A bordo di un arcobaleno
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Anteprima del libro
A bordo di un arcobaleno - Viviana Fornaro Brambilla
autobiografico.
Prefazione
a cura di Edoardo Raspelli
Sarà anche perché i già pochi Raspelli in Italia non pare avranno molti eredi con lo stesso cognome, sarà perché i miei due figli ed il loro cuginetto, tutti e tre ormai quarantenni, non mi sembra abbiano molta voglia di moltiplicarsi, sarà perché mi manca parecchio il fatto di essere chiamato zio da un bimbo del mio stesso cognome o, ma sì, anche se il tempo passa, nonno… sta di fatto che i piccoli mi fanno tenerezza, mi incuriosiscono.
Quando sono in giro con mia moglie e vediamo un piccolino od una piccolina, i miei occhi parlano, mia moglie mi capisce subito e mi rampogna, anche pensando alla sua fatica di mamma (come tutte le mamme) nel tirar su due bambini a 28 anni: Già, fa’ il tenero, ma se avessi dei nipotini, come faresti con il tuo lavoro? Sei sempre a scrivere; non sei mai a casa; sei sempre in giro…
.
Le risposi: Pianto tutto e mi dedico alla mia nipotina, al mio nipotino
.
Già, i bimbi, la nostra discendenza, la nostra immortalità, il nostro perpetuarci di generazione in generazione; un testimone
, una fiaccola
che l’UMANO passa di mano in mano.
E che genialità, che doti straordinarie hanno questi bimbi, certe bimbe. E guardate Lucrezia, la prima protagonista di queste pagine, quella bimba pacioccona, dagli occhi grandi ed intensi, con quelle sue manine a coccolare i piccoli piedi scaldati da calzine ricamate.
Un bimba assolutamente fuori dal comune. Ovviamente fuori dal comune è anche il periodo che stiamo vivendo: il 2020 che se ne è andato ed il 2021 che stiamo attraversando, per l’Italia ed il mondo ha voluto dire un’esperienza davvero fuori dal comune per drammaticità.
Lucrezia, però, non si è persa d’animo, anche se è veramente molto piccola. Ha lasciato la pancia della mamma, si è fatta coccolare in sala parto dal personale sanitario e subito dopo dai suoi genitori ed ha aperto gli occhioni su quello che stava capitando: l’abbraccio tra Viviana e Fabrizio, la loro gioia, i sorrisi dei nonni e poi, tutte quelle mascherine, bianche, azzurre, nere, multicolori che fino ad allora, per nove mesi e qualche giorno, non aveva mai visto, ovviamente.
E poi racconta la sua vita, in casa e fuori con prudenza: i suoi piccoli amici (i pesciolini nell’acquario), le pappe, i dialoghi con altri poppanti, gli immancabili sogni. Termine a lei carissimo.
Il sogno di Lucrezia, in verità, ve ne sarete accorti leggendo queste righe una dopo l’altra, ovviamente è il racconto, scritto, della mamma, Viviana Fornaro che ha avuto l’idea di condividere con tutti noi la vita, i dubbi, le ansie, le curiosità, i comportamenti che questa infezione mondiale ha messo in lei, neo mamma, ed in tutti.
Il racconto della pandemia, scritto
dalla sua bimba è la sorpresa inaspettata di questa giovane donna, da sempre piena di entusiasmo, di voglia di fare, di conoscere, anche di affrontare senza timore nuove esperienze.
L’ho vista con il sorriso sulle labbra vendere golosità prelibate in una celebre lunghissima catena della grande distribuzione, l’ho vista presentare al mio fianco con attenta determinazione i grandi vini dell’Oltrepò Pavese, l’ho vista scrivere con caparbietà su giornali familiari come Ora e DiPiù o testate come Logos, da quasi un decennio e l’ho vista portare a casa l’ambito tesserino di giornalista pubblicista.
Ora si è trasformata in amorevole raccontatrice di una dolce fiaba da bimba.
Una buona lettura
Edoardo Raspelli
Introduzione
Chi sono e da dove vengo. Buongiorno a chi mi legge e un benvenuto a chi lo farà! Mi chiamo Viviana Fornaro, ho vent’anni (più otto) e vivo a Sedriano, un comune alle porte di Milano. Il mio nome, di origine francese, significa piena di vita ed energia, innamorata dell’esistenza
, e io ne confermo la derivazione. Il cognome, invece, arriva dal sud Italia, più precisamente dalla calda terra partenopea, infuocata dal Vesuvio e, nell’altra metà dei miei geni, scorrono arancini e cannoli siciliani! Bene, avrete capito che sono anche una buongustaia: una volta, intervistando una penna nazionale, appresi quanto fosse fondamentale mangiare insieme ad una persona per conoscerla senza filtri e, forse, dall’inforcatura, avreste capito più cose di me. Mi piace definirmi abbondante
: nelle portate, e avete intuito il motivo, nelle relazioni amicali, in cui ci si confronta e si rigenera un’empatia nuova ogni volta, nella routine in cui do me stessa e cerco di prendere spunto da chi ne sa di più, facendo come i bambini con i loro perché? Come mai? Ah davvero?
, spaziando così il mio ventaglio di conoscenze. E proprio verso quest’ultima categoria, ho un debole: da qualche mese ne ho una tutta mia e si chiama Lucrezia. La nostra piccola, ha permesso il concepimento del fratellino di carta e la stesura della biografia. Un giorno, sarà mia figlia a leggerlo e dire la sua, dove io prenderò nota sulle correzioni, cogliendone lo stupore nei suoi occhi azzurri, come il papà. Non vedo l’ora! Lei è il nostro arcobaleno, venuto dopo un giallo sbiadito e ora un verde speranza, con i suoi capelli neri e il viso chiaro, dove in ospedale la chiamavano Biancaneve, capace di interagire con noi sin dai primi giorni di vita, dove allungava le manine verso le facce dei suoi genitori e noi, come d’incanto, venivamo cullati. E’ incredibile quanto uno scricciolo di neanche mezzo metro, possa stravolgere le tue abitudini: all’inizio sembravamo un caseificio, dove il suo latte, veniva munto ogni tre ore e prontamente imbottigliato in frigo. Che team, Brambilla! Colgo l’occasione per rivolgere un grazie abbondante a mio marito, abbagliato dal tanto amore per la famiglia appena nata. Lui, è la mia fonte d’ispirazione, trovata per caso una sera d’inverno, su Facebook, tra le varie richieste d’amicizia: il mouse acconsentì solo il suo nome, forse per fiducia o per destino, dove un elimina
o un accetta
, a volte, possono scrivere il tuo futuro. Un destino che tifava per noi, come la più focosa delle tribune, dove l’arbitro che ha dato via al nostro incontro virtuale, porta il nome di Mark Zuckerberg. Anche all’inventore del social più conosciuto al mondo, dico grazie per aver permesso ciò
. Oh, una notifica! ‘A Mark piace il tuo post’. E oggi, a quasi tre anni dalla nostra relazione, abbiamo una fede al dito e la carica più considerevole che esiste: genitori di una bambina. Un altro grazie va a lassù, da dove le scorte di preghiere non si esauriscono mai, ma al contrario, esaudiscono.
Anche un libro ha i suoi punti di forza
I punti di forza del libro, rispecchiano le risorse innate che ognuno di noi ha. Lucrezia mi chiama, sarò da voi non appena possibile. Cambio pannolino, fatto! Dicevo, il libro s’impegna a trasmettere una serie di espedienti di sopravvivenza, durante un lungo lockdown
. Io sottoscritta, garantisco che non troverete retoriche riferite al virus e annessi
, dichiaro bonariamente per riprendere le fila del non prendersi troppo sul serio!
. Un periodo memorabile questo, che i nostri successori avranno modo di studiare sui libri di storia. Merita, oltremodo, di essere notificato anche dalla propria esperienza personale, diventando un prezioso scrigno dei ricordi. Un portento esclusivo, che si presta alla lettura di grandi e piccini, visto che in questa storia, la nostra, sarò affiancata da una piccola protagonista col ciuccio e pannolino. Mai avrei pensato che la mia prima gravidanza, si sarebbe svolta in un frangente simile, nella giungla del negativo e positivo. Il libro ne riporta fatti rocamboleschi e fatiscenti, dando il via libera ai ricordi più significativi, nessuno escluso. Ovviamente, Lucrezia una sua idea se l’è fatta: questi mattacchioni coperti in volto, non me la raccontano giusta, però in fin dei conti, basta che ho la mia dose giornaliera di latte e coccole e sto bene!
. E lei, tra qualche anno, quando avrà sviluppato più materia grigia, verrà a conoscenza dei sacrifici che ognuno di noi ha fatto, come un puzzle che si completa grazie a tanti pezzetti. Le restrizioni e la reclusione casalinga, le saranno amiche poiché proprio da esse, per un periodo, ci saremmo salvaguardati dal mondo infetto. L’autobiografia, raccomanda la certezza di aggrapparsi, come se fosse l’ultima àncora sulla faccia della terra, all’ essenziale: un abbraccio col proprio marito, il bacio della buonanotte ai figli, una chiamata agli amici, un cordiale vicinato e un sorriso da indossare sempre, malgrado le amarezze. Perché alla fine la vita è come un grande arcobaleno, dove ciascun colore corrisponde al suo periodo.
Concepito a seguito di una necessità, strettamente legata alla mia più grande passione, la scrittura, il racconto autobiografico, riporta il nostro quotidiano ai tempi della pandemia. Inoltre, ci saranno rimandi al passato, insieme alle persone ricordate pocanzi, tratti anch’essi da fatti realmente accaduti, con nomi e cose immutati. Per smorzare i toni di qualche pagina nera
, non mancano contenuti divertenti, bizzarri e talvolta tragicomici! Un bagaglio a quattro mani (le altre sono della mia neonata), di ciò che mi ha insegnato la vita, unitamente alla scuola sui banchi. Non prendersi troppo sul serio
, è da sempre il mio mantra, se no si corre il rischio di perdersi le cose belle e spensierate, spesso nascoste dietro alle fragilità. E così, da un semplice stage, la rinominata gavetta
in età adolescenziale, in una sede giornalistica, la mia passione si è convertita in lavoro, anche se per la verità, non l’ho mai sentito tale, proprio perché il raccontare e riportare storie all’alba o la sera tardi, non mi è mai stato di peso. È un onore
, ripetevo a chi mi ringraziava a seguito di un comizio o ad una intervista esclusiva: per me era un dono trascrivere dal blocco scarabocchiato da penne che iniziavano blu e finivano anche verdi (quando le chiacchiere si facevano lunghe), a computer, le parole che sentivo, rimanendo sempre imparziale. E oggi, dopo ben dieci anni di gavetta
, giacché non si finisce mai di imparare, e sei (il giorno prima del mio compleanno, 15 febbraio 2015), dall’iscrizione all’Albo dei Giornalisti Pubblicisti, opto per raccontare un po’ di me, di quella ragazza che finora ha promosso plichi di fatti e inchieste, delle vite altrui e che ora per la prima volta, intervista se stessa. Una cosa nelle mie corde, è vivere di obiettivi
: finora, ho sempre cercato, riuscendoci, a remare verso la direzione da me favorita, anche se questa poteva comportare non