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Quando capita l'amore
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E-book280 pagine4 ore

Quando capita l'amore

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Info su questo ebook

Nina e Michele lavorano nello stesso ufficio e non si sono mai frequentati più di tanto. Ma quando diventano amici e cominciano ad uscire insieme, si accorgono di avere un sacco di cose in comune e di apprezzare la reciproca compagnia. Man mano che il tempo passa il loro rapporto si fa sempre più importante e si rendono conto di essere diventati indispensabili l'uno per l'altra. Esiste l'anima gemella dell'amicizia? Se è così, loro l'hanno trovata. Ma riusciranno a resistere all'attrazione reciproca pur di non rovinare tutto? Nina non ne è così sicura, ma ci penseranno Arianna e Alessandro a guidarla nelle scelte difficili e a consolarla ogni volta che Michele dovrà farsi perdonare. Sullo sfondo di un ufficio, una casa e una palestra, Nina si troverà a dover sopravvivere, divisa tra l'affetto per Michele e l'attrazione per Alessandro.
LinguaItaliano
Data di uscita2 mag 2023
ISBN9791221467291
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    Anteprima del libro

    Quando capita l'amore - Chiara Orlandi

    CAPITOLO UNO

    Quasi tutte le persone che conosco odiano la nebbia. Io invece trovo che dia un senso di pace. Un silenzio ovattato che sa di inverno. Di corpi avvolti nei cappotti e berretti calati sui volti. Per questo, mentre cammino verso l’ufficio, sono stranamente serena. E sia chiaro, non dovrei affatto esserlo. Dovrei avere l’anima a pezzi e l’umore nero; dovrei aver pianto tutte le mie lacrime e avere l’aspetto trasandato e arruffato di chi è stato lasciato dopo una lunga relazione e ora si trova ad affrontare la vita senza punti di riferimento. Il mio compagno di vita mi ha lasciato da più di due settimane e sto ancora aspettando il crollo. Perché ci si aspetta che io crolli, dopo un rapporto di quasi tre anni che si è chiuso in due giorni. Due giorni che mi sono serviti a fare le valigie, mettere nei cartoni tutta la mia roba e trasferirmi altrove. Ho lasciato l’appartamento dove abbiamo convissuto, il divano dove abbiamo passato infinite serate davanti alla tv; lo specchio dove mi sono truccata tutti i giorni. E nonostante tutto questo mi abbia fatto sentire il peso del fallimento e del tempo sprecato, non sto soffrendo come un cane. Non piango, non mi sento sola e disperata, non mi sento delusa e abbandonata. Temo che questo debba farmi ragionare sui sentimenti che ho provato finora. Direi che risulta abbastanza chiaro che non ero innamorata come pensavo di essere, anzi.

    Faccio fatica ad accettarlo perché non sono una brutta persona e non voglio esserlo. Ma quello che mi sale dal cuore, in queste ore, è un senso di crudo e inappropriato sollievo.

    Mentre ragiono sul senso delle mie emozioni, raggiungo il palazzo dove lavoro. È un edificio storico con un portone di legno estremamente pesante, sede dell’agenzia Progetto.net che si occupa di trovare e ristrutturare luoghi dove sorgeranno aziende, uffici e grosse catene di negozi. Lavoro qui da quasi tre anni e oggi inizieremo lo sviluppo di un nuovo progetto, che porterà all’apertura di un grosso centro di mobili e oggettistica per la casa, a Roma. Per questo stamattina, nonostante tutto, mi sono alzata dal letto con il piede giusto. Aspettavamo tutti con ansia che la Stan Home, colosso di arredamento e home design, firmasse finalmente l’incarico e ora si può partire con la fase operativa.

    Entro nella sala caffè dove c’è lo spogliatoio e mi svesto. Passando davanti allo specchio cerco di dare un senso ai miei capelli, schiacciati dal berretto di lana che ho appena tolto. Non riuscendo a sistemare in alcun modo la chioma nera, prendo un elastico e li lego come sempre in una coda disordinata. Ho un viso carino e tratti gentili, per cui mi ritengo fortunata a non dover fare troppi sforzi per apparire decente: il mio sorriso e i miei occhi grandi e castani fanno il loro lavoro. Non sono una donna appariscente o straordinaria, ma se chiedessi in giro, credo che la maggior parte della gente mi definirebbe molto carina, se non addirittura bella. In realtà le doti che mi rendono benvoluta sono altre, e credo che la giusta dose di gentilezza e sarcasmo mi inquadrino come una ragazza semplice ma interessante.

    Raggiungo la mia squadra che è già seduta attorno al tavolo per la riunione di inizio lavori e saluto i miei colleghi. Li osservo uno per uno scorrendo lo sguardo sui loro volti e non posso che ritenermi fortunata. Alla mia sinistra ci sono Marco, il responsabile informatico, Pietro, il capo progetto e Sara, graphic designer. Alla mia destra Federico, geometra e tecnico dei lavori di ristrutturazione e Michele, responsabile amministrativo. Io sono la segretaria del team e svolgo qualsiasi lavoro mi capiti, dalla prenotazione degli hotel per le trasferte alla correzione dei documenti. Questo è il secondo progetto che affrontiamo insieme, il primo è stato breve e abbastanza facile essendo qui a Bologna, ma è servito per conoscerci e trovare un buon metodo di lavoro. Ora posso dire che, anche se non siamo amici storici, abbiamo raggiunto un buon equilibrio. La cartellina con scritto il mio nome, Nina Belfiore, è in cima alla pila, così la prendo e mi siedo al mio posto.

    Pietro, il nostro direttore e capo, entra nella sala riunioni e si rivolge a noi per illustrarci il programma.

    Buongiorno a tutti ragazzi, prende la parola sbottonandosi la giacca e sedendosi sulla poltrona accanto alla finestra.

    Intanto volevo ringraziarvi per essere qui; come sapete mi fido molto di questa squadra, per cui sono orgoglioso di affrontare questa nuova sfida insieme. A partire da domani inizieremo il grosso dei lavori e procederemo contemporaneamente sia sul fronte amministrativo che su quello tecnico.

    Fa una pausa per controllare che tutto lo staff sia presente e attento, poi prosegue.

    Nina e Michele si occuperanno dei permessi edilizi insieme a Federico, mentre io, Marco e Sara inizieremo a buttare giù le bozze della ristrutturazione. Il capannone, come potete vedere dalle cartelline con i progetti, è a Roma, in corso Piave. La struttura esiste già ma non è in condizioni ottimali, sarà compito nostro renderla il luogo perfetto per i nostri clienti.

    Mentre lui parla della sfida che ci aspetta per le prossime settimane, io osservo Federico e Michele. Da quando ho iniziato a lavorare qui, non ho mai potuto fare a meno di studiarli da lontano. So che sono colleghi da molti anni e che si frequentano anche fuori dal lavoro; ho avuto spesso occasione di interagire con loro ma stavolta saremo a stretto contatto per mesi e devo ammettere che sarà un piacere per gli occhi, oltre che professionale. Non sono due fotomodelli da copertina ma Dio gli ha concesso ben più di un aspetto piacevole.

    Finita la riunione ci spostiamo ognuno nel proprio ufficio e seguo con lo sguardo le mani di Michele che raccolgono i fogli sparsi sul tavolo. Ha delle belle mani oltre a tutto il resto, strano che non ci abbia mai fatto caso.

    Sara, vedendomi passare, mi blocca in corridoio e mi obbliga a seguirla davanti al distributore del caffè. Non le piace prenderlo da sola e quindi, ogni volta che ne vuole uno, mi costringe a farle compagnia, approfittandone per fare due chiacchiere. Lei è quella che io e Arianna, la mia migliore amica, definiamo la portinaia. Sa tutto di tutti e nonostante questo non risulta pettegola o maldicente. Semplicemente la gente le racconta la propria vita come se lei fosse una confidente. È capitato anche a me quindi parlo con cognizione di causa. Probabilmente il suo modo di ascoltare e non giudicare porta le persone a fidarsi di lei.

    Seleziona la bevanda dalla tastiera numerica e poi mentre aspetta che la macchinetta faccia il suo dovere, si avvicina a me per parlarmi ad un orecchio.

    Michele si è lasciato con la moglie, esordisce prendendo il caffè e soffiando sul bordo del bicchiere, o meglio, lei lo ha lasciato per un altro uomo.

    Beve un altro sorso e poi prosegue.

    All’inizio pensavo che lui stesse soffrendo molto, ma ora inizio a vederlo più sereno. Mi ha detto che si sta riprendendo dalla delusione e che ha trovato pace. Ora vive in un piccolo appartamento vicino a casa di Federico.

    Wow, deve essere il mese delle rotture amorose, rispondo con sarcasmo, fine di rapporti storici e tristi conseguenze in offerta speciale!.

    Seleziono il mio caffè e Sara scruta il mio viso e poi sbuffa.

    Se non sapessi che nel profondo del tuo cuore stai attraversando emozioni contrastanti, giurerei di vederti sollevata..., mi guarda con sospetto e io alzo le spalle in un segno di rassegnazione.

    Ti sbagli, affermo mentre ci incamminiamo verso le scrivanie, sono molto infelice e tremendamente afflitta.

    So per certo che la mia espressione non la convince più di tanto e per non dover approfondire l’argomento le indirizzo un cenno di saluto e mi siedo nella mia postazione. Il tempo di accendere il pc e aprire l’agenda poi alzo lo sguardo e vedo Michele che mi sorride.

    Oggi è decisamente una bella giornata, giuro che vorrei essere delusa, abbattuta e amareggiata, ma proprio non ci riesco.

    CAPITOLO DUE

    Il lavoro sta procedendo più in fretta del previsto, a distanza di due settimane abbiamo già la maggior parte dei documenti pronti e i disegni tecnici verranno consegnati oggi dalla copisteria che li ha stampati. In ufficio si respira un’aria elettrica perché stasera ci sarà la prima riunione, via Meet, con i responsabili della Stan Home. Riunione che si farà dopo le diciotto, visto che il loro amministratore delegato rientrerà molto tardi da un viaggio di lavoro in Giappone. Per non farci stare tutto il giorno in ufficio, quindi, il grande capo ha deciso di darci il pomeriggio libero, ed io ne approfitto per andare in palestra.

    Il mio rapporto con lo sport è sempre stato conflittuale, sono di natura pigra e devo ringraziare solo il metabolismo che mi ha donato madre natura se, nel corso degli anni, non sono diventata una palla con le braccia e le gambe. Il destino però ha deciso che la mia migliore amica, conosciuta sui banchi delle scuole medie, e mia fedele compagna di banco all’istituto di ragioneria, abbia lasciato perdere bilanci e diritto societario, per aprire una scuola di ballo con palestra e sauna, insieme a suo fratello Alessandro.

    Quando il mio ex fidanzato ha deciso che non aveva più senso stare insieme e mi ha invitato a trovarmi un altro posto dove andare a vivere, Arianna mi ha offerto un posto nella casa in cui abita con suo fratello, cedendomi la sua stanza e trasferendosi in quella dei suoi genitori. Gianni e Nadia, che hanno sempre odiato Bologna e il suo caos, si sono trasferiti in un paese marchigiano in riva al mare dopo la pensione e hanno lasciato a lei ed Alessandro l’appartamento in viale Belvedere. I vantaggi sono innumerevoli, soprattutto quando la mattina per colazione posso gustarmi il sedere di Ale che sfila in un paio di boxer attillati, in direzione del bagno; ma allo stesso tempo, sono stata costretta a scendere a compromessi ed in un momento di debolezza, purtroppo, ho promesso alla mia migliore amica che sarei andata regolarmente in palestra.

    Con lo spirito giusto raggiungo piazza Martiri e apro la porta a vetri che dà sulla reception. Arianna, non appena mi vede, mi viene incontro abbracciandomi e mi chiede di aspettare cinque minuti in modo che possa farsi un giro di attrezzi insieme a me. Dopo esserci cambiate, accendiamo il tapis roulant e iniziamo a camminare a ritmo sostenuto. Mentre cerco di respirare e contemporaneamente non cadere, le racconto del nuovo progetto al lavoro.

    Allora stasera ci sarà la prima riunione? I ragazzi sono pronti? mi chiede mentre controlla il suo battito cardiaco nell’orologio che porta al polso.

    Già, le rispondo ansimando, abbiamo lavorato sodo ma ne è valsa la pena. Il progetto ha già pronta la fase operativa e se la riunione va bene, potremo aprire il cantiere, le spiego mentre provo ad aumentare la velocità. Quando sono sicura di avere abbastanza fiato per parlare, proseguo.

    Trovo che lavorare con Michele e Federico sia stata una fortuna, il mio karma deve aver pensato che, dopo essere stata brutalmente mollata, meritassi una ricompensa, uno stimolo per il mio appetito lavorativo, affermo sarcastica alzando gli occhi verso di lei.

    Lavorativo eh?! ripete Ari Io trovo che uno come Michele stimoli appetiti tutt’altro che lavorativi ridacchia mentre inizia a correre. Ma conoscendoti so che prima di considerare un altro uomo nella tua vita dovrai elaborare il lutto recente, anche se può essere che ci voglia meno tempo del previsto!

    Mi fa l’occhiolino per poi scendere dal tappetto e asciugarsi il viso con l’asciugamano che ha sul collo.

    La seguo verso il primo attrezzo e sistemo i pesi.

    Credo di essere tutt’altro che disperata, affermo pensierosa, questo secondo te fa di me una brutta persona? Dovrei struggermi di malinconia e invece penso solo che la mancanza di sesso a lungo andare renderà la mia pelle più spenta...

    Credo che a questo si possa rimediare facilmente, asserisce poco convinta sedendosi sulla panca. Sa che non sono la ragazza da una botta e via e che quasi tutte le mie esperienze sono state all’interno di una coppia, lunga o breve che sia stata la relazione.

    Magari potresti prestarmi tuo fratello, suggerisco mentre eseguo il programma per i bicipiti, con uno come lui potrei cedere al sesso occasionale, a patto che ci siano molte, molte occasioni! rido guardandola sbuffare e alzare gli occhi al cielo.

    Sa che non farei mai una cosa del genere, ma cristo santo, Alessandro è davvero un pezzo di sesso che cammina e parla. E ha una voce che potrebbe alzare la temperatura globale di altri due gradi.

    La vedo adombrarsi per un momento, come se un pensiero triste l’avesse sfiorata, ma dura solo un attimo e poi il suo solito fare sarcastico torna ad illuminarle il viso.

    Scordatelo, mi sgrida dandomi una pacca sul sedere, Ale è un cretino; è anaffettivo e immaturo, ne farebbe polpette di una come te.

    Con queste parole in testa imbocco lo spogliatoio, poi mi infilo in doccia e ne esco profumata di vaniglia e cocco. Ho una grossa avversione per qualsiasi altro tipo di fragranza e sono stata spesso presa in giro perché profumo come una bancarella di dolci alla fiera. Ma mi piace proprio per questo, se dovessi scegliere cosa essere nella vita, vorrei essere una caramella, di quelle belle fuori e buone dentro, che piacciono a tutti e fanno felici le persone.

    Esco dalla palestra e mi incammino. Arrivata in ufficio trovo Michele e Federico alla loro scrivania. Li guardo e loro mi sorridono gentili, salutando. Federico sembra un orsacchiotto, con il viso tondo e la barba folta; è un ragazzo particolarmente gentile e a suo modo molto disponibile. Michele invece è sempre stato più riservato e ho come l’impressione che nasconda un carattere forte: nelle occasioni in cui abbiamo interagito, mi è sembrato ironico, furbo e anche molto risoluto.

    Rientriamo nella sala comune sedendoci in cerchio. Il capo ci dà gli ultimi consigli e poi parte la riunione che dura più o meno due ore. Appena il volto squadrato dell’amministratore della Stan Home scompare dal monitor, tiriamo tutti un sospiro di sollievo e ci guardiamo l’un l’altro con modo incerto perché, anche se la riunione è andata bene, non abbiamo ottenuto il risultato che ci aspettavamo. Ci sono stati cambiamenti non previsti e parte della pianificazione va rifatta. Pietro ci incoraggia a non abbatterci e poi ci libera tutti con l’intenzione di ritrovarci l’indomani e rimetterci all’opera.

    Appena esce dalla porta vedo Micky e Fede scambiarsi un cenno d’intesa, come se ci fosse un discorso silente tra di loro. Poi Michele ci guarda e annuisce.

    Noi rimaniamo a fare un po’ di straordinari per sistemare le cose, qualcuno se la sente di farci compagnia?

    Dopo un momento di esitazione, decidiamo di continuare a lavorare e ognuno di noi si organizza a suo modo. Sara chiama a casa e così fanno anche Federico e Marco. Io mi limito a mandare un messaggio ad Arianna, avvisandola che ritarderò. Decidiamo di mangiare prima qualcosa vista l’ora, così chiamo la pizzeria all’angolo e ordino le pizze per tutti. Mentre sono al telefono sento la voce di Michele avvicinarsi da dietro e sussurrare piano: Ordina anche sei birre per favore.

    La voce mi esce un po’ balbettante quando eseguo l’ordine perché devo ammettere che è stato un momento stranamente erotico.

    Sara mi segue in bagno mentre vado a rinfrescarmi.

    Cosa ho appena visto?, mi chiede mentre si lava le mani.

    Non saprei, provo a sviare per schivare il discorso. Due colleghi che ordinano la cena?

    A me sembrava che stessi sbavando, ribadisce, Non che te ne farei una colpa, da quando non ha più una moglie Michele è diventato bello, sostiene mentre mi sciacquo a mia volta le mani.

    Guarda che era bello anche prima, le rispondo aprendo la porta del bagno Gli occhi ce li ho sempre avuti, anche se forse non li usavo nel modo giusto mi ricompongo e usciamo dal corridoio dirette agli uffici.

    E poi mi stava solo chiedendo le birre... le dico guardandomi intorno, ci manca solo che qualcuno si accorga che sto parlando di loro.

    Sì ma te lo ha sussurrato in un orecchio, ammicca Sara con modo provocante. La guardo e senza aprire bocca le do ragione. Se al posto di quello mi avesse detto una frase sensuale, probabilmente mi si sarebbero sciolte le mutande.

    Mi sa che hai bisogno di scopare sorella, ride mentre prendiamo posto. Mi volto giusto in tempo per vedere Fede e Micky sogghignare di nascosto, spalancando gli occhi nella nostra direzione. Vorrei sprofondare.

    Dopo due ore, i progetti sono di nuovo in ordine, le nuove idee impostate e io ho il cervello che mi frigge. La birra ha sciolto i miei freni inibitori e sarà che sono a mio agio, sarà che questo lavoro mi piace, ma sono rilassata e appagata. Federico è andato via per primo, ha i bimbi piccoli e voleva salutarli prima che andassero a letto, mentre gli altri se ne sono andati man mano che la loro parte di lavoro finiva. L’ultima è stata Sara, che ha inventato un mal di testa atroce prima di mettersi il cappotto e salutarmi con un sorriso complice. Io e Micky stiamo aggiornando gli ultimi documenti e archiviando quelli vecchi. Quando anche l’ultimo file è salvato, solleviamo lo sguardo dal pc e ci sorridiamo stanchi ma compiaciuti. Sono rimaste le ultime due birre e come per un tacito accordo, Michele prende la prima, la apre e me la porge.

    Allora Nina, raccontami un po’ di te, mi invita mettendosi comodo sulla poltroncina. Ti conosco da un sacco di tempo ma non so nulla di te, ammette gentile.

    Non c’è molto da dire, gli rispondo rilassando la schiena e bevendo un sorso dalla bottiglia, sono appena stata mollata dal fidanzato, vivo con la mia migliore amica e suo fratello, ho un gatto che si chiama Ettore e nove tatuaggi, butto fuori le prime cose che mi capitano perché sono stranamente intimidita.

    Wow, non mi sembra poco da dire, mi incalza, parti dai tatuaggi, perché proprio nove? mi chiede facendo una panoramica del mio corpo; presumo ne stia cercando traccia, ma indosso un maglione di lana a collo alto e sono tutti nascosti. Il suo sguardo ritorna sui miei occhi e io mi rendo conto che dopo tanto tempo ho voglia di raccontare questa storia.

    Non racconto spesso le motivazioni dietro ai disegni, a volte faccio prima a dire che semplicemente mi piacciono, ma in realtà hanno un significato, gli confesso ripensando mentalmente a tutti i momenti in cui li ho fatti; in pratica da quando sono diventata maggiorenne ho deciso di tatuarmi ogni anno un simbolo del periodo appena trascorso. Ho iniziato a diciotto anni con il disegno di un bimbo che dà una pergamena in mano ad un adulto... Mi piaceva pensare che la me adolescente stesse dando il via libera alla me adulta, gli dico indicandomi la scapola sinistra. Da lì in poi ho mescolato momenti frivoli a significati profondi, dalla croce disegnata per la morte di mia nonna, al koala fatto nello stesso punto della caviglia dove lo ha la mia migliore amica, proseguo indicando il punto visibile sotto i jeans.

    E quest’anno hai già scelto cosa farai? mi chiede facendo roteare il liquido dentro la bottiglia che tiene in mano.

    Ancora no, trovo abbastanza deprimente che la rottura di un rapporto faccia da tema principale, gli racconto mentre lui mi guarda con aria comprensiva, spero di avere qualcos’altro da imprimere sulla mia pelle proseguo rassegnata, o magari mi fermerò per un po’ di tempo, del resto dubito di avere posto a sufficienza per i prossimi sessant’anni, ridacchio per alleggerire l’atmosfera.

    Beh, spero di avere occasione di vederli allora, mi dice alzandosi per riordinare, l’arte è arte, indipendentemente da dove si trovi, mi dice mentre i suoi occhi scorrono dall’alto in basso sul mio corpo. La sua voce ha assunto un’intonazione più bassa e roca, o forse è solo colpa della birra. Sta di fatto che la temperatura si è appena alzata di qualche grado e io sento il bisogno urgente di alzarmi in piedi. E scappare. O forse no, ma l’alternativa è saltargli addosso e non mi sembra proprio il caso.

    CAPITOLO TRE

    Sono quasi le dieci di mattina e in casa si sente arrivare il profumo di caffè dalla cucina. È sabato e quindi non ho nessuna intenzione di togliermi il pigiama o di mettere il naso fuori dalla porta. Nonostante ci sia già un bel sole che si intravede dietro le tende, ho voglia di godermi qualche ora senza far nulla e ciondolare per casa sbirciando di tanto in tanto Alessandro che si prepara per i suoi corsi di ballo. La scuola che ha aperto con sua sorella deve a lui gran parte del successo. Arianna si occupa della reception e della parte fitness, ma è lui la vera star. I suoi corsi di salsa, Zumba e bachata, sono pieni di donne urlanti di qualsiasi età che sbavano sul parquet e si massacrano in ore di giravolte e torsioni, solo per il piacere di vederlo in magliettina sbracciata, o, quando fa veramente caldo, in pantaloni della tuta e petto nudo. Sessista? Si lo ammetto. Ma se vedeste Ale a petto nudo muoversi al ritmo di una bachata, con in sottofondo una musica romantica e struggente, vi assicuro che verrebbe anche a voi voglia di ballare. E non solo quello.

    Arianna si è già alzata e sta tentando di passare lo Swiffer sul pavimento, litigando bonariamente con Ettore che le corre dietro e miagola per giocare.

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