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La Vera Storia Dei Cacciatori Di Mostri
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E-book127 pagine1 ora

La Vera Storia Dei Cacciatori Di Mostri

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Info su questo ebook

Un giornalista inglese sulle tracce del leggendario mostro del lago avvistato dai pescatori e che poi, in tempi recenti, è stato oggetto di un documentario da parte di due filmakers.

Una ricerca incessante con imprevedibili colpi di scena che porterà lo scrittore ad altre scoperte. Una ricerca negli abissi delll’animo umano.
LinguaItaliano
Data di uscita12 apr 2012
ISBN9788866187738
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    Anteprima del libro

    La Vera Storia Dei Cacciatori Di Mostri - Paul Dogerty Flyan

    L’Editore

    THE NEWS OF THE LAKE

    "E quando l’acqua si confonde con l’aria, il vento si nasconde negli abissi più profondi e il respiro degli elementi diventa tutt’uno, il naufrago nella solitudine della sua avventura come può vedere ciò che nessuno aveva mai visto?".

    Una frase scolpita nella memoria. Una strana storia, una storia in cui mi sono imbattuto nella mia incessante ricerca giornalistica. Ero seduto nel mio studio del Devon quando nella mia perenne ricerca di antiche leggende, come una mina che brilla in una cava, notai su un sito internet un fatto particolare. Il titolo era entusiasmante : Hunters of the monsters. Ovvero: I Cacciatori di mostri sul lago di Garda. Storie di vampiri? Dracula ?Tutt’altro!Una trama narrata da un filmato documentario proiettato in  alcuni cinema italiani. Precisamente sul lago di Garda, specchio lacustre, posto tra ilVeneto,Lombardia e Trentino Alto Adige a ridosso delle alpi.

    Una trama alquanto curiosa: un giornalista dopo aver trovato testimonianze dell’antica presenza di un essere mostruoso nel lago si pone, insieme ad un suo amico, alla ricerca dello strano essere finché succede l’imprevedibile. La barca va alla deriva senza benzina con il giornalista che salvato in extremis, dà segni di allucinazioni visive. Sotto choc, solitario, racconta innanzi alla sua videocamera di aver visto nelle acque del lago un pesce gigantesco. Il suo collega poi, da quanto si vede nel filmato,era prima fuggito dall’imbarcazione dopo aver percorso in pieno inverno a nuoto un tratto di lago, riuscendo a dare l’allarme e a salvare così il suo compagno d’avventura abbandonato sulla barca. Una storia che aveva del mistero ed io che nel mistero ci vivo, mi sentivo affascinato per la stranezza del fatto narrato.

    Scandagliai così per giorni internet e riuscii a trovare ulteriori notizie sulla strana avventura. I due cacciatori, secondo un giornale italiano, L’Arena, da diverso tempo stavano andando alla ricerca di quel pesce mostruoso. Ma quale mostro!Il mostro non esiste! , dissi tra me. Anche lì un altro fantomatico caso Lochness. Ma forse no! I due,sempre secondo quanto ero riuscito ad acquisire, avevano ritrovato in una casupola del Garda gli arnesi di un pescatore che, come narravano i giornali negli anni 60’, aveva visto nel lago un pesce mostruoso. Da questi fatti era partita la loro ricerca, ripresa anche dalle telecamere che si portavano appresso, intervistando poi, personaggi caratteristici della zona . Insomma un’avventura alquanto originale che si era conclusa in una caccia sul lago, finché l’imbarcazione dei temerari rimaneva a secco, senza benzina, con un plateale litigio davanti alle telecamere.

    Decisi così preso da tali fatti di tentare di presentare questa storia al mio editore. Storia che poteva andare bene per trarre un soggetto di un reportage documentaristico se non sceneggiatura da film. Il titolo : La vera storia dei Cacciatori di mostri. Ero certo che, nella mia carriera di scrittore dopo innumerevoli indagini, questa mi appariva la più sensazionale anche perché tutte le fasi della ricerca del Big fish da parte dei due personaggi erano state ampiamente documentate, almeno da quanto sapevo, tramite le loro riprese e volevo capire cosa c’era di vero o di falso in quello che raccontavano.

    Dall’ altra però dovevo convincere, per finanziare il libro, il mio editore che però, in quel periodo non è che navigasse nell’oro .

    Perché non va a cercare Lochness, magari è più vicinosbottò Sir Mak. Perché questo non è Ness, questa è una storia vera!. Sapevo forse di mentire. Ma lui, senza guardarmi, mi mise sul piatto un assegno. Tre settimane e non di più!Poi torni qui,ma con i risultati!E stia attento, non vorrei finire in bolletta per le sue spese mediche!. Un augurio che era una garanzia. Ma quello era fatto così.

    Il giorno 16 ottobre di quell’anno di avvistamenti, decisi così di partire per l’Italia per iniziare a cercare,entusiasta, quanto annunciato e mettermi alla ricerca degli ex naufraghi e del pesce giogante. Un volo stupendo mi aspettava. La Manica, La Francia e poi più in giù sopra Le mer de la Glace del Monte Bianco, con le sue immense vette dorate dal sole, e sotto dei piccoli puntini che sembravano dei piccoli mos…cerini. Ma dov’è il confine tra reale e irreale?Pensai.

    Chiesi poi alla signora, mia vicina compagna di viaggio se quello che si vedeva al di sotto delle nuvole era il lago di Garda. Ma lei un po’ imbarazzata annuì .No quello vede … penso sia il lago di Como. Una signora con un età prossima agli ottanta (almeno in apparenza sembrava), che tornava dopo anni nella sua Italia. Comunque sia, poco dopo apparve il lago e lo capii dai cenni della testa della solerte donna che m' indicò prontamente quello che doveva essere il più grande bacino interno della penisola italica. A vederlo sembrava una chitarra di… Paul McCartney a cui però mancava qualche corda. Anzi una c’era già. Una minuscola penisola sembrava fare da sparti acque. Venni a sapere che quella era Sirmione terra natia del celebre poeta Catullo che, nelle sue poesie, cita le Lidie terre della patria benacense. Ovvero Lidie, cioè dalla Lidia, abitate da popolazioni etrusche probabilmente originarie della Grecia.

    E sbarcai proprio all’aeroporto Valerio Catullo di Verona dedicato al celebre poeta latino. Qui trovai un opuscolo che mi narrava le storie più antiche della provincia , dai Romani per arrivare agli scaligeri, sino ai tempi nostri. Ebbi cosi l’occasione di vedere all’aeroporto una gigantografia di quel luogo incantevole detto San Vigilio e della baia sua prossima . Rimasi stupito …

    Senta chiesi al taxi driver che mi veniva incontro come si fa a raggiungere quella penisola vista all’aeroporto?.

    Quale?, rispose quello, Forse sta parlando del promontorio di San Vigilio?. Forse risposi. Beh se vuole ce la porto io. Li vicino c’è anche una piccola baia detta delle Sirene. Ma stia attento a non caderci dentro … eh se no s’ incanta!. Il buon italiano scherzava . E mi parlò poi della sua famiglia, della sua chitarra e del mandolino.

    Ah! tutti uguali … questi italiani!Sempre con la testa nella musica. Invece noi inglesi! Comunque alla fine tra una divagazione e l’altra mi condusse, dopo una buona mezz’ora di viaggio a San Vigilio e lì mi lasciò con le valige. Anche perché non riuscii a farmi comprendere con il mio italiano stentato. La saluto sir dissi e mi saluti sua moglie e tutta la sua famiglia. Per dormire dove si va? . E l’altro Le lascio il mio recapito. Non si sa mai, un giorno potrebbe servirle!. E mi diede il suo biglietto, e praticamente non feci in tempo a guardarlo che, levata la testa, l’uomo era già partito per un’altra missione.

    Dove cavolo mi aveva portato costui? Cercavo un alloggio e quello mi aveva lasciato proprio in mezzo alla strada. Va beh che gli avevo detto San Vigilio. Però! Lessi il suo nome sul biglietto. Alquanto strano per essere italiano! B. J. recitava. Provai a richiamarlo al cellulare ma nessuno rispondeva. C’era una nebbiolina intorno che certo non era quella delle nostre terre, ma che incuteva di certo rispetto visto che sbattei subito il muso contro quello che a prima vista sembrava un bel pino. Cosa che mi fece capire come il luogo era ricco di simile varietà di piante.

    Iniziai così a vagare nell’aere finché arrivai su un lato della costa che dava su una bella insenatura che, a dire il vero, si confondeva per il grigiore della giornata con le acque del lago. Ma si!Era quell’immagine già vista: la Baia delle Sirene!Vedevo in lontananza sullo specchio d’acqua, un pescatore che placido mischiava le reti tratte dal profondo del lago. Cercai di richiamarlo per chiedergli come raggiungere un albergo che,carte alla mano, distava circa tre chilometri dal punto del mio primo impatto con il suolo della riviera benacense. Ma non mi sentiva vista anche la distanza.

    Così notai, lì prossima, una stradina che s’incuneava in mezzo arbusti e rovi verso il piccolo golfo. M’incamminai su quel percorso che non sembrava battuto da esseri umani da circa duecento anni … Accidenti!, dissi tra me Altro che duecento anni!Duecentomila!. Posi un piede su una cosa molliccia. Un residuo di comune materassino gonfiabile! Mi fece ruzzolare su una siepe per di più densa di spine. Speravo di non di finire scorticato vivo perché ero appena arrivato e volevo dare una bella impressione alla gente del luogo. Ma mi trovai in uno stato tale che se mi avesse visto mia madre, nella mia gaudente infanzia, non mi avrebbe fatto uscire di casa per diversi giorni. E in quelle condizioni lercio, arrivai giù in fondo fin alla sassosa costa.

    Alzai lo sguardo per cercare il pescatore ma costui sembrava… scomparso! Stavo girando e rigirando, per ragionare sullo strano destino dell’umanità, quando d’improvviso riapparve sulla punta ovest dello strano ma bellissimo golfo … un puntino. Era il pescatore che stava ritornando! Iniziai a sbracciare per farmi notare, ma costui quando giunse a circa una ventina di metri da me, al mio ennesimo urlo, improvvisamente, cambiò rotta.

    Il suo viso, ve l’assicuro sembrava alquanto spaventato, e io innanzi a tale terrore, rimasi immobile quasi che avesse visto qualcosa alle mie spalle muoversi furtivamente. Mi voltai d’improvviso. Ma

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