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La ciotola del cane
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E-book250 pagine3 ore

La ciotola del cane

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Info su questo ebook

La ciotola del cane è un romanzo di introspezione che cerca di affrontare il rapporto tra uomo e donna dal punto di vista del protagonista.Il romanzo lascia spazio ai ricordi della vita passata ed esplora il presente immergendosi nella descrizione di un rapporto travagliato.Tutto ha inizio in un’isola caraibica, dove il protagonista, in fuga da un presente pesante, matura la decisione di raccontarsi come uomo e come compagno nelle storie di sentimenti con il mondo femminile. L’esistenza, con le sue difficoltà, non lo distoglie dal vivere fino in fondo ogni rapporto personale con il mondo che lo circonda. Sicuramente sognatore valuta l’amore un aspetto fondamentale della vita tanto da identificarlo alla fine del libro “come l’acqua per la vita.”.
LinguaItaliano
Data di uscita13 gen 2021
ISBN9791220313834
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    Anteprima del libro

    La ciotola del cane - Alberto Albani

    pratica.

    CAPITOLO UNO

    Ero partito da Milano alla volta dei Caraibi perché dovevo mettere un po’ di chilometri fra me e tutto quello che mi era caduto addosso, dovevo rilassarmi per non prendere alcuna decisione affrettata. Ho acquistato di tutta fretta un biglietto e sono atterrato a Santo Domingo, meta Las Terrenas nella penisola di Samanà. La speranza era quella di rilassarmi e riuscire a capire che cosa avrei potuto fare della mia vita. Quanti errori fatti per decisioni affrettate, questa volta non sarebbe stato così.

    Dopo una vita a tratti turbolenta e stressata ero riuscito a farmi strada nel mio lavoro; imprenditore edile avevo seguito le orme paterne e, con una mia società organizzavo operazioni immobiliari acquistando terreni, progettando, appaltando i lavori a imprese di costruzioni e strutturando la commercializzazione dei mie immobili. In un momento critico di lavoro avevo costituito una società con l’ing. Brugnatelli che voleva operare con me. Un uomo gentile, di circa sette otto anni più anziano che entrava in società con un bel terreno edificabile e la possibilità di presentare i progetti firmati alle competenti autorità, vista la sua qualifica. Io progettavo in prima persona, ed era la cosa che mi gratificava di più del mio lavoro. Non avevo però ultimato i miei studi di ingegneria per cui ero costretto, una volta sviluppati i disegni della nuova lottizzazione, con cura particolare nel scegliere quella che sarebbe stata la nuova architettura e l’organizzazione degli interni, a passare il tutto al professionista di turno, ingegnere o architetto che fosse. Affinché tutto, messo in bella copia, fosse presentato alle amministrazioni competenti.

    Sig. Perotti visto che si sta inserendo nella nostra comunità in modo prorompente, rivoluzionando il tessuto cittadino con le nuove costruzioni, le interesserebbe entrare a far parte dei Lions? Era il mio nuovo socio che si dimostrava sempre presente in ogni occasione.

    Grazie ingegnere, ne parlo con mia moglie e ci farò un pensiero, le saprò dire. E ancora grazie per avermelo proposto.

    Sig. Perotti mi spiace per le sue traversie famigliari. Se ritiene, in questo primo periodo che è fuori casa, le posso lasciare un immobile che ho libero, intanto che si organizza. Ormai aveva saputo che uscivo di casa con la reale possibilità di una separazione a breve.

    La ringrazio ingegnere ma mi sono organizzato, non si preoccupi.

    Per alcuni anni il sodalizio procedette di comune accordo e con buona intensità lavorativa. Le lottizzazioni crescevano con palazzine e villette più o meno grandi, con un’architettura sempre originale. Ma nella mia vita le cose belle non sono mai durate a lungo. Ormai separato da qualche anno, avevo, con una figlia adolescente, che nella sua infanzia mi adorava, un rapporto non proprio idilliaco. Senza alcun motivo per me comprensibile si era allontanata. Mi dispiaceva pensare che l’unica causa potesse essere una madre, che ormai mi aveva dichiarato guerra, e che quindi usava ogni mezzo, compreso la figlia, per colpirmi. E questo perché ero stato io a scegliere la separazione, accidenti che ingenuo.

    CAPITOLO DUE

    Ora, praticamente libero di stato, dopo un periodo da single, ho intrapreso una relazione stabile da quasi un anno. Perché la mia separazione non era dovuta al subentro di un’altra relazione, come spesso accade, ma esclusivamente alla presa di coscienza di essere stato accanto a una donna molto lontana da me in ogni senso e che si era annientata nascondendosi in un personaggio creato per accondiscendere al mio modo di essere. Certo una pratica non rara nella nostra società. Anche mia madre mi sono reso conto di averla conosciuta solo dopo la morte di mio padre, anche lei si era nascosta all’ombra del marito, non rispecchiandone valori e idee. Nelle precedenti generazioni forse era un motivo ricorrente, visto che la nostra società era prevalentemente patriarcale, oggi con le possibilità che ci sono di poter organizzare la nostra vita mi sembra assolutamente anacronistico far finta di condividere quello che non hai. Nel periodo che coincise con l’inizio di una relazione più stabile, il mio socio cominciò a comportarsi in modo strano.

    Eravamo ormai a primavera inoltrata, due anni prima della grande crisi economica cominciata negli USA nell’autunno del 2008, e in modo assolutamente inaspettato nella riunione annuale in cui si approva il bilancio dell’esercizio precedente, adducendo scuse squisitamente improbabili, il socio si rifiutò di firmare facendo scivolare il tutto ad una riunione successiva. Questo comportamento era senza dubbio inaspettato e privo di motivi logici. Il bilancio in tutte le sue voci corrispondeva alle nostre aspettative e a quanto preventivamente concordato, ma il suo rifiuto, di fatto metteva in difficoltà me che ero l’amministratore unico della SPA. Senza volermi addentrare in aspetti tecnici, che seguirono quella riunione, ricordo solo che il tutto ci portò a successive riunioni di fronte ai rispettivi avvocati.

    Dott. Perotti quello sta facendo il furbo e con i documenti che è riuscito a produrre lei dovrà cedere e lasciargli una percentuale in più degli utili che gli spetterebbero. Se l’è studiata bene e lei ci rimetterà un po’ di soldi. Così si pronunciò il mio avvocato dopo una riunione di due ore con la parte avversa.

    Avvocato, posso anche mettermi nell’ordine di idee di rimetterci una parte di patrimonio, ma non so se questo gli basterà, mi sembra particolarmente deciso a colpirmi. Non capisco è come se avesse covato rancore nei miei confronti, mi vuol far vedere che lui è meglio di me. Se non mi sembrasse assurdo, che nutre una gelosia nei miei confronti e che vuole in qualche modo farmela pagare.

    Stavo parlando con uno degli avvocati più stimati di Milano.

    Dott. Perotti, mi creda, alla fine quello che vogliono sono i soldi, con quelli in tasca sono tutti più tranquilli e accondiscendenti.

    Un anno e mezzo dopo ero in tribunale a parlare con il curatore fallimentare. Il mio socio era riuscito a bloccare l’attività della società sino a portarla al fallimento. Ovviamente, io, da amministratore unico ero quello che ne avrebbe pagato maggiormente le conseguenze.

    Dott. Perotti, è incredibile! Il suo ex socio è un pazzo, ma chi avrebbe potuto pensare che, con un’attività così florida che doveva consegnare dopo qualche mese 30 ville vendute, lui avrebbe fatto saltare tutto? Un pazzo furioso!

    Poter dire Io l’avevo detto non era una cosa che mi rasserenasse o mi facesse stare meglio. Presa questa solenne bastonata l’unica cosa a cui pensavo era di rifarmi economicamente, visto che avevo lasciato dentro l’azienda quasi tutto il mio capitale, ben più, in quel momento, del mio socio. Se l’era studiata bene a tavolino, mentre io lavoravo. Forse proprio qui sta il vero problema.

    L’ingegnere Brugnatelli, uomo educato, pacato, e dai modi gentili, si era inserito bene nell’attività e aveva parecchie conoscenze nelle amministrazioni, cosa che nel nostro lavoro non guastava. Ma quando si trattava di doversi impegnare in lavori più faticosi, come i computi metrici e la direzione lavori sul cantiere, allora la sua collaborazione cominciava a latitare. Certo, è facilmente intuibile che, se il progetto lo facevo io e lui lo metteva solo in bella copia, diventava sicuramente difficile per lui andare in cantiere e rendersi conto degli errori che i carpentieri potevano effettuare. Io ero già intervenuto alcune volte per rimediare a tali errori.

    D’altra parte io conoscevo il mercato milanese e riuscivo ad immaginare cosa i cittadini cercavano uscendo nell’hinterland, e questo mi faceva essere di sicuro il capo progetto. Cominciai a pensare che, se il lavoro del socio si esauriva con la bella copia dei progetti e non mi permetteva di esimermi dalle discese in cantiere a sostituirlo nel lavoro di direzione, nell’effettuare computi e preventivi per l’appalto, nella progettazione, oltre al resto, forse era giusto che cominciassi a pensare di lavorare nuovamente da solo.

    CAPITOLO TRE

    L’ufficio era a Milano in zona ticinese in via Arena. Era il mio vecchio ufficio mai abbandonato, visto che la clientela di riferimento era sempre quella milanese, ovunque si costruisse.

    Buongiorno Perotti, le dico subito che ha telefonato l’Avvocato Longhi per la causa e aspetta una sua chiamata. La banca per il SAL aspetta che lei si metta d’accordo con il perito, ho il numero. E ha chiamato la Francesca di Gudo dicendo che i materiali che aspettiamo non sono ancora arrivati. Ci richiama appena sa qualche cosa di più. Deve esserci qualche problema col corriere da quanto ho capito. Mi ha mandato una mail il sig. Minniti e poco fa mi ha telefonato un po’ alterato per il guasto che ha il suo WC in mansarda

    Era Melissa, la mia segretaria, che, appena entrato in ufficio trafelato perché ho dovuto fermarmi in cantiere, mi parlava come al solito dei problemi prima ancora che avessi raggiunto la scrivania.

    Melissa fermati. Notizie buone no?

    Si. I tre atti delle villette del lotto B sono stati confermati dallo studio del notaio per venerdì.

    Bene. Non puoi girare alcuni problemi che sono strettamente di cantiere all’Ing.?

    Melissa mi guarda con il suo sguardo compiacente. Erano anni che lavoravamo insieme, una collaboratrice invidiabile.

    Perotti li veda lei.

    Ma dai, telefona allo studio di Brugnatelli spiegagli i problemi e visto che lui è anche il direttore lavori lo metti in contatto con chi di dovere. Compresi Minniti e Grundmaier dell’impresa.

    Melissa mi incalza, siamo in perfetta intesa, e sa che le riconosco molte capacità.

    Perotti, mi dia retta, lo faccia lei, risolva lei il problema di Minniti; altrimenti fra una settimana Minniti ci richiama più arrabbiato che mai perché non è stato risolto niente.

    Cavolo Melissa, ma le cose sono tante! Quante telefonate abbiamo in coda?

    Deve farne una dozzina, ma si tolga il problema di Minniti perché di là lo abbiamo già visto non fanno niente. Sa com’è la gente di paese. Sono più calmi più tranquilli non schizzati come i milanesi che vogliono tutto subito. E la nostra clientela è di milanesi.

    Va bene, faccio una mail a Grundmaier e tu tieni i contatti con Minniti.

    Certo

    Seduto alla scrivania comincio a scrivere a Grundmaier, il responsabile tecnico della Marchisio SPA, una delle più grosse e rinomate imprese di costruzioni di Milano, a cui avevamo affidato i lavori del nostro ultimo cantiere. Il giorno seguente arrivato in ufficio e aperta la posta vedo che Grundmaier aveva già risposto, inaspettatamente, alla mia email.

    Dott. Perotti buonasera, ho parlato con il capo squadra degli idraulici che hanno effettuato i lavori nella palazzina D3 e precisamente nell’unità del sig. Minniti. Mi hanno spiegato che sono al corrente di tutto e che sono già intervenuti. La vaschetta del WC è perfetta, funziona benissimo, il problema lo creano i signori Minniti perché quel bagno lo usano solo saltuariamente e il galleggiante fa in tempo a bloccarsi creando il problema. So che lei saprà parlare con loro e spiegare il motivo del mal funzionamento. La ringrazio gentilmente e le porgo i miei più sinceri saluti. Ing. Grundmaier.

    Ma non è possibile, non ho mai ricevuto una lettera simile e sì che Grundmaier non è uno stupido. Ieri sera doveva essere stanco, o aver già preso due aperitivi!. Mi metto subito alla tastiera per rispondere alla quella insulsa email.

    Buongiorno ing. Grundmaier, ho aperto ora la posta e ho letto la sua celere risposta alla mia missiva e di questo la ringrazio sinceramente. Sarà mia premura contattare i signori Minniti e spiegare loro che il bagno in mansarda dovrà essere usato con frequenza giornaliera. Dovranno valutare di avere un’alimentazione adeguata ricca di fibre in modo da non avere problemi ad evacuare con regolarità tutti i giorni, la stitichezza potrebbe arrecare problemi al water della mansarda. Farò loro presente che nel periodo delle vacanze estive sarà opportuno mettersi d’accordo con una persona di fiducia che sappiano evacui con regolarità e le spieghino di farla nel bagno in mansarda, in modo tale che il galleggiante della vaschetta del WC del suddetto bagno possa mantenere una regolarità di funzionamento che ne impedirà il blocco. La ringrazio vivamente per le dritte datemi e le porgo i migliori saluti. Perotti.

    La risposta non tarda ad arrivare.

    Dott. Perotti buonasera. Non sapevo, non ero a conoscenza di questa sua vena umoristica. Mi ha fatto piacere leggere la sua lettera. Ho provveduto subito a contattare gli idraulici, domani pomeriggio alle 16 saranno a casa del sig. Minniti. Può avvisarlo. La ringrazio, la saluto e a presto. Grundmaier.

    CAPITOLO QUATTRO

    In effetti, cominciai a guardarmi in giro per valutare nuove operazioni pensando al distacco dal socio. Ancora non riesco a capire fino in fondo il motivo di quelle azioni portate avanti dall’ing. Brugnatelli contro di me. Mi ero già reso conto in precedenza che ero riuscito in diverse occasioni a suscitare invidia. Non essendo l’invidia un sentimento che mi appartiene, non capisco come alcuni possano sentirla come un disagio tanto da strumentalizzarla contro i propri simili. Come sempre ci si muove bene su terreni conosciuti.

    Sapevo di fare bene il mio lavoro e mi ripetevo che mi sarei ripreso velocemente, almeno in parte. Comprai subito un nuovo terreno e disegnai velocemente un bellissimo progetto per delle villette. L’unico pensiero era che mi dovevo riprendere rapidamente e allontanare tutta la negatività che mi procurava quanto successo. Avevo investito tutto quello che mi rimaneva nel nuovo progetto. Tre mesi prima l’apertura del cantiere, con il 30% delle ville vendute e tutto impegnato per la nuova avventura, arrivava la notizia del fallimento negli Usa della Lehman Brothers con tutto quello che ne conseguì per il mercato immobiliare anche in Italia. Riuscii a vendere gli immobili ma a prezzi ribassati e salvai una minima parte del capitale. Fu a quel punto che decisi di non decidere niente, volevo solo avere un piccolo momento di pace e mettere un po’ di spazio tra tutto quello che mi era caduto addosso e qualsiasi decisione riguardasse il mio futuro.

    CAPITOLO CINQUE

    Cresciuto in una famiglia agiata, piccolo borghese, avevo dovuto interrompere gli studi per far fronte a una crisi dell’azienda paterna che si sarebbe portata via anche mio padre. Riuscii a liquidare l’azienda senza incappare in un fallimento e, con operazioni di ristrutturazione sui beni immobili di proprietà, riuscii a salvare un patrimonio che permise a mia madre di mantenersi con la rendita e a me di iniziare l’attività imprenditoriale. Nel giro di pochi anni con il mio lavoro riuscii a triplicare il capitale e da lì cominciò la mia ascesa nel mondo dell’edilizia. Non sono riuscito a godermi quanto guadagnato, ma neanche a spendere il frutto del mio lavoro: i soldi così come erano arrivati se ne erano andati senza che io riuscissi a porvi rimedio. Un adagio sentito più volte ma che io toccavo con mano per la seconda volta.

    Arrivavo da una famiglia in cui anche mio padre negli anni cinquanta si era creato una piccola fortuna nel mondo delle costruzioni ed aveva successivamente convertito parte del patrimonio in un’attività di vendita all’ingrosso di materiale idraulico. Col passare degli anni l’azienda diventava sempre più florida, fondamentalmente col disappunto della famiglia a discapito ovviamente delle aspirazioni paterne. Per lui il lavoro era importante e fondamentale, bisognava avere successo, e un’azienda che cresceva era sicuramente sinonimo di successo. Mia madre aveva paura di qualsiasi cosa, per lei diventare sempre più grandi era sinonimo di ansia. A me era un un’attività che non piaceva ed avere il padre che ti vede come colui che proseguirà quanto da lui creato era una cosa che pesava non poco. L’azienda era cresciuta talmente che i 1500 metri quadri di fabbricato non erano più sufficienti, tanto da indurre mio padre all’acquisto di un nuovo stabile da 3000 metri quadri. Io ero molto dispiaciuto di questo sviluppo, l’unica cosa che apprezzavo era il nuovo edificio, che avrei usato per tutt’altro. A me piacevano l’architettura e la progettazione, infondo lo stesso ambiente da cui era arrivato mio padre, e cominciavo ad odiare quell’attività commerciale. Crescendo tentavo timidamente di contrappormi alle aspirazioni paterne e facevo presente che, secondo me, la nuova azienda non rispecchiava le sue caratteristiche di uomo: non lo vedevo commerciante e neanche entusiasta della gestione aziendale.

    Federico, c’è un momento per tutto, oggi non è il momento delle costruzioni. Bisogna valutare l’attività più adatta al periodo che stai vivendo. Anche tua madre non è mai stata entusiasta dell’ARCA, ma negli anni passati ci ha dato un buon reddito e lei non avrebbe mai potuto fare la vita che fa solo coi proventi di quanto investito in immobili.

    Si papà, ma in fondo quello che vendiamo serve per le abitazioni Ribattevo io,

    Non solo, si punta molto anche sull’industriale la risposta di mio padre.

    Certo ma a me sembra di vederti sorridere solo quando prendi una matita in mano, io penso che nel lavoro si dovrebbero seguire le passioni.

    Federico, se è per divertirti, una villa ogni tanto la puoi progettare, o per te o un amico Proseguiva mio padre compiaciuto della sua azienda e di quanto potesse fruttare.

    Non intendevo proprio questo. Era la mia risposta.

    Il trasloco nella nuova sede aveva comportato notevoli cambiamenti nell’ARCA, questo era il nome dato all’azienda. Era stata messa in atto una rivoluzione nel layout, nella logistica e anche nella gestione aziendale con l’avvento di un nuovo capo contabile di cui mio padre tesseva le lodi. Una volta aperta la nuova sede ci fu un periodo iniziale di euforia e ottimi

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