Una Sposa Per Una Canaglia: Le Incantevoli Canaglie, libro 2, #2
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Lei non riesce a dimenticare il passato. Lui non sa come affrontare il futuro. Finché, una sera, non interviene il destino.
Molti anni fa, Ivonne Wimpleton amava Chance Faulkenhurst e sperava di sposarlo. Poi, un giorno, senza alcuna spiegazione, lui si è imbarcato per le Indie. Adesso, dopo cinque Stagioni senza successo e un incidente a cavallo che l'ha lasciata con una gamba leggermente claudicante, i suoi unici corteggiatori sono cacciatori di fortune e pervertiti. Proprio quando ormai Ivy si è rassegnata al suo destino di zitella, Chance ritorna inaspettatamente.
Quando torna in Inghilterra, Chance è disilluso, sfigurato e segnato emotivamente, ma il suo amore per Ivy è ancora forte. Ad ogni modo, non è riuscito a procurarsi la fortuna alla cui ricerca era partito per ottenere il permesso di sposarla. Quando scopre che Ivy sta per essere costretta a sposarsi per impedire che un segreto scandaloso venga rivelato, si decide a farla diventare sua moglie.
Ma Ivy è furiosa con lui, poiché crede che lui non abbia fatto alcuno sforzo per mettersi in contatto con lei in tutti quegli anni. In più, durante l'assenza di Chance, suo padre ha combinato un matrimonio vantaggioso per lui. Mentre Chance lotta contro i suoi demoni interiori, deve convincere Ivy a correre il rischio di amarlo ancora. Ma le ingerenze dei loro genitori metteranno nuovamente a rischio la felicità di Chance e di Ivy?
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Anteprima del libro
Una Sposa Per Una Canaglia - Collette Cameron®
Sweet-to-Spicy Timeless Romance Ⓡ
CAPITOLO UNO
Londra, Inghilterra
Fine Maggio 1818
Eccovi, Miss Whimpleton.
Ivonne Whimpleton sferzò con lo sguardo il Capitano Melvin Kirkpatrick. Gemendo di frustrazione, chiuse di scatto il suo ventaglio, pronta a utilizzare quel suo frivolo accessorio per dargli un bel colpo o due, se necessario.
Che il Diavolo se lo porti. Cosa ci fa qui?
Doveva essere arrivato prima che lei si avventurasse all’esterno.
Lei aveva espressamente richiesto alla Madre di non invitarlo quella sera. In qualche modo quel villano era riuscito ad ottenere un invito per accompagnare un altro ospite. Ivonne aveva sperato che fosse finalmente salpato per l’Africa e che non le avrebbe imposto la sua sgradita presenza per sei mesi benedetti o anche più.
Lui barcollò verso la sua panchina appartata, la bocca deformata da un sorriso da ubriaco.
Lei scattò in piedi, in cerca di un modo per evitarlo. L’unica possibilità risiedeva nella stretta scalinata che conduceva al giardino ben curato nel quale splendeva qualche lanterna colorata. Ivonne si diresse verso la salvezza quasi correndo.
Il Capitano Kirkpatrick le afferrò un braccio e la sbatté contro la balaustra con il suo peso enorme. Il suo ventaglio cadde, ticchettando sul lastricato.
Dimenandosi contro di lui, Ivonne lottava per riuscire a respirare ed era in preda alla nausea. Quell’uomo si faceva mai il bagno?
Quale ardire. Lasciatemi, Signore!
Lui scosse la testa. L’eccitazione scintillava nei suoi occhi vitrei. Non penso proprio. Avete interpretato la parte della signorina ritrosa per un tempo sufficiente. Adesso è giunto il momento che abbiate un assaggio di come sarà la nostra vita da sposati.
Siete impazzito?
Pur non riuscendo a competere con la sua forza, Ivonne continuava a lottare per liberarsi. Mentre combatteva, le forcine si allentarono dai suoi capelli e caddero sparpagliandosi sulle pietre. Io. Non. Vi. Sposerò.
Lui strinse la presa e lei rabbrividì mentre lui le stringeva le braccia con una forza tale da lasciarle dei lividi.
Preferisco le bionde con gli occhi azzurri, ma non posso lamentarmi delle vostre curve.
Spogliandole il seno con gli occhi, il Capitano Kirkpatrick si leccò le labbra. Le palpò il petto con una mano robusta mentre con l’altra le afferrò la testa nel tentativo di rubarle un bacio.
Il suo alito disgustoso assalì Ivonne, facendole rivoltare lo stomaco con quel fetore di liquori forti e di cipolle.
Decisa a urlare come un’ossessa, aprì la bocca e aspirò una grande boccata d’aria.
Un quartetto di gentiluomini che ridacchiavano uscì dalle porte finestre facendo irruzione sull’altro lato della terrazza. La loro improvvisa comparsa la salvò dal lascivo palpeggiamento del capitano. Ansimando pesantemente, con le sue irsute sopracciglia rosse unite, la lasciò andare e guardò con cipiglio il fratello di lei, Allen, i Lord Sethwick e Luxmoore e il Duca di Harcourt.
Era un vero peccato che i nuovi arrivati non fossero i cugini di lei, Edwina e Edmund. Loro sarebbero accorsi in suo aiuto e non avrebbero detto una parola su quella situazione disdicevole.
Ad ogni modo, se Allen l’avesse vista in compagnia del Capitano Kirkpatrick, ci sarebbero stati dei grossi guai.
Ivonne cercò di nascondersi all’ombra della casa, ma la figura imponente del capitano di Marina glielo impediva. Suo fratello aveva già avvertito una volta il vedovo di starle lontano. Se avesse sospettato che il capitano aveva osato metterle le mani addosso, Allen lo avrebbe sfidato a duello. Abilissimo con le pistole - con tutte le armi da fuoco, per quel che può valere - il Capitano Kirkpatrick avrebbe potuto ferire o, il cielo non voglia, uccidere il caro Allen.
Lei rabbrividì. Non bisognava arrivare a tanto. Sbirciò il capitano tra le ciglia socchiuse. Appena nascosto, la sua attenzione da ubriaco era focalizzata sugli altri uomini. Ivonne colse l’attimo. Senza esitare, gli assestò una ginocchiata nei testicoli con la sua gamba buona e gli diede un potente spintone.
Piegato in due, ringhiando furioso, lui cadde all’indietro stringendosi l’inguine.
Ignorando i suoi rantoli di dolore e le sue vili imprecazioni, lei si allontanò. Tenendo un occhio sul quartetto che rideva, scese furtivamente le scale. Una volta fuori dal loro campo visivo, volò attraversando il prato tanto velocemente quanto la gamba ferita le consentiva. Si era fratturata l’arto in due punti in seguito a un incidente a cavallo tre anni prima. La gamba le faceva male ogni tanto e doveva sopportare una costante, seppur leggera, andatura zoppicante, che peggiorava a seguito di uno sforzo eccessivo.
Sfrecciò dietro un pergolato coperto di rose. Nella fretta, la sopragonna di rete nera del suo abito da sera si era impigliata a un ramo ricoperto di spine. Respirando affannosamente e con la gamba che pulsava, si fermò proprio all’interno di quella nicchia e strattonò con delicatezza la gonna.
Accidenti. È incastrata.
Guardò con trepidazione lungo il sentiero.
Sentì il rumore di un ramoscello che si spezzava. Il Capitano Kirkpatrick l’aveva seguita?
Un brivido di terrore le fece accapponare la pelle delle braccia e le tolse il respiro. Doveva azzardarsi a uscire fuori dal pergolato e liberare la stoffa? Lui l’avrebbe vista se lei lo avesse fatto? Non poteva spingersi oltre all’interno di quello spazio recintato, per quanto se fosse rimasta là avrebbe quasi sicuramente rischiato di essere scoperta.
Una colomba sonnolenta tubò da qualche parte sugli alberi del giardino. I festeggiamenti notturni avevano senza dubbio disturbato il suo sonno.
Ivone sbirciò attraverso il reticolo di stecche di legno.
Dov’era lui?
Con il suo indice, spostò di lato un paio di foglie. I suoi guanti bianchi spiccavano in netto contrasto con le piante. Oh, se avesse potuto avere il mitico mantello di Re Artù in Cornovaglia ed essere invisibile!
Una brezza leggera s’insinuò nel suo nascondiglio, facendo frusciare le foglie sopra la sua testa. Molte di esse caddero volteggiando pigramente a terra. Le risate degli ospiti e gli accordi cadenzati dell’orchestra giungevano fluttuando dalle portefinestre smussate, portati dal lieve venticello.
Cosa l’aveva spinta ad avventurarsi fuori da sola per prendere un po’ d’aria?
Perché a te non piacciono i balli, i signori che ti trattano come se tu fossi a loro disposizione per farti toccare e tutta la pretenziosa sgradevolezza che in genere è immancabile quando i rappresentanti dell’alta società si riuniscono.
Nonostante fosse ancora solo maggio, la calca della folla all’interno della villa aveva fatto alzare la temperatura in maniera insopportabile. La calura, unita ai profumi nauseanti, agli abiti poco puliti e all’aroma di dozzine di candele di cera d’api, insieme a qualche corpo non lavato, le avevano procurato il mal di testa e messo sottosopra lo stomaco.
Aveva cercato un posticino appartato sulla terrazza laterale per riprendersi. Sfortunatamente, il Capitano Kirkpatrick, pesantemente ubriaco, l’aveva trovata lì. Proprio come un toro irsuto, animale cui somigliava, lui l’aveva braccata in occasione di tutti gli eventi di aggregazione sociale.
Lei non aveva mai conosciuto un uomo più sgradevole.
Ivonne si voltò di lato e sperò che la fitta copertura dei rami riuscisse a nasconderla. Se la paura avesse avuto un odore, il naso bitorzoluto del capitano lo avrebbe condotto dritto da lei. Un rumore di passi pesanti risuonò sulla ghiaia a non più di un metro di distanza. Chiuse gli occhi mentre il cuore le arrivava in gola. Grazie a Dio non aveva provato a staccare la sua gonna. Lui le sarebbe piombato addosso come la fitta nebbia invernale sul Tamigi.
Signorina Wimpleton, monella impertinente, dove siete?
Seguì una risatina bassa, allusiva. Mi piace avere una ragazza vivace nel mio letto. Mi piace davvero.
Gli occhi di Ivonne si aprirono. Le parole cantilenanti che il Capitano Kirkpatrick sussurrava gongolando le suscitarono un brivido di disgusto lungo la spina dorsale. Si morse il labbro inferiore, temendo di espirare per paura che lui avvertisse la sua presenza.
Lui fece un altro passo avanti, fermandosi prima del traliccio di legno.
Lei serrò le mascelle e chiuse gli occhi.
Lui era così vicino, quella miscela nauseabonda composta dalla sua cena, dalla sua acqua di colonia penetrante e dal suo sudore le assaliva le narici. Una bile calda le salì alla gola e lei inghiottì nonostante il bruciore. Il suo naso fremeva. Con le narici dilatate, lottava per soffocare uno starnuto.
Se lui l’avesse scoperta nascosta in quella nicchia, non ci sarebbe stata via di fuga dalle attenzioni amorose dell’uomo. Poteva anche dichiarare di preferire le bionde, ma si era rivelato sempre più ardito ogni volta che lo aveva incontrato. Se ne avesse avuto l’opportunità, Dio solo sa cosa quell’astuto furfante avrebbe cercato di fare in quel pergolato appartato. Guarda cosa aveva tentato di fare sulla veranda sotto gli occhi di chiunque si fosse trovato a passare di lì.
Trattenendo il respiro, serrò le labbra.
Non starnutire.
Il capitano si posò le mani sui larghi fianchi ed esaminò i cespugli. Girava lentamente in tondo. I bottoni d’oro chiusi a forza sulla sua marsina nera luccicavano nella luce lunare che inondava il sentiero. Tirò fuori una fiaschetta d’argento dalla tasca e, dopo essersi guardato intorno con aria furtiva, mandò giù un paio di sorsi abbondanti.
Dove siete? Venite fuori, dolcezza mia.
Ruttò e ripose la fiaschetta nella sua tasca. Non c’è bisogno di fare la timida. Ho qualcosa d’importante da chiedervi.
L’esatto motivo per cui Ivonne si stringeva come un topo timoroso alla vegetazione fuori dalla villa dei suoi genitori. Negli ultimi due mesi, lui le aveva già rivolto tre volte la stessa domanda. Il fermo No
che lei gli aveva risposto ogni volta, non lo aveva minimamente scoraggiato. Infatti, la sua riluttanza pareva aver reso il vedovo tarchiato ancor più determinato a conquistare la sua mano.
Con una smorfia di dolore, attenta a impedire il fruscio del suo abito, spostò il peso sulla gamba buona.
Ah,