Cronache dalla Repubblica delle Fiabe: Il libro di favole pop non adatto ai bambini e neanche a tua suocera
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Anteprima del libro
Cronache dalla Repubblica delle Fiabe - Marco Improta
1
LE CRISI ESISTENZIALI DI CAPITAN UNCINO
PARTE I
IL VECCHIO
Mettiamo subito le cose in chiaro: Peter Pan è un piccolo odioso bastardo.
È il classico tipo alla Justin Bieber che piace a tutte le ragazze. E te ci rosichi.
Lui è belloccio, divertente, ha il cuor leggero e non vuole responsabilità. Le donne ne soffrono e se ne innamorano. E te ci rosichi ancora di più.
Questo è il vero motivo per cui Capitan Uncino lo vuole aprire come un’anguria. La storia della mano tagliata e gettata al coccodrillo è solo un pretesto. La verità è che il Capitano Giacomo Uncino odia Peter Pan perché a causa sua non riesce a trovare una compagna fissa sull’Isolachenoncè.
Uncino ha un cuore nobile, sensibile, romantico, anche un po’ fragile: praticamente ogni sua relazione è un disastro annunciato.
Ci prova con le sirene, ma loro non vogliono sentir parlare di marinai, hanno occhi solo per Peter Pan: lui vola!
Allora Uncino ci prova con Giglio Tigrato, la figlia del capo indiano: pelle ambrata e intelligenza sopra la media, altro che quelle galline delle sirene. Una persona così saggia e coraggiosa come una principessa indiana non si farà mai abbindolare da quella testa di cazzo volante.
E invece si! Lei quando vede Peter Pan si frigge il cervello, corre subito da lui a fare nasi-nasi e manda a puttane la sua dignità di futuro capo indiano.
E le altre donne della tribù indiana? Vi prego, sono tutti dei cessi abominevoli.
Con chi provarci allora? Chi è rimasto sull’Isolachenoncè di sesso femminile? Le fatine? Le fatine hanno un grosso problema: sono troppo piccole per qualsiasi forma di accoppiamento, e comunque quello è territorio di caccia del Pan: Campanellino e tutte le altre sbavano solo per lui.
Dunque, per Capitano Giacomo Uncino rimangono due opzioni: o l’omosessualità o cambiare aria. Per la prima, beh per carità, nulla in contrario alla cosa in sé, i gusti son gusti e vanno rispettati, ma la questione non attira Uncino. Si, sarà pure un gentleman inglese, ma non fino a questo punto! Il Capitano gradisce le signore, c’è poco da fare.
Allora non rimane molta scelta: andar via! Andale! Raus! Salpare per altri lidi alla ricerca dell’amore eterno. Alla guerre comme alla guerre! Andiamo incontro alla vita, a ciò che serba per noi, all’arrembaggio, alla ricerca di patata e…
Aspetta! E come lo diciamo alla ciurma?
Oilà ragazzi, sentite una roba: sapete il sole, le palme e tutta la bella vita che facciamo qui sull’Isolachenoncè? Ecco, basta così. Chiudiamo per un po’ con quelle cose lì. Invece salpiamo per lidi lontani e sconosciuti per trovarmi una ragazza. Una bella ragazza. Ma non una qualsiasi da una botta e via, io intendo proprio l’amore della mia vita! Quindi ora mettetevi a sgobbare con cime e vele che dobbiamo partire per trovarmi la fidanzata.
Ecco questo è il succo del discorso da fare ai suoi uomini. Ma se Uncino la mette giù così brutale, quei gentili signori con diversi massacri sulle spalle forse non saranno molto comprensivi. Bisogna indorare un pochino la pillola. Con un poco di zucchero la pillola va giù, diceva una maitresse di Londra.
Ecco quindi che in una bella mattinata di sole il Capitano sale sul ponte della sua nave, chiama a raccolta la ciurma e, con il suo interloquire da nobile mancato in quanto figlio illegittimo di reali d’Inghilterra, comincia il suo discorso: «Illustrissimi signori! Bucanieri, carcerati, latitanti e uomini di altre prodezze… Bella vita qui sull’Isolachenoncè, non trovate?! Bianche spiagge, sole giocondo, birra a due euro, acque cristalline e sirene con la puzza sotto il naso che non ve la danno mai. Pare appropriato chiamarla Neverland. Che poi che ci dovrebbero dare? Io non saprei dove metterglielo. E se pure hanno un buco, metti che becchi una lisca… Più che una vita da pirati, si direbbe una bella vacanza da pensionati. Il riposo meritato dopo tante battaglie combattute. E chi sono i nostri temibili nemici oggi? Bimbi sperduti innocui e pellerossa che da quando fumano l’erba pipa son diventati pacifisti e chiamano tutti fratelli. Non c’è che dire, ormai sull’Isolachenoncè tutto è tranquillo. Bene bene.
Ma cosa siamo noi? Pirati o un manipolo di anziani in crociera? Pirati o speculatori finanziari che si arrostiscono le chiappe nei paradisi fiscali? Pirati o calciatori in vacanza a Ibiza? Io neanche lo ricordo più quand’è stata l’ultima volta che abbiamo sgozzato qualcuno che avesse più di diciott’anni!»
I pirati lo guardano un filo perplessi: lì sull’isola è una pacchia e le cose vanno alla grande. È vero, è parecchio che non c’è un po’ di movimento, ma va pur bene così. L’ultimo avvenimento degno di nota è stato l’arrivo di SKY sul galeone un anno prima. Il Capitano lo aveva promesso come premio alla ciurma con il pacchetto di canali sport completo, così avevano fatto installare la parabola sul pennone e tutti i fine settimana guardavano la Premier League, la Serie A e la Liga (sapete, era una ciurma cosmopolita). Per farla breve, la pay tv aveva contribuito ad intorpidirli: era rilassante vedersi le partite insieme la domenica, ma anche quell’usanza agli occhi del Capitano ormai faceva parte di un loop di monotonia senza fine. Tuttavia i suoi ragazzi non avevano alcuna intenzione di andar via dall’isola e dalla baia che li cullava.
«Senta Capitano» inizia titubante Spugna «stare qui sull’Isolachenoncè non sarà il massimo, ma a noi piace parecchio vincere battaglie a mani basse e ritrovare tesori già trovati. Insomma qui abbiamo tutto a portata di mano. Salpare sarebbe una fatica inutile. E poi in mare aperto il segnale della parabola non arriva…»
«NOOOOOOOOO» si leva subito il coro disperato della ciurma.
«Dio salvi il nostro Capitano e SKY Sport! Ip ip urrà per le notizie di calcio mercato anche il quindici di agosto!»
«Ecco, lo vede anche lei Capitano» mormora Spugna a bassa voce
«ai pirati due cose non può togliere: il rum e il calcio».
Uncino è rassegnato: «Già. Già Spugna. Avete ragione voi. Orbene fate, fate pure… Continuate a fare le cose che stavate facendo» e mentre parla sembra molto più vecchio.
Spugna si rivolge a gran voce alla ciurma: «Il Capitan Uncino è soddisfatto del vostro operato. Urrà per il Capitano!»
Quell’adunata di sporchi e pigri arraffoni esplode in urla e lodi sperticate per il proprio Capitano, ma la loro felicità è dovuta alla certezza che, anche stavolta, i loro privilegi non verranno intaccati da nuove inutili avventure, e la vita continuerà risplendente e ristagnante nella sua ripetitività.
Quando il Capitano Giacomo Uncino è sulla terra ferma, da solo senza ciurma, non è più Capitano. Non è neanche più Uncino. È semplicemente Giacomo. E ora Giacomo è steso su un prato tra margherite e farfalle. Immagine dannosa per la sua reputazione di feroce filibustiere. Ma a tutto questo Giacomo ora non pensa. In questo momento cerca solo di ricordare. Cerca di ricordare… Dov’è che ha sbagliato?!
Dove e quando si è stancato di tutto e di tutti? Qual è stato l’elemento scatenante? Cosa gli ha spalancato quell’abisso che ha dentro? Quand’è che si è stancato di essere Capitano Uncino, di combattere Peter Pan e bimbi sperduti, di fare feste, di fontane di rum, di ricchezze, di ludibrio, di degrado?
Quand’è che si è stancato del suo personaggio?!
È steso e guarda le nuvole volare veloci nel cielo blu, e in quelle nuvole cerca di ricostruire la sua vita, il suo passato. Il problema è che gli ultimi anni gli sembrano un’unica massa indistinguibile. I ricordi dell’infanzia li metti in ordine facilmente, ma i ricordi dell’età adulta… Con quelli non è così facile. Forse sarà stato l’alcol che gli ha disfatto il cervello, fatto sta che proprio non riesce a mettere in ordine cronologico tutti quegli anni passati sull’Isolachenoncè. Cerca la causa del suo vuoto interiore nel suo passato, ma il suo passato non lo riesce a mettere in fila, non ne viene a capo. Tutta questa storia lo fa sentire alla deriva, o peggio, arenato. Arenato come il suo galeone in quella baia così bella eppure così terribile, prigione dorata fatta di malinconia e routine. Espressione di schemi mentali nei quali affoga e da cui non esce più.
Cos’è che lo rende prigioniero?
Giacomo hai paura di uscire dalla baia in cui ti culli? Hai paura di uscire fuori e vivere?
Hai paura di vivere?
Certo che ne hai. Tutti abbiamo paura di vivere. Ma arrivati ad un certo punto bisogna scegliere: o salpi verso l’ignoto e accetti quello che trovi sulla tua rotta, oppure lentamente muori. Lentamente affondi e invecchi nel passato, sognando un futuro che non arriva mai. Sveglia Uncino, è il presente, alzati e agisci!
In quell’esatto momento Giacomo apre gli occhi. Si rende conto di essersi quasi appisolato nei suoi pensieri, ma ora non ha sonno: è eccitato! Come sempre sono eccitati quelli che hanno ben chiaro ciò che va fatto.
Si alza e va.
2
PULP CAPPUCCETTO ROSSO FICTION
È notte e non si vede una ceppa di nulla. Tutto è sfocato e bluastro, illuminato solo dalla flebile luce di una mezza luna che si affaccia tra gli alberi come il sorriso di uno Stregatto. In questa lugubre notte il Lupo Cattivo attende appoggiato ad un albero lungo il sentiero della foresta.
«Non arriva. È mezzanotte e quella stronzetta ancora non arriva». All’improvviso una piccola ombra si staglia sulla stradina. Il Lupo si lecca i baffi e quando la piccola figura è abbastanza vicina, balza da dietro l’albero e le si para davanti.
«Ciao bella bambina, stai portando la pensione alla nonnina?»
La piccola figura dà un pugno in faccia al Lupo facendolo cadere a terra frastornato.
«Non sono Cappuccetto Rosso, coglione, sono il Bianconiglio. E tu sei un lupo morto se non mi dai i soldi che devi al Brucaliffo».
Il Lupo è a terra, sputa sangue ed è assalito da una paura folle.
«Oh... Oh... Ciao Bianconiglio... I soldi... Se aspettate un paio di giorni ve li do. Dillo al Brucaliffo: faccio un paio di colpi, la pensione della nonna di Cappuccetto Rosso, magari frego tre zecchini d’oro a Pinocchio… E poi vengo lì al Paese delle Meraviglie a portare i soldi».
Il Bianconiglio si fa minaccioso e tira fuori dal gilet a quadri il suo orologio a cipolla con la catena d’oro.
«È tardi è tardi ormai, tu sei già in mezzo ai guai».
«No, no Bianconiglio, ti prego, ti ho detto che pago, ti prego no...»
Il coniglio fa roteare il grosso orologio tenendolo per la catena e alla fine lo sbatte sul muso del povero lupo.
Nella foresta si sente un lungo ululato così straziante che pure il Conte Dracula si caga sotto e decide di tornare al suo castello senza cena. Magari si ordinerà un litro di Zero RH negativo su JustEat.
Il Lupo Cattivo è in un lago di sangue, ha il naso rotto e forse gli è saltata una zanna.
«Ehi Lupo, dì un po’, il Brucaliffo che aspetto ha?»
«Cosa?»
Il coniglio tira fuori la pistola.
«Lupo da che paese vieni?»
Il lupo è completamente paralizzato dalla paura e riesce solo a balbettare
«Cosa?»
«Cosa è un paese che non ho mai sentito nominare, lì parlano la mia lingua?»
«Cosa?»
«La mia lingua, figlio di puttana, tu la sai parlare?»
«Si».
«Allora descrivimi il Brucaliffo, che aspetto ha?»
«Cosa?»
Il coniglio gli punta la pistola in faccia:
«Dì cosa un’altra volta! Dì cosa un’altra volta, ti sfido figlio di puttana! Dì cosa un’altra maledettissima volta e ti sparo!»
Il lupo piagnucola.
«Ok... Ok... Il Brucaliffo è blu».
«Va avanti».
«È senza capelli».
«Secondo te sembra una puttana?»
«Cosa?»
BLAM. Gli spara a una zampa.
«Secondo te lui ha l’aspetto di una puttana?»
«Noooo!» urla il lupo dolorante.
«Perché allora hai cercato di fotterlo come una puttana?»
«Non l’ho fatto!»
«Si tu l’hai fatto! Si tu l’hai fatto Lupo, hai cercato di fotterlo, ma al Brucaliffo non piace essere fottuto da anima viva, tranne che dalla Regina di Cuori. Leggi la Bibbia Lupo?»
«…Si…»
«E allora ascolta questo passo che conosco a memoria, è perfetto per l’occasione:
Ezechiele Lupo 25:17 – Il sentiero nel bosco è minacciato da ogni parte dalle iniquità dei lupi neri e dalla tirannia degli orchi cattivi. Benedetto sia colui, che nel nome della carità e di Cristina D’Avena, conduce i deboli attraverso il bosco, perché egli è in verità il pastore di suo fratello. E la mia giustizia calerà con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che proveranno a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te!»
Detto questo crivella di colpi il povero lupo.
In quello stesso momento passa di lì il cacciatore interpretato da Bruce Willis, vede il Bianconiglio e gli spara col suo fucile a pompa. Si avvicina ai cadaveri delle due bestie e fa un bel lavoretto pulito: li sveste, li scuoia, toglie i proiettili dalle carni che poi mette nel suo sacco. S’intasca la pistola e l’orologio sporco di sangue del Bianconiglio. Il gilet lo lascia lì perché è troppo piccolo, anche se è un gran bel gilet. Nella giacca di pelle del Lupo trova pochi euro e una bustina di polvere magica. S’intasca anche quelli. Prima di andarsene si ferma a guardare tutto quel casino di sangue e pelle. Sospira e va via.
«Ogni città qualche guaio ha, ma in quella c’è serenità, ma non a Nottingham».
Così recitava la canzone del gallo cantastorie amico di Robin Hood. Poi il gallo è stato catturato in un rastrellamento durante l’epidemia di aviaria. Cosa c’entra questo con la nostra storia? Nulla! Però anche il gallo canterino era un tossico che comprava