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Contraffazione e Truffe On Line? No, Grazie!: Tutto quello che bisogna sapere
Contraffazione e Truffe On Line? No, Grazie!: Tutto quello che bisogna sapere
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E-book302 pagine2 ore

Contraffazione e Truffe On Line? No, Grazie!: Tutto quello che bisogna sapere

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Info su questo ebook

Schivare le truffe on line quando si vuole compravendere un accessorio griffato non è una questione di eccezionale difficoltà, ma implica conoscenze specifiche e l'utilizzo di alcuni trucchetti.

Quali sono i mezzi a nostra disposizione per evitare che lo shopping on line diventi un elemento disturbante del nostro dolce riposo notturno?

Un antico e profetico adagio recita che sarebbe meglio prevenire piuttosto che curare. Il proposito di questo volume è esattamente questo: giocare d'anticipo. Per fare ciò, diventa imprescindibile la conoscenza del fenomeno contraffattivo, dei marchi e dei brevetti e la loro tutela, dei metodi di spedizione, dei metodi di pagamento e delle tecniche pratiche per ridurre al minimo gli episodi truffaldini.

L'approfondimento dei concetti di fast fashion, neuromarketing, lusso, status symbol, bellezza, shopping compulsivo, maison storiche ed altri ancora, contribuirà a completare il quadro d'insieme.
Interviste inedite a persone di indubbia fama e competenza specifica rappresentano una significativa chiosa per alcuni paragrafi-chiave.

L’autrice

Lara Zanicotti, milanese di nascita e ligure di adozione, si laurea in Giurisprudenza presso l'Università Statale del capoluogo lombardo. Appassionata di moda e di lusso, lavora nel settore fin da studentessa. L'interesse relativo alla contraffazione nel mondo fashion l'ha motivata ad indagare tale tematica e ad esporsi in prima persona come eventuale bersaglio di truffe nelle compravendite on line.
Dal connubio tra questa attività proattiva e il suo percorso accademico, è nato questo volume, che si propone come vademecum per evitare di diventare vittime degli inganni orditi dai pirati del web. Questi spillano denaro, carpiscono dati sensibili e trasformano un divertente passatempo, come lo shopping on line, in una faccenda complicata e deludente.
LinguaItaliano
Data di uscita29 apr 2021
ISBN9791280319074
Contraffazione e Truffe On Line? No, Grazie!: Tutto quello che bisogna sapere

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    Anteprima del libro

    Contraffazione e Truffe On Line? No, Grazie! - Lara Zanicotti

    studiosi".

    CAPITOLO I

    INQUADRAMENTO GIURIDICO DELLE FATTISPECIE

    I delitti contro il patrimonio

    I delitti[2] contro il patrimonio vengono contemplati nell’ultimo titolo del libro II del nostro c.p. Per patrimonio, nel linguaggio comune, si intende il complesso di attività e di passività afferenti ad un soggetto giuridico, però, dal punto di vista penalisticamente rilevante, questo si parcellizza di fronte all’attività delittuosa subita (ad esempio furto di un portafoglio) in quanto il nostro sistema penale non prevede un istituto a tutela del patrimonio nella sua interezza. È necessario dunque definire preliminarmente qual è il concetto cosa che la legge penale prende in considerazione: con questa locuzione si fa riferimento a qualunque entità di matrice reale (dal latino res=cosa), tangibile, sia mobile che immobile, nonché le entità naturali che hanno un valore economico e sono suscettibili di appropriazione, tra cui le energie.

    I delitti contro il patrimonio devono presentare caratteristiche peculiari affinché si possano considerare tali:

    La cosa oggetto di reato deve necessariamente rientrare nella sfera giuridica di una persona diversa rispetto a quella di chi commette l’attività delittuosa, cioè - in parole semplici - la cosa deve avere la caratteristica imprescindibile dell’altruità della relativa proprietà.

    Il reato deve arrecare un danno patrimonialmente rilevante per chi lo subisce. Dunque il patrimonio nel suo complesso soffre una defalcazione (anche se la cosa ha mero valore affettivo), la cosiddetta deminutio.

    La sussistenza del profitto ingiusto (sia patrimoniale che non) derivante dall’attività criminale posta in essere per sé o per altri (quindi terzi).

    Il nostro c.p. suddivide in 2 macrocategorie i reati contro il patrimonio a seconda della modalità con cui viene commesso l’illecito: la prima contempla i delitti attuati con violenza su cose o persone (ad esempio la rapina, l’estorsione e via discorrendo), la seconda quelli commessi mediante frode, e quest’ultima classe è quella indagata in questa sede (dunque contraffazione, truffa, truffa da contraffazione ed altri).

    Da notare che il c.p. - nel suo Libro III Titolo I - intende prevenire reati ulteriori attraverso alcune norme specifiche: ad esempio inquadra come contravvenzione "Chiunque, avendo ricevuto denaro o avendo acquistato o comunque avuto cose provenienti da delitto, senza conoscerne la provenienza, omette, dopo averla conosciuta, di darne immediato avviso alle Autorità" (art. 709 c.p.), ovvero l’omessa denuncia di cose provenienti da delitto. Qui si è in presenza della circostanza del possesso in buona fede e si vuole reprimere l’omissione della denuncia nel caso in cui si venga successivamente eruditi in merito alla provenienza illecita della cosa in oggetto, ed è per questo che la pena prospettata in caso di violazione della norma è l’arresto fino a 6 mesi e l’ammenda fino a 516 euro. Il precetto tende a prevenire la commissione di reati lesivi del patrimonio ed evitare conseguenze ulteriori agli stessi. Questo articolo si applica in forma residuale rispetto ai dispositivi che contemplano l’acquisto di cose di sospetta provenienza e la ricettazione.

    Infatti, diverso e più grave è invece il caso descritto dall’art.712 in quanto qui non si è in presenza di assoluta buonafede come nell’ipotesi suddetta, bensì il concreto dubbio riguardo all’illiceità si è già volitivamente insinuato nel soggetto agente. La fattispecie in esame è conosciuta come incauto acquisto. "Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l’arresto fino a 6 mesi o con l’ammenda non inferiore a 516 euro. Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza", ovvero l’acquisto di cose di sospetta provenienza. La diversità tra questa fattispecie e la ricettazione (art. 648 c.p. che verrà analizzata successivamente in maniera più ampia) si concretizza nel fatto che mentre l’acquisto di cose sospette presuppone un semplice dolo eventuale, secondo la prevalente giurisprudenza, nel reato di ricettazione è, al contrario, imprescindibile un elemento rappresentativo e volitivo superiore rispetto alla mera ombra riguardo all’illegittimità della provenienza. Il colpevole deve quindi accettare scientemente il rischio della provenienza illegale e, nonostante il serio dubbio, procedere all’acquisto a discapito dell’eventuale violazione della disposizione penale.

    La frode

    Secondo il vocabolario Treccani per frode si intende un "atto o comportamento diretto a ledere con l’inganno un diritto altrui; in diritto privato s’intende per frode ogni comportamento sleale in pregiudizio di altri, più grave della malafede. In diritto penale, il termine frode indica una serie di condotte caratterizzate da modalità elusive previste come reato dal codice o dalle leggi speciali" dal latino fraus, cioè azione contraria alla verità ed alla correttezza in pregiudizio di persone o organizzazioni oppure enti, con malafede.

    Un esempio è la frode in commercio, ovvero un reato perpetrato ai danni dell’industria e il commercio commesso da chi, nell’esercizio di un’attività commerciale, consegna al compratore un bene diverso da quello pattuito in termini di qualità, provenienza, quantità od origine (per esempio frode alimentare se il bene di consumo edibile è oggetto di sofisticazione). La frode tuttavia si può declinare in diverse sfumature a seconda dell’ambito in cui viene messa in atto: frode informatica, frode processuale, frode della legge e via discorrendo.

    Come è facilmente intuibile, la frode non è un’invenzione moderna, al contrario era già ben conosciuta anche dagli antichi Romani, i quali nelle 12 tavole facevano già riferimento alla circostanza in cui un soggetto, con falso titolo, veniva in possesso di una cosa controversa; il truffatore veniva etichettato con la locuzione scorpione velenoso.

    Solo per esemplificare, nella categoria della frode il codice penale annovera in primis la truffa, poi la circonvenzione di incapaci, l’appropriazione indebita, la ricettazione, l’usura, la vendita di prodotti con segni mendaci e via dicendo. Anche il cosiddetto scrocco è elencato tra le differenti estrinsecazioni della frode.

    La truffa, la truffa da contraffazione e il reato di produzione e distribuzione di prodotti con segni mendaci

    Sebbene i confini tra queste tipologie di reato siano abbastanza sfumati, vi sono comunque alcune differenze che è bene tenere in considerazione.

    La truffa da contraffazione è un tipo specifico di reato che ha per oggetto merce contraffatta. La truffa in generale può avere oggetti diversificati purché attuata con l’inganno e l’artificio e che ciò procuri un danno ingiusto a favore del truffatore. In questo caso determinato ha, invece, come perno la compravendita di articoli, più o meno palesemente, non originali. Dunque qui si trova l’intersezione tra il reato di truffa e quello di contraffazione.

    L’art. 517 del c.p. recita: "Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell’ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il consumatore sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a 2 anni o con la multa fino a 20 mila euro. Articolo modificato dalla legge numero 99 del 2009 al fine di inasprire le pene previste dal codice, che in precedenza prevedeva invece la detenzione fino ad un anno e la multa fino a 2 milioni di vecchie lire. Questa norma ha carattere sussidiario, ovvero assume validità nel caso in cui la fattispecie delittuosa non possa essere considerata un altro diverso reato. Tale fattispecie punisce l’utilizzazione di marchi mendaci anche se essi non sono registrati, e la Corte di Cassazione ha spesso confermato tale assunto. Tutto ciò in funzione della tutela del consumatore. Mentre, secondo il costante indirizzo dottrinario e giurisprudenziale, le fattispecie penali previste dall’art. 473 c.p. (contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali) e art. 474 c.p. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti falsi) esigono la contraffazione (che consiste nella riproduzione integrale di un marchio o di un segno distintivo) o la alterazione (che ricorre quando la riproduzione è parziale, ma tale da potersi confondere con il marchio originario o con il segno distintivo) (cfr., ex multis, Cass. Sez. 5, 26/6/1996 n. 7720), la fattispecie prevista dall’art. 517 c.p. prescinde, oltre che dall’esistenza di un marchio registrato, dalla falsità dello stesso, rifacendosi alla mera, artificiosa equivocità dei contrassegni, marchi ed indicazioni illegittimamente usati, tali da ingenerare la possibilità di confusione con prodotti similari da parte dei consumatori comuni" - Cass. Sez III, 09-06-2009, n.23819.

    I reati di contraffazione per antonomasia sono contemplati dagli articoli 473 e 474 del c.p. Il primo è relativo alla fabbricazione di oggetti con marchi contraffatti e mira quindi a tutelare i marchi in sé da falsificazioni compiute materialmente sul bene oggetto di tutela industriale, mentre il secondo proibisce l’introduzione nello Stato ed il commercio di prodotti falsi.

    Una notizia di cronaca nostrana del dicembre 2016 mette in luce come i social network siano canale privilegiato per piazzare merce contraffatta: in questo caso specifico riportato da un quotidiano, una donna di Roma utilizzava infatti il web per smerciare abbigliamento e accessori di griffe falsificati; partendo da questa indagine, i finanzieri hanno poi scoperto una intera filiera atta alla distribuzione della merce contraffatta su tutto il territorio nazionale. Le ordinazioni venivano poi saldate attraverso carte prepagate e gli articoli venivano spediti direttamente al domicilio degli acquirenti mediante corrieri privati di modo che l’attività illecita rimanesse sommersa. I responsabili dovettero rispondere del reato di produzione e distribuzione di prodotti con segni mendaci. Nel frattempo sono stati sequestrati addirittura 13.000 capi ed accessori Vuitton, Prada, Moncler, Dior, Alviero Martini e tanti altri.

    Altro episodio segnalato da un quotidiano è avvenuto nella zona di Peschiera del Garda nel maggio 2018: una banda di giovani napoletani truffava prevalentemente anziani e turisti propinando soprattutto profumi e smartphone fake di bassissima qualità con tanto di fatture contraffatte. La commedia da loro inscenata prevedeva un falso fattorino che, nel vano tentativo di consegnare un pacco a destinatario inesistente, proponeva con raggiri ai malcapitati l’acquisto ad un prezzo stracciato del pacco contenente la merce falsificata con la scusa di liberarsene per non portarlo indietro.

    Questi sono solo alcuni degli episodi di cronaca riportati dalla stampa, ma si può tristemente affermare che si tratta di avvenimenti molto comuni e che possono capitare a chiunque.

    La ricettazione

    La ricettazione rientra tra i delitti contro il patrimonio mediante frode e l’oggetto è sempre una cosa materiale di provenienza illecita.

    L’art. 648 c.p. "Fuori dai casi di concorso nel reato, chi al fine di procurare a sé od altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da 2 ad 8 anni e la multa da 516 a 10.329 euro".

    Il soggetto agente deve essere consapevole della provenienza illecita delle cose deducibile da qualunque elemento, sia diretto che indiretto.

    La norma mira ad impedire che, verificatosi un reato, persone diverse dall’autore e dai complici, possano trarre anch’essi vantaggi derivanti indirettamente dal delitto precedente. In tal modo si tende a spezzare la catena dei reati che possa conseguirne. Altrimenti questo nodo si scioglierebbe soltanto nel momento in cui l’oggetto del reato arrivasse nelle mani di un terzo in buona fede.

    La ricettazione presuppone dunque un reato antecedente alla stessa, (cosiddetto reato presupposto) commesso con dolo o colpa appunto in un momento precedente rispetto all’avvenuta ricettazione. Ad esempio il delitto (non contravvenzione) presupposto può consistere nel furto, nella rapina ed anche ciò che è oggetto particolare di questa indagine, ovvero nella contraffazione. L’agente può essere chiunque tranne l’autore del reato presupposto. Il soggetto deve essere consapevole dell’illiceità della provenienza delle cose (o denaro) e deve agire con il dolo specifico di avere l’intenzione di procurare a sé o ad altri un profitto mediante comportamenti anche meramente di intermediazione.

    L’articolo in esame pone la clausola di riserva "fuori dai casi di concorso nel reato" e ciò sta a significare che si esclude dal novero dei soggetti attivi il concorrente nel reato presupposto nei cui confronti il delitto di ricettazione non può essere attribuito, perché post factum.

    La ricettazione può essere combinata, ad esempio, al disposto relativo al reato di introduzione nello Stato di beni contraffatti o alterati allorché - come spesso capita di assistere - persone di solito extracomunitarie tentano di commercializzare per strada, in spiaggia beni falsificati.

    Se si acquistano beni contraffatti per uso squisitamente personale, non si è in presenza del delitto di ricettazione, però comprare fake può far incorrere nella comminazione di una multa. Se, al contrario, si acquistano tali beni per rivenderli o anche solo per regalarli (non per uso personale), scatta questo reato.

    A titolo di promemoria si sottolinea che la fattispecie dell’incauto acquisto differisce dalla ricettazione. Come già anticipato nel paragrafo dedicato ai delitti contro il patrimonio, l’art. 712 c.p. contempla l’acquisto di sospetta provenienza delle res e, con colpa (non con dolo), l’agente non avrebbe accertato la provenienza dei beni.

    I brevetti e i marchi

    In una realtà sempre più competitiva e globalizzata si è resa indispensabile la tutela della proprietà intellettuale ed industriale attraverso due importanti istituti giuridici: il brevetto e il marchio (oltre al diritto d’autore, che però in questa sede non è rilevante). È da precisare che anche in passato esistevano i falsari (ad esempio di opere d’arte o di valuta), ma il fenomeno era più circoscritto. In epoca moderna si assiste invece ad una diffusione allarmante della contraffazione in svariati settori merceologici - dagli alimenti ai farmaci, dall’abbigliamento agli accessori di lusso e via discorrendo -, per cui la protezione dell’immagine e delle idee innovative è divenuta estremamente importante per due ordini di motivi: il primo è la salvaguardia del titolare della proprietà e dello sfruttamento economico legittimo di essa, ed il secondo è la tutela della fiducia del consumatore.

    I brevetti

    Il primo brevetto, o comunque un suo avo, risale addirittura al VII secolo a.C. ed ha trovato il luogo natio nella Calabria facente parte della Magna Grecia e fondata dagli esuli Achei: più precisamente Sibari, situata sulla costa dell’alto Jonio cosentino. Secondo fonti certe, il nonno dell’attuale brevetto avrebbe tutelato l’originalità e lo sfruttamento illegittimo da parte di terzi di… una ricetta gastronomica(!). Molto probabilmente si trattava del Kandaulos servito nei banchetti sibariti, ovvero una preparazione a base di carne bollita, formaggio, briciole di pane, anice e brodo, accompagnata da verdure e il tutto annaffiato da vini prestigiosi provenienti da Capua o Sorrento. Fu Filarco (storico ateniese del III sec. a.C.), ripreso da Ateneo di Naucrati (scrittore egizio dell’età imperiale, II sec. d.C.), ad affermare che i Sibariti legiferarono appositamente per impedire la riproduzione ed il relativo arricchimento patrimoniale derivante da preparazioni culinarie per almeno un anno da parte di cuochi o addetti alle cucine che non fossero l’inventore stesso della ricetta. Quanto affermato da Filarco trova riscontro oggettivo in una lapide rinvenuta in situ sulla quale è inciso che veniva offerto un incoraggiamento a tutti coloro "che realizzano un qualsiasi miglioramento al benessere, i relativi guadagni essendo assicurati all’inventore per un anno". Il primo vero brevetto fu, però, rilasciato solo nel 1474 da parte della Repubblica di Venezia attraverso un decreto in cui veniva stabilito che una nuova invenzione doveva essere comunicata alla Repubblica stessa per avere tutela giuridica decennale erga omnes e per contrastare eventuali usurpatori del monopolio. Ciò a vantaggio degli inventori che, peraltro, costituivano guadagno e lustro per la città. La legge veneziana emanata dal Senato è l’archetipo più prossimo alle moderne leggi sui brevetti; è stata approvata con 119 voti a favore, 10 contrari e 3 astenuti ed è conservata nell’Archivio di Stato di Venezia, nel Senato Terra, registro 7, carta 32, del 19 marzo. Di seguito il testo originale tradotto in Italiano moderno:

    "19 marzo 1474.

    Sono presenti a Venezia, anche al giorno d’oggi, persone d’acutissimo intelletto provenienti da diversi luoghi che concorrono alla grandezza dello Stato con varie ingegnose invenzioni.

    Se fosse previsto che le opere e le invenzioni scoperte da questi uomini rimanessero a loro nome e ne ricavassero un guadagno, ciò sarebbe di grande utilità per il nostro Stato.

    A questo scopo, per autorità di questo Consiglio, ogni persona che scoprirà una nuova ed ingegnosa invenzione in questa città o nei territori nel nostro dominio, appena sarà dimostrata l’efficacia della scoperta dovrà depositarla all’apposito Ufficio dei provveditori del Comune, ed in tutti i territori della Serenissima Repubblica nessuno potrà imitarla, senza l’autorizzazione e la licenza dell’inventore, per 10 anni.

    E comunque, se qualcuno senza autorizzazione o licenza imitasse l’invenzione, l’autore registrato potrà adire l’Ufficio comunale e costringere il contraffattore a pagare 100 ducati ed a distruggere l’imitazione. Sarà però prerogativa della Serenissima utilizzare liberamente le invenzioni a condizione che il concreto esercizio delle stesse sia svolto solo dagli inventori."

    Saltuariamente anche prima del 1474, ma soprattutto dopo, in Italia e in quasi tutta Europa vennero rilasciati privilegi ad personam elargiti in forma di supplica da parte del suddito inventore. Due esempi: nel 1421, Brunelleschi - architetto fiorentino - ottenne dalla Signoria l’esclusiva di durata triennale per l’introduzione e l’utilizzo di una speciale chiatta poi usata per il trasporto del marmo impiegato nella costruzione del Duomo di Firenze; ad eventuali contraffattori veniva comminata una multa molto salata ed il sequestro del mezzo (o addirittura questo poteva essere bruciato da un ufficiale). Nel 1601, un Bando Pontificio concesse ad un cittadino il privilegio a tempo indeterminato per l’invenzione e l’utilizzo di un innovativo sistema per aumentare la produzione di farine nei mulini a Roma e nello Stato Pontificio.

    Successivamente, si diffuse la pratica dei privilegi sovrani, cioè concessioni autoritarie di licenza esclusiva; venivano chiamati anche regie patenti e non si trattava di diritti, bensì di gentili autorizzazioni regali che potevano essere concesse o revocate con libero arbitrio. Questa pratica si diffuse in Europa e in Italia soprattutto nel territorio sotto dominazione sabauda.

    Nel 1662 venne istituita la Royal Society e nel 1666 l’Acadèmie Royale des Sciences: apposite commissioni di scienziati che avevano il compito di vigilare sulla reale innovazione e sulle proposte di invenzione. L’Accademia delle scienze di Torino venne istituita un secolo più tardi.

    Anche l’Inghilterra di Giacomo I iniziò a concedere tutela ai progetti di nuova invenzione attraverso le cosiddette lettere aperte (dal latino litterae patentes - patere, cioè rendere pubblico - e poi in inglese patent). Nel 1852 fu qui istituito il primo Ufficio Brevetti.

    Nella Francia di fine ‘700 fu istituito l’attuale sistema di protezione dei brevetti, ma anche durante il periodo monarchico ante Rivoluzione le invenzioni venivano tutelate ad esempio dalla Maison du Roi (nota istituzione dell’epoca). Nel 1883 fu siglata la Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale ed intellettuale.

    Immagine 1

    Brevetto concesso a James Watt per il motore a vapore nel 1769

    Negli USA invece, la legge relativa ai brevetti venne approvata dal Congresso degli Stati Uniti nel 1790 ed il primo brevetto venne concesso al Sig. Hopkins per una tecnica di produzione del cloruro di potassio. Prima di allora ogni Stato si era dato leggi autonome in materia.

    Ad ogni modo, gli Italiani sono un popolo di santi, poeti, navigatori e pure… inventori! Si spazia, solo per citare alcuni esempi, dalla pila elettrica di Volta del 1799 alla moka di Luigi Ponti per Bialetti del 1933, dalla radio di Marconi del 1896 alla Vespa di D’Ascanio per Piaggio del 1946, dal telefono di

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