Estate spagnola - 7 brevi racconti erotici in collaborazione con Erika Lust
Di Olrik
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LUST
Estate spagnola - 7 brevi racconti erotici in collaborazione con Erika Lust
Copyright © 2021 Olrik and LUST, an imprint of SAGA Egmont, Copenhagen
Cover image: Shutterstock
All rights reserved
ISBN: 9788726784138
1. E-book edition, 2021
Format: EPUB 3.0
All rights reserved No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
Il gioco del dottore
Mi puoi passare il sale per favore? Bianca? Ehi, sveglia, passami il sale per favore
.
Va bene, va bene, datti una calmata
. Presi il salino dal tavolo da pranzo e lo posai rumorosamente di fronte a Miriam.
Cosa c’è che ti rode?
mi chiese sorpresa.
Niente. Mi dispiace. Non avevo intenzione di usare quel tono. Ero soltanto immersa nei miei pensieri
risposi cercando di rimediare.
In effetti, l’avevo sentita chiedermi più volte di passarle il sale e non avevo giustificazioni, ero io ad aver trasgredito le regole non scritte di comportamento civile tra colleghi quando si pranza insieme. A mia discolpa, posso dire che in quel periodo avevo molte cose che mi preoccupavano e mi affollavano la mente.
Va tutto bene?
Chiese Miriam cospargendo quella che mi parve una buona metà del contenuto del salino sugli avocado e le uova sode che si era portata da casa.
Mi venne in mente che, forse, l’uso eccessivo di sale era uno dei motivi della sua battaglia persa contro la bilancia. Ma non dissi niente. Cercai invece di scusarmi di nuovo per il mio comportamento. Non era certo colpa di Miriam se mi sentivo così tesa.
È solo... sai come succede... problemi in famiglia. Abbiamo litigato ieri sera
.
Martin è già tornato?
Chiese Paul. È il mio supervisore diretto, e Martin era un suo vecchio compagno di scuola. Improvvisamente si era messo in testa che visto che lavorava con me, lui e Martin dovevano diventare amiconi. Anche se finita la scuola non avevano più avuto assolutamente niente a che vedere l’uno con l’altro.
No, dovrebbe rientrare domani sera
risposi. Vidi le sopracciglia di Paul alzarsi per un breve istante come se gli fosse appena venuta un’idea, per cui mi affrettai ad aggiungere: Tardi! Molto tardi
.
OK, allora mi farò vedere nel week-end
. Paul annuì convinto tra sé e sé.
Non saremo a casa
feci io, reagendo all’idea di trovarmi a gestire l’inevitabile imbarazzo che si sarebbe creato tra i due, se mi fossi mostrata accondiscendente di fronte al suo autoinvito. Andremo da sua nonna venerdì per aiutarla a organizzare la sua festa di compleanno
.
Ah
disse Miriam. Non c’è da stupirsi che ti senta un po’ giù di corda. Sono tre settimane che è via e appena torna dovrete subito partire
.
Sorrise e poi si accinse ad attaccare l’enorme quantità di sale che aveva messo nel piatto. La guardai meravigliata. Aveva davvero fiuto con le persone. Perché era stata proprio quella la ragione del nostro litigio telefonico.
Allora digli che lo chiamo la settimana prossima
concluse Paul prima di lasciare la nostra piccola sala mensa; io gli feci un caloroso segno di assenso e alzai il pollice.
Appena uscì, Miriam si mise a ridacchiare. Non ti piace proprio, eh?
Mi strinsi nelle spalle. Mah, non è che... È solo... sì, in un certo senso
.
Ho capito. Martin
disse l’onnisciente Miriam.
Confermai.
È una palla, non ne dubito
borbottò con la bocca piena.
Sì, Paul era una vera palla. Lavoravo in quella piccola società di produzione da due anni, e le cose andavano bene. Di solito c’erano una decina di dipendenti e qualche freelance, ma l’azienda stava realizzando un grosso servizio sugli espatriati danesi in Nuova Zelanda. Per cui in quel momento erano tutti in trasferta, a parte me, Miriam e Paul.
Il problema con Paul era iniziato alla cena di Natale di sei mesi prima. L’amministratore delegato della società aveva invitato tutti i dipendenti insieme a mogli, mariti e partner in un ristorante molto chic. Paul aveva scoperto che lui e Martin erano stati amici ai tempi della scuola. Amici
è una parola grossa, perché come ho già accennato, da allora non avevano mai più avuto alcun rapporto. Secondo Martin, Paul da bambino era un asociale mezzo idiota. Ma Paul invece lo aveva visto come un segno del destino incappare di nuovo in Martin, per di più trovandosi a essere una specie di boss di sua moglie. Da allora, in pratica aveva iniziato a perseguitare Martin. Sia attraverso di me – chiedendomi a ogni piè sospinto dove fosse – che piombando in casa di continuo, spesso senza preavviso.
Era diventata una cosa al limite della sopportazione. Soprattutto per Martin, che in questo periodo lavorava in Norvegia. Tre settimane di lavoro e poi 10-14 giorni a casa. Come se non bastasse, Paul aveva cominciato a insistere che adesso anche io e lui dovevamo diventare intimi, visto che ero sposata con il suo migliore amico.
Prima della cena elegante di Natale, dubito persino che sapesse come mi chiamavo. È il nostro responsabile IT, e io mi occupo di contabilità.
Per cui è il mio più vicino supervisore, nel senso che è responsabile di tutto quello che entra nel nostro sistema elettronico, budget compresi. Ma io per lui ho sempre e solo rappresentato una tizia a caso che svolge una funzione e, purché tutto venisse fatto come doveva, non gliene fregava niente di chi fosse a farlo. Il che mi andava più che bene perché non è affatto il tipo di persona con cui potrei fare amicizia normalmente, tantomeno avere qualcosa da dire, se non parlare di budget e di finanze.
Invece adesso ho la sgradevole sensazione che mi tenga costantemente d’occhio. Probabilmente perché per lui rappresento il biglietto d’accesso alla sua improbabile amicizia con Martin.
Due settimane fa mi sono candidata per un altro lavoro. In pratica per la stessa funzione che ricopro qui alla società di produzione. Non l’ho ottenuto, ma il colloquio mi ha fatto capire che non dovrebbe essere troppo difficile trovare un lavoro simile nel settore. Nel caso di quella particolare società di produzione, c’era in lizza un candidato già proveniente dal suo interno, che poi ha avuto il posto.
Ma in qualche modo, dato che nel nostro settore tutti si conoscono, Paul dev’essere venuto a sapere che mi stavo guardando attorno. Naturalmente questa era una notizia disastrosa per i suoi piani su Martin
.
Il lunedì prima mi aveva perciò chiamata nel suo ufficio per chiedere se c’era qualcosa di cui non ero soddisfatta nella mia attuale posizione. E io non potevo spiegarglielo senza offenderlo a morte, perché non c’era niente che riguardasse il lavoro che non mi andasse bene, dopotutto. Quindi avevo bofonchiato qualcosa sul fatto che avevo voglia di fare un’esperienza diversa. Ma Paul non mi aveva neanche ascoltata; evidentemente si era già fatto un’idea sua di come gestire la nostra conversazione, indipendentemente da quello che avrei detto io. Perché Paul capiva benissimo che io potessi avere la sensazione di guadagnare troppo poco. Per cui voleva mostrarmi la riconoscenza della società, aumentandomi lo stipendio di 2.000 corone danesi al mese!
Che stress... Da una parte sono ben contenta di poter guadagnare di più, ma come faccio a cercare un altro lavoro adesso? E cosa dirà l’amministratore delegato quando torna dalla trasferta? Paul gli dovrà spiegare perché mi ha dato un aumento.
Con tutti questi pensieri che mi assillavano, avevo un bisogno disperato di potermene stare con Martin questo fine settimana. Ma lui aveva promesso che tutti e due non solo saremmo andati al compleanno di sua nonna, ma avremmo anche dato una mano a organizzarlo.
Come se non bastasse, nell’ultima settimana in ufficio non c’era stato un bel niente da fare. Visto che erano tutti via, non c’erano grandi spese da tenere sotto controllo, perché quelli che erano in trasferta si gestivano direttamente i loro costi.
Tra l’aumento di stipendio e Paul che mi scrutava come un falco la sua preda, ero stata costretta a far finta di essere tremendamente occupata tutto il tempo.
Verso le due del pomeriggio il telefono squillò e io risposi distrattamente, senza guardare chi mi stava chiamando.
Sono il dottor Andersen. Parlo con la signorina Bach?
Ehm, sì
riuscii a balbettare, anche se Bach tecnicamente è il mio secondo cognome.
Volevo dirle che mi hanno cancellato un appuntamento alle 15,00 e mi sono ricordato che è passato molto tempo dall’ultima volta che è venuta a farsi vedere
.
Sì, effettivamente era un bel po’ che non andavo