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Colui che sussurrava nelle tenebre
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Colui che sussurrava nelle tenebre
E-book90 pagine1 ora

Colui che sussurrava nelle tenebre

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Info su questo ebook

Il professor Albert Wilmarth, insegnante di letteratura inglese presso la Miskatonic University, è anche un appassionato studioso del folklore del New England. In seguito ad alcuni suoi articoli sul giornale locale, che tendono a mettere in ridicolo voci di apparizioni di "strani esseri" nei boschi del Vermont, egli viene contattato dallo studioso Henry Akeley, che afferma di aver avuto un contatto ravvicinato con entità aliene sulle colline del Vermont.Incuriosito, Wilmarth intrattiene una fitta corrispondenza con Akeley il quale, in una serie di lettere sempre più inquietanti e drammatiche, sostiene che di giorno le creature lo sorvegliano costantemente per mezzo di spie umane, mentre di notte lo costringono a rifugiarsi dentro la sua abitazione, in un luogo isolato tra le foreste. Poi di colpo, Akeley non fa più avere sue notizie fino al giorno in cui Wilmarth, dopo un lungo silenzio, non riceve un'altra lettera dallo studioso, il quale appare notevolmente più calmo e sollevato e che lo invita addirittura a soggiornare nella sua fattoria per fargli conoscere le strane entità aliene, in quanto ha scoperto che in realtà sono assolutamente amichevoli ed animate dalle migliori intenzioni.Il professor Wilmarth così, decide di partire per il Vermont.-
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2021
ISBN9788726584271
Autore

Howard Phillips Lovecraft

H. P. Lovecraft (1890-1937) was an American author of science fiction and horror stories. Born in Providence, Rhode Island to a wealthy family, he suffered the loss of his father at a young age. Raised with his mother’s family, he was doted upon throughout his youth and found a paternal figure in his grandfather Whipple, who encouraged his literary interests. He began writing stories and poems inspired by the classics and by Whipple’s spirited retellings of Gothic tales of terror. In 1902, he began publishing a periodical on astronomy, a source of intellectual fascination for the young Lovecraft. Over the next several years, he would suffer from a series of illnesses that made it nearly impossible to attend school. Exacerbated by the decline of his family’s financial stability, this decade would prove formative to Lovecraft’s worldview and writing style, both of which depict humanity as cosmologically insignificant. Supported by his mother Susie in his attempts to study organic chemistry, Lovecraft eventually devoted himself to writing poems and stories for such pulp and weird-fiction magazines as Argosy, where he gained a cult following of readers. Early stories of note include “The Alchemist” (1916), “The Tomb” (1917), and “Beyond the Wall of Sleep” (1919). “The Call of Cthulu,” originally published in pulp magazine Weird Tales in 1928, is considered by many scholars and fellow writers to be his finest, most complex work of fiction. Inspired by the works of Edgar Allan Poe, Arthur Machen, Algernon Blackwood, and Lord Dunsany, Lovecraft became one of the century’s leading horror writers whose influence remains essential to the genre.

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    Anteprima del libro

    Colui che sussurrava nelle tenebre - Howard Phillips Lovecraft

    Colui che sussurrava nelle tenebre

    Original title: The Whisperer in Darkness

    Original language: English

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1931, 2021 H. P. Lovecraft and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788726584271

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga Egmont - a part of Egmont, www.egmont.com

    1

    Sia ben chiaro: non fu una visione d’orrore quella che si parò alla fine davanti ai miei occhi. Tuttavia, affermare che le conclusioni cui sono giunto siano il frutto di un puro e semplice disturbo psichico, e che, come la goccia che fa traboccare il vaso, sia stato questo a farmi abbandonare a precipizio la solitaria fattoria di Akeley, a fuggire nel cuore della notte in una vecchia automobile e ad attraversare le nere colline del Vermont, significherebbe ignorare i dati tangibili dell’esperienza. Ammetto di non poter provare niente, pur avendo condiviso le informazioni di Akeley e avendo elaborato con lui determinate congetture: ho visto e udito molte cose, e l’impressione che ne ho ricevuto è stata estremamente vivida, ma ancora oggi non sono in grado di dimostrare che le terribili deduzioni da me tratte abbiano un fondamento. Quanto alla sparizione di Akeley, essa non prova granché. Nessuno ha rilevato qualcosa di sospetto nella casa, all’infuori di qualche traccia di pallottola all’esterno e all’interno: si potrebbe credere che Akeley fosse uscito a fare una passeggiata sulla collina e non fosse ritornato. Nessun indizio rivela che il padrone di casa abbia ricevuto un visitatore, né che quegli orribili cilindri siano stati collocati nel suo studio. Certo, Akeley ha sempre manifestato un terrore mortale per le scure colline attraversate da una miriade di ruscelli fra le quali è nato, ma nemmeno questo prova nulla, giacché tante persone sono soggette a paure morbose dello stesso tipo. Senza contare che, a giustificazione del suo bizzarro atteggiamento e delle paure che nutriva, si potrebbe invocare l’indole eccentrica dello scomparso.

    Per me, la faccenda incominciò con i grandi allagamenti che si produssero nel Vermont al principio di novembre del 1927. A quell’epoca insegnavo letteratura inglese alla Miskatonic University, ad Arkham, nel Massachusetts, ed ero appassionato del folclore della Nuova Inghilterra. Fra le storie che riempivano i giornali a proposito dell’inondazione, apparvero bizzarre notizie di creature sconosciute che erano state viste galleggiare sulle acque di alcuni fiumi in piena. I miei amici e colleghi dell’università s’impegnarono subito in gran discussioni sull’argomento, ricorrendo spesso a me per chiarimenti. Lusingato che si prendessero sul serio i miei studi sul folclore della regione, feci il possibile per ridimensionare alcuni racconti stravaganti ovviamente ispirati da vecchie superstizioni campagnole. Mi divertì molto vedere gente colta affermare che quelle voci avrebbero potuto benissimo essere basate su fatti reali più o meno deformati.

    Le storie che vennero così sottoposte alla mia attenzione provenivano da ritagli di giornali; tuttavia una di esse era stata raccontata a voce a uno dei miei amici da sua madre, che abitando ad Handwick, nel Vermont, ne aveva poi scritto al figlio. Comunque le descrizioni concordavano su alcuni punti essenziali. Notai che le creature in questione erano state scoperte in tre punti: nel fiume Winooski, vicino a Montpelier; nel West River, a valle di Newfane, contea di Windham e nel fiume Passumpsic, a monte di Lyndonville, nella contea di Caledonia. Non mancavano cenni sparsi ad altri casi, ma a un’analisi più attenta pareva che si riducesse tutto a questi tre. Abitanti delle zone interessate dichiaravano di aver scorto organismi bizzarri nelle acque tumultuose che si scaricavano dalle colline solitarie; e la tendenza generale era di ricollegarli a un ciclo primitivo di leggende quasi dimenticate, che i vecchi riesumavano per l’occasione.

    Ciò che la gente credeva di aver visto, erano delle forme organiche diverse da quelle finora conosciute. Naturalmente numerosi corpi umani furono trascinati dalle acque in quel tragico periodo; ma chi descrisse gli esseri misteriosi pareva convinto che non si trattasse di uomini, malgrado certe rassomiglianze superficiali di dimensioni e di contorni. Non potevano nemmeno essere, secondo i testimoni, animali familiari agli abitanti del Vermont. Erano creature di un colore tendente al rosa, lunghe circa un metro e mezzo; il loro corpo, avvolto in un involucro da crostaceo, era dotato di un paio di grandi pinne o ali membranose dorsali, e di diversi gruppi di membra articolate; una specie di ellissoide ricoperto da una moltitudine di brevi antenne teneva il posto della testa.

    Era davvero significativo come le diverse descrizioni coincidessero nei punti essenziali, tuttavia non bisognava meravigliarsene troppo, poiché le vecchie leggende un tempo diffuse nel paese contenevano appunto immagini di questo genere e la fantasia dei testimoni poteva esserne stata impressionata. Conclusi che tali testimoni, boscaioli dallo spirito ingenuo, dovevano aver scorto i cadaveri gonfi e mutilati di uomini e di animali nelle acque turbinanti, e che i loro confusi ricordi di antiche tradizioni avessero dotato quei resti pietosi di attributi fantastici.

    Il vecchio folclore della regione, quasi dimenticato dalla generazione attuale, aveva un carattere molto particolare perché aveva subito l’influenza dei racconti indiani che l’avevano preceduto. Benché non avessi mai visitato il Vermont, lo conoscevo a fondo grazie alla rarissima monografia di Eli Davenport, che è particolarmente ricca di documenti di fonte orale forniti dagli abitanti della regione prima del 1839. I documenti coincidevano con alcuni racconti che io stesso avevo udito dalla bocca di vecchi montanari del New Hampshire: gli uni e gli altri menzionavano una razza di esseri mostruosi che si nascondevano negli oscuri boschi sopra le colline meno accessibili, e in fondo alle valli dove passavano corsi d’acqua di misteriosa provenienza. Li si vedeva raramente, ma qualche prova della loro esistenza era stata scoperta da chi si era avventurato sui picchi più alti, o in gole scoscese che perfino i lupi evitavano.

    Strane impronte di piedi o di artigli erano state trovate sulla riva dei ruscelli o in tratti di terreno argilloso, come pure curiosi circoli di pietre, che, costruiti in mezzo a spiazzi di terreno dai quali l’erba era stata strappata, non sembravano né foggiati ad arte né posti lì dalla natura.

    Sul fianco delle colline c’erano, inoltre, caverne inesplorate il cui ingresso era chiuso con massi che non si trovavano lì accidentalmente: un gran numero di impronte conduceva verso la loro imboccatura e se ne allontanava (senza che si potesse dire, data la loro stranezza, quali fossero volte in un senso e quali nell’altro). Infine, ed era la cosa più paurosa, c’erano mostruose creature che i montanari di tanto in tanto intravedevano nella penombra di vallate lontane o nel cuore dei fitti boschi situati su pendii inaccessibili.

    L’orrore sarebbe stato meno inquietante se le varie

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