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Dagli otto anni agli ottantotto: Il teatro per bambini e ragazzi del Piccolo Teatro di Milano
Dagli otto anni agli ottantotto: Il teatro per bambini e ragazzi del Piccolo Teatro di Milano
Dagli otto anni agli ottantotto: Il teatro per bambini e ragazzi del Piccolo Teatro di Milano
E-book398 pagine5 ore

Dagli otto anni agli ottantotto: Il teatro per bambini e ragazzi del Piccolo Teatro di Milano

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Info su questo ebook

Il teatro per bambini e ragazzi del Piccolo Teatro di Milano Il libro tratta degli spettacoli per bambini e ragazzi prodotti dal Piccolo Teatro di Milano nel corso della sua storia, dalla fondazione (1947) alla stagione 2017/18.
Seguendo un ordine cronologico, con una scansione per decenni, ciascuno spettacolo viene analizzato nei suoi elementi contenutistici, performativi e registici e contestualizzato all’interno dell’andamento del teatro-ragazzi in Italia nel periodo di riferimento.
Completa il volume una significativa galleria fotografica a colori.
LinguaItaliano
Data di uscita21 dic 2020
ISBN9788865127407
Dagli otto anni agli ottantotto: Il teatro per bambini e ragazzi del Piccolo Teatro di Milano

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    Anteprima del libro

    Dagli otto anni agli ottantotto - Greta Salvi

    Greta Salvi

    Dagli otto anni agli ottantotto

    Il teatro per bambini e ragazzi del Piccolo Teatro di Milano

    © 2020, Marcianum Press, Venezia

    Marcianum Press

    Edizioni Studium S.r.l.

    Dorsoduro 1 - 30123 Venezia

    Tel. 041 27.43.914 - Fax 041 27.43.971

    marcianumpress@edizionistudium.it

    www.marcianumpress.it

    In copertina:

    Qui comincia la sventura del signor Bonaventura (1955)

    Quarta di copertina:

    Giorgio Strehler durante le prove de La storia della bambola abbandonata (1976).

    Foto di Luigi Ciminaghi / Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa.

    Impaginazione e grafica:

    Linotipia Antoniana, Padova

    ISBN 978-88-6512-740-7

    ISBN: 9788865127407

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Ringraziamenti

    Introduzione

    1. Anni Cinquanta

    1.1 Un vuoto da riempire

    1.2 Gli spettacoli del Piccolo Teatro – Corvi, milioni e maschere

    2. Anni Sessanta

    2.1 Il teatro-ragazzi tra crisi delle istituzioni e voglia di rinnovamento

    2.2 Gli spettacoli del Piccolo Teatro – Tra contestazione e decentramento

    3. Anni Settanta e Ottanta

    3.1 La nascita e il boom dell’animazione teatrale

    3.2 Gli spettacoli del Piccolo Teatro – Bambini e bambole in scena

    4. Anni Novanta

    4.1 Il teatro-ragazzi tra espansione e crisi

    4.2 Gli spettacoli del Piccolo Teatro – Sulla scia di Strehler

    5. Dopo il Duemila

    5.1 Il teatro-ragazzi tra vetrine e ricerca di nuove identità

    5.2 Gli spettacoli del Piccolo Teatro – Ancora sulle orme dei maestri

    6. Benvenuti al Piccolo! – Percorsi guidati al Piccolo Teatro

    6.1 Piccolo mondo delle maschere

    Apparato iconografico

    Bibliografia

    Crediti immagini a colori

    Alla mia famiglia.

    A tutti i miei alunni.

    Alla memoria di Marco Deriu,

    che per primo ha dato fiducia e sostegno a questo libro.

    Ringraziamenti

    Il nucleo iniziale di questo libro nasce nel 2009, anno in cui ho discusso la mia tesi di laurea specialistica presso l’Università Cattolica di Milano. La tesi aveva per argomento gli spettacoli per bambini e ragazzi prodotti dal Piccolo Teatro di Milano ed era stata ispirata da un incontro diretto e significativo: quello con le fonti documentarie di quegli spettacoli. Grazie al Dipartimento di Scienze della Comunicazione e Spettacolo dell’Università, avevo infatti avuto modo di partecipare, come stagista, alla prima fare di riassetto dell’Archivio Storico del Piccolo Teatro.

    Il lavoro di tesi, la sua successiva ripresa per la pubblicazione e la necessità di studiare gli spettacoli prodotti dal 2009 al 2018, mi hanno portato a contatto con il lavoro, la competenza e l’umanità di tante persone eccezionali.

    Il primo, sentito ringraziamento va ad Annamaria Cascetta e a Stefano Locatelli, che di quella tesi sono stati relatori e sostenitori. Un ringraziamento che si estende a tutti i colleghi di Area Teatro del Dipartimento di Scienze della Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica di Milano, presso il quale ho successivamente svolto il dottorato di ricerca: grazie a Roberta Carpani, Claudio Bernardi, Arianna Frattali, Francesca Barbieri, Alessandra Mignatti, Stefania Bertè, Laura Aimo e Laura Atie.

    Grazie alla Direzione, all’Uffico Comunicazione e Marketing e all’Ufficio Stampa del Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa. Un pensiero pieno di riconoscenza va in particolare a Franco Viespro, per la sua disponibilità e competenza, a Giovanni Venegoni, compagno di catalogazioni e ricerche, a Davide Verga, per i suoi preziosi suggerimenti e per la pazienza e la sollecitudine con coi ha seguito il mio lavoro e a Silvia Colombo, per le immagini di repertorio.

    Grazie agli attori e ai registi che ho avuto la fortuna di conoscere e intervistare, Stefano De Luca, Flavio Albanese, Laura Pasetti, Antonio Catalano e Francesca Puglisi: artisti meravigliosi che mi hanno spalancato con generosità le porte del loro mondo e della loro arte.

    Un ringraziamento particolare a Giovanni Soresi, anima e custode del teatro per ragazzi del Piccolo – di cui mi ha fatto conoscere ogni multiforme sfaccettatura – nonché ideatore dello slogan Dagli otto anni agli ottantotto, che dà il titolo al libro.

    Grazie alla mia famiglia e a tutti i miei amici, che hanno seguito e incoraggiato il mio lavoro con il loro affettuoso entusiasmo.

    Introduzione

    di Claudio Cavalli [1]

    È già una rarità che qualcuno scriva un articolo sul teatro per ragazzi, ma trovarsi fra le mani un libro che racconta quasi settanta anni di storia degli spettacoli per bambini e ragazzi del milanese Piccolo Teatro è una vera piacevole sorpresa. Il Piccolo è uno degli aspetti identitari della città di Milano: la sua storia e i suoi spettacoli sono un capitolo dell’arte teatrale italiana ed europea ed hanno recensioni e fari che li illuminano su palcoscenici di tutto il mondo. Ma il teatro per bambini è una realtà minore, secondaria, da mezze luci, anche nelle grandi istituzioni. Con questo libro, Dagli 8 anni agli 88,Greta Salvi accende un faro proprio sulla storia di questi spettacoli del Piccolo Teatro, cominciando dal 1955, quando Strehler avviò questa linea creativa facendo una revisione alla sua regia per adulti de Il corvo di Carlo Gozzi. Fu una novità per quell’epoca che vedeva il teatro per bambini rappresentato soprattutto da spettacoli di burattini, di marionette e dei rari ultimi cantastorie.

    Il racconto dell’autrice su vicende storiche e su oltre venti spettacoli è puntuale, ricco di informazioni, con voci e testimonianze dei diretti protagonisti, con brevi narrazioni su elaborazioni di trame e scenografie, con gustose lenti di ingrandimento su testi, attori, drammaturgie, regie.

    In particolare la regia di Strehler, - la cui impronta è fortemente presente nei registi che gli succedono - memorabile nella prima vera produzione dedicata dal Piccolo ai bambini nel 1976, La storia della bambola abbandonata. Una storia alla quale il maestro si appassionò, di cui plasmò il testo con una particolare intensità drammaturgica, in cui mise in scena insieme agli attori adulti una classe di bambini e di cui fece più riprese, al punto che lo spettacolo è divenuto un capitolo della storia maggiore del teatro ed è stato rappresentato anche in questi ultimi anni.

    Il libro mette in risalto lo stile del teatro nei lavori sul testo, l’impronta della regia, il lavoro degli attori, la tensione alla qualità artistica, la cura per la macchina teatrale nella elaborazione di scene, costumi, luci, suono. Si coglie la coerenza negli intenti pedagogici del teatro che, se ha attenuato la finalità discutibile di formare gli spettatori futuri, ha invece tenuto ferma la concezione del teatro per ragazzi come mediatore di cultura educativa: per informare sui generi teatrali, sulle maschere della Commedia dell’Arte, per offrire un contributo nell’avvicinare bambini e ragazzi alla scienza, alle lingue straniere e, più recentemente, a testi di letteratura per ragazzi o che la scuola propone ai ragazzi.

    Nel panorama milanese va detto che la storia del Piccolo per i ragazzi è una vicenda a sé, senza relazioni con altre contemporanee esperienze nate in quegli anni.

    Fecero una loro storia a parte le formazioni milanesi di teatro-ragazzi: come il Teatro del Buratto, Quelli di Grock, i gruppi che ruotavano intorno al Teatro Sala Fontana, altri più piccoli ma vitali delle periferie e dell’hinterland milanese. Formazioni che intendevano stare lontani da un teatro che facesse il maestro e realizzavano spettacoli per bambini e ragazzi su loro contenuti: come giochi, amicizie, sentimenti, storie, letteratura a loro dedicata, sogni, desideri, passioni, idee sul mondo e sul futuro. Nelle drammaturgie mescolavano linguaggi, attori, pupazzi, arti visive, danza, cinema, clownerie, animazioni di oggetti a vista e così via, creando spettacoli con una qualità e originalità che li portò anche nei circuiti internazionali.

    Diversi di questi contenuti e idee avevano radici nell’animazione, un movimento indefinibile per idee e tensioni, ma che incontrava un comune desiderio di cambiamento e di innovazione nei rapporti culturali, anche con le giovani generazioni: era un magma composto da persone delle più diverse provenienze culturali ed artistiche, non solo del teatro.

    Di animazione e di gruppi del Teatro Ragazzi il libro parla nella prima parte del capitolo 5, con considerazioni che ho gustato particolarmente per la mia vicinanza con quelle esperienze.

    Fra gli animatori citati vorrei segnalare Franco Passatore per l’importante influenza che ebbe su scelte professionali di attori, insegnanti, educatori. Passatore era milanese, era stato attore in spettacoli del Piccolo Teatro e insieme ad altri attori propose esperienze di varia teatralità nelle scuole, a Milano e dintorni, e soprattutto a Torino dove trovò maggiore ascolto. Le sue proposte erano travolgenti per coinvolgimento, per capacità di modificare i rapporti di conoscenza, per le possibilità di espressione che aprivano. I materiali di queste esperienze, pubblicati nel libro Io ero l’albero, tu il cavallo (1972, Garzanti), formularono una proposta di teatro-gioco-vita che svolse un ruolo di dirompente e gioioso cambiamento. Nella scuola e nel teatro.

    Oggi distanze e diversità di percorsi nel teatro per bambini e ragazzi sono decisamente meno marcate e maggiori le collaborazioni. Il libro riferisce di alcune recenti produzioni del Piccolo Teatro/ Scatola Magica come Benvenuti al Piccolo e Pane al pane che hanno visto il contributo di Antonio Catalano, della Casa degli Alfieri di Asti, con le sue Valigie sensibili e con un cielo fatto di sculture di pane e lo spettacolo del Canto la storia dell’astuto Ulisse, che si avvale del fascino delle ombre del Teatro Gioco Vita di Piacenza.

    Penso tuttavia che se le diverse storie sul teatro per l’infanzia e i ragazzi, in particolare di questi ultimi cinquant’anni, trovassero qualcuno che le scrive e fossero indagate, offrirebbero certo idee anche molto contrastanti ma ci ricorderebbero il coraggio nella ricerca di bellezza e autenticità, utile per esplorare questi tempi difficili.

    C’è bisogno di voli fuori dai pensieri comuni e il teatro può usare l’arte e la poesia per lasciare qualcosa di memorabile nelle vite interiori dei giovanissimi.


    [1] Claudio Cavalli è attore, autore e regista, attivo dagli Anni Settanta nel settore del teatro e della tv per ragazzi. Direttore artistico di importanti manifestazioni culturali in Italia e all’estero, nel 2009 ha fondato l’Associazione Artexplora, che attraverso la gestione di un grande parco tematico a Santa Lucia di Cesena si occupa di divulgazione e valorizzazione dell’arte per bambini, ragazzi, insegnanti, famiglie e operatori.

    1. Anni Cinquanta

    1.1 Un vuoto da riempire

    Negli anni Cinquanta, dal panorama teatrale italiano non emerge una particolare attenzione per il pubblico dei giovani e dei giovanissimi. A questo riguardo, è opportuno fare una distinzione tra gli spettacoli per ragazzi , messi in scena da attori professionisti e gli spettacoli in cui recitano compagnie composte da bambini e ragazzi – anche se spesso anche questi ultimi si rivolgono ad un pubblico infantile. Nel primo caso si persegue una finalità artistica ed estetica, nel secondo prevale invece un intento pedagogico-educativo, finalizzato all’avvicinamento alle arti della scena.

    La maggior parte delle esperienze di teatro per ragazzi che si registrano dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla metà degli Anni Cinquanta è ascrivibile al secondo modello di cui si è detto: quello del teatro recitato dai ragazzi.

    Negli anni Venti, in alcune delle principali città italiane erano nate compagnie di giovanissimi, la cui attività, interrotta dal conflitto, riprende nel dopoguerra.

    È il caso del Teatro della Fiaba di Firenze, forse la più famosa compagnia italiana di ragazzi-attori del periodo tra le due guerre. Nato nel 1927, il Teatro della Fiaba entra in crisi nei primi anni Cinquanta, a seguito della scomparsa della fondatrice, Assunta Mazzoni. Flavia Farina, una delle co-fondatrici, raccoglie l’eredità della collega e porta avanti il lavoro iniziato: il gruppo di giovanissimi attori risorge dalle sue ceneri, con il nome di Compagnia dell’Alberello.

    Analogo è il caso della Brigata Giocosa, fondata a Milano da Pina Gonzales all’inizio degli anni Venti. La Compagnia, che ha sede al Teatro degli Arcimboldi, interrompe le sue attività nel 1943; le riprenderà dopo la guerra, quando la Gonzales e Assunta Diddi fondano la Nuova Brigata Giocosa, composta però solo da bambine.

    A Roma, nel 1951, riapre il Teatro d’Arte del Fanciullo, nato nel 1928 e chiuso durante il conflitto, mentre a Napoli, prima e dopo la guerra, è attivo il gruppo di giovanissimi attori fondato da Lea Bertorelli – in arte Zietta Liù.

    Ma non tutte le compagnie di bambini e ragazzi sono un retaggio del passato: è il caso della compagnia senese fondata da Marga Marmoross Sergardi, che tenta di costruire un repertorio organico di testi prendendo spunto dalle fiabe italiane e straniere. La Sergardi cerca anche di creare una vera e propria scuola in cui gli attori imparino a rivolgersi adeguatamente ad un pubblico di bambini.

    Un settore particolare di teatro recitato dai ragazzi è costituito dal teatro d’oratorio: un genere nato intorno alla metà del XIX secolo per iniziativa di don Giovanni Bosco e portato avanti nei decenni seguenti principalmente dall’ordine salesiano. Negli anni Cinquanta, il teatro d’oratorio è ancora attivo, ma ormai irrimediabilmente in crisi, nonostante i numerosi testi ad esso finalizzati pubblicati dalle case editrici cattoliche. La causa principale della decadenza del genere è probabilmente la sterile polemica che contrappone teatro e cinema: una parte del mondo cattolico individua nella Settima Arte una forma di svago fine a se stessa, non educativa, quando non addirittura in grado di traviare i giovani spettatori facendo leva sulle loro passioni e sui loro sentimenti irrazionali. Da qui prende le mosse la battaglia dei cattolici italiani a favore del teatro, battaglia che appare spesso

    condotta da posizioni alquanto di retroguardia. I temi sembrano ancora quelli dell’anteguerra, con l’aggravante del tempo che intanto è passato. L’accento è posto enfaticamente sull’educazione, sulla morale, sul carattere eterno di certi valori. [1]

    Ancora nel 1959, Padre Raffaello Lavagna (salesiano e cofondatore, meno di dieci anni dopo, dell’ATIG, Associazione Nazionale del Teatro per l’Infanzia e la Gioventù) pubblica un articolo [2] in cui esalta la superiorità del teatro sul cinema; senza rendersi conto, al pari di molti altri intellettuali e professionisti del teatro, che una concreta minaccia alle arti della scena potrebbe venire non dal cinema, bensì dalla televisione, approdata in Italia solo cinque anni prima.

    Sul versante del teatro per bambini messo in scena da professionisti, fino alla metà degli Anni Cinquanta si registra una sola esperienza in Italia: quella del teatrino Angelicum di Milano. Lì nel 1954, Enzo Convalli, padre francescano e regista della Rai, fonda e dirige il primo Teatro dei Ragazzi. Già in passato, Convalli si era mostrato sensibile al problema degli spettacoli per bambini, tanto da fondare, sempre a Milano, un teatro di marionette (il Piccolissimo) e da allestire spettacoli di varietà per bambini, con la collaborazione degli attori Fo, Durano e Tuminetti. All’Angelicum, invece, vanno in scena adattamenti di fiabe, racconti e romanzi per l’infanzia, oltre ai testi di Sergio Tofano e a quelli composti appositamente da Convalli.

    Il teatrino dell’Angelicum resterà unico nel suo genere in Italia fino alla fine del decennio, quando nascono alcune iniziative analoghe. Nel 1959 vengono fondati a Torino il Teatro delle Dieci e a Roma il Teatro degli Anni Verdi, di Giuseppe Luongo. Nel 1962, sempre a Roma, Padre Lavagna fonda la compagnia Il Carro di Tespi.

    Non bisogna infine dimenticare gli spettacoli di burattini e marionette, tradizionalmente indirizzati al pubblico infantile. In Italia, negli anni Cinquanta, troviamo Beppe Colla al teatro Gerolamo di Milano (fino al 1957), l’Opera dei Burattini di Roma – fondata nel 1947 da Maria Signorelli – il Teatrino di Ognissanti di Firenze, le torinesi Marionette Lupi, i pupi siciliani di Palermo e il girovago e internazionale Vittorio Podrecca.

    In conclusione, nell’immediato dopoguerra, gli spettacoli per bambini e ragazzi non sono del tutto assenti dal panorama teatrale italiano. Si sente però la mancanza di «un teatro per bambini organizzato su scala nazionale» e della «buona volontà a riconoscere nel teatro un fondamentale mezzo di educazione dei giovani» [3] .

    Il problema è molto sentito, al punto da diventare oggetto di diversi convegni. Uno di essi, dal titolo Problemi dello spettacolo scenico per ragazzi, si tiene a Firenze il 9 e il 10 maggio 1955; il convegno, patrocinato dal Ministero della Pubblica Istruzione, si svolge nell’ambito delle iniziative del Centro Didattico Nazionale di Studi e Documentazione per il Festival dello Spettacolo Scenico per Ragazzi.


    [1] P. Beneventi, Introduzione alla storia del teatro-ragazzi, La Casa Usher, Firenze, 1994, p. 154.

    [2] R. Lavagna, Salviamo il teatro dei ragazzi, in «Lanterna», n. 6, marzo 1959.

    [3] I. Ripamonti, Teatro per ragazzi a Milano, in «Teatro d’Oggi», febbraio 1954.

    1.2 Gli spettacoli del Piccolo Teatro – Corvi, milioni e maschere

    Tra gli esperti intervenuti al convegno fiorentino vi è anche un rappresentante del Piccolo Teatro di Milano, Guido Mengacci, che così esordisce: «Il nostro interesse per il Teatro dei giovani, dei ragazzi, è vivissimo e vorrei dire essenziale, nella programmazione della nostra attività» [1] .

    L’intervento di Mengacci prende le mosse dai due problemi fondamentali, che i fondatori del Piccolo Teatro si erano posti fin dall’inizio della loro attività: da una parte la produzione di spettacoli di qualità, all’interno di un programma continuativo; dall’altra, un’organizzazione del pubblico «per un più largo, razionale consumo dello spettacolo da parte di un pubblico distratto, deluso, ignaro, impossibilitato alla presenza allo spettacolo di prosa qualificato» [2] . Da qui scaturisce un’ulteriore questione, quella della formazione del pubblico del futuro e la conseguente necessità di rivolgersi ai bambini, ai giovani, agli studenti. Non a caso, il manifesto del Piccolo Teatro, pubblicato nel 1947, dichiara l’intenzione di reclutare il pubblico «tra i lavoratori e tra i giovani, nelle officine, negli uffici, nelle scuole» [3] .

    Fin dalla fondazione, il Piccolo Teatro si muove in questa direzione, con iniziative rivolte al pubblico dei giovani e dei giovanissimi.

    Negli anni Cinquanta si avvia il rapporto di collaborazione tra il Piccolo Teatro e l’Assessorato all’Educazione del Comune di Milano. Una relazione di importanza sostanziale, che diventerà negli anni sempre più intensa: le iniziative del Piccolo per bambini e ragazzi sono infatti finalizzate alla formazione degli spettatori del futuro, ad «avere oggi un maggior numero di piccoli spettatori e domani un pubblico adulto già formato al teatro di prosa» [4] . Ragion per cui, motiva Mengacci, «noi uomini di teatro e che solo teatro facciamo, ci offriamo agli uomini della scuola, per collaborare con loro [...] certi che così educheremo anche un pubblico» [5] .

    L’intervento di Mengacci si sofferma sulle stagioni 1953/54 e 1954/55 ed espone i dati relativi alle iniziative rivolte dal Piccolo Teatro ai bambini e ai ragazzi in quel biennio. Nella maggior parte dei casi, si tratta di repliche di alcuni degli spettacoli in cartellone riservate a gruppi di studenti (universitari, liceali, allievi delle scuole civiche serali, delle scuole inferiori e delle elementari) o ad organizzazioni giovanili o studentesche (Gioventù Musicale, Circoli Universitari Studenteschi, F.U.C.I.) [6] .

    Ma l’attenzione del Piccolo Teatro verso i più giovani va oltre: in quello stesso biennio vengono allestiti due spettacoli pensati espressamente per un pubblico di bambini e preadolescenti, di età compresa approssimativamente tra i sei e i tredici anni.

    Si tratta de Il corvo di Carlo Gozzi (1954) e di Qui comincia la sventura del signor Bonaventura di Sergio Tofano (1955), nome di spicco del teatro per ragazzi.

    Per incentivare la partecipazione di bambini residenti presso istituti assistenziali o appartenenti a famiglie non benestanti, Paolo Grassi chiede sovvenzioni al Comune di Milano, all’Assessorato all’Educazione, alla Direzione Generale per lo Spettacolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

    Durante al suo intervento al convegno fiorentino, Mengacci sottolinea il carattere sperimentale ed empirico degli spettacoli messi in scena per bambini e ragazzi, in particolare de Il corvo e di Qui comincia la sventura. Si tratta infatti di iniziative rivolte ad un target variegato e composito, dai tratti indefiniti e, in buona parte, poco conosciuto dagli stessi uomini di teatro che ad esso tentavano di rivolgersi.

    1.2.1 Il corvo [7]

    La prima produzione del Piccolo Teatro di Milano ideata e allestita appositamente per un pubblico di bambini e ragazzi è una riduzione de Il corvo , fiaba teatrale tragicomica di Carlo Gozzi. Il debutto, a cui seguiranno quindici repliche, avviene nel pomeriggio del 5 gennaio 1954.

    La regia è di Giorgio Strehler, che dopo aver diretto nel 1948 un allestimento del testo di Gozzi, decide di adattarlo per un pubblico di giovanissimi.

    Dei quattordici personaggi della vicenda, solo tre sono interpretati da attori professionisti di lungo corso: Ottavio Fanfani ha il ruolo di Pantalone, Ferruccio de Ceresa quello di Brighella e Checco Rissone interpreta Tartaglia. Gli altri personaggi sono interpretati da allievi dell’ultimo anno della scuola di recitazione del Piccolo Teatro.

    La messa in scena originale, per adulti, diretta da Strehler durante la stagione 1948/49 era stata portata in tournée anche all’estero (Zurigo, Parigi, Londra) e aveva partecipato a due rassegne: il IX Festival Internazionale di Prosa di Venezia e il Festival Belge d’Eté. Lo spettacolo aveva riscosso un notevole successo di pubblico, ma non presso la critica, urtata dai riferimenti alla storia recente e alla realtà contemporanea inseriti nella rappresentazione. Una recensione arrivò a parlare di «sopruso» [8] da parte di Strehler, bollato come seguace di una moda della «regia irrispettosa e sovvertitrice» [9] .

    L’opera di Gozzi narra la vicenda di Millo, re di Frattombrosa, che dopo aver ucciso un corvo sacro ad un orco è stato colpito da una maledizione, cadendo nella pazzia. Solo l’amore di una donna dalle chiome nere come il corvo, dalla pelle bianca come il marmo e dalle guance vermiglie come il sangue può spezzare l’incantesimo. Il principe Jennaro, fratello del re, si reca in oriente e rapisce Armilla, principesca di Damasco, che possiede queste caratteristiche. Ma il mago Norando, padre di Armilla, si vendica, inviando a Millo dei doni stregati, che causeranno la morte del re. Sarà Jennaro a doverli portare al fratello: se non lo farà o se cercherà di avvertirlo del pericolo, la maledizione ricadrà su di lui. Jennaro si sacrifica e viene tramutato in statua; tornerà uomo solo se sul freddo marmo in cui si è trasformato scorrerà il sangue di Armilla. La giovane si trafigge, Jennaro ridiventa uomo e Norando, finalmente placato, resuscita la figlia.

    La triste vicenda dei reali di Frattomborsa è intercalata dai lazzi e dalle scene comiche che hanno come protagonisti alcuni personaggi della Commedia dell’Arte: troviamo Pantalone nei panni di un ammiraglio, Truffaldino e Brighella cacciatori del re, Leandro e Tartaglia suoi ministri, Smeraldina damigella di Armilla.

    Uno dei pilastri della commedia è costituito proprio dalla contrapposizione tra il linguaggio letterario e melodrammatico dei personaggi tragici (Millo, Jennaro e Armilla) e la parlata popolaresca, vivacemente realistica, di quelli di rango inferiore, in particolare di Pantalone. Lo spettacolo diretto da Strehler nel 1948 è già di per sé un adattamento del testo originale: la fiaba teatrale di Gozzi è infatti inserita in una cornice metateatrale, di cui sono protagonisti gli stessi Comici dell’Arte che compaiono nell’opera.

    L’azione inizia all’alba in una piazza di Venezia, dove una compagnia di comici si prepara alla partenza. La fame e la stanchezza fanno scoppiare un litigio; per sedare la baruffa, il capocomico Pantalone invita la compagnia a provare la commedia Il corvo, che verrà messa in scena durante la successiva tournée. I comici si mettono al lavoro, ma la rappresentazione della fiaba subisce diverse interruzioni: arriva un gendarme che si ritrova, suo malgrado, a recitare la parte di Norando; Truffaldino entra in scena con un piatto di maccheroni su cui la compagnia, affamata, si avventa; Zan Ganassa e Ricciolina cantano una canzone sugli inganni femminili... E la magia che pervade la fiaba di Millo e Jennaro si estende alla realtà della piazza: a recitare la parte dei due reali fratelli e di Armillasono infattitra statue, che prendono magicamente vita.

    Il corvo allestito sette anni dopo per il pubblico dei più piccoli costituisce un ulteriore adattamento: la locandina lo definisce infatti una libera riduzione in due tempi della omonima fiaba di Carlo Gozzi.

    Innanzi tutto, si torna al testo originale, eliminando la cornice metateatrale: il passaggio tra i due livelli della narrazione sarebbe stato di difficile comprensione per i bambini, così come i riferimenti alla realtà delle compagnie di comici itineranti. Anche il sistema dei personaggi subisce delle lievi modifiche: il mago Norando diventa un personaggio femminile (Noranda) e vengono impiegati personaggi della Commedia dell’Arte abbastanza noti, i cui nomi risultassero famigliari anche ai più piccoli (Arlecchino, Brighella, Tartaglia, Clarice...). L’intervento principale messo in atto per rendere accessibile Il corvo ad un pubblico di bambini viene operato direttamente sul testo di Gozzi: vengono infatti snelliti i passaggi letterari, declamatori, attinenti alla parte tragica della fiaba e vengono ampliati i momenti di comicità di cui sono protagoniste le maschere.

    Strehler orchestra sapientemente l’alternanza di toni farseschi e drammatici, dando però più spazio all’allegro gioco dei personaggi della Commedia dell’Arte, con la loro mimica, i loro lazzi, il loro dialetto contrapposto (come nell’originale) al verso accademico e alla lingua di maniera. Una scelta facilitata dalla struttura dell’opera di Gozzi, nella quale le scene comiche con protagonisti Leandro, Tartaglia, Brighella e Truffaldino sono solo abbozzate, come un canovaccio, e affidate all’improvvisazione degli attori. Ciò rende più agevole l’ampliamento di questi passaggi dell’azione e l’inserimento, al loro interno, di liberi scenari.

    I costumi, curati da Ebe Colciaghi, marcano il contrasto tra i personaggi tragici della fiaba – ingessati nei loro abiti classicheggianti – e il rumoroso popolo dei Comici dell’Arte, che indossano costumi rattoppati, dalle tinte vivaci.

    L’obiettivo dello spettacolo, portare a teatro un pubblico di giovanissimi, viene raggiunto: alle sedici rappresentazioni assistono oltre 6.300 bambini, che con risate ed calorosi applausi, anche a scena aperta, sanciscono il successo de Il corvo.

    Tuttavia, una parte della critica esprime perplessità. Su «Avanti», Icilio Ripamonti scrive:

    L’unico neo di questo Gozzi sta forse nel fatto che esso piace troppo ai grandi. E uno spettacolo che soddisfa pienamente il gusto degli adulti è difficile che possa contenere sufficiente sostanza di interesse per i bambini. Oppure si tratta di interesse occasionale. È evidente che il bambino si diverte in ogni caso a un capitombolo, a sberleffi, a finzioni di fantasia. Se però gli sberleffi, i capitomboli e la fantasia sono fini a se stessi, senza lasciare la possibilità di una deduzione morale, il teatro per bambini svolge parzialmente il suo assunto.

    Un teatro puro, con raffinate vicende sceniche, concede al pubblico la più difficile forma di morale: la deduzione estetica, alla quale naturalmente solo l’adulto colto può accedere [...] il

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