La morte dei macellai
Di Key Vegronn
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Info su questo ebook
Sotto un cielo grigio si concretizzeranno incubi e sogni, tragedie e rivincite, un susseguirsi di avvenimenti così vividamente reali da risultare disarmanti. I due protagonisti, messi alla prova, scoprono di avere un nemico comune da affrontare per salvare se stessi e coloro che amano.
Il libro narra una storia con chiari e forti riferimenti alla realtà politica, economica e industriale. Questi argomenti vengono affrontati con decise influenze ambientaliste, animaliste e vegane.
Le vicende narrate trattano, inoltre, tematiche quali la reclusione, l'emarginazione, lo sfruttamento animale, il cospirazionismo, l'inquinamento ambientale e non ultima, la crescita personale.
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Anteprima del libro
La morte dei macellai - Key Vegronn
fermare.
I
Un filo di luce attraversa il vetro di sporche finestre, delle sudicie e scure tende impregnate di un insopportabile odore scagliano la loro ombra e lasciano intravedere un volto scavato e devastato. Un uomo ossuto, dalla pelle tumefatta e deturpata, siede su di un materasso sporco e puzzolente, digrigna i denti e ha gli occhi pieni di odio. I suoi pochi capelli, lunghi oltre misura, cadono sulle spalle sudate, le mani sul volto e lacrime di rabbia precipitano sul polveroso pavimento. La televisione, accesa da giorni senza sosta, trasmette programmi che parlano di tumulti nelle strade.
L’uomo, difficile da definire tale per le condizioni in cui riversa, è ormai assuefatto e satollo dalla quantità di informazioni da cui è stato travolto. Sente, ma non ascolta: si trova in uno strano limbo fra l’intorpidimento e il dolore. Dondola costantemente e ripetutamente il busto, in un movimento ossessivo che va ormai avanti da ore, configurando l’apoteosi di giorni autodistruttivi e senza senso, il segno di un dolore profondo che non trova via di sfogo.
Sono passate circa quattro ore da quando l’ennesimo delirio è iniziato e questo sembra essere quello definitivo. Uno scatto volontario, che visto da fuori sembra, al contrario, uno spasmo non voluto e l’ombra di quella che una volta era una persona si alza in piedi e corre urlando contro la finestra, sbatte i pugni sanguinanti più violentemente che può sul vetro, senza però causare danni. Si blocca e rivolge un inquietante sguardo verso il televisore, vi si scaglia contro urlando e con quest’ultimo rotola a terra.
La TV, girata da un lato, dopo un secondo di esitazione riparte, mentre l’uomo straziato si rannicchia in posizione fetale e inizia a piangere. Un pianto soffocato e sofferto di quelli che straziano l’anima; il pianto di chi si è smarrito nel vuoto e non ha più niente da perdere, il cui istinto di sopravvivenza è del tutto sparito lasciando spazio al più desolante dei deliri.
Nessuno sente niente, nessuno avverte le sue urla e le sue richieste d’aiuto: precipitato in un profondo labirinto mentale, non riesce a tirarsene fuori. Il mondo attorno a lui è totalmente assorbito dalle proteste che riempiono le strade, il fumo offusca la finestra della piccola stanza da cui giungono solo rantoli. C’è chi ignora volutamente quei suoni, chi invece è troppo spaventato da quello che nelle strade sta succedendo e pensa solo alla propria pelle. Un mondo diventato muto, fatto di persone che non si percepiscono tra loro, hanno solo tanta paura e non sanno di cosa. Nessuno si ferma a ragionare, nessuno realmente pensa. Tutti, a parte la larva umana che giace dolorante sul pavimento, osservano con gli occhi fissi i loro schermi.
Nubi bianco sporco hanno preso il posto dell’aria, si respira a fatica. Si susseguono esplosioni, urla e voci sputate fuori dai megafoni, sirene e tonfi. Si avverte nell’aria qualcosa di primordiale e senza controllo, come se da un momento all’altro qualcosa di irreparabile stesse per capitare.
Poi il silenzio, rumore di persone che corrono e scappano. Le urla si allontanano, il fumo si dirada e il silenzio torna a essere sovrano assoluto.
Hakfa, questo è il nome della persona che a terra giace senza aiuto, si calma. Viene rapito come fosse un bambino dal cadere di gocce d’acqua, che sul pavimento hanno formato una pozza. È immobile e resta incantato a guardare. Passano i minuti, ma lui non si muove e trascorsa circa un’ora, si alza, stringe i suoi pugni pieni di impotenza e si avvicina all’unica finestra della sua piccola stanza. Osserva la strada e vede solo il poco che rimane della feroce protesta.
Cerca di ricomporsi, asciugandosi il viso. Torna su quel letto da cui il suo pianto isterico e gonfio d’odio era partito, si concede qualche sorso di un liquore di terz’ordine. Poi si sdraia, si rilassa e sfogata la tensione, si lascia andare, abbandonandosi a un sonno sereno, quasi come se nulla fosse successo. Ora l’alcol che ha in corpo sta facendo il suo corso.
Hakfa
II
Pallide e grigie nuvole riempiono il cielo, lasciando scampo solo a pochi furtivi raggi di sole che timidamente illuminano una città di nome Nyrhan. Minacciose si spostano in rapida successione, ma per quanto possano incutere timore, non spaventano tanto quanto la folla che si muove uniforme lungo una fredda strada incorniciata da sterili grattacieli.
Una lenta marcia in contrapposizione a severe e immobili statue umane di divise vestite, l’alba di uno scontro nel primo pomeriggio che le nubi fanno sembrare l’ingresso della notte. Centinaia di persone, perlopiù abbigliate con abiti scuri, avanzano compatte. Dall’inarrestabile apparenza, cartelli e bastoni alla mano, marciano fiere e sicure. Stridenti suoni si alzano minacciosi, rombo di tamburi e grida di intimidazione ricevono ferme risposte da megafoni assordanti.
Nella prima fila, quasi a spiccare su tutti gli altri, c’è un giovane dal fisico non particolarmente dotato, con pantaloni sporchi che sembrano usciti da una guerra di trincea. La felpa con cappuccio alzato, nera e una bandana a coprirgli il volto. Nella mano tiene stretta una bandiera nera e verde e il suo sguardo è fisso. Faccia a faccia con gli oppressori in divisa, scopre il suo volto. Non si nasconde, mostra senza paura il volto della ragione. Non ha intenzione di nascondersi davanti agli aguzzini, quelle persone che vendono la libertà in cambio di soldi macchiati di sangue. Spyr, questo è il suo nome, non si tira indietro: il suo sguardo è quello di chi ha vissuto sulla propria pelle il dolore e ha promesso a se stesso che non si sarebbe più piegato. La carnagione chiara e la barba appena accennata, la testa completamente rasata e gli occhi scuri e fissi non tradiscono le sue intenzioni: è lì per combattere.
La tensione fa da conto alla rovescia prima che l’inevitabile scontro entri nel vivo. Bastoni e cartelli, parole di giustizia esposte senza vergogna, contro caschi e manganelli, gendarmi di scudi muniti, fermi e freddi come il giorno che corre, obbedienti agli ordini come creature prive di qualunque pensiero. Ormai dall’aria satura si alza il segno e una pietra scagliata dà inizio allo scontro.
Impavidi, si scagliano i manifestanti di ogni età ed estrazione sociale contro quelle divise che iniziano a manganellare, protetti dai loro scudi contro le sassaiole, picchiano senza guardare e qualunque parte del corpo è buona da colpire. Incuranti dei danni che possono provocare non si fermano neanche davanti a chi cerca di scappare. Basta! E di pacifico non resta più niente.
Le prime doloranti vittime delle botte tentano la fuga e dai violenti colpi si passa ai getti d’acqua per disperdere la folla e arrivano presto anche i fumogeni per tramortire e spaventare. I sistemi dei gendarmi sono collaudati e non resistono i ribelli che cominciano a fuggire, incoraggiando gli oppressori.
Su tutti Spyr non si tira indietro e grida con tutta la voce ai suoi compagni di non mollare. Furioso urla di non indietreggiare: Non abbiate paura, sono persone come noi, devono solo capire. Se scappate ora, sarete schiavi per sempre e tutto quello che fino a ora abbiamo fatto non avrà più valore
.
Il giovane rivoltoso, determinato, è ormai rimasto praticamente solo. Tutti sono scappati o provano a farlo, spaventati e doloranti. Lui si ritrova abbandonato contro le forze armate che lo minacciano, non vorrebbe mollare, ma alla fine senza nessuno che gli guarda più le spalle, gli resta solo da darsela a gambe. Non vuole finire in prigione, ha già assaggiato quell’amaro sapore e non è pronto di nuovo a ingoiare un così disgustoso boccone.
Arranca e corre, ma qualcuno l’ha preso di mira: il suo zelo nello scontro non è passato inosservato. Un gendarme ben attrezzato ora lo sta inseguendo. È più grande e veloce del povero ragazzo che ormai sembra spacciato, ma la forza della disperazione lo porta a correre come un condannato al patibolo. Non molla un colpo, neanche un istante, va come il vento e sembra irraggiungibile. Però il suo inseguitore non lo molla, non lo vuole lasciare andare, sembra che per lui sia diventata una questione personale.
Spyr si arrampica su di un muro, ha esperienza in queste cose e la provvidenza gli mette tra le mani un mattone, scagliato preciso sul copricapo del suo