle sue arti.

    Persino Galdan, il re, era entrato una volta nel suo negozio, alcuni mesi prima della sua prematura morte che, in mancanza di eredi, aveva lasciato vacante il trono.

    Lei era rimasta senza fiato davanti a quell’apparizione regale; bloccata in un incredulo silenzio davanti al re che le aveva chiesto un decotto per alleviare il dolore reumatico che gli affliggeva da anni la schiena. Era stato Nigel a richiamarla alla realtà, mimando un piccolo colpo di tosse mentre, sotto il grande bancone di ebano, le assestava un piccolo calcio alla caviglia.

    Così lei aveva frugato con mani tremanti, fra le tante ampolle che riempivano i lunghi scaffali; aveva preso della mandragola, dell’erba di loto e un po’ di polvere thanica, le aveva mescolate assieme a un liquido ambrato fino ad ottenere un infuso color ciliegio e l’aveva porto a Galdan, cercando di non arrossire troppo.

    - Ecco, mio signore – aveva esordito con voce che le parve alquanto malferma – Questo dovrebbe aiutarti; prendine un calice la sera prima di coricarti, la prima settimana di luna nuova.

    Galdan aveva preso delicatamente l’ampolla, odorandone l’aroma muschiato e infine le aveva sorriso.

    - Lady Thalia… non so come ringraziarti. Tu hai reso felice il tuo vecchio re.

    La ragazza era arrossita, visibilmente emozionata e compiaciuta per le gentili parole del sovrano.

    - Il mio tesoriere – aveva proseguito quest’ultimo – provvederà a saldare quello che ritengo sarà un bel misero compenso in paragone al sollievo che tu mi hai donato.

    - Mio signore – aveva risposto Thalia – Non posso chiedere nulla per il decotto. E’ un giusto omaggio all’uomo che guida il nostro regno.

    Ma Galdan l’aveva interrotta, ponendole gentilmente la mano sulla spalla.

    - Insisto, Lady Thalia – aveva detto con un tono gentile ma che non ammetteva repliche – I sudditi di Vendor hanno il dovere, oltreché il diritto, di essere ricompensati per le mansioni che svolgono nella comunità.

    L’aveva guardata con uno sguardo indagatore per qualche istante.

    - Ero molto amico di tuo padre e sono ancora addolorato per la sua scomparsa, benché siano passate già parecchie lune da quel tragico giorno. Mi mancano moltissimo i lunghi discorsi sulla politica, sulla natura umana, la filosofia e la magia. – Aveva aggiunto con un'ombra di tristezza nello sguardo acuto – Era un uomo straordinario; un uomo con cui tutta Vendor ha un enorme debito di riconoscenza.

    Un sorriso sincero aveva rallegrato l’espressione dell'austero monarca mentre Thalia aveva cercato di ricacciare le lacrime che stavano per riempirle i grandi occhi verdi.

    - Più di una volta – aveva confessato Galdan – ho insistito con lui affinché potessi prenderti sotto la mia ala protettiva, ma egli ha sempre respinto garbatamente la mia offerta, perché era suo desiderio che tu seguissi i tuoi istinti, le tue vocazioni - aveva emesso una piccola risata gutturale – Era un gran mulo testardo, Nemedus! E comunque, visto che non c’è più, e la mia offerta è sempre valida, se tu volessi…

    Thalia era arrossita ancora di più mentre l’aveva interrotto.

    - Mio Signore… apprezzo molto il tuo interessamento, ma come ti diceva mio padre preferisco tracciarmi da sola il sentiero della vita che mi è stata destinata.

    Galdan era scoppiato in una fragorosa risata e si era portato scherzosamente le mani ai folti capelli grigi.

    - Per Thara ! – aveva esclamato divertito – La stessa cocciutaggine di tuo padre. – Poi le aveva strizzato l’occhio – Ne sono dispiaciuto ma orgoglioso allo stesso tempo. Quindi rispetterò il tuo volere, Lady Thalia. Ma sappi che, di qualunque cosa tu debba aver bisogno, io farò il possibile per esaudirla. Abbi cura di te. – E se ne era andato, lasciandola con Larin, il tesoriere, il quale dopo aver saputo l’ammontare del pagamento aveva estratto da una piccola borsa il triplo dell’importo, spiegando che quelle erano le disposizioni dirette di Galdan, non negoziabili.

    Il resto di quel pomeriggio era trascorso con Nigel che, brontolando come faceva spesso, aveva continuato a ricordarle come sarebbe stato molto più saggio accettare l’invito del re; Thalia però non aveva neanche recepito le sue proteste, ma era rimasta a pensare all’incontro con Galdan e ai ricordi di suo padre che il fatto le aveva innescato.

    Il rumore della porta che si apriva la riportò al presente mentre Mastro Thrax faceva capolino, con un lieve sorriso sul volto color cuoio.

    - Lady Thalia – esordì il vecchio, richiudendosi la porta alle spalle – possa sempre il sole baciarti col suo calore.

    La ragazza gli sorrise di rimando, facendogli un lieve inchino.

    - Mastro Thrax – rispose – è sempre un piacere averti nella nostra umile bottega. Ho qui i sacchetti di tè laotiano che mi avevi ordinato. – continuò estraendo da sotto il bancone tre grossi vasi di vetro e appoggiandoli davanti a sé.

    L’uomo ne prese in mano uno e lo rigirò con aria soddisfatta.

    - Queste foglie hanno un colore stupendo, non trovi Lady?

    - Ne convengo Mastro Thrax. Il loro viola è carico di energia.

    Mastro Thrax riportò lo sguardo sulla ragazza e rimase ad osservarla per qualche istante, pensoso, tanto che Thalia ebbe un fugace momento di disagio, come se quegli occhi grigi volessero scrutarle fin dentro l’anima.

    - Stanotte ho fatto un sogno alquanto inquietante – mormorò il Mago, rompendo l’imbarazzante silenzio. – Camminavo in montagna, lungo un sentiero innevato, quando ho notato nella radura davanti a me un giovane daino che cercava di avanzare a fatica nella neve che, intorno a me, improvvisamente diventava nera come la pece e quasi oleosa. Allora ho cercato di aiutarlo ad uscire da quello strano liquame, ma dall’alto è apparso un grosso avvoltoio color della notte, con artigli poderosi, e ci ha attaccato entrambi. Ho tentato qualche magia ma lo sguardo del volatile ha incrociato il mio e mi ha paralizzato; era come guardare in un gelido abisso di tenebra senza fine. Non riuscivo a muovermi e il daino era caduto in ginocchio, sprofondando ancora di più nella melma. Ho visto brillare al sole gli artigli dell’avvoltoio mentre si avventava sul giovane animale, ormai indifeso.

    Thalia sentì un brivido di puro terrore che le attraversava la spina dorsale, mentre la mano gelida della paura le stringeva il cuore in una morsa di ghiaccio. Le parve di essere sulla cima della montagna, spazzata dai venti gelidi del nord, intrappolata e con un mostro alato che si apprestava a squarciarle la gola.

    - In quell'attimo credevo che fosse la fine per il daino e anche per me – stava continuando Mastro Thrax, con voce bassa – e che l’orrore di qualcosa di enormemente malvagio stesse per impossessarsi del mondo; mentre il terrore e il dolore di quello che stava per succedere stava prendendo il sopravvento sulla mia razionalità, qualcosa di argenteo ha sfrecciato nel mio campo visivo ed un urlo terribile ha squarciato il silenzio di quel nevaio perenne. Un’aquila color acciaio si era abbattuta sul nero predatore, aprendo sul suo collo lunghi solchi dai quali sono cominciati a colare rivoletti di sangue nero. Il nuovo arrivato ha planato accanto a me, fissandomi con i suoi occhi grigi, brillanti di sorprendente intelligenza e mi ha detto : - L’anima confusa dal fardello dimentica il proprio ruolo- Ed è a quel punto che mi sono svegliato nel mio giaciglio.

    Thalia era confusa e turbata; si sentiva scossa da quel bizzarro e oscuro sogno, simile ad un acuminato stiletto che le dilaniava il cuore.

    - Che significa Mastro Thrax? – chiese con voce esitante, cercando di allontanare il gelo dalle ossa.

    L’anziano Mago infilò la mano nella bianca tunica, ne estrasse alcuni ducati che porse alla ragazza, prese i tre vasi dal bancone e si avviò all’uscita; aprì la porta ma prima di uscire tornò a girarsi verso Thalia.

    - Non lo so, piccola mia – rispose in tono sommesso – ma credo che il male stia per scatenare le sue orde nel nostro regno. Il trono è vuoto da tempo e il negromante nero preme ai nostri confini. Abbi cura di te…

    - Suvvia Lady Thalia – stava dicendo Nigel con voce leggermente infastidita – in fin dei conti è solo un sogno. Nulla di concreto. Non mi sembra il caso di darci troppo peso…

    - Anch’io sono figlia di un Mago, amico mio, e tu lo sai quanto mio padre usasse interpretare i sogni.

    Era passata più di un'ora dalla visita di mastro Thrax ma l’umore della ragazza era sempre tetro come una giornata di pioggia invernale.

    - Bah… - brontolò Nigel, scuotendo la testa – sono solo sciocche paure di stregoni; io preferisco affidarmi alla sicurezza del mio arco e all’acciaio della spada. E poi – aggiunse con tono lievemente canzonatorio – Non vorrete mica assistere al torneo di oggi con quel viso rabbuiato?

    - Accidenti! – esclamò la ragazza – Me ne ero dimenticata… E’ già tardo pomeriggio… Sarà già iniziato? – e cominciò a mettere tutto in ordine, in fretta e furia.

    - Non ancora Lady – la rassicurò l’elfo – ma dobbiamo sbrigarci se vogliamo vedere anche l’inizio.

    Thalia si riassettò velocemente i capelli allo specchio e si girò verso di lui.

    - Sono presentabile? – chiese, mordendosi graziosamente il labbro.

    - Sai perfettamente di esserlo – rispose Nigel - … e comunque il tuo spasimante non si accorgerebbe neanche se ti presentassi appena sveglia e spettinata.

    La ragazza arrossì violentemente e gli mostrò la lingua.

    - Non sei per niente spiritoso, Nigel… - commentò cercando di assumere un tono fermo – E, se alludi a Lion, è solo un ragazzo simpatico. Piuttosto che parteggiare per quei quattro cavalieri boriosi e ammuffiti, preferisco di gran lunga lui.

    - E allora perché ti affanni così tanto a spiegarmelo? – ribatté l’elfo, con un espressione divertita, mentre si metteva la faretra a tracolla e le apriva galantemente la porta.

    Lady Thalia fece una smorfia e uscì, lasciando un delicato profumo di gelsomino al suo passaggio.

    I raggi del sole, ancora alto all’orizzonte, mandarono rapidi bagliori riflettendosi sulla nera armatura del Duca di Ulm. Assieme al suo avversario,

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