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Padova che nessuno conosce
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E-book322 pagine4 ore

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Tra le pieghe della storia per scoprire l’incanto nascosto della città

Padova, nel corso della sua straordinaria storia, è stata un centro culturale e scientifico. Fra XIII e XIV secolo era al centro della produzione letteraria con uno dei capolavori del Medioevo, opera di un padovano, Rolandino. In quell’epoca, in città, si forma un circolo d’intellettuali che darà vita al “preumanesimo”: Albertino Mussato viene coronato “poeta” per la tragedia Ecerinis, in cui Ezzelino III diviene “figlio del demonio”. Un’opera che fa discutere, e che spinge Dante a prendere posizione sulla dinastia dei da Romano. Sul finire del Trecento, Cennino Cennini, alla corte dei Carraresi, compone il primo trattato sulla pittura: Il Libro dell’Arte, con un concetto dell’Arte che anticipa il Rinascimento. Intanto un nuovo ballo conquista le corti europee: la “danza pavana”, primato tutto patavino. Dal XVI secolo Padova diviene fulcro della rivoluzione scientifica e medica, a partire dalla definizione di “teatro anatomico” del medico Alessandro Benedetti. E gli anatomisti della sua scuola conquisteranno artisti come Leonardo e Michelangelo. Il fascino oscuro della dissezione dei cadaveri di Vesalio e di Fabrici d’Acquapendente, gli studi sulla sifilide e i suoi rimedi, fra cui il profilattico, descritto per la prima volta da Gabriele Falloppio, l’anatomia patologica di Giovanni Battista Morgagni, sono punti fondamentali nel percorso, lungo secoli, della medicina patavina. Un percorso che a Padova ha preso forma, e che da Padova ha cambiato il mondo.

Sono moltissimi gli aneddoti segreti che si celano nella straordinaria storia di Padova

Tra gli argomenti trattati:

La cronica di Rolandino, Uno dei capolavori del Medioevo
L’Ezzelino demoniaco di Albertino Mussato
Con Marsilio da Padova nasce l’idea dello stato laico
Fra Mussato e Dante c’è di mezzo ancora lui: Ezzelino
Il primo trattato sull’arte scritto a Padova da Cennino Cennini
La danza pavana conquista le corti europee
Con Alessandro Benedetti nasce l’idea del teatro anatomico
Gli anatomisti della scuola patavina conquistano Leonardo e Michelangelo
Vesalio, Fabrici d’Acquapendente, e l’importanza della dissezione
Falloppio, la sifilide, e la prima descrizione del profilattico
Morgagni e l’anatomia patologica
Silvia Gorgi
Padovana DOC, giornalista, scrive di cinema, arte e nuove tendenze, per i quotidiani del gruppo editoriale GEDI (L’Espresso) e per Sugarpulp Magazine, per il quale segue come inviata i festival cinematografici internazionali (Venezia, Cannes, Berlino, Transilvania). Alcuni suoi servizi di viaggio sono stati pubblicati da «Elle Italia» e «il Venerdì di Repubblica». Speaker radiofonica, ha ideato Nordest Boulevard, dapprima programma radio, oggi società di pre-produzione cinematografica, di cui è amministratrice unica. Ha curato mostre di artisti in Veneto e a Berlino. Collabora come responsabile contenuti all’organizzazione di vari festival culturali. Dal 2010 vive fra Padova e Berlino. Con la Newton Compton ha pubblicato Forse non tutti sanno che a Padova…, Storie segrete della storia di Padova, I luoghi e i racconti più strani di Padova, Le incredibili curiosità di Padova e Padova che nessuno conosce.
LinguaItaliano
Data di uscita22 ott 2020
ISBN9788822745903
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    Anteprima del libro

    Padova che nessuno conosce - Silvia Gorgi

    ES708-cover.jpg

    708

    Prima edizione ebook: novembre 2020

    © 2020 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-4590-3

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Manuela Carrara per Corpotre

    Silvia Gorgi

    Padova che nessuno conosce

    Tra le pieghe della storia per scoprire l’incanto nascosto della città

    Newton Compton editori

    A Matteo

    Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.

    Marcel Proust, scrittore

    Lo scoprire consiste nel vedere ciò che tutti hanno visto e nel pensare ciò che nessuno ha pensato.

    Albert Szent-Gyorgyi, scienziato

    Padova non è solo la città di Antenore [eroe troiano fondatore della città], essa è come una torta di mille foglie: è la città romana di Tito Livio, quella cristiana di Antonio, quella insanguinata da Ezzelino, quella dove Giotto, Mantegna, Tiziano, Tiepolo eseguirono il fiore delle loro opere, quella rivelatrice di Galileo e di Morgagni dall’alto delle loro cattedre, quella goliardica della gioventù ribelle allo straniero dominante, quella saggiamente signoreggiata dai Carraresi, quella veneziana di Alvise Cornaro e di Gaspare Gozzi, quella sensuale e drammatica del Ruzante e, per finire col nostro secolo, quella industriale e agraria, sempre ravvivata da una vitalità esuberante che sembra determinata dalla terra attorno, pervasa in epoche preistoriche dal fuoco vulcanico dei Colli Euganei.

    Giovanni Comisso, scrittore

    Indice

    Introduzione

    PRIMA PARTE

    1. ROLANDINO DA PADOVA, IL DUECENTO DI EZZELINO III... DA ROMANO E IL PREUMANESIMO PATAVINO

    1.

    2. La Cronica, uno dei capolavori letterari del Medioevo

    3. Un ammonimento contro la Tirannia

    4. Rolandino, chi era costui?

    5. Dodici libri come l’Eneide, con un inizio all’Iliade

    6. Quale futuro per l’opera di Rolandino?

    7. La vera natura di Ezzelino? Un enigma che dura da secoli

    8. Un lupo, Ezzelino, che aveva a che fare anche con delle pecore

    9. Ezzelino al centro di leggende popolari

    10. Un mito creato ad hoc dai maggiori letterati del secolo

    11. I notai padovani: nuovi mentori, nuovi poeti, nuovi umanisti

    12. Fra Mussato e Dante, c’è di mezzo Ezzelino

    13. Padova, una città in cui nasce l’idea dello Stato laico con Marsilio

    14. Dante, Cunizza, Mussato e ancora lui, Ezzelino

    INTERMEZZO

    2. IL PRIMO TRATTATO SULL’ARTE FU SCRITTO A PADOVA DA CENNINO CENNINI

    1.

    2. Gli anni padovani del trattatista

    3. Un trattato d’Arte che conduce al Rinascimento

    4. Perché a Padova Cennini trovò l’ambiente giusto per comporre il suo trattato

    3. LA DANZA PAVANA: NEL MEDIOEVO SI BALLA ALLA MANIERA PADOVANA

    1.

    2. La danza pavana in auge lungo i secoli

    3. La sua evoluzione fra Ottocento e Novecento

    4. Il Rinascimento e le sperimentazioni musicali

    5. Le reincarnazioni della danza pavana

    SECONDA PARTE

    4. ALESSANDRO BENEDETTI LO DEFINÌ TEATRO ANATOMICO E L’ANATOMIA FU CENTRO NEL MONDO

    1.

    2. Chi era Alessandro Benedetti?

    3. Medicina materia d’insegnamento: un percorso lungo secoli

    4. La dissezione dei cadaveri: proibita oppure no?

    5. I disegni anatomici: artisti e medici s’uniscono

    6. Dallo Studio di Padova Marcantonio della Torre conquista Leonardo

    7. Il successore di Vesalio a Padova, Realdo Colombo, collabora con Michelangelo

    8. La pratica anatomica non più nelle mani del servo-chirurgo

    9. Vesalio e lo studio diretto sul corpo umano

    10. Girolamo Fabrici d’Acquapendente che il teatro anatomico rese permanente

    11. La ristrutturazione del teatro anatomico permanente

    12. Il bidello e le università: ruolo chiave fin dal Medioevo grazie alla Natio germanica

    13. Teatro luogo di spettacolo, teatro luogo di scienza

    14. Il teatro elisabettiano, la performance e l’anatomia

    15. Il Giulio Cesare di Shakespeare: la dissezione del corpo è dissezione d’anima

    16. L’idea del teatro utile anche alla cultura scientifica

    17. Il fascino oscuro dell’anatomia e la nascita della patologia

    18. La sifilide o morbo gallico, le autopsie, e i medici dello Studio di Padova

    19. Gabriele Falloppio e la prima descrizione del linteolum imbutum medicamento: il profilattico

    20. L’anatomia patologica e Sua Maestà Anatomica

    21. Ultimo capitolo: in lode alla dissezione

    Ringraziamenti

    Bibliografia essenziale

    Sitografia

    INTRODUZIONE

    Qual è la Padova che nessuno conosce?

    Questo quinto volume dedicato alla mia città è stata una grande sfida. Difficile per chi la ama non imparare a conoscerne i luoghi meno turistici, le storie poco note, le leggende dal sapore antico, i segreti del suo passato. Dopo aver dedicato molto lavoro a scoprirne appunto misteri, segreti, stranezze, e curiosità, con questo libro ho provato a raccontare Padova attraverso un ruolo che ha avuto nel passato e che oggi non ha più. Quello di essere stata un Centro. Centro culturale, centro scientifico, centro d’intellettuali. Questa è la Padova che ritroverete in queste pagine, una città centrale. Quando?

    Fra xiii e xiv secolo Padova era al centro della produzione letteraria: uno dei capolavori del Medioevo è opera di un padovano, Rolandino, che ha rivoluzionato la maniera di raccontare la cronaca, in quel tempo di lotta fra il Comune patavino, che difendeva la sua libertà, contro l’invasione del potente, forte e determinato Ezzelino iii da Romano. La sua Cronica del 1262 diviene un nuovo modo di raccontare la Storia, la più completa testimonianza sul Veneto del Duecento, e fa scuola. Anni in cui nelle corti delle Signorie la poesia prende forma, attraverso i trovatori della langue d’oc, e la lingua francese s’integra con quella veneta, creando qualcosa di nuovo. Anni in cui a Padova si forma, nel Trecento, un circolo d’intellettuali del tutto particolare, che contribuisce a quello che sarà definito il Preumanesimo, fra i quali Lovato de’ Lovati e Marsilio da Padova, che pone le basi dello Stato laico moderno. E in questo clima è di nuovo un notaio, come Rolandino, a mettersi in luce, Albertino Mussato, che in città viene coronato poeta. Ed ecco di nuovo un libro, una tragedia in latino, che ancora oggi, i padovani dovrebbero conoscere, l’Ecerinis, del 1315, e, guarda caso, a esserne protagonista è sempre lui: Ezzelino, che in quest’opera diventa figlio del demonio. Tale è la fama che l’opera raggiunge, che sembra addirittura spingere il Sommo Poeta, Dante Alighieri, mentre si trova a Verona, a inserire nel Paradiso della Divina Commedia, la sorella di da Romano, Cunizza, per cercare di risollevare l’immagine della famiglia dei da Romano.

    Fra xiv e xvi secolo Padova era al centro di un nuovo modo di divertirsi fra arte e spettacolo, danza e musica. Nella corte dei Carraresi, i signori di Padova, si sviluppa come non mai l’arte e il mecenatismo. Grazie a loro, e a una cerchia di altre famiglie signorili, molti artisti trovano in città la giusta valorizzazione, creando quei capolavori che oggi, partendo da quello più grande, e che è stato d’ispirazione per tutti, la Cappella degli Scrovegni di Giotto, formano il ciclo pittorico del Trecento, cosiddetto Padova Urbs Picta, che è candidato, in questo 2020, a patrimonio dell’Unesco. Ecco, in quest’atmosfera, fra Guariento, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero da Zevio, e prima che vi arrivi anche Donatello e che vi operi Mantegna, a fine Trecento, quando in città era già passato anche Francesco Petrarca, è presente Cennino Cennini, pittore fiorentino, anch’egli giunto alla corte dei Carraresi. E a Padova, Cennini compone il primo trattato sulla pittura. Eh sì, un altro libro, il primo che descrive in maniera operativa tutti i metodi fino ad allora conosciuti per dipingere, Il Libro dell’Arte, che anticipa il concetto che l’arte acquisirà nel Rinascimento. È in questo periodo che s’impara anche a divertirsi a corte, a ballare, con una danza che conquista letteralmente le corti europee e lo farà per secoli, a partire dal Rinascimento. Si tratta della danza pavana, la danza alla maniera padovana. Altro primato tutto patavino.

    Dal xvi secolo Padova diviene fulcro della rivoluzione scientifica e medica, e, con orgoglio ci si potrebbe spingere a dire che, in questo campo, probabilmente, la sua eccellenza ancora oggi spicca. A partire dalla definizione di teatro anatomico, che dobbiamo al medico Alessandro Benedetti, Padova si fa centro del mondo, grazie allo studio pratico dell’anatomia. È nella città patavina che prende forma una nuova idea di scienza, un nuovo metodo, che fonda tutto sull’osservazione reale del corpo, per mezzo della dissezione dei cadaveri. Benedetti, che sarà anche fra i primi a descrivere gli effetti della sifilide, con la sua idea di teatro, dell’esame post mortem, prima della creazione del teatro anatomico permanente di Girolamo Fabrici d’Acquapendente, influenzando l’arrivo a Padova di Vesalio, contribuisce a trattare la chirurgia nella giusta ottica.

    È in questo periodo che prendono forma i disegni anatomici degli artisti che hanno cambiato il mondo, Leonardo e Michelangelo. E chi avevano accanto per migliorare il loro lavoro, per capire di più del corpo umano? Gli anatomisti della scuola patavina. Il giovane Marcantonio della Torre conquista Leonardo, mentre Realdo Colombo, che succede alla cattedra di Vesalio a Padova, collabora con Michelangelo. Fra il ruolo chiave del bidello negli Studi universitari fin dal Medioevo, e la storia dell’entrata della Medicina tra le materie d’insegnamento, è l’idea del teatro come contesto di pratiche performative, anche in campo scientifico, che restituisce una dimensione di cultura umanistica e rinascimentale più complessa. E, infatti, non è un caso che, nella stessa area geografica, a differenza di dieci anni, s’inaugurino il primo teatro coperto al mondo, il Teatro Olimpico di Vicenza, e il primo teatro anatomico permanente al mondo, a Padova. Il fascino oscuro dell’anatomia, la dissezione, la nascita della patologia, gli studi del cosiddetto mal gallico, e i suoi rimedi, fra cui il profilattico, descritto per la prima volta da un medico della scuola patavina, Gabriele Falloppio, l’anatomia patologica di Giovanni Battista Morgagni sono punti fondamentali nel percorso, lungo secoli, della medicina patavina. Un percorso, un viaggio, tutto costellato da una serie di libri, quelli scritti da questi grandi medici, spesso anatomisti, da Anatomice di Benedetti a De Humani Corporis Fabrica di Vesalio, al De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis di Morgagni, che sono opere che a Padova hanno preso forma, e da Padova hanno cambiato il mondo.

    A questi libri, a questi intellettuali, alla storia incredibile di questa città è dedicato questo volume, poiché come scriveva Benedetti:

    In teatro vediamo le cose come sono, le apriamo per osservarle da vicino, in modo che ci si squaderni sotto gli occhi l’opera della natura come fosse viva. Del resto la scrittura è somigliantissima alla pittura, che spesso risveglia la memoria dall’indifferenza e scuote le tenebre dall’animo.¹

    1 A. Benedetti, Historia corporis humani sive Anatomice, introduzione, traduzione e cura di G. Ferrari, Giunti Gruppo Editoriale, 1998, Firenze, p. 351.

    Prima Parte

    I. Padova al centro

    della produzione letteraria... fra il xiii

    e il xiv secolo

    La Storia si narra in maniera nuova

    La Poesia prende forma

    I circoli d’intellettuali fanno scuola

    Nasce il Preumanesimo

    tutto sotto il segno

    di Ezzelino iii da Romano

    Ricostruzione della casa di Ezzelino in un’incisione ottocentesca.

    1

    1. ROLANDINO DA PADOVA,

    IL DUECENTO DI EZZELINO iii...

    DA ROMANO E IL PREUMANESIMO PATAVINO

    1.

    Ripensando alle parole di Orazio:

    È già qualcosa avanzare un poco, se non si può oltre,

    benché mi senta indegno, tuttavia non cesserò di ringraziare Dio, che per sua ineffabile misericordia si è degnato di concedermi non solo di avanzare un poco, ma, ecco, di arrivare alla fine del mio lavoro, ossia al porto, secondo l’intento del mio animo. Raccomando pertanto la presente opera e me stesso a tutti i lettori; e li prego nella loro onestà a non guardare tanto alla vicenda modesta e moderna quanto al sentimento e all’animo di chi ha operato. Prego anche i copisti di non guastare con errori di copiatura quanto è stato portato a termine con scrupoloso studio e vigile cura. Se poi qualcuno sarà preso, com’è naturale, dalla curiosità di conoscere non dico l’autore, ma il semplice compilatore di quest’opera, raccolga gli inizi dei dodici libri, cioè le dodici sillabe iniziali, e le unisca insieme, e verrà a capo del suo proposito, con l’aiuto di Dio,

    A cui sia lode e onore e somma gloria per sempre. Amen.²

    Si chiude in questo modo uno dei capolavori letterari del Medioevo, un reportage vero e proprio, di parte, ma legato ai fatti, di un periodo storico del tutto particolare, in cui l’idea del Comune stesso viene sconfitta e messa da parte dalla furia, dall’astuzia, dall’arguzia e dal coraggio di colui che sarà ricordato da lì e per sempre come uno dei primi tiranni, il più famoso, il più conosciuto, il più odiato, il più carismatico: Ezzelino iii da Romano. A raccontarne le vicende, la cronaca, a soli due anni dalla morte del guerriero, l’autore di uno dei testi riferimento del Duecento, oggi riconosciuto più che mai un capolavoro. Per scoprire chi è, basta seguire le sue tracce, le tracce del suo enigma, e si verrà a capo circa l’identità dell’autore, proprio come sottolineava lui. Raccogliendo le prime sillabe dei dodici libri, che compongono l’opera, ci si ritroverà a stilare la frase: Cro-ni-ca Ro-lan-di-ni da-ta Pa-du-e. Rolandino dunque l’autore, eccone svelato il nome, da Padova, e, in questa nota finale alla sua Cronica, ci racconta anche un po’ di sé stesso, qualcosa del suo carattere, basti pensare alla raccomandazione che lascia scritta agli amanuensi. Egli che lavora con grande cura, lascia scritto, seppur ricordandolo benevolmente, che quest’aspetto del suo lavoro sia preservato anche dai copisti; è preciso, dunque, questo Rolandino, e affidabile, del resto lo richiedevano le sue due professioni. Sì, i due mestieri di Magister Rolandino Notarius, come amava definirsi. Personalità di notevole spicco nella Padova del Duecento, Rolandino (1200-1276) insegnava in quello Studio che da poco si era formato da un nucleo di studenti e docenti, staccatosi dallo Studio di Bologna (1222), ed era anche un notaio. La sua opera, Cronica, entrò in circolazione solo dopo essere stata letta pubblicamente e approvata. La pubblica lettura avvenne il 13 aprile 1262, nel chiostro di Sant’Urbano, davanti ai maestri e agli studenti dell’ateneo patavino – l’università aveva da poco ripreso le sue attività, sospese nel corso della dominazione di Padova da parte del tiranno – e veniva fatta, anche se l’opera era già fra le mani dei lettori, per conferire al testo maggiore autorevolezza e prestigio. Non a caso infatti la notizia di lettura pubblica venne aggiunta, con l’elenco di vescovi cittadini e uno di podestà padovani presenti, in una breve appendice al testo stesso, che nei codici accompagnava la Cronica.

    2. La Cronica, uno dei capolavori letterari del Medioevo

    Accanto alle più note Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi dello scrittore e politico fiorentino Dino Compagni (1246/1247-1324)³ e Cronica. Vita di Cola di Rienzo, attribuita per lungo tempo a un Anonimo Romano, solo di recente identificato nella persona di Bartolomeo di Iacovo da Valmontone (?-1357/1358)⁴, la Cronica di Rolandino è di fatto la più completa testimonianza sul Veneto del Duecento, sulle sue lotte politiche, sui fatti di sangue, ma anche sulla vita, il modo di operare del Comune, e pure, su quel che si diceva in giro, ossia sui pettegolezzi del tempo. Pare che lo stesso Dante, che degli Ezzelini s’occupò nella sua Divina Commedia, ebbe, fra le sue fonti, l’opera del notaio: un grande testo di riferimento, dunque, uno dei tre capolavori della storiografia italiana medioevale, di cui scriveva il grande filologo Gerhard Johannes Voss (1577-1694), nel 1651, ripreso poi dallo storico Ludovico Antonio Muratori (1672-1750), come di un testo imprescindibile, in particolare per alcuni cittadini: seppur secondo lui meritasse la lettura da parte di tutti, doveva di sicuro essere letto soprattutto dai Padovani «che in nessun altro autore se non in questo loro concittadino possono trovare con più sicurezza le antiche gesta della loro floridissima città, le antiche famiglie, gli uomini illustri, i costumi e le usanze della città e della regione»⁵. Un’epica in cui le gesta di Ezzelino iii, dalla nascita alla sua morte e fine della tirannia, sono narrate da un testimone del tempo, Rolandino appunto, i cui rapporti, peraltro, con il despota non sono del tutto chiari; di sicuro non doveva essergli avverso, considerato che scampò a forche, roghi, torture, che altri padovani conobbero nel tempo della sua conquista molto bene, e che, a lungo, gli sopravvisse tanto da raccoglierne la vita in un’opera. Scritta in un ottimo latino, la Cronica si configura a metà fra storia e letteratura, divisa in dodici libri, su modello dell’Eneide di Virgilio; i libri sono, a loro volta, suddivisi in numerosi capitoli, ognuno con una specifica rubrica in modo da renderne agevole la consultazione, e per permettere, allo stesso scrittore, di fare possibili rimandi interni al testo. Essendo la versione dei fatti di Rolandino, si tratta comunque di un libro politico, di parte, oggi lo definiremmo fazioso, ma, insieme a questo, è l’opera che consegna alla storia la figura nera di Ezzelino, quella che più di altre lo rende immortale, proprio accentuandone l’immagine di crudele tiranno, di anticristo, di Satana, in grado di compiere ogni male per raggiungere il suo scopo. È, dunque, il notaio padovano il padre della leggenda nera di Ezzelino. Non a caso tralasciò di sottolineare nelle vicende narrate la prosperità economica che da Romano riuscì a portare nella Padova conquistata, o, ancora, quanto i metodi divenuti famosi come ezzeliniani non si discostassero granché da quelli utilizzati dalla nobiltà veneta; ma la grandezza di Rolandino è stata, in fondo, proprio far passare la sua lettura guelfa come la lettura di quel particolare momento storico. Grazie all’energia della sua cronaca, alla capacità d’argomentare, alla forza della sua retorica, la sua narrazione è divenuta la Storia di quel tempo. Del resto, il suo talento narrativo era fortemente legato alla sua formazione; aveva, infatti, studiato retorica all’Università di Bologna, non diritto come la maggior parte dei suoi colleghi notai, e sempre retorica e pure grammatica insegnò nello Studio patavino. E fu, soprattutto, uomo delle istituzioni comunali, per molto tempo, in grado di cogliere il momento, di capire come muoversi al cambiamento del vento della politica. E, pertanto, pur essendo stato fra gli animatori della resistenza di Padova alle truppe di Ezzelino, quando da Romano entrò in città, il 25 febbraio 1237, da scafato stratega, Rolandino non gli si oppose, ma si mise al suo servizio, poiché comprese subito che era meglio continuare ad avere un posto di potere, piuttosto che venir esiliato dalla città, o peggio venir ucciso. Ruolo che riuscì a mantenere fino al momento in cui Patavium ritornò libera. Un politico in grado di muoversi in quei momenti di passaggio nell’amministrazione di una città, in cui è assai difficile non finire stritolato dagli eventi. Abile a districarsi in un ambiente anche ostile, con forti valori, ma insieme pronto al compromesso, almeno fino a quando i tempi non sarebbero tornati a favore del suo credo, Rolandino fu colui che espresse di fatto il punto di vista del Comune, il suo spirito, e non solo del Comune padovano, ma di quella idea d’organizzazione del territorio, un’idea di civiltà, di libertà, di valori, di speranze, che l’arrivo di Ezzelino iii mise a ferro e fuoco. L’organica rievocazione storica cui Rolandino dà vita, incentrata sul tragico conflitto fra libertà e tirannide, viene dal notaio padovano narrata nella sua Cronica, partendo, almeno lui ne scrive in questi termini, dall’aggiornamento nel tempo di appunti paterni a lui consegnati già nel 1223, quando aveva appena concluso gli studi a Bologna sotto l’amorevole magistero di Boncompagno da Signa (1170-1250), professore di grammatica e retorica, considerato il principe dei dettatori. Ma la sua narrazione, forte e organica, rompe dal di dentro la tradizione dei cosiddetti annali. Gli Annales Patavini e il Liber Regiminum Padue finirono per essere redazioni anonime di un canovaccio di storia cittadina, in cui si susseguivano articolati elenchi dei podestà locali, moduli di registrazione dei massimi magistrati cittadini; quando, invece, la Cronica di Rolandino si fa analisi di un sistema politico, in qualche modo, raccogliendo quanto avvenuto in un tempo che va dal 1200 al 1260, rievocando fatti passati per chiudere un’epoca storica, per farne un bilancio; del resto, quanto avvenne nella Marca trevigiana, a Padova, non riguardava solo la gens paduana, ma aveva una portata molto più ampia, incideva su un concetto di patria. I Comuni, riferimenti sociopolitici, territoriali, linguistici, tenevano insieme un sottosistema più ampio, ma coerente, un sottosistema regionale nell’Italia comunale. A esso l’ondata di dominazione ezzeliniana sostituirà una precoce e singolare forma di dominazione regionale che fu la signoria di Ezzelino iii, nel Nord dell’Italia, durata per ben vent’anni, dal 1236 (nel 1237 conquistò Padova) al 1256, affermandosi prima all’interno di un clima di contrasto tra le forze territoriali, poi trionfando dietro peraltro l’etichetta dell’impero, che, per la verità, era assai fragile, e che Ezzelino seppe consolidare; infine, degenerando in crudeltà e ingiustizie, finendo così per logorarsi.

    Ezzelino da Romano in un’incisione cinquecentesca.

    3. Un ammonimento contro la Tirannia

    Un esempio, quello che narra Rolandino, forse il primo, di storia contemporanea ai tempi dell’Italia comunale, una tragedia in prosa in cui al centro della narrazione non vi sono più gli esempi del passato, non ci sono i troiani, i romani, ma il notaio disquisisce sul suo oggi, dedicandosi a sessant’anni, all’interno di una storia universale, di un territorio specifico, tanto che nelle sue conclusioni sottolinea appunto trattarsi di una «vicenda modesta e moderna», in quanto collocata in maniera precisa in una determinata area; ma, nel far questo,

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