Il nuovo mondo di Malcom Price
Di Malcom Price
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Anteprima del libro
Il nuovo mondo di Malcom Price - Malcom Price
Episodio 10
La prima corsa
Estate 1991.
Puglia, Salento.
L’Italia era uscita dai mondiali di calcio da oltre un anno. E a Rocca Secca solo ora si stava ricominciando a vivere davvero. Gli alberi del corso avevano ripreso a vegetare e prendevano vigore. Gli uccelli si riunivano in gruppetti e cantavano cip cip dalla mattina alla sera. E persino i negozi in piazza avevano iniziato di nuovo ad alzare le saracinesche e a vendere i loro lecca lecca colorati.
Quel brutto periodo si stava a mano a mano allontanando. Il ricordo del vecchio sindaco, che dopo il rigore sbagliato da Aldo Serena si era impiccato, iniziava a essere metabolizzato. E l’anno di lutto cittadino ormai era finito.
Era la notte del ventitré agosto.
Ventisette gradi centigradi e ottanta per cento di umidità.
E quella notte venne concepito lui. Il mitico Malcom Price. In futuro lo chiameranno il killer assetato del Salento. Assetato ovviamente perché in Salento non ci sono fiumi, lo sai no? Il terreno è carsico e l’acqua va tutta a farsi fottere giù, in falda.
Era mezzanotte.
Giustamente di norma non c’era mai nessuno in giro in quel cazzo di paese, figuratevi a quell’ora. Zero traffico, zero persone in strada, manco un tossico ci stava in giro. Il papà di Graziano s’era incannizzato di brutto e se ne era andato a coricare in grazia di Dio. Pure i cani randagi dormivano in mezzo alla monnezza dei cassonetti stracolmi.
Il silenzio era assoluto.
Quando improvvisamente si sentì un urlo pazzesco: «Ahhhhhhhhhhhh!» come un lampo a ciel sereno. Un boato proveniente da piazzale Re Jackson.
Tito, che a quei tempi era un giovanotto, lasciò la ragazza con cui era follemente abbracciato e corse alla finestra. Aveva iniziato a sudare freddo: «Che diavolo è stato Tina?»
«Veramente io sarei Gina!»
«Ah, vabbè, è lo stesso. Non so se mi spiego.»
«Cosa? Lo stesso?»
«Hai sentito pure tu un urlo straziante?»
Tina non rispose. Cioè Gina. Scusate. Gina era già giù per le scale. Che errore! Si vedeva proprio che il futuro sindaco era ancora alle prime armi. Senza esperienza. Perché non aveva riconosciuto quel suono. Quell’impeto di gioia. Forse uno di quelli più puri che l’essere umano conosce. Certo, lui nelle stesse condizioni non gridava mai così e quindi non aveva potuto immaginarli. Ma in quell’altra stanza a poche centinaia di metri, al calduccio e accovacciati di fronte piazzale Re Jackson c’erano loro. Mamma e papà Price. E dopo il loro urlo, a uno a uno, dolcemente si unirono in milioni alla festa.
Tutti quei spermatozoi dico. Una valanga di esserini minuscoli in cerca dell’ovulo malcomiano.
E i più importanti ovviamente te li devo presentare.
Il primo degno di nota era lo spermatozoo Bob. Lui c’aveva i capelli rasta e quella maglietta rossa con sopra stampata la bandiera cubana.
Era un tipo tranquillo Bob. Si era sistemato in un angolo all’ombra, dietro il clitoride e cantava reggae a squarcia gola. E se ne sbatteva alla grande. Davvero. Tutti correvano impazziti da una parte all’altra in cerca dell’ovulo. Ma lui, si fumava la sua siga e a chi gli chiedeva perché stesse sempre così fermo, rispondeva suonando con la sua chitarra: «One love! One heart… let’s get together and feel all right!»
Spermatozoo Bob
Era bravo e intonato.
«Posso suonare con te? Anche come corista?» gli chiedeva qualcuno.
E Bob aveva già iniziato a pensare a un gruppo da formare. Servivano solo un altro chitarrista e un batterista. Poi avrebbero scalato le classifiche uterine. Ma quella musica non piaceva a tutti. Era di nicchia. E anzi, molti lo mandavano direttamente a fanculo: «Bob, sei solo un tossico! Vattene!»
«Stai sbagliando tutti gli accordi, scemo!»
«Tu sei amico dello spermatozoo Spilotros!»
Ci voleva fegato per resistere a tutti quegli insulti, ma lui era fortunato. Perché gli spermatozoi non hanno organi complessi.
Lontano da tutti in disparte c’era n’altro spermatozoo strano. Era lo spermatozoo Canfora. Mimmo Canfora, napoletano, che fumava pure lui. Ma ricurvo e inviperito come una bestia. Una Marlboro dietro l’altra. Era preoccupato.
Nemmeno a lui interessava fecondare l’ovulo. Tutti si muovevano in ordine casuale, ma lui andava avanti e indietro sempre lungo la stessa linea retta.
«Aggie capite!» disse improvvisamente fermando le sue elucubrazioni mentali.
Uno spermatozoo che era lì vicino lo sentì: «Che cosa ha capito signore? Che cosa? Lei ha capito dov’è l’ovulo?»
«Cinquanta euri e t’ho diche!»
Il fessacchiotto annuì e immediatamente diede la somma a Mimmo, due da venti e una da dieci. E poi se ne andò dritto, seguendo l’indicazione che gli aveva dato a cazzo di cane. Lui sparì e Mimmo riprese ad andare avanti e indietro in attesa di un altro pesce pronto ad abboccare.
Giustamente non avevano manco il cervello gli spermatozoi. Più avanti ancora, avvolto in un’aura di luce, c’era lo spermatozoo Pietro. Il santone. Un montato di testa di quelli allucinanti. Solo perché un tizio famoso, pieno di sangue e ferite gli aveva detto che lui avrebbe fondato la sua Chiesa, lui si atteggiava e camminava nell’utero tutto spavaldo con il petto in fuori: «Io sarò il primo papa! Io! Io!»
Avanzava e indicava a destra e sinistra: «Io, io! Solo io! Non tu!»
E anche se nessuno degli altri spermatozoi sapesse o immaginasse minimamente cosa fosse un papa, tutti avevano una grande paura. E gli stavano dietro in processione.
«Sto coso, sto papa, deve essere qualcosa di veramente potente, compare mio!» diceva lo spermatozoo Totò mentre si gustava una tazza di caffè preparata con la moka: «Gradisci, prima di girare un’altra scena?»
«No no, io non lo supero» rispondeva Peppino. «E non voglio nemmeno il caffè. Per carità di Dio, già so’ agitato assai!»
Questi sono i fatti.
E sicuramente lo spermatozoo Pietro avrebbe vinto la corsa e fecondato l’ovulo se la storia fosse finita qui.
Ma qualcosa andò storto. Perché a un certo punto all’orizzonte comparve uno spermatozoo strano. Diverso da tutti gli altri. Aveva gli occhi azzurri come il cielo di campagna e i capelli biondi come il sole d’estate.
Era lo spermatozoo Malcom Price.
Spermatozoo Pietro
E si dirigeva verso l’interno velocissimo. Come se avesse una marca in più. Emanando ottimismo lungo il suo passaggio. Positività. Chiunque lo vedeva, allargava le braccia e sorrideva. C’era addirittura chi si faceva il segno della croce: «È il Messia!»
«No no, è mejo!»
«Più in alto del Messia non c’è nessuno!»
«È l’Everest la montagna più alta, compà!»
Lo spermatozoo Malcom era figlio di un ex marines degli Stati Uniti d’America, spermatozoo di prima classe William Howard Price. E anche se il piccolo aveva avuto un’infanzia davvero difficile a causa dei suoi genitori stravaganti, lo spermatozoo