Il cooperative learning nelle scuole italiane: apprendimento e democrazia
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Nella seconda parte del volume è stato riprodotto il testo inglese pubblicato nel 2003 come n. 30 dei Quaderni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale. Si tratta di un esempio importante di Ricerca/Azione condotta su un numeroso gruppo di scuole (32) e classi (98) italiane di vari livelli coinvolte nel Progetto "Cooperative Learning: Apprendimento e Democrazia" sottoposte a valutazione secondo un disegno degli esperimenti 'solo dopo' attraverso misure di
Input/Contesto, di Processo e di Risultato.
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Anteprima del libro
Il cooperative learning nelle scuole italiane - Giorgio Chiari
GROUP"
Una premessa
Per venire incontro alla comprensione del testo del quaderno n. 30 del Dipartimento di Ricerca Sociale dell’Università di Trento, che di questo primo Rapporto di Ricerca è una fedele ricostruzione e traduzione inglese, mi è sembrato utile ripubblicare la versione originale del Rapporto, cosi come è stata consegnata al committente PAT (Provincia Autonoma di Trento), finanziatore del nostro Dipartimento e del nostro gruppo di ricerca. Una più specifica valutazione della convenienza della traduzione ha incluso anche le tabelle e gli strumenti di misurazione e di analisi che sono poi stati più volte utilizzati per riprodurre parti della ricerca e suoi approfondimenti in altri contesti ai fini della verifica dei risultati dell’applicazione della metodologia Cooperative Learning ai nostri sistemi scolastici ai vari livelli nel nostro paese.
Sono passati quasi 20 anni da questo progetto di Ricerca Azione, in cui abbiano creduto e che, con le debite variazioni, potrebbe riprodursi nel nostro attuale sistema educativo, (dis)orientato verso numerose tecniche e tecnologie di innovazione educativa, e che tuttora si trova ad affrontare gli stessi problemi, ambizioni, utopie. Spero che questo lavoro possa fornire un contributo – valido, comprensibile e riproducibile – al miglioramento della scuola che vogliamo offrire – From Generation to Generation (S. N. Eisenstadt, 1971) – alle nuove generazioni, ai nostri figli, e non solo.
Mi è sembrato opportuno, in quanto certamente utile per i non addetti ai lavori, riportare in apertura del Rapporto un sintetico capitolo metodologico sul Disegno degli Esperimenti utilizzato in alcune ricerche e da me pubblicato nel volume ‘Climi di classe e apprendimento’ (F. Angeli, Milano, 1994).
Giorgio Chiari
Climi di classe
E apprendimento
Un progetto di sperimentazione
Per il miglioramento del clima
Di classe in quattro città italiane
Franco Angeli
(pp. 79-86)
3. IL DISEGNO DELLA RICERCA E IL CAMPIONE
3.1. Il disegno della ricerca
La presente ricerca si colloca nella classe dei disegni «quasi sperimentali» del tipo strategico «solo dopo».
Il ricorso a disegni quasi-sperimentali nelle ricerche educative è dovuto molto spesso proprio al fatto che gli esperimenti «veri», oltre ad essere difficilmente realizzabili in tempi accettabili e in contesti educativi reali raramente portano a risultati utili e generalizzabili in termini di politica scolastica concreta¹. Tuttavia, affermare che un certo tipo di esperienza didattica compiuta ha prodotto effetti positivi implica la capacità -e il coraggio- di affrontare il problema della valutazione di risultati, in un quadro logico cd epistemologico, per quanto possibile, scientifico.
In generale, si parla di esperimento quando alcuni soggetti (o altre unità di analisi), tratti a caso da una specifica popolazione, vengono sottoposti ad uno o più trattamenti (o stimoli, o programmi di sperimentazione) e quando vengono fatte osservazioni (o misure) per conoscere caute alcuni aspetti (lei loro comportamento differiscono da quelli di un gruppo di controllo, composto da soggetti simili, non sottoposti a trattamento, scelti anch’essi a caso dalla stessa popolazione.
L’assegnazione casuale dei soggetti ai gruppi sperimentali e l’uso ali gruppi di controllo sono cosi elementi essenziali dell’esperimento scientifico. A questo riguardo è importante ricordare come nella letteratura statistica classica si faccia continuo riferimento alla distinzione fra disegni sperimentali, quelli che riflettono in modo ortodosso lo schema appena delineato, e disegni quasi sperimentali, in cui viene meno l’attribuzione rigorosamente casuale dei soggetti ai gruppi di trattamento, conce ad esempio, nel caso degli alunni, i quali non risultano mai attribuiti a caso alle rispettive scuole e sezioni di appartenenza e pur tuttavia, a certe condizioni e cautele, mantengono una loro omogeneità e capacità di trattamento sperimentale controllabile.
Lo schema sperimentale classico si fonda su un gruppo sperimentale (soggetti sottoposti al trattamento-stimolo) e su un gruppo di controllo (soggetti statisticamente equivalenti non sottoposti allo stimolo). II disegno classico degli esperimenti si basa, come è noto, sul famoso «metodo della differenza» di J. S. Mill (System of Logic, 1850): «Se un caso in cui il fenomeno in esame si verifica e un caso in cui non si verifica hanno ogni circostanza comune tranne una che si riscontra nel primo caso, l’unica circostanza per cui i due casi differiscono è l’effetto, la causa, o una parte della causa del fenomeno».
II cuore dell’analisi valutativa degli effetti di dura sperimentazione sta proprio nell’analisi delle diverse fonti di differenza fra un gruppo e l’altro, fra una classe e l’altra, fra una scuola e l’altra.
Obiettivo generale della nostra ricerca era quello di determinare gli effetti differenziali delle attività sperimentali legate al progetto «climi di classe» realizzate-almeno in parte- in tutte le classi sperimentali attraverso un confronto sistematico con le classi di controllo, nelle quali nessuna delle attività del progetto era stata esplicitamente realizzata.
L’osservazione/misura degli effetti dell’attività sperimentale sugli allievi attraverso l’analisi dei punteggi ai vari indicatori test dell’indagine, costituisce la base valutativa dell’esperienza e del calcolo specifico degli effetti dell’intervento stesso.
Se da un lato l’esperimento classico completo prevede che su entrambi i gruppi vengano effettuate misurazioni prima-dopo, la pratica della ricerca «quasi sperimentale» in contesti educativi concreti tende a mettere in discussione tale procedura proprio dal punto di vista dell’efficienza statistica².
Vediamo ora a grandi linee i requisiti e gli elementi dei vari tipi di disegni sperimentali, semplici e complessi.
Nei disegni semplici si possono impostare sia confronti di tipo trasversale -ad esempio maschi vs. femmine, medie inferiori vs. medie superiori, gruppi sperimentali vs. gruppi di controllo, ecc.- sia di tipo longitudinale, essenzialmente fra punteggi ottenuti prima e dopo l’attività di sperimentazione. E questo secondo schema logico che accompagna tutto il quadro valutativo della nostra ricerca: in effetti volevamo determinare su un campione di classi e alunni l’effetto del progetto «Climi di classe» dopo un anno di applicazione di quel particolare tipo di esperienza didattica e relazionale ad esso connessa.
Un primo semplicissimo approccio valutativo potrebbe essere il seguente:
1. Fare una serie di test agli alunni all’inizio dell’anno per misurare i vari livelli nelle varie dimensioni affettive e cognitive di apprendimento;
2. Realizzare le varie attività e gli stimoli previsti dal progetto;
3. Misurare gli alunni alla fine dell’anno con test uguali o equivalenti a quelli della fase «prima»;
4. Attribuire la differenza fra le medie dei punteggi ottenute dagli allievi all’inizio e alla fine dell’anno all’attività di sperimentazione compiuta.
Questo modo tuttora alquanto diffuso di procedere, tuttavia, è troppo semplicistico, è nàif per dirla con H. M. Blalock e A. B. Blalock (1968) e contiene molte fonti possibili di errore:
a) Innanzitutto il miglioramento nei punteggi può dipendere non tanto dall’attività compiuta quanto dalla naturale crescita degli alunni che, in tale approccio semplice, rappresenta un evento non controllato dall’esperimento.
b) Misurare alcune dimensioni affettive o cognitive con un pre-test fatti all’inizio dell’anno può stimolare il desiderio (o la capacità stessa) di migliorare o mutare il tipo stesso di percezione del clima, cosicché gli allievi si applicano ed apprendono più di quanto non farebbero in assenza del pre-test. E’ questo effetto che viene denominato interazione fra pre-test e stimolo sperimentale, una specie di «effetto ricerca» (o effetto Hawthorne) creato dalla ricerca stessa.
c) Infine può succedere -ed è la regola-che il rinforzo differenziato familiare dei vari allievi provenienti dai vari ambienti sociali e culturali sia rilevante. Tale evento, non controllato da questo tipo di esperimento semplice, può interagire sia con lo stintolo sperimentale vero e proprio (l’esperienza didattica compiuta a scuola) sia con il pre-test.
Più dettagliatamente, la differenza fra il valore medio del pre-test eseguito all’inizio dell’anno e il valore medio del post-test finale è la risultante di una più complessa serie di effetti:;
- innanzitutto, vi è l’effetto dell’esperimento, vale a dire dell’esperienza didattica compiuta, che produce negli allievi un cambiamento nei livelli medi conseguiti [effetto E];
- inoltre, vi è l’effetto del pre-test, cioè il cambiamento nel livello medio dovuto al fatto di aver sottoposto gli allievi al pre-test all’inizio dell’esperienza [effetto P];
- vi è poi l’effetto dovuto a ciò che abbiamo chiamato «eventi incontrollati», nel senso che non vengono espressamente controllati nello schema sperimentale semplice qui analizzato. Si tratta, come già si è accennato, di eventi legati al passare del tempo, che implicano una maturazione e un miglioramento da parte di tutti gli allievi -quindi non solo quelli soggetti all’esperienza didattica- e di eventi che potremmo definire di tipo socio-culturale; relativi ad esempio al diverso livello di rinforzo familiare ricevuto, i quali ‘fanno sentire i loro effetti sia sulla capacità (dei singoli soggetti sia sulla capacità media dei gruppi cui essi appartengono [effetto U];
- inoltre, specie questo secondo tipo di eventi o fattori incontrollati possono interagire sia con E - l’esperienza didattica compiuta- che può avere più o meno successo a seconda del livello socio- culturale e del tipo di rinforzo familiare ricevuto dai soggetti stessi effetto interazione fra stimolo sperimentale e fattori incontrollati: IEU], sia con P (l’effetto indotto dall’aver svolto il pre-test), nel senso che esiste un condizionamento reciproco -una «interazione»- fra il miglioramento nel la dimensione misurata dovuto al pre-test e il tipo di rinforzo familiare [effetto interazione fra pre-test e fattori incontrollati: IPU;
- infine, può succedere che durante l’esperienza didattica, si verifichi un’interazione fra pre-test e stimolo [effetto IPE;] e anche un’interazione più articolata fra pre-test, stimolo e fattori incontrollati [IPEU].
Insomma, attribuire alla sola esperienza didattica compiuta tutto il merito (o il demerito) del cambiamento osservato nei vari indicatori affettivi (clima di classe, clima di scuola, soddisfazione dello studente, paura di essere interrogato, ecc.) e cognitivi (competenza lessicale, comprensione della lettura, conoscenza matematica) è come affermare che la differenza prima-dopo è dovuta interamente all’effetto E, trascurando tutte le altre fonti di cambiamento più sopra analizzate.
Per dirla in snodo più sintetico e formalizzato, ciò equivale a rendere nulli - ma è un’ipotesi assai arrischiata e tutta da dimostrare- i valori di sei delle sette incognite che compaiono in un’equazione del tipo:
in cui i simboli hanno i significati ormai noti.
Per evitare tali rischi, è possibile ricorrere ad altri disegni sperimentali che non richiedono ipotesi cosi restrittive e spesso irrealistiche. Combinando il pre-test con lo stimolo sperimentale, è possibile trattare ciascun gruppo di classi e allievi in quattro modi diversi (si veda la figura 3.1):
1 "tipo: pre-test e stimolo
2° tipo: solo pre-test
3° tipo: solo stimolo
4° tipo: né pre-test né stimolo.
In ciascun tipo verrà naturalmente effettuato il post-test.
Fig. 3.1. -1 quattro tipi di disegno sperimentale con un solo gruppo.
Il tipo 1 sottoposto al trattamento completo, che prevede sia l’effettuazione della misura all’inizio dell’esperienza (pre-test) sia l’esperienza didattica stimolo) sia infine la misurazione finale (post- test), è quello fin qui analizzato e dà origine all’equazione [1] in cui, la differenza riscontrata nelle capacità e percezioni dei soggetti nel confronto prima-dopo (d) comprende -o può comprendere- sette elementi diversi.
Per il tipo 2, gruppo di allievi sottoposti alla misurazione prima-dopo ma non all’esperienza didattica sperimentale, le differenze riscontrate comprendono - o possono comprendere - soltanto tre elementi dei sette, dal momento che non possono esservi stimolo (la sperimentazione didattica non vi è stata) né interazioni fra stimolo e fattori incontrollati. Per questo gruppo si ha pertanto l’equazione:
cioè le differenze riscontrate possono dipendere soltanto dall’effetto pre-test, dai fattori incontrollati (il passare del tempo, i rinforzi familiari, ecc.) e dalla eventuale interazione fra di essi.
Per il gruppo (o i gruppi) di tipo 3, sottoposto allo stimolo - l’esperienza didattica compiuta- ma non al pre-test iniziale, le differenze prima-dopo saranno imputabili soltanto ai tre elementi:
cioè all’effetto dell’esperienza didattica compiuta, ai fattori incontrollati e all’interazione fra di essi. Per il tipo 4, infine, sottoposto soltanto alla misurazione dopo, non potendosi avere né effetti pre- test né effetti stimolo, le differenze riscontrate nei punteggi alla fine del periodo considerato saranno imputabili esclusivamente ai fattori incontrollati. Si avrà cioè:
Il problema della valutazione dei risultati della sperimentazione sta proprio nel misurare in modo ottimale i singoli elementi componenti le varie equazioni viste fino a questo punto, Alcuni si potranno misurare proprio confrontando gruppi sperimentali, in cui isono presenti uno o più elementi sperimentali (solo pre-test: solo stimolo; pre-test e stimolo), con gruppi di controllo, in cui tali elementi sono parallelamente assenti.
Dato che gli schemi sperimentali possibili sono assai numerosi, derivando dalla combinazione dei quattro tipi di disegno sperimentale sopra illustrati³, la capacità di costruire disegni degli esperimenti validi, cioé capaci di valutare, e allo stesso tempo economici, basati su ipotesi riduttive plausibili e teoricamente fondate, è un’arte difficile che esige chiarezza di obiettivi e notevole sensibilità metodologica. Vediamo pertanto di analizzare solo alcuni disegni più semplici, che vengono più spesso usati nella pratica delle ricerche educative.
3.1.1. Disegni sperimentali classici
Il disegno classico degli esperimenti più usato in modo assoluto comprende, come abbiamo già visto, un gruppo sperimentale di soggetti sottoposti sia al pre-test sia al trattamento stimolo (tipo 1) e un gruppo di controllo in cui i soggetti vengono sottoposti al pre-test ma non allo stimolo (tipo 2). In tale tipo di disegno le differenze riscontrate fra gruppo sperimentale e gruppo di controllo vengono di regola attribuite agli effetti dell’esperienza compiuta, ipotizzando