Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La “democrazia organizzata” di Toniolo e il partito dei cattolici
La “democrazia organizzata” di Toniolo e il partito dei cattolici
La “democrazia organizzata” di Toniolo e il partito dei cattolici
E-book306 pagine4 ore

La “democrazia organizzata” di Toniolo e il partito dei cattolici

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il beato Giuseppe Toniolo è certamente tra i più autorevoli protagonisti della storia del movimento cattolico italiano ed europeo. Economista e riformatore sociale, storico dell’economia, sociologo. Interprete e ispiratore della “democrazia cristiana” delle origini. Negli anni inquieti del non expedit e del positivismo imperante, trasse dalla storia del pensiero cristiano gli orientamenti e gli istituti di una “democrazia organizzata” che aveva il suo fulcro nell’ordinamento corporativo e prefigurava il superamento dello Stato liberale ottocentesco. Per le sue solide ispirazioni e per la vasta elaborazione che l’aveva accompagnata, la dottrina tonioliana non poteva che diventare un riferimento imprescindibile per i cattolici nei decenni successivi. Ma nei fatti, quanta fortuna ebbe tra i democratici cristiani del Novecento? E quanta di questa concezione, transitando per il doppio filtro del murrismo e del popolarismo sturziano, arrivò al partito dei cattolici che si costituì negli anni della transizione dal fascismo? De Gasperi e Fanfani, tra i tanti, avevano maturato le loro posizioni sulla democrazia e sullo Stato proprio in un intreccio di continuità e discontinuità con il maestro trevigiano. La sua influenza era tale che anche il passaggio di consegne alla segreteria della Democrazia cristiana dall’uno all’altro, aveva trovato proprio in Toniolo e nella preoccupazione degasperiana per le «spire dell’alternativa tradizionale», il suo snodo fondamentale.
LinguaItaliano
Data di uscita28 gen 2021
ISBN9788838250668
La “democrazia organizzata” di Toniolo e il partito dei cattolici

Correlato a La “democrazia organizzata” di Toniolo e il partito dei cattolici

Ebook correlati

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su La “democrazia organizzata” di Toniolo e il partito dei cattolici

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La “democrazia organizzata” di Toniolo e il partito dei cattolici - Mario Ciampi

    Mario Ciampi

    LA DEMOCRAZIA ORGANIZZATA DI TONIOLO E IL PARTITO DEI CATTOLICI

    Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura ed Universale sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.

    Copyright © 2020 by Edizioni Studium - Roma

    ISSN della collana Cultura 2612-2774

    ISBN 978-88-3825-066-8

    www.edizionistudium.it

    UUID: 2cc8c8da-31e1-4726-bade-36273922d12e

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    INTRODUZIONE

    I. L’ELEMENTO ETICO-RELIGIOSO NELL’ECONOMIA E NELLA SOCIETÀ

    1. L’elemento etico e le leggi economiche

    2. Un confronto a distanza con Sorel e Pareto

    3. Le linee di un progetto economico e sociale cattolico

    II. GIUSEPPE TONIOLO STORICO: I FONDAMENTI DOCUMENTARI DI UNA NUOVA DEMOCRAZIA

    1. Toniolo storico dell’economia e della civiltà

    2. Scolastica e Umanesimo: ascesa e declino dell’economia sociale

    III. LA DEMOCRAZIA TONIOLIANA TRA SOCIETÀ E STATO

    1. Gli elementi essenziali e accidentali della democrazia

    2. I due fini della democrazia e il «prevalente vantaggio delle classi inferiori»

    3. Ordinamento corporativo, democrazia organizzata, Stato

    IV. LA DEMOCRAZIA CRISTIANA DOPO TONIOLO: ALLA RICERCA DEL PARTITO CATTOLICO

    1. Murri, Sturzo e l’altra democrazia cristiana

    2. Il corporativismo cattolico di De Gasperi

    3. La svolta degasperiana degli anni Quaranta

    4. Capitalismo, democrazia e Stato in Fanfani

    CONCLUSIONI

    BIBLIOGRAFIA

    INDICE DEI NOMI

    CULTURA STUDIUM

    MARIO CIAMPI

    LA DEMOCRAZIA ORGANIZZATA DI TONIOLO E IL PARTITO DEI CATTOLICI

    INTRODUZIONE

    Il destino di Giuseppe Toniolo nella storia del pensiero cattolico, e in genere socio-politico, del Novecento è quantomeno singolare: dopo l’impresa editoriale con la quale si costruì l’ Opera Omnia, la letteratura sul pensatore trevigiano è andata via via affievolendosi, fino a diventare scarna nell’ultimo quarto di secolo.

    È, si ripete, singolare: in un classico degli studi filosofici del xx secolo, le Cronache di filosofia italiana di Eugenio Garin [1] , dove pure è dedicato ampio spazio alle polemiche sul Modernismo e quindi a Murri e Buonaiuti che, entrambi, ebbero a incrociare relazioni e polemiche con Toniolo, di quest’ultimo tuttavia non si fa menzione; in una più recente Filosofia Cattolica del Novecento, neppure Pietro Prini, ben più vicino per diverse ragioni ad un pensiero in grado di riconoscere e rievocare il lavoro di Toniolo, sente il bisogno di menzionare il pensatore della cristiana democrazia. E sì che si proponeva di esporre come proprio in Italia la filosofia cattolica «piuttosto che trattenersi nei falsi concetti dell’antimoderno e del postmoderno, ha rivelato una direzione diversa della modernità [...] aprendo la via ad una metafisica civile, finalmente libera dalle mistificazioni degli assoluti terrestri» [2] .

    Difficile dire chi per primo e con più intensità e con maggiore intransigenza (perfino eccessiva, ha detto qualcuno parlando di integrismo) abbia lavorato e vissuto per una metafisica civile quanto Giuseppe Toniolo, e chi quanto e prima di lui abbia opposto serena resistenza a tutti quegli assoluti terrestri di cui ha indicato le radici storiche, le fisionomie contemporanee, le responsabilità morali e civili. Si può fare un esempio, significativo anche per altre ragioni. Ernesto Buonaiuti, in uno dei suoi libri forse minori, ebbe a scrivere: «È ben tempo di finirla con la qualifica indiscriminata di Rinascimento attribuita all’Umanesimo, che è risurrezione della civiltà pagana [...]. La rinascita della cultura classicistica fu, si potrebbe dire, un surrogato e una decantazione del fallito bando gioacchimita. Poiché non era stato possibile il rinascere del cristianesimo primitivo, rinacque la cultura precristiana. E con essa rinacque tutta la visione pagana della vita. Di questa visione pagana della vita noi abbiamo, con animo sbigottito, veduto conchiudersi l’epilogo tragico, con le due guerre mondiali. Vedremo domani un riapparire del sogno cristiano nel mondo? È probabile» [3] .

    Buonaiuti avrebbe dovuto almeno in nota riconoscere i debiti che tutte le idee sopraesposte avevano con Toniolo: in particolare, come vedremo più avanti, l’idea dell’Umanesimo come riproposizione strumentale e retriva di un nuovo paganesimo, neppure troppo surrettiziamente esposto e vissuto: solo che Toniolo non fondava la sua idea sull’espediente concettuale, in sé semplicistico, per cui l’Umanesimo sorse come surrogato e decantazione del fallito bando gioacchimita, bensì su una articolata disamina di fenomeni storici e culturali, nel senso più lato, in cui egli vedeva le radici remote del razionalismo materialistico moderno. Neppure la storia della sociologia ha mostrato interesse nei confronti di Toniolo [4] , relegandolo a un ruolo secondario e nello stretto contesto degli autori che prepararono la Rerum novarum.

    Sembra, insomma, che Toniolo sia stato rimosso: in taluni casi inconsciamente utilizzato, ma rimosso. Anche quanto auspicava Majerotto, che prevedeva per Toniolo un posto non trascurabile nella moderna storia d’Italia quando questa storia fosse finalmente uscita dagli schemi ideologici del positivismo e del marxismo, non si è avverato: Toniolo è stato «uno dei maggiori preparatori delle vie attraverso le quali i cattolici militanti hanno potuto ritornare a dare il loro apporto costruttivo alla vita pubblica del nostro paese» [5] , ma il suo posto in questa storia non pare essere stato, a tutt’oggi, adeguatamente ripristinato.

    Del resto è difficile che lo riacquisti se anche una storiografia politica non compromessa con gli ideologismi del secolo passato rileva che Toniolo non ha «ben centrato rilevanti problemi», si è «lasciato fuorviare ed ha errato»; era «prigioniero di alcune peculiarità dell’azione sociale temporale dei cattolici contemporanei e commilitoni»; i quali «poterono non comprendere la grandezza anche cristiana di un’opera politica mirante [...] a preparare l’uomo per le condizioni di una vita terrestre in cui l’Amore sovrano possa discendere...»; Toniolo fece confusione tra i fini dell’apostolato e i fini dell’azione politica, e da ciò il rifiuto a collaborare con correnti che esplicitamente non si richiamassero a tutti i valori del cattolicesimo; Toniolo poteva assumere posizioni più rigide «perché faceva politica da tavolino»; la sua teoria della democrazia appare troppo generica; per superare tanti ostacoli Toniolo doveva «giocoforza ricorrere ad espedienti»; quello da lui prescelto «fu appunto di far passare come democrazia l’orientamento generico impresso all’ordinamento politico-sociale dai presupposti religiosi e storici della democrazia»; Toniolo ricorre ad un artificio tattico chiamando accidenti della democrazia quelli che «sono i caratteri della democrazia stessa»; per cui la sua sarebbe una presentazione truccata della democrazia; gli accenti con cui Toniolo ne parla «non lasciano dubitare dove andassero le preferenze dell’autore»; in conclusione: «L’orma inesorabile del tempo è dunque passata sui seguenti scritti; ma non tutto – si ripete – in essi è reliquia del passato. Fra le foglie morte o mezzo ingiallite palpita la vita di intuizioni felici e di validi insegnamenti...» [6] . Tra queste la gemma costituita dalla concezione tonioliana della società e il significato del suo corporativismo: cioè proprio, quest’ultimo, uno degli aspetti più difficili da comprendere velato com’è oggi, quasi inesorabilmente e nonostante i distinguo che se ne possono fare, dalla fama del posteriore corporativismo fascista.

    Certo, si potrebbe anche fare una silloge degli elogi a Toniolo che via via si incontrano nella stessa introduzione, ma le altre premesse, negative, distolgono da una lettura serena ed anzi predispongono ad una lettura prevenuta. E prevenuta proprio nei confronti di ciò che Toniolo ebbe di più caro e costante: il suo cattolicesimo.

    In questo studio si intende percorrere un’altra via: si intende, cioè, rileggere Toniolo nelle sue opere fondamentali alla ricerca di alcuni elementi del suo pensiero, coerenti e costanti, sempre più chiari nel corso dei suoi studi; si intende quindi cogliere questi elementi fin dal loro primo apparire come aspetti di lavoro storico, chiarirsi come nervature costanti della dottrina, prospettive anche dell’agire sociale e politico (di un certo modo d’agire sociale e politico), quindi rifluire nell’analisi socio-politica del presente, hic et nunc, nel mondo. Insomma, si cercherà di dimostrare l’interna coerenza e continuità della ricerca tonioliana dall’epoca degli studi storici giovanili, attraverso quelli (incompiuti, si dice) della maturità, fino al Concetto cristiano della democrazia (1897) [7] , a La genesi storica dell’odierna crisi sociale ed economica (1893) , a L’economia capitalistica moderna (1893), in cui sviluppa sulla realtà contemporanea acquisizioni già elaborate in opere storiche, e ancora all’ Odierno problema sociologico (1905), all’incompiuto, questo sì, Trattato di economia sociale, ai saggi raccolti in Capitalismo e socialismo.

    È chiaro, qui non si tratta di valutare in qualche modo la fondatezza degli studi storici, monumentali, cui Toniolo si dedica per quasi venti anni, o di spulciarne gli errori: si tratta di individuare in quegli studi alcuni modelli di interpretazione dei fatti e delle istituzioni che consentono di comprendere, insieme, non solo le caratteristiche del lavoro storiografico ma anche l’emergere e il consolidarsi di coordinate interpretative della realtà contemporanea, con l’infinita e convulsa serie di problemi che essa comportava.

    Ciò significa, in altre parole, che la distinzione in termini cronologici o di materia che si può operare [8] tra opere storiografiche, sociologiche, politico-economiche ha certo un senso per comodità espositiva o editoriale, ma deve essere superata in una lettura che tenda alla ricostruzione di alcune linee guida del pensiero tonioliano: anche di quelle che, in anni di ideologismo o di pragmatismo trionfante, sono state definite troppo generiche.

    Ci sono, bensì, fin dal primo scritto tonioliano, idee generali che via via si chiariscono, si organizzano in un sistema, divengono nervature essenziali di un pensiero che nutre e sostiene insieme l’azione pratica e l’elaborazione teorica: si comprende così come sul piano della maturità e nel fervore della produzione sociale ed economico-politica possa riapparire, scritta quasi di getto, un’opera come Problemi ed ammaestramenti sociali dell’età costantiniana (1913) . In questo senso, non ci pare più corretto sostenere che Toniolo vada considerato non tanto uno storico specialista quanto «un sociologo che si dedica alla ricerca storica con chiare preoccupazioni sociologiche» [9] : se non si chiarisce che cosa Toniolo considerasse sociologia o storiografia, non si comprende come la sua ricerca storiografica, che va comunque collocata nelle idee della sua epoca in tale materia, non solo potesse prescindere dallo specialismo, ma ne dovesse prescindere acquisendo abbondantemente ed onestamente a studi altrui più rigorosamente storiografici, se si vuole [10] ; e soprattutto come questa ricerca dovesse necessariamente configurarsi come analisi della storia con l’attenzione rivolta all’intelligenza, alla connessione e alla descrizione di quei fenomeni che, emergendo costanti, potevano consentire la definizione di un comportamento politico ed economico in condizioni date.

    È in questi termini che la ricerca storiografica si connette, in Toniolo, ed anzi quasi defluisce in quella sociologica ed economico-politica, ma anche regge la trama di principi cui egli impronta la propria azione pratica di attivista inesausto: la democrazia cristiana, come egli la pensò e la visse, si comprende all’apice di siffatto percorso.

    E d’altronde, quando nell’opera intellettuale e civile di Giuseppe Toniolo si affrontano i temi politici, è opportuno rifuggire da due errori apparentemente opposti: trascurare il contesto storico in cui si trovò ad agire fino a farne un ideologo o un semplice apologeta del cattolicismo, oppure storicizzare radicalmente il suo pensiero, relativizzandone la portata per consegnarlo al passato. Di questi errori interpretativi, lo studioso trevigiano avvertì già in vita le conseguenze. Eppure leggendo le sue pagine, proprio in quel continuum tra la storia effettuale e le leggi sovrastoriche da essa avvalorate per induzione, Toniolo fonda tutta la sua esistenza, oltre che la sua scienza. Tutto in lui è ricerca affannosa di quel sedimento dei fatti storici che è la radice stessa del loro accadimento, la ragione o la forza immateriale che trasla per così dire tra epoche e paesi diversi, e in questa durata riceve il crisma della normatività. La sua riflessione sulla democrazia, che parte da molto lontano nella sua elaborazione, non fa eccezione alcuna alla regola della sua condotta e della sua visione.

    Proprio sul tema politico della vasta produzione tonioliana concentreremo la nostra attenzione, individuando le definizioni della sua concezione democratica nei suoi aspetti essenziali e accidentali, come li chiama Toniolo prendendo a prestito la terminologia della filosofia medievale. Si arriverà infine agli istituti e alle forme della sua visione corporativa individuando i tratti di una democrazia sociale ed economica, certo, che rimanda però a una coerente costituzione politica, risultando in ultima analisi come una democrazia organizzata in senso compiuto. Per le sue ispirazioni dottrinali e per la generosa elaborazione che la accompagnava, questa democrazia cristiana non poteva che diventare un solido riferimento per tutto il movimento cattolico italiano ed europeo a lui contemporaneo, anche grazie all’autorevolezza che Toniolo aveva nell’accademia e nella società dell’epoca. Quanta di questa concezione, transitando per il filtro del popolarismo sturziano, arrivò al partito dei cattolici che si costituì negli anni della transizione dal fascismo, è tema che ci riguarderà nell’ultimo capitolo. Con De Gasperi e Fanfani, che, in un intreccio di continuità e discontinuità, pervengono a posizioni molto diverse sulla democrazia organizzata e sulla stessa concezione dello Stato, proprio avendo Toniolo come modello. Tanto che il passaggio di consegne alla segreteria della Democrazia cristiana dall’uno all’altro, espresso nella famosa lettera-testamento del 9 agosto 1954, trova proprio in Toniolo e nella preoccupazione degasperiana per le «spire dell’alternativa tradizionale», il suo snodo fondamentale.


    [1] E. Garin, Cronache di filosofia italiana, Laterza, Roma-Bari 1966.

    [2] P. Prini, La filosofia cattolica italiana del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1966, p. VII (il corsivo è mio).

    [3] E. Buonaiuti, La prima rinascita. Il profeta: Gioacchino da Fiore; il missionario: Francesco d’Assisi; il cantore: Dante Alighieri, Dall’Oglio, 1977, pp. 9-10 (corsivo mio).

    [4] Cfr. L. Ferro, Giuseppe Toniolo nella storia del pensiero sociologico, in L. Ferro-V. Conso (a cura di), L’attualità di Giuseppe Toniolo nel Terzo Millennio, Rubbettino, Soveria Mannelli 2018, pp. 35-45.

    [5] S. Majerotto, Introduzione in G. Toniolo, Saggi politici, Cinque Lune, Roma 1981, pp. 19 ss.

    [6] Si riassumono per lemmi le pp. 23-26-28 della citata introduzione del Majerotto in G. Toniolo, Saggi politici, cit.

    [7] È sfuggito ad esempio, alla letteratura su Toniolo, che questi abbia coniato l’espressione cristiana democrazia proprio in un’opera storiografica: Storia dell’economia sociale in Toscana nel Medio Evo, 1, Città del Vaticano 1948, p. 165: d’ora in poi, salvo diversa indicazione, tutte le citazioni da opere di G. Toniolo saranno tratte da questa edizione, l’ Opera omnia, con l’indicazione della serie, del volume, della pagina.

    [8] Di fatto, per comprensibili ragioni di ordine, è il criterio adottato nell’edizione dell’ Opera omnia.

    [9] M. Romani, Prefazione, in G. Toniolo, Storia dell’economia sociale Toscana, in Opera Omnia, s. I, vol. 1, p. IX.

    [10] Basti pensare al ricorso continuo, e sempre riconosciuto con debite citazioni in nota, alle opere di Gino Capponi, ad esempio. Ma si deve anche tenere presente che Toniolo scriveva di storia quando imperversava l’ oggettivismo positivista storiografico di Ippolito Taine (per questo, cfr. M. Romani, cap. II, §1, sul Toniolo storico).

    I. L’ELEMENTO ETICO-RELIGIOSO NELL’ECONOMIA E NELLA SOCIETÀ

    1. L’elemento etico e le leggi economiche

    Nell’agosto del 1873, fu conferita a Toniolo la libera docenza per l’insegnamento privato di Economia politica. In quel contesto, tenne una prolusione sul tema Dell’elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche: il nucleo concettuale di base consisteva nell’affermazione che il fatto economico è «la risultante di un fascio di forze componenti» in cui vanno compresi i sentimenti e le idee, per cui l’oggetto dell’economia politica non poteva limitarsi allo studio dell’ homo oeconomicus ma doveva ampliarsi alla considerazione dell’ uomo tutto nella sua complessità antropologica.

    Si è detto, in proposito, che Toniolo in questo modo respingeva le teorie di Smith e Ricardo e prendeva le distanze dalla scuola manchesteriana, e «si poneva sulle tracce della tradizione cattolico-liberale italiana (Rosmini, Gioberti e, in modo tutto particolare, Minghetti)» [1] . Non si ha motivo di dubitare di queste precisazioni, e semmai si potrebbe solo aggiungere che all’elenco manca un nome illustre, A. Manzoni, che andrebbe menzionato non solo per l’amicizia e la consonanza di idee con Rosmini, ma soprattutto perché aveva affidato la propria riflessione economico-politica ad un libretto di grande intensità, dove esponeva e discuteva quegli orientamenti economico-politici, cioè liberalismo e socialismo, che appunto restringevano tutto l’uomo all’ homo oeconomicus sebbene in forme diverse [2] .

    Ma il contesto reale entro cui, contro cui, si muoveva il giovane Toniolo era forse più attuale e più stringente; lo faceva ancora in modo pacato e del tutto privo di intenzioni polemiche, e forse anche con qualche soggezione data dall’ imperium dell’avversario, ma lo faceva comunque in modo lucido e fermo: quel contesto si chiamava determinismo, consistente in sostanza nell’idea di origine comtiana che l’agire sociale potesse essere ridotto in formule scientifiche secondo i principi regolativi delle scienze naturali, in particolare secondo precisi (matematici) rapporti di causa ed effetto.

    Alcuni elementi possono soccorrere: nel 1859 Darwin pubblicava L’origine delle specie e nel 1871 La discendenza dell’uomo; nel 1865, Claude Bernard pubblicava la Introduzione allo studio della medicina sperimentale, dove formulava in modo classico il principio del determinismo nelle scienze naturali asserendo che il criterium delle scienze sperimentali doveva intendersi identico a quello della matematica; nel 1867 Marx pubblicava il Capitale, critica dell’economia politica di cui aveva già dieci anni prima scritto, e lasciata incompiuta, una Einleitung, dove con chiarezza, e perfino con qualche asprezza, si ponevano i principi del determinismo economico, o materialismo dialettico che dir si voglia; dal punto di vista sociale, il determinismo era diffuso in tutta Europa, letteratura compresa, e già se ne erano viste le connessioni tra determinismo biologico e determinismo sociale [3] . Non è possibile fare precise distinzioni perché si trattava (ma è spinta concettuale non esaurita) soprattutto di un generale orientamento mentale, di una attitudine particolare nei confronti della vita, come fenomeno biologico universale, e della vita sociale come meccanismo di tutte le forme sociali, tanto più complesso quanto più evolute le società stesse.

    Se l’incontro con la cultura tedesca fu decisivo per orientare gli studi di Toniolo, non è possibile pensare che conoscesse gli economisti Hermann, Wagner, Schmoeller ed altri [4] , ma non conoscesse Marx e il marxismo. Entro il quale, tra l’altro, la questione del determinismo era stata rilevante ed era proseguita anche dopo la morte di Marx (1883), se ancora nel 1894 Engels, ad una precisa questione posta da W. Borgius, rispondeva in questi termini; pur ribadendo che le condizioni economiche costituiscono l’elemento determinante, in ultima istanza, dello sviluppo storico, rivedeva l’impostazione marxiana proprio contestando la loro assolutezza:

    Lo sviluppo politico, giuridico, filosofico, religioso, letterario, artistico ecc., poggia sullo sviluppo economico. Ma tutti agiscono e reagiscono gli uni sugli altri e sulla base economica. Non è già che la situazione economica sia causa, essa sola causa attiva, e tutto il resto nient’altro che effetto passivo. Vi è, al contrario, azione e reazione reciproca, sulla base della necessità economica che sempre, in ultima istanza, si impone [...]. Non v’è dunque, come qua e là si vorrebbe comodamente immaginare, un effetto automatico della situazione economica; è che gli uomini fanno sì essi la loro storia, ma in un ambiente dato che li condiziona, sulla base di rapporti materiali ad essi preesistenti, fra i quali i rapporti economici [5] .

    Si ponga attenzione al fatto che questa lettera è del 1894, undici anni posteriore alla morte di Marx; ma soprattutto, per quel che qui interessa, più di vent’anni posteriore alla Prelezione tonioliana. Il giovane Toniolo, forse anche grazie alla formazione religiosa che aveva ricevuto fin dall’infanzia, pacatamente si opponeva al clima culturale che lo circondava, e in modo particolare al determinismo economico-sociale che, spesso in forme anguste più di quanto gli stessi Marx ed Engels avrebbero pensato, finiva per ridurre l’uomo ad una sorta di monocultura, denotato unicamente, nel suo processo storico, da spinte e motivazioni utilitaristiche. Solo che le prudenti argomentazioni di Engels, si ripete del ’94, e in fondo accettabili anche al di fuori del marxismo ortodosso, avevano già trovato formulazione in un giovane studioso non ancora trentenne: l’uomo non è solo homo oeconomicus, le forze che muovono il fatto economico non sono solo utilitaristiche in senso materialistico, ma attengono invece a tutta la complessità antropologica dell’essere-uomo.

    Toniolo diceva chiaramente di non avere la pretesa di svolgere un discorso nuovo e originale, ma di fare piena adesione all’indirizzo di una scuola di economisti che studia l’efficacia che hanno i più nobili bisogni dell’animo umano sui fatti e sulle leggi economiche: cioè l’elemento etico quale fattore intrinseco alle leggi stesse: l’uomo tutto intero, l’uomo e così le sue idee, le sue opinioni, i sentimenti e le passioni tutte del cuore umano devono necessariamente trovare il loro posto nella «formola complessiva della vita sociale», ed esse devono contare qualcosa anche in quella «che troppo spesso poté sembrare la dottrina dei bilanci del dare e dell’avere» [6] .

    Invece: «Chi si faccia ad investigare sugli scrittori di economia politica, dagli esordi della scienza fino a noi l’argomento dei moventi dell’attività umana, e quindi il principio dinamico nel meccanismo della società economica, agevolmente rileva come tutti si accordino a riconoscere quest’ultimo nell’ interesse personale» [7] . Toniolo non negava che questo interesse potesse costituire la «forza di parità del mondo morale», in armonia con una delle supreme leggi fisiche dell’universo: ma da questo, ad affermare che esso è unico motore il passo è stato troppo facile e ha richiesto il sacrificio di una osservazione veramente realistica ed oggettiva delle dinamiche sociali. Infatti,

    Una spregiudicata analisi della natura complessa dell’uomo addita in lui, accanto al principio dell’ utile, ancora quello del buono, figlio dello spontaneo riconoscimento di una legge morale imperante, che ingenera la coscienza del dovere: la quale poi, alleandosi con più generosi affetti del cuore umano, si traduce in altrettanti tendenze della nostra natura immateriale, che sovrastano per eccellenza a quelle

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1