Bella donna
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Anteprima del libro
Bella donna - Roberta Saragoni
1
Il mio nome è Luna Scott, e questo è il caso che mi cambiò la vita.
Tutto ebbe inizio a Londra il 25 ottobre 1908. Il tempo non era dei migliori, ormai pioveva da giorni e non si prospettavano miglioramenti. Il bollettino meteorologico della radio prevedeva peggioramenti ulteriori. Penserete che è tipico della Gran Bretagna, ma quei giorni fu veramente disastroso. Tutti speravano che il servizio meteo sbagliasse le previsioni come già successo in passato, perché questo avrebbe portato il blocco di tutte le città per parecchio tempo. Ma non era niente in confronto a quello che mi aspettava, quello che stavo per passare era il caso più strano che abbia mai risolto.
Quella mattina iniziò come tutte le altre. Mi svegliai alle sette, feci colazione con la solita tazza di caffè (non sono la classica inglese, preferisco l’aroma forte e intenso del caffè, piuttosto che quello delicato del tè) e un pezzo della torta della nonna
che avevo preparato la sera precedente. Amo cucinare, mi rilassa dopo le giornate pesanti che mi capitano. Infine mi vestii e mi recai in ufficio.
Durante il tragitto, vidi un bambino che giocava spensierato saltando nelle pozzanghere; in quel momento lo invidiai, perché sarei stata proprio comoda con un paio di pantaloni come quelli che portano i ragazzi.
I vestiti durante gli appostamenti e le investigazioni sono scomodissimi e in più difficili da pulire, e in tre anni avevo cambiato più vestiti io che la regina, con rispetto parlando naturalmente; oltretutto la pioggia che era caduta in quei giorni di certo non aiutava.
Sapevo bene che una donna con i pantaloni avrebbe portato scompiglio, e per di più già avevo problemi per il fatto che svolgevo un lavoro da uomo e tutti mi guardavano male, non si fidavano più di tanto di me anche se, quando c’era mio padre, l’agenzia era piena di clienti, ma, da quando lui è morto durante uno dei suoi viaggi all’estero e la sua agenzia era passata a me, avevo avuto un calo nella clientela maschile ma un boom in quella femminile fino a quando la Scott Investigation
divenne la Scott & Scheffer Investigation
e da lì ritornò la clientela mista. Perché vi domanderete? Semplice: Scheffer è un uomo, e il suo nome è Martin, il mio migliore amico.
L’agenzia si trova nel centro di Londra, a pochi isolati da casa mia. È in un palazzo con mattoni a vista rossi, delle finestre ampie e con tende bianche che limitano la vista ai curiosi, soprattutto ai giornalisti, per quando come in questo caso si presentano persone importanti
.
«Buongiorno Mary.»
Mary è la segretaria del mio ufficio. Avrà più o meno diciannove anni, è mora, riccia, e con gli occhi azzurri.
«Buongiorno Luna, i giornali e la posta sono già sulla sua scrivania e su quella di Martin.»
Martin Sheffer, come vi stavo anticipando prima, è il mio migliore amico, siamo cresciuti insieme, eravamo vicini di casa. Suo padre spesso collaborava con il mio, lavorava nella polizia, e spesso mio padre mi lasciava a casa sua per avere un po’ di compagnia e per non lasciarmi da sola visto che non avevo la mamma, essendo morta quando ero piccola, e di lei ricordo poco o niente.
«Perfetto, ma per oggi ci sono appuntamenti?»
«No, nessuno. Né per lei né per Martin.»
«Meglio così, almeno posso finire di sistemare lo schedario.»
«Ah! Prima che mi dimentichi. Ha chiamato Marray per ben tre volte!»
«È successo qualcosa?»
«No, ha detto che non era niente di importante, sicuramente le voleva chiedere di fare colazione insieme come tutte le mattine. Ha detto che richiama più tardi.»
«Secondo te ci sta provando?»
Ci pensò un po’ su e poi rispose con tono serio: «Credo proprio di sì!»
E scoppiammo a ridere, una di quelle risate che in certi momenti scalda il cuore. Ci voleva proprio!
«Ma quelle quattro rose blu e una rossa che le aveva mandato, che fine hanno fatto?» mi domandò curiosa.
«Le ho messe in salotto, rallegrano un po’ l’ambiente e sono carine.»
Stavo per aprire la porta del mio studio quando sentimmo bussare alla porta d’ingresso.
«Avanti!» dissi stupita per l’ora, ancora non erano le otto del mattino. Chi poteva essere?
«Buongiorno, è lei la signorina Luna Scott?» mi disse un distinto signore squadrandomi dall’alto in basso.
«Sì, sono io. Mi dica, signore, come posso esserle utile?»
Come dissi l’ultima parola, l’uomo si spostò dalla porta e fece entrare una signora. Indossava un vestito rosso, aveva i capelli biondi, un cappello dello stesso colore del vestito e una borsetta nera lucida. Sembrava dell’alta società. Fuori c’era un fotografo che scattava foto mentre che la donna cercava di coprirsi con le tese del cappello.
L’uomo distinto si sbrigò a chiudere la porta.
«Buongiorno, non è per lui ma è per me» chiarì la signora. «Mi chiamo Rose Jones Boll. Lui è il mio maggiordomo e amico Jenson.» Mi si avvicinò e stringendomi la mano continuò: «Conoscevo suo padre, mi dispiace molto per la sua scomparsa prematura.»
«La ringrazio, signora Boll. Prego, mi segua nello studio.»
«Jenson, lasciaci sole, per favore. Attendi qui.»
«Come vuole, signora» acconsentì lui sedendosi sul divanetto della sala d’aspetto.
Mi rivolsi verso Mary: «Vedi se il signore gradisce qualcosa. A noi porta del tè ai frutti di bosco.» Guardai la signora Boll che mi fece cenno di concordare con l’ordinazione. Poi continuai: «Appena arriva Martin, mandalo nel mio studio.» E feci strada alla signora Boll.
Entrammo nel mio studio, non era un granché ma mi faceva sentire a casa; era pieno di scaffali e di libri, la scrivania aveva alle spalle una grandissima finestra che dava sulla strada posteriore; aveva le pareti ricoperte da una carta gialla. Mi rilassava molto stare lì.
La feci accomodare, mi sedetti di fronte a lei e presi una matita per prendere appunti ma la signora, capendo che cosa stavo per fare, anticipò: «Dovrebbe già avere il mio fascicolo, avevo parlato con suo padre.»
Mi girai verso lo schedario e lo cercai, nel frattempo entrò Mary che ci versò il tè e andò via.
Trovai il fascicolo nel primo cassetto in alto dello schedario, era tra i casi importanti da trattare con estrema cura, come diceva papà i cosiddetti CITCC
(Casi Importanti Trattare Con Cura).
«Sì, eccolo.»
Diedi una lettura veloce. La signora era venuta da mio padre molti anni fa, diceva che suo marito la tradiva e che la sua vita era in pericolo. Tra le note di mio padre trovai anche scritto che la donna aveva avuto già tre incidenti sospetti e che aveva voglia di chiedere il divorzio.
«È successo di nuovo, signora Boll?»
«Sì, ma questa volta è stato un avvertimento e vorrei tanto che lei tra una settimana venisse a casa mia. La lettera che mi è arrivata è scritta con ritagli di giornale e dice che morirò il 31 ottobre, e la cosa strana è che quel giorno ho la cena con i miei amici. Temo che sia qualcuno di loro. E poi temo per le mie amiche più care.»
Parlammo per un’oretta,