Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Sergio Tofano e il surrealismo all'italiana
Sergio Tofano e il surrealismo all'italiana
Sergio Tofano e il surrealismo all'italiana
E-book355 pagine4 ore

Sergio Tofano e il surrealismo all'italiana

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Tofano ha rappresentato la possibilità per l’Italia di avere una forma di surrealismo non ufficiale, una sorta di parasurrealismo a livello di recitazione, di scrittura e di disegno, non solo con lui come esponente, ma anche con altri autori in parte a egli collegati. L’intento è dimostrare l’esistenza in Italia di un nutrito gruppo di artisti che partendo dall’esperienza dell’avanguardia del Surrealismo e unitamente ad alcuni influssi del Futurismo italiano hanno sviluppato opere che più si accostano alla sensibilità francese, che pare invece non essere mai giunta in Italia, neanche ufficiosamente. Per questo, oltre a Sergio Tofano dedicheremo delle pagine al Teatro degli Indipendenti e ai fratelli Bragaglia che lo fondarono e che portarono avanti un discorso sull’avanguardia molto particolare.
LinguaItaliano
Data di uscita12 gen 2013
ISBN9788878534674
Sergio Tofano e il surrealismo all'italiana

Correlato a Sergio Tofano e il surrealismo all'italiana

Ebook correlati

Critica letteraria per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Sergio Tofano e il surrealismo all'italiana

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Sergio Tofano e il surrealismo all'italiana - Pamela Michelis

    convinzione.

    PREFAZIONE

    Ripensando con affetto a Giosué Musca

    Secondo il grande Sergio Tofano una Storia da cantastorie è:

    "una storia commovente

    che comincia dolorosa

    ma finisce allegramente".

    Ma potrebbe essere vero anche il contrario. L'importante è che sia una storia fuori del comune, degna di essere raccontata.

    In un mondo come il nostro, in cui il futuro sembra non esistere più ed il passato viene rappresentato spesso solo come una catena di errori e di crimini, noi abbiamo ancora fiducia che esistano vicende degne di essere narrate.

    Attraverso la collana inaugurata dal volume di Pamela Michelis, ci proponiamo di ispirarci a un autore geniale e imprevedibile come Tofano e di raccontare le storie – allegre o tristi – di personaggi fantasiosi, anticonformisti, perfino scandalosi, che hanno lasciato il segno tra i loro contemporanei e che a volte sono stati dimenticati dalla Storia con la S maiuscola. Quello che ci preme è mostrare attraverso le loro storie bizzarre e originali che può esserci un'alternativa alla grande Storia: una via laterale, una scorciatoia, un passaggio segreto che ci porta al di là delle colonne d'Ercole che ci impediscono di cercare una via come Ulisse nel gran mare aperto. Un passaggio a Nord-Ovest, che ci porta oltre i limiti artificiosi di un presente troppo spesso dominato da chi ha la forza, ma non la ragione.

    Tutto questo contrasta con chi ha la pretesa di stabilire un Canone della letteratura del Novecento o di fare un bilancio della storia mentre la nostra storia è ancora in corso.

    Chi fa bilanci dovrebbe essere al di fuori di ciò che giudica: e invece a me pare che noi siamo ancora tutti dentro al Novecento, anche se cronologicamente ne siamo appena usciti. E che non siamo assolutamente nelle condizioni di redigere alcun bilancio. Al massimo possiamo fare delle confessioni; possiamo portare delle testimonianze. Ma è ridicolo scriversi la storia addosso mentre la si vive. Si rischia, in questo modo, di distorcere completamente il senso degli eventi, non distinguendo la storia dalla cronaca e non ammettendo le nostre implicazioni nella cronaca. Questo atteggiamento falsamente obiettivo, questo tono da padreterno che sistema una volta per tutte il passato, assegnando come Domineddio ad ognuno il posto che gli compete in una gerarchia di valori assolutamente fittizia, può forse piacere ai professorini, ai seminaristi e a tutti coloro che senza il catechismo non sanno orientarsi, ma mette i brividi a chi concepisce la storia come qualcosa di vivo, mobile, incerto, complesso. Senza contare che in una simile opera di riordinamento dell'universo si finisce inevitabilmente con l'escludere tutto ciò che non riusciamo a capire o a incasellare entro i nostri i schemi.

    Questo, peraltro, non lo diciamo solo noi: lo hanno già detto, inascoltati, alcuni critici che hanno provato invano, negli anni scorsi, a contrastare la macchina schiacciasassi dei canonisti. Si veda a questo riguardo quanto osserva sui poeti contemporanei Alfonso Berardinelli nel suo Casi critici – dal Postmoderno alla mutazione, Macerata, Quodlibet 2007. Un discorso analogo, oltre i limiti della poesia, investe tutta la letteratura italiana moderna nel suo complesso: i canonisti si sono dimenticati di inserire nel Canone molti autori che non rientrano nei programmi delle scuole medie e delle case editrici, come ad esempio coloro che hanno praticato il cosiddetto genere Fantastico. E quando diciamo Fantastico non intendiamo solo Buzzati o Calvino, sul cui valore si può discutere. Intendiamo Collodi, intendiamo Pinocchio, su cui francamente non c'è niente da discutere visto che è una delle opere più lette del mondo.

    Facciamo un passo avanti. Permettiamoci di ricordare ai canonisti che sono esistiti individui geniali che non potranno mai essere iscritti nel Canone perché superano i limiti di ogni Canone: artisti che non sono stati solo scrittori, ma anche disegnatori, attori, registi, funamboli, come Sergio Tofano (non a caso amatissimo da Pirandello).

    Che c'è stata la letteratura dialettale, grandiosa, straordinaria, in molti casi decisamente superiore a quella in lingua, come mostra il caso di Eduardo De Filippo.

    Che c'è stato un nostro piccolo, ma prestigioso Surrealismo italiano, bonario quanto si vuole, ma non per questo meno efficace e creativo, nonostante le ritrattazioni antisurrealiste di De Chirico nel campo della pittura. Il mini-Surrealismo italiano ha generato le opere di Savinio, che di De Chirico era fratello, di Palazzeschi, di Campanile, di Zavattini, di Flaiano, tutta una genia che tiene alto il vessillo della fantasia e che non fa sfigurare il nostro squallido Strapaese di fronte al Surrealismo europeo. Né deve ingannare l'apparente marginalità di questi autori rispetto ad altri più noti. Quei che Limosì credon ch'avanzi possono pascersi, oggi come ieri, dell'illusione che autori marginali e superficiali siano i più grandi esponenti della letteratura del Novecento. Coloro che invece hanno la pessa e l.coutel o, se preferite, coloro che capiscono qualche cosa rispetto agli ignoranti devoti, che ci affliggono dalle colonne dei giornali e dalle cattedre universitarie raffazzonate per gli amici degli amici, sanno che grazie al buon esempio di questi autori ritenuti a torto minori e grazie alla loro stessa collaborazione diretta sono nati (e non per caso) capolavori come i film di De Sica e Fellini.

    Quante volte l'apparente disordine di chi sembra deviare pericolosamente dalla norma è solo la reazione più salutare a un caos mascherato da saggezza, che ci costringe a trovare razionale ciò che non è neppure ragionevole? La fantasia al potere è la migliore risposta a quello che Emmanuel Mounier chiamava a buon diritto: il disordine stabilito.

    Fabio Troncarelli

    INTRODUZIONE

    Un nuovo sguardo

    I primi quarant'anni del Novecento hanno rappresentato per l'Italia un periodo molto particolare. Se in tutta Europa si stavano diffondendo le Avanguardie Storiche e stavano cambiando le dinamiche artistiche in molti paesi – la Francia innanzitutto – la penisola italiana sembrava vivere in un suo isolamento irreale. Consapevole del bisogno di cambiare il panorama artistico, la cultura italiana attuò delle modifiche alla superficie, senza tenere conto di quello che succedeva intorno e dietro ad essa e senza capire che i veri cambiamenti dovevano iniziare in profondità. L'Italia trascurava¹ che nel resto d'Europa stavano nascendo le Avanguardie; rifiutava il diffondersi della psicoanalisi, ma soprattutto non si rendeva conto che una parte degli intellettuali e degli artisti, sotto l'apparente calma e i timidi accenni di protesta, stava scalciando per liberarsi dalle ragnatele del passato e aprire le finestre alla modernità.

    Questo succedeva in letteratura, in pittura, ma accadeva soprattutto al teatro e all'appena nato cinema, che ancora ai primi passi voleva già correre verso le novità.

    Accadeva anche che diversi esponenti artistici entravano in contatto più di frequente di quello che sembrava in apparenza: non solo si incontravano professionalmente, ma soprattutto umanamente portando alla nascita di amicizie che unirono ideali, poetiche e stili di vita.

    È in questo contesto che si colloca l'uomo cui è dedicato questo lavoro: Sergio Tofano. Attore, disegnatore, scrittore, insegnante, Tofano – o come amava firmarsi, Sto – incarna lo spirito di rinnovamento che tanti altri anelarono raggiungere. Amico di Silvio D'Amico, dei fratelli Bragaglia, di Vittorio De Sica, di Luigi Pirandello ebbe l'opportunità di conoscere da vicino il teatro e il cinema, di confrontarsi con coloro che, consapevoli del cambiamento dei tempi e che la rivoluzione inizia pian piano minando le vecchie certezze, cercarono in Europa e nelle possibilità italiane un gusto e un'espressione nuova.

    In questo lavoro cercheremo di far conoscere l'autore a tutto tondo, non solo per il famosissimo personaggio dei fumetti da lui creato – il signor Bonaventura – ma anche per i suoi scritti fantastici, per il suo impegno come insegnante all'Accademia d'Arte Drammatica Silvio D'Amico, e per il ruolo che ebbe di attore di indubbia novità.

    Proprio il suo lavoro d'attore ci permetterà di porre l'attenzione su un fenomeno italiano passato sotto silenzio.

    Tofano ha rappresentato la possibilità per l'Italia di avere una forma di surrealismo non ufficiale, una sorta di parasurrealismo a livello di recitazione, di scrittura e di disegno, non solo con lui come esponente, ma anche con altri autori in parte a egli collegati. L'intento è dimostrare l'esistenza in Italia di un nutrito gruppo di artisti che partendo dall'esperienza dell'avanguardia del Surrealismo e unitamente ad alcuni influssi del Futurismo italiano hanno sviluppato opere che più si accostano alla sensibilità francese, che pare invece non essere mai giunta in Italia, neanche ufficiosamente. Per questo, oltre a Sergio Tofano dedicheremo delle pagine al Teatro degli Indipendenti e ai fratelli Bragaglia che lo fondarono e che portarono avanti un discorso sull'avanguardia molto particolare. Faremo anche riferimento a momenti storici che riprenderemo per sommi capi per favorire una migliore collocazione spazio-temporale degli eventi citati. A tutto questo aggiungeremo appendici analitiche su Tofano per dare un maggior risalto alla figura al centro del lavoro.

    La Mostra del Cinema di Roma, edizione 2007, ha festeggiato gli ottant'anni del signor Bonaventura con una serie di iniziative culturali ed è stato incredibile vedere nel padiglione a lui dedicato tanti e tanti nonni portare i nipoti ad osservare le illustrazioni ed i costumi di Sergio Tofano e recitare loro a memoria filastrocche e ritornelli inventati da Sto. Questo è indicativo di come, nella memoria della gente, Tofano abbia lasciato un'impronta indelebile. Non c'è persona, sopra i 45 anni, che non conosca questo personaggio che ha accompagnato la crescita di tanti bambini e le domeniche di tanti adulti.

    Ci è sembrato giusto perciò rispolverare questo autore, in parte dimenticato, e porre un po' d'ordine nel materiale che negli anni si è fatto sostanzioso ma che è rimasto ancora molto poco organizzato e studiato. L'occasione ha permesso anche di affrontare nuove problematiche relative a periodi che ormai fanno parte della nostra storia ma che andrebbero continuamente riscoperti.

    CAPITOLO PRIMO

    IL SURREALISMO IN FRANCIA E LE AVANGUARDIE IN EUROPA

    Le langage a été donné

    à l'homme pour

    qu'il en fasse un usage

    surréaliste.

    André Breton

    Il concetto di avanguardia.

    Con il termine avanguardia (dal francese avant-garde, che designa originariamente il drappello di sodati che va in avanscoperta) si definisce ogni movimento artistico letterario che vada programmaticamente (attraverso cioè enunciazioni, manifesti, testi e teorie) alla ricerca di nuove formule espressive, rinnovando il linguaggio artistico e ponendosi in posizione antitetica o diversa rispetto alla tradizione. In particolar modo sono stati i primi anni del Novecento a dare il via alla nascita di diverse avanguardie: il Cubismo (Francia), il Futurismo (Italia), il Cubofuturismo (Russia), l'Imagismo (Gran Bretagna e Stati Uniti), il Dadaismo (Svizzera e Francia), il Surrealismo (Francia) e l'Astrattismo (Germania e Russia).

    In questo capitolo prenderemo in considerazione la corrente del Surrealismo in Francia e quella del Futurismo in Italia, osservando che relazione esiste tra i due movimenti.²

    Il Surrealismo in Francia.

    La cultura francese del primo dopoguerra è ancora fortemente influenzata dalla crisi del Positivismo ma allo stesso tempo si sente già segnata dalla critica al Positivismo stesso portata avanti da diversi settori della scena intellettuale. Il Surrealismo si presenta come la più radicale forma di contestazione ai valori e alle istituzioni della precedente ideologia dominante.

    Il fenomeno è uno dei più complessi e articolati in Europa per due diverse ragioni. La prima sta nell'origine stessa del movimento che affonda le sue radice estetiche nelle ricerche stilistiche di Baudelaire, fino ad arrivare alle prime avanguardie attraverso Rimbaud, Lautréamont, Jarry, Apollinaire e Reverdy; la seconda deriva dal fatto stesso che la corrente si definisce in rapporto al vasto movimento di rifiuto e di rottura – l'Avanguardia Storica – che si stava diffondendo in tutta Europa già dai primi anni del Novecento. Con l'Avanguardia Storica il Surrealismo condivide la lucida consapevolezza della frattura – ormai insanabile – all'interno della società e della cultura; si arricchisce inoltre di tutte quelle sfumature che nascono come conseguenza della specificità contestuale francese.

    Oltre ai caratteri tipici del movimento europeo (assunto arte-vita; pratica del gruppo con conseguente codice di comportamento; esibizionismo e ostentata eccentricità fino allo scandalo, alla provocazione e alla sfida) il Surrealismo francese si arricchisce di una notevole elaborazione teorica.³ È stato proprio il Surrealismo a porre l'attenzione su una serie di questioni che tuttora sono al centro del dibattito riguardante le avanguardie occidentali e in generale alla cultura contemporanea. Accanto alla precisa componente di negatività e insubordinazione i surrealisti manifestano una rinnovata tensione verso la positività e verso l'elaborazione di una cultura alternativa.

    Le Surréalisme repose sur la croyance à la réalité supérieure de certaines formes d'associations négligées jusqu'à lui, à la toute puissance du rêve, au jeu désintéressé de la pensée. Il tend à ruiner définitivement tous les autres mécanismes psychiques et à se substituer à eux dans la résolution des principaux problèmes de la vie […]

    Se le basi filosofiche del movimento saranno approfondite in seguito, già dai primi testi si comprende la necessità di ampliare i diversi aspetti soggiacenti alla realtà non escludendo ogni possibile via interpretativa.

    In questa prospettiva è da decifrare l'introduzione, nella tematica dell'avanguardia, di tutta una serie di valori positivi, dall'immaginazione, al fantastico, alla stessa poesia, recuperata e reintegrata a pratica di conoscenza privilegiata; l'elaborazione attraverso il «meraviglioso», di un concetto antitetico di bello, concetto composito in cui reminescenza del romanzo nero e di un certo «conte fantastique» convergono e modernamente si intrecciano alle più sottili suggestioni delle predilette pitture di De Chirico, la rivalutazione, accanto all'infanzia, di tutta una serie di esperienze escluse, emarginate e interdette dalla cultura ufficiale e da essa significativamente rimosse: dalla follia alla sessualità fino al sogno, che per la prima volta assume nell'indagine surrealista un carattere di certezza e una funzione risolutoria nei confronti delle contraddizioni della vita.

    In questo contesto si capisce l'importantissimo ruolo svolto dal Surrealismo nei confronti della tradizione. Se i Futuristi mostrano un atteggiamento iconoclasta verso il passato e il Dadaismo auspica la totale distruzione di quest'ultimo, i Surrealisti, accantonato un iniziale atteggiamento di rottura, ne assumono uno molto più moderno e problematico basato sul recupero di alcune precedenti esperienze: i testi di Sade e Lautréamont; le espressioni eccentriche, paradossali ed irregolari sviluppate ai margini della norma; i petits romantiques; i Simbolisti minori.

    A questo il Surrealismo affianca un lavoro teorico e programmatico per quanto riguarda i moduli espressivi precedenti giungendo alla forma che rappresenta pienamente e inconfondibilmente il movimento: la scrittura automatica. Scoperta da Breton e Soupault la scrittura automatica è intimamente collegata al concetto stesso di Surrealismo.⁶ Altamente espressiva essa comporta la negazione di una qualsiasi funzione referenziale, la riduzione a gioco del linguaggio che si riallaccia direttamente al pensiero (e quindi anche all'inconscio e a tutto quello che questo comporta), sospendendo ogni forma di censura e rifiutando ogni limite – logico, etico, estetico, artistico – imposto dall'uomo. Non si tratta solo di possibile ricerca di una via alternativa, ma del ribaltamento di quei sistemi di esclusione con cui la società controlla la produzione del discorso. Il Surrealismo adotta nuovi e diversi linguaggi perché nuova è la comunicazione che intende realizzare, libera da ogni pretesa di veridicità o falsità imposta da un canone.

    Per quanto riguarda l'elaborazione teorica punti di riferimento fondamentali per il Surrealismo saranno Freud e Marx. La presenza dei suddetti orientamenti è rintracciabile in due diverse fasi: nella prima – quella del primo manifesto del Surrealismo – è Freud il punto di riferimento poiché la ricerca dell'individuo interiore e la sua liberazione sono gli obiettivi essenziali. Nella seconda fase – quella del secondo manifesto del Surrealismo – il riferimento a Marx è evidente. Si fa più urgente la richiesta di collegare il Surrealismo con la rivoluzione, in particolare con la prassi politica rivoluzionaria. Anche se la lettura che il movimento farà dell'opera di Marx e Freud resterà parziale, è notevole l'intento da parte degli esponenti surrealisti di creare una mediazione tra i due opposti, consapevoli delle possibilità della sintesi di due lezioni così diverse. Questi due punti saranno quelli intorno cui il dibattito si farà più acceso e porteranno gli studiosi, nel corso degli anni, a una continua e necessaria rimessa in discussione, senza ridurre l'importanza che i due orientamenti hanno avuto sul movimento in generale.

    In effetti, proprio la dialettica interna al movimento, così complessa e difficile, è quella che ha permesso al Surrealismo di resistere per lungo tempo, di influenzare in seguito molti intellettuali e di non mettere mai da parte la riflessione. È proprio la ricerca di una definizione che fa progredire continuamente il dibattito.

    La natura contraddittoria del Surrealismo è quella poi che lo mette in relazione con il movimento Dada. Nato a Zurigo durante gli ultimi anni della Prima Guerra Mondiale, il movimento Dada – che ebbe in Hugo Ball, Hans Arp, nei fratelli Janco, ma soprattutto in Tristan Tzara, Picabia e Duchamp i suoi maggiori esponenti – trovò nella Francia un paese pronto ad accoglierne gli influssi: le influenze sul già esistente movimento pre-surrealista ruotante intorno alla rivista «Littérature» si fanno sentire. Il Dadaismo si sviluppa in un ambiente eterogeneo (come quello di Zurigo) come reazione psicologica e morale di una giovane generazione di fronte agli orrori della guerra; ha un atteggiamento aggressivo che arriva fino alla derisione e allo scherno e si manifesta in comportamenti esasperati che sfociano in un nichilismo radicale, in una volontà di negazione che lo rendono inassimilabile a qualsiasi altra avanguardia. Eppure il grande lavorio sui processi mentali, sull'interiorità dell'uomo e sulla distruzione del discorso logico e referenziale permette agli esponenti dei due movimenti di entrare in contatto. Come i Dadaisti, i Surrealisti iniziano a produrre opere nell'immediato dopoguerra, nel pieno della crisi totale dei valori che investe la nuova generazione, nell'emergere di una passività, di un'apatia e nel rifiuto totale del potere e delle classi dominanti. Figure come Jacques Vaché e Jacques Rigaut, morti entrambi giovanissimi e tragicamente, rappresentano in pieno tale disagio e tale senso di morte. È questo un tratto tipico del Dada parigino che unito all'humour noir del surrealismo accosta ulteriormente le due correnti.

    In simile contesto nasce – e prospera – la rivista «Littérature», una delle più importanti sull'avanguardia nel primo Novecento. Inizia le sue pubblicazioni nel 1919 ad opera di Breton, Soupault e Argon e viene successivamente ampliata con la collaborazione di Paulhan e Eluard, per sostituire la «Nouvelle Revue Français» interrotta alla vigilia della guerra. Inizialmente la rivista non pubblica solo pezzi dei fondatori ma anche scritti di Gide, Valéry, Drieu La Rochelle, Morand e tanti altri. Già dal primo numero con l'articolo Pourquoi écrivez vous? gli autori pongono l'attenzione su quelli che saranno gli argomenti principali: la nuova valenza assunta dalla scrittura e la messa in discussione dell'autore stesso e dei suoi valori attraverso la scrittura. Con il passare del tempo la rivista percorrerà scenari differenti maturando percorsi fondamentali per la futura avanguardia. La sperimentazione diventa l'elemento centrale. Inizialmente viene dato ampio spazio all'attività dadaista, soprattutto con l'arrivo a Parigi, intorno al 1920, dei suoi maggiori esponenti: proprio dal confronto con il Dadaismo, il Surrealismo va sempre più definendosi.

    Nel 1921 l'attacco che la rivista farà a Barrés e a tutta la generazione precedente permetterà di mettere sotto accusa le responsabilità della cultura nella formulazione di certe ideologie. È il primo passo verso un'ulteriore autonomia surrealista consacrata, nel 1924, dal Congrès de Paris con cui Breton vuole cercare di fornire le nuove direttive dello spirito moderno e che sancisce momentaneamente la rottura con Tzara. Questo passaggio decreta il superamento della fase dadaista all'interno del Surrealismo ed è suggellato dalla nascita di una nuova serie della rivista, orientata verso una cultura più positiva.

    All'interno della nuova rivista Breton fa la prima importante riflessione sul futuro del Surrealismo a proposito del linguaggio: bisogna restituire alla parola la sua destinazione piena. Essa non è un semplice mezzo ausiliare per la comunicazione, deve definirsi e rendersi autonoma. La critica al linguaggio come luogo in cui la cultura può agire a suo piacimento, gli interrogativi sulla funzione del linguaggio, le sue trasformazioni sono al centro dei dibattiti che i surrealisti cercano di indirizzare verso diverse vie e orientamenti.

    Due sono gli indirizzi che prendono maggiormente piede: il primo, che si riallaccia alle pratiche dadaiste, tende a una scrittura come esasperazione della letterarietà, a una liberazione del linguaggio attraverso tecniche e procedimenti attuati dall'autore con lucida consapevolezza e a lui consoni. L'altra tendenza mette implicitamente in discussione la letterarietà della scrittura e qualsiasi forma di controllo esercitata su di essa; tende a una scrittura come espressione e trascrizione pura dell'inconscio. Inizialmente le due vie scorrono parallelamente fino a prendere, poi, due strade completamente diverse. Questo lavoro permette di capire come la scrittura automatica, e in generale la sperimentazione surrealista, inserita in un contesto normale di lettura necessiti di tutta una serie di esigenze di carattere estetico e in parte di comprensione e leggibilità. Consapevole dei limiti dovuti proprio alla sua eccezionalità, la produzione artistica ridiventa discorso letterario ed artistico fine a se stesso.

    Il Primo Manifesto mostra concretamente come il lavoro surrealista sia in continua evoluzione, un work in progress. È proprio nel 1924 che viene fondato, per rispondere a queste esigenze, il Bureau des recherches surréaliste, che sotto la direzione di Antonin Artaud sembra cercare di dare uno spazio concentrato a tutte le varie ricerche possibili nel movimento. Nello stesso anno «Littérature» viene sostituita da la «Révolution surréaliste», una rivista che oltre alla consueta attività sperimentale, alle inchieste e alle ricerche, inaugura la pratica di attacco – attraverso varie forme – alle istituzioni e, in generale, verso le discriminazioni culturali e sociali. Sarà questa la via che porterà il movimento all'adesione al PCF tra il 1927 e il

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1