Come un uragano di fiori
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Anteprima del libro
Come un uragano di fiori - Giovanni Barruffo
vita.
1.
Non mi è mai piaciuta la metropolitana. Prendere i mezzi pubblici non è mai stato il mio sport preferito: il continuo correre, i freni che fischiano, la gente che si attanaglia tra le scale mobili e le porte di un vagone fin troppo rotto. Odiare la metropolitana per me è un po’ come per il resto del mondo odiare la sveglia del lunedì mattina. Un suono incessante e fastidio che ti angoscia fino a quando non hai tolto via le coperte - oppure che hai spento premendo semplicemente silenzia
. Ecco, il mio odio è comparabile a quello: una rabbia che ti sale, che ti fa dire chi me lo ha fatto fare tra le varie bollette da pagare e il cane che piange perché deve uscire per i suoi bisogni. Quel tipo di odio che ti spinge a far odiare tutto il resto, perché la vita è un circolo di sciagure e nessuno di noi riuscirà mai a trovare la pace interiore oltre a tutte quelle altre cose hippie bellissime che leggi su internet. La metropolitana è un serpente lungo capace di girarsi tutta una città in poco tempo, quel mezzo che fa parte di quelli che connettono il mondo, una lattina che fa un fracasso infernale ogni volta che si muove, un’invenzione del mondo utile per il sociale ma dannoso per l’ambiente. Immaginate di vivere di fianco ad una fermata della metropolitana: ebbene sì, io faccio parte di quei poveri sfigati. Il continuo vociare mi accompagna tutto il giorno, di qualsiasi razza ed etnia, e non importa se sono passate le undici di sera, tanto alla fine diventa il punto di ritrovo di tanti ragazzi, fin troppi.
Non nascondo che è comodo vivere vicino a quella M
rossa gigantesca con il neon rotto e un foro nell’insegna. Conosco gli orari di tutte le corse e questo mi è di aiuto quando sto facendo tardi per capire se ne vale o meno la pena di correre oppure fare le cose con calma: a lavoro avrò sì e no tre ritardi segnati sul badge, la maggior parte delle volte sono in orario, le restanti prendo dei giorni di malattia così, solo perché sono più pesanti degli altri e non perché io sia effettivamente malato.
Vivere lontano da casa non è stata una scelta difficile: finita l’università mi sono messo alla ricerca di un lavoro e non so se qualche santo nonostante il mio ateismo abbia accolto le mie preghiere, ma ho trovato lavoro facilmente; essere nerd è così bello. Ho preso una valigia, non troppo grande, di media misura, quella rossa con il manico mezzo rotto e una rotella sfondata che usava sempre mia sorella e me ne sono andato. Ad essere sinceri non ho mai fatto un biglietto di ritorno definitivo perché sono sempre ritornato solo e sempre per le feste ed alcuni anni ho pure finto che l’azienda chiudesse più tardi per le festività natalizie, pur di evitare la mia famiglia che mi ha sempre giudicato, nonostante fossi un figlio quasi modello. Mi sono messo su un aereo e con le mie insicurezze sono partito per una nuova avventura con l’eco delle lacrime di mia madre che risuonavano nelle cuffie tra una canzone e l’altra.
Anche stamani, come ogni mattina da cinque anni a questa parte, mi sono alzato con estrema lentezza dal letto e a piedi nudi ho raggiunto la cucina con nessunissima voglia di cominciare un nuovo giorno. Sento il freddo delle mattonelle che abbraccia il pavimento e nonostante ciò, di mettere le pantofole non se ne parla proprio - penso siano un indumento alquanto inutile. Scegliere una casa a distanza è stato difficile e nei periodi antecedenti al mio arrivo mi sono affidato ad uno di quei portali che usano gli studenti per cercare casa quando vanno a studiare lontano; poche foto, qualche informazione di base, un prezzo contenuto e qualche mobile giusto per sopravvivere durante i primi giorni della nuova avventura che mi aspettava. Dopo aver dormito per una settimana in un Bed & Breakfast di un cinquantenne scapolo, mi sono trasferito in questo piccolo appartamento composto da: due camere da letto, il bagno, la cucina e un piccolo corridoio, accompagnato da una semplice ma sincera coppia di anziani come padroni di casa. Non ho mai recato fastidio a loro, né tantomeno loro hanno mai fatto qualcosa di cattivo nei miei confronti, c’è sempre stata una strana quiete, ma l’ho accettata volentieri fin da subito. Nonostante non avessi mai avuto bisogno di una seconda camera da letto, decisi di prendere lo stesso questa casa speranzoso che un giorno le cose andassero meglio in ambito sentimentale rispetto alla mia vita relazionale nella vecchia città e che finalmente in una nuova avessi la possibilità di invitare un paio di amici a dormire, cosa che però non mai è successa, anzi, passo in quella camera solo per togliere la polvere e aprire le finestre di tanto in tanto. Durante la mia carriera scolastica, non ho mai avuto tanti amici, si possono contare sulle dita delle mani, pochi ma fidati, anche se alla fine ognuno di noi ha preso la propria strada e adesso non facciamo che sbirciare le nostre vite nei rispettivi profili dei diversi social. Lo ammetto, essere introversi ha dei pro e dei contro e capita molto spesso che l’essere introversi non sia una questione di