La canzone italiana d'autore
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Saggi - saggio (73 pagine) - Un breve excurcus sugli albori della canzone italiana d’autore. Quali sono le caratteristiche che la definiscono tale? Nasce prima il testo o la melodia? O forse entrambi?
Questo libro parte con un tuffo nell’antica Grecia, per comprendere la mousiké con l’immancabile riferimento a Pindaro per l'immobilità interpretativa del cantante-autore e la monumentale fissità di certi griot, come il disagio esistenziale e teatrale della prima generazione della chanson di marca transalpina. In seguito vengono analizzati alcuni titoli di canzoni (di Domenico Modugno, Luigi Tenco, Vasco Rossi, Fabrizio De André, Gino Paoli ecc. con riferimenti ai cantautori francesi come Brassens, ad esempio) per capire in che modo testo e melodia possono venire alla luce “insieme” ed essere definiti pertanto inseparabili. Si analizza poi in che modo il pubblico percepisce la musica senza trascurare l’aspetto emotivo-empatico e quali sono i mezzi per la sua diffusione di massa (dai dischi in vinile, a Napster fino all’mp3). Il saggio è comprensivo di una accurata bibliografia a scopo di ricerca.
Maria Ausilia Gulino nasce nel 1980. Si è laureata in Lettere Moderne a Catania. Dopo due master (in Storia e in Pedagogia), una specializzazione in L2 presso "Ca Foscari" di Venezia, un’abilitazione presso l’Università Europea di Roma, insegna Lettere presso la scuola secondaria. Si è dedicata al giornalismo, lavorando per due riviste (una on line e una cartacea) oltre a una collana di volumi Le città della Calabria e della Sicilia, edite dalla Rubbettino. Iscritta all’ordine dei giornalisti (come pubblicista) dal 2009 e appassionata di Letteratura, Musica e Alimentazione ha deciso di fondare il sito Nuove Pagine, dove si recensiscono libri e si intervistano gli autori. Siciliana, è vissuta per un breve periodo in Friuli Venezia Giulia, adesso vive da circa 7 anni nel Lazio.
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Anteprima del libro
La canzone italiana d'autore - Maria Ausilia Gulino
Lazio.
Capitolo I. Le origini
1. Uno sguardo d’insieme
Nel XXI secolo siamo al centro del dibattito musicale nel tentativo di cogliere i canoni e stabilire quali elementi sonori e poetici possano distinguere la canzone cosiddetta d’autore.
Generalmente la canzone non è altro che un breve componimento in versi musicato con melodia orecchiabile, che molti rintracciano nelle poesie corali di Pindaro, composte nel V secolo avanti Cristo: le liriche del poeta greco, ordinariamente, venivano accompagnate dalla musica.
La canzone d’autore, invece, apre un varco su figure e modelli ben più scrupolosi, a partire dalle due componenti che sono già dichiarate nell'insegna: il modello formale della canzone e la figura artistica e professionale dell'autore. In questo modo musica, gesto e parola costituiscono un'unità indissolubile come nella mousikè dell'antica Grecia. Lo stesso gesto prevede anche l'immobilità interpretativa del cantante-autore e la monumentale fissità di certi griot, come il disagio esistenziale e teatrale della prima generazione della chanson di marca transalpina.
Secondo alcuni critici il testo è l’elemento più immediatamente isolabile e di conseguenza fortemente connotativo di una canzone d’autore, rispetto all’interpretazione e all’accompagnamento musicale.
A differenza di quanto avviene di norma nell’ambito colto, la musica precede le parole che vengono scritte a partire da uno schema metrico-musicale predefinito, e in questo modo una canzone può nascere dall’applicazione di un testo alla melodia.
Ma nel nostro repertorio culturale non mancano componimenti poetici che alimentano il trasporto emotivo allietando i nostri sensi, poiché tanti sono stati gli scrittori come Pascoli, Montale, Ungaretti, ecc… che ci hanno fatto sognare attraverso le belle parole dal significato sovrumano.
Se è vero poi che la melodia alta è formula incantatoria
– per dirla alla maniera di Giacomo De Benedetti – anch’essa, accompagnata a un testo di qualsiasi impronta e firmata da un autore, può essere considerata canzone d’autore secondo il giudizio di quelli che, invece, danno maggior peso alla componente musica rispetto alla componente testo.
E anche qui disparati sono stati i compositori come Chopin, Beethoven, Wagner, la cui melodia è giunta profondamente nel nostro inconscio permettendoci di raggiungere quella che può essere considerata la pace dei sensi
.
2. Le origini della forma canzone
Nella seconda metà del Novecento, in seguito all’apprezzamento da parte di una vasta parte di pubblico e al riconoscimento di un certo valore poetico dei testi di alcuni cantanti-autori italiani, si è azzardata un’analogia tra il cantautore e la figura del troubadour provenzale, grazie al quale poesia e musica venivano fuse in un’unità inscindibile e la cui arte derivava dalla musica popolare dei menestrelli vaganti, che erano invece solo esecutori delle canzoni. Queste ultime erano raccolte in manoscritti chiamati chansonniers e trattavano principalmente gli ideali della Cavalleria, quindi l'amor cortese e argomenti di carattere politico, morale e religioso. Dall’inizio dell’Undicesimo secolo, quando i trovatori giravano per le corti a diffondere i propri componimenti (accompagnandoli con musica di cui talvolta, come per i testi, erano autori essi stessi), la canzone ha subito una sensibile evoluzione.
Infatti, privata dell’accompagnamento musicale, essa ha continuato, nella storia della letteratura italiana, ad avere un’esistenza illustre: adottata dai poeti siciliani e stilnovisti e perfezionata dal Petrarca, l’elegante forma metrica è arrivata al pubblico passando per Leopardi. Il connubio di parola e musica, cessato nella nostra tradizione poetica colta, è continuato però a livello di tradizione popolare (ricordiamo le villanelle del ‘500, le serenate e i canti popolari dialettali) e in altri generi artistici alti, come il Melodramma.
Ma la patria della canzone moderna, compresa tra la fine del Settecento e i primi decenni del Novecento, è la Francia, all’interno della quale vivacità politica e uso della satira hanno fatto nascere già alla fine del Seicento una produzione di canzonette ed epigrammi. Con l’emergere del caffè concerto, infatti, essa ha trovato l’occasione per arrivare al grande pubblico, riuscendo a fondare una società di gente di lettere
che organizzava dei piccoli festival, lasciando per tutto il Settecento che la musica popolare parigina commentasse liberamente ogni giorno gli avvenimenti tramite le canzoni.
La rivoluzione francese diede un nuovo impulso alla canzone come forma di cronaca; nacque il teatro vaudeville, voce della città dal quale vennero alla luce canzoni sentimentali, satiriche e patriottiche. E sempre a Parigi versa la canzone nerra, vale a dire la canzone di cronaca che celebrava gli eroi negativi della malavita, una specie di controcanto alla belle epoque.
In Italia, sebbene la forma canzone fosse derivata da quella francese, ebbe la sua originalità e diffusione alla fine dell’Ottocento in alcuni locali romani. Si cantavano le arie delle opere più famose come brani a sé stanti, e su queste arie i musicisti modellavano brevi romanze da intonare al pianoforte, che dal 1871 al 1914 divennero la colonna sonora della società europea.
Nella seconda metà del Novecento la canzone musicata ha recuperato istanze poetiche di un certo spessore sfociando propriamente nella canzone dei cantautori.
3. Dalla canzone alla figura del cantautore
Una canzone è composta dall’equilibrio che si instaura tra un impianto musicale, un testo, la voce del cantante, le sonorità, i supporti attraverso cui si diffonde nella società.
Parole e musica in passato venivano elaborate da persone competenti che lavoravano separatamente, e che alla fine univano i loro pezzi aggiungendo la musica al testo o viceversa, e affidando l’interpretazione a una persona valida che sapesse concederne un buon atto performativo con la propria voce.
Con la figura del cantautore, riconosciuto come artista, quindi artefice della canzone, la parola autore
viene intesa come elemento di distinzione, identità e unicità. Finalmente vengono a coincidere la qualità del testo letterario e l’alta capacità artistica dell’interprete, che almeno all’inizio lo lasciavano fuori dalla produzione ufficiale, in mano alle multinazionali discografiche o alle case discografiche controllate dagli stati. Proprio per questa sua posizione, e per la vicinanza più diretta con la gente, egli esprimeva (e lo fa tuttora) in maniera più diretta, non mediata dalle ideologie al potere, sentimenti e idee diffuse tra la gente e di cui si rendeva portavoce, contemporaneamente ai propri sentimenti e idee, che riflettevano un mondo poetico o una concezione politica conformi al suo stile di vita e di pensiero.
Partendo dal punto di vista di chi scrive e interpreta le proprie canzoni, la cultura del tempo ha identificato Domenico Modugno come progenitore del cantautore italiano: scriveva Massimo Mila che fino a Nel blu dipinto di blu (Migliacci-Modugno, 1958) tutte le canzoni hanno un tratto comune, ovvero