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I giorni di Oceli
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I giorni di Oceli
E-book182 pagine2 ore

I giorni di Oceli

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Info su questo ebook

“A Cesare venne riferito il disegno degli Elvezi di attraversare i territori dei Sequani e degli Edui per spingersi nella regione dei Santoni, non lontani dai Tolosati, un popolo stanziato nella nostra provincia. Si rese conto che, se ciò fosse accaduto, la presenza di uomini bellicosi e ostili, al confine di quelle zone pianeggianti ed estremamente fertili, avrebbe rappresentato un grave pericolo per la provincia.”

(Giulio Cesare, De Bello Gallico)

LinguaItaliano
Data di uscita17 ott 2019
ISBN9780463045732
I giorni di Oceli
Autore

Duilio Chiarle

Duilio Chiarle, writer and guitarist of "The Wimshurst's Machine".Duilio Chiarle, scrittore e chitarrista dei "The Wimshurst's Machine".Ha ricevuto il premio "Cesare Pavese" nel 1999. Gli sono stati attribuiti i premi internazionali "Jean Monnet" (patrocinato dalla Presidenza della Repubblica Italiana, dall’Università di Genova e dalle Ambasciate di Francia e Germania) e "Carrara - Hallstahammar" (quest'ultimo per due volte consecutive).Con il gruppo musicale "The Wimshurst's Machine" ha ricevuto tre nomination hollywoodiane consecutive: sono suoi i racconti dei "concept" musicali.Ha ricevuto l'onorificenza di "Ufficiale" dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

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    Anteprima del libro

    I giorni di Oceli - Duilio Chiarle

    I giorni di Oceli

    Duilio Chiarle

    Prima Edizione 2019

    Copyright © 2019 Duilio Chiarle

    All rights reserved.

    Smashwords Edition,

    Licenza d’uso

    Questo ebook è concesso in uso per l’intrattenimento personale.

    Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

    Se si desidera condividere questo ebook con un’altra persona, è necessario acquistare una copia aggiuntiva per ogni destinatario. Questo libro costa pochissimo, se state leggendo questo ebook e non lo avete acquistato per il vostro unico utilizzo, siete pregati di tornare a Smashwords.com per acquistare la vostra copia.

    Grazie per il rispetto al duro lavoro di questo autore.

    Illustrazione di copertina:

    Legionary of Legio XIII Gemina

    di Segrei Razvodovskij

    (per tramite dreamstime.com)

    Editing:

    Annarita Coriasco

    Augusto Chiarle

    Impaginazione e Idea di Copertina:

    Augusto Chiarle

    INDICE

    I.

    Parte I

    I. I Celti: antefatto

    II. Le tre tribù

    Parte II

    III. Le legioni di Roma

    IV. Gli Elvezi

    V. Sentinella

    VI. Un lavoro moderno

    VII. L’ambasciata

    VIII. La legione si muove

    IX. A metà strada

    X. Un mostro tra gli Oceli

    XI. Eporedia

    XII. La sveglia

    XIII. La profezia

    XIV. Cattive compagnie

    XV. Il pericolo

    XVI. Il pericolo si avvicina

    XVII. Le divinità dei Grai

    XVIII. Un fatto increscioso

    XIX. Senza possibilità di scelta

    XX. Scherzi da caserma

    XXI. Nelle terre dei Grai

    XXII. Nei boschi dei Grai

    XXIII. Il presagio

    XXIV. Il rito

    XXV. Verso le cime dei Grai

    XXVI. Il potere dei druidi

    XXVII. Il potere di un sacrificio

    XXVIII. L’addio alle armi

    XXIX. Epilogo

    XXX. Commentari

    Note

    Postfazione dell’Autore

    Bibliografia

    Sull’autore

    Un particolare ringraziamento

    ad Annarita Coriasco che,

    oltre ad aver provveduto

    ad una prima correzione del testo

    e a darmi utili consigli,

    ha anche salvato dalla distruzione

    il manoscritto originario,

    che credevo perduto,

    permettendomi così,

    a trent’anni di distanza,

    di rivedere e ultimare l’opera

    A Cesare venne riferito

    il disegno degli Elvezi

    di attraversare i territori dei Sequani e degli Edui

    per spingersi nella regione dei Santoni,

    non lontani dai Tolosati,

    un popolo stanziato nella nostra provincia.

    Si rese conto che, se ciò fosse accaduto,

    la presenza di uomini bellicosi e ostili,

    al confine di quelle zone pianeggianti ed estremamente fertili, avrebbe rappresentato un grave pericolo per la provincia.

    Giulio Cesare, De Bello Gallico

    I.

    –Caio Giulio, ti accingi a un’opera ben difficile! – dichiarò il legato della quinta legione, ammiccando ironicamente al collega della decima, cui Cesare stava dettando i commentari.

    Cesare ridacchiò di autocompiacimento.

    –Devo tramandare quanto è avvenuto in nove anni di guerre... Per la gloria di Roma e in dovere agli storici posteri! – esclamò l’ufficiale posando la penna.

    –Amico Pisone – esordì Caio Giulio – già dieci capitoli del mio commentario gallico sono stesi! Da’ loro lettura, se credi.

    Pisone afferrò incuriosito i papiri, con mano sicura, e prese a leggere il primo foglio, seguito con divertimento dal collega scrivano.

    –Devo dire – ammise il legato cui Caio Giulio aveva dettato le memorie – che non tutti i fatti avvenuti me li ricordavo. Qualche episodio lo ricordo meno chiaramente; ad esempio, i giorni di Oceli...

    All’udire il nome, Cesare arrestò il sorriso, che così parsimoniosamente elargiva ai sottoposti, e la memoria tornò a un giorno lontano.

    –Oceli! – disse come sovrappensiero –Oceli...

    Parte I

    I. I Celti: Antefatto

    Il pastore corse agilmente in direzione del dirupo, con il fare felino di un Balzatore di rocce, le sentinelle dei monti cui non sfuggiva nulla e che erano in grado di correre per ore tra le pietre. In fondo si sentiva felice della propria agilità e forse un giorno sarebbe diventato uno di quei balzatori di rocce che tanto ammirava!

    Sentì la lana calda dell’animale tra le sue mani.

    Sollevò la bestiola sulle spalle e la trasportò poco lontano, ove avrebbe potuto controllare meglio l'entità del danno che aveva colpito l’ovino in sua custodia.

    Si protese sull’animale belante e controllò. Fu con una punta di rammarico che dovette constatare le ferite del piccolo animale. Prese una foglia e la strofinò delicatamente su ogni escoriazione.

    Si alzò in piedi e fissò lo sguardo severo verso il Graio maggiore, la grande montagna che segnava il confine del territorio abitato dal suo popolo. Dentro di sé innalzò una preghiera. Un brutto affare. Di tutti gli animali del gregge che lui, Guardiano, aveva in custodia, proprio il sacro agnello doveva cadere dal roccione.

    Accettò suo malgrado il volere del dio. Pensò che il grande spirito della montagna lo stesse mettendo alla prova. Ancora non aveva l’età stabilita e già doveva affrontare i rischi di una prova del fato. Alzò di nuovo lo sguardo verso il Graio maggiore; si volse poi al fondovalle e scrutò lontano, ma non vide che la bruma del mattino alpestre. Non restava altro da fare che correre al villaggio per affrontare la prova stabilita. Così mise tra le labbra il corno di uro e soffiò... Tre tristi richiami, modulati in due note, echeggiarono nella valle come il bramito di tre cervi feriti.

    Dal villaggio salì un suono lungo, uniforme: il segno che la sua gente aveva appreso la notizia. Presto sarebbero saliti e lui, agnello in spalla, sarebbe ridisceso. E avrebbe affrontato la prova.

    Prese un’altra fogliolina e strofinò ancora le escoriazioni. Scorse qualche ammaccatura sul dorso dell’animale, ma nessuna frattura.

    Il guardiano del sacro gregge non sapeva leggere i segni. Non sapeva curare le ferite: le sue operazioni erano tese soltanto a pulirle dal terriccio.

    Il Guardiano del sacro gregge avrebbe affrontato il giudizio dei saggi. In questo il suo cuore era forte. Ma sapeva anche quanto quell'animale fosse importante.

    Presto sarebbe giunto il nuovo Guardiano; allora, e soltanto allora, sarebbe disceso con l'animale sul groppone.

    Raccolse il corno di uro e lo legò a tracolla, prese la sua zucca e bevve un lungo sorso. Poi la richiuse e la riappese al fianco, stringendo il legaccio sulla sagomatura.

    –Brrooo! – urlò al gregge –Brrooo!

    Gli animali si scostarono verso monte, quasi incuranti dell'urlo del loro guardiano.

    Volse allora lo sguardo verso il monte Graio minore.

    D’un tratto il gregge ebbe uno sbandamento deciso verso monte. Molti ovini divennero nervosi.

    Il Guardiano annusò l’aria. Qualcosa non andava. Lupi, forse? Brutto segno.

    Gli animali divennero molto nervosi.

    Il Guardiano, vigile, scrutò attentamente il bordo scuro del bosco. D’un tratto, lontano, vide una sagoma scura. La sagoma di un lupo. Tremò di rabbia e di paura. Era una prova degli dei o forse soltanto un caso?

    Strinse forte il bracciale di cuoio, come per rassicurarsi della sua presenza.

    Velocemente portò ancora il corno alle labbra e soffiò. Emise un richiamo lungo, forte, monotono, sicuro.

    Si fasciò velocemente la mano sinistra con le corregge di cuoio. Con la destra prese il bipenne. Si portò lungo la roccia, fin sullo sperone e suonò un altro richiamo.

    Al villaggio avrebbero capito. Sarebbero arrivati. Ma non aveva paura. Sapeva bene che in quel gregge c’erano il latte, il formaggio e la carne con cui la sua gente si nutriva. Sapeva che avrebbe dovuto difenderlo a ogni costo. E così fece.

    L’animale, un solitario, si portò a pochi metri dagli ovini; il Guardiano si lanciò verso di lui impugnando l’arma. Il lupo era insolitamente enorme. Che fosse una di quelle creature di cui si parlava nelle antiche storie?

    Il lupo notò il nuovo arrivato e scartò all’indietro, pronto per colpire l’uomo.

    Ma per il Guardiano era anche una questione di prassi.

    "Fatti da parte! Cerca altre prede!", intimò con voce minacciosa.

    Il lupo abbassò le orecchie e ringhiò, per nulla disturbato dal tono perentorio o dagli occhi di fuoco del Guardiano. Ringhiò ancora. Mostrò i denti minaccioso. Le due creature mimarono un attacco vicendevole. Il Guardiano scartò a destra con un agile balzo. Il lupo ringhiò. La scure del celta sibilò nell'aria del mattino alpestre.

    Ci fu un attimo di pausa. Lento, il Guardiano mosse un passo in avanti, per avere l’animale a portata; il lupo si strinse ringhiando, pronto al balzo.

    "Lupo, vattene!"

    Il tono di voce era studiato, come gli avevano insegnato, in modo da sembrare minaccioso al predatore.

    Il lupo avanzò, incurante della minaccia. La scure si mosse di punta.

    D’un tratto, il balzo in avanti. L’uomo scartò a sinistra. L’animale si fermò. La correggia di cuoio schioccò sul muso della bestia affamata, la punta del naso ne venne colpita.

    L’uomo si mise in posizione raccolta, pronto allo scatto.

    "Lascia il gregge!"

    La correggia schioccò ancora.

    Per un istante, l’uomo e il lupo si fissarono negli occhi. L’uomo, risoluto nella difesa del gregge. L’animale, pronto a tutto pur di cacciare un agnello. Attraverso i loro occhi passò lo stesso pensiero ferino. La stessa lotta li univa nemici.

    Il lupo balzò, alto, verso il collo del celta. L’uomo piantò saldo le gambe e offrì il braccio sinistro al morso della belva. L’animale serrò le mascelle potenti sul bracciale di spesso cuoio. L’uomo colpì, con forza, ma lo fece di piatto. E il lupo, con un guaito, lasciò la presa.

    "Tu non puoi passare!"

    La piattonata aveva lasciato stordito l’animale, non abituato a cacciare in solitario le greggi. Bastò schioccare ancora la correggia di cuoio. Il lupo lasciò il campo.

    "Torna nei tuoi boschi, cerca altre prede!"

    La voce dell’incantesimo del Guardiano del sacro gregge inseguì il lupo nella radura.

    Ben sapeva, l’uomo, che il gregge sacro doveva essere protetto a rischio della vita ma senza recare offesa alla divinità dei boschi. Il lupo era vinto ma la scure bipenne non si era macchiata di sangue: un vero sollievo.

    Un lupo così grande non lo aveva mai visto. Per quel che ne sapeva, per la sua tradizione, poteva anche trattarsi di una manifestazione di qualche spirito. Si diceva che alcuni animali fossero invece uomini dominati da spiriti e che ululassero nelle notti di plenilunio.

    –Bravo Guardiano! –si complimentò il Balzatore di rocce alzando la lunga spada –Hai salvato il gregge senza commettere sacrilegio. Ho visto tutto e canterò in tuo favore.

    L’ocelo alzò la scure.

    –Salute a te! –disse –Il gregge è salvo ma il sacro agnello è ferito. È caduto dalle rocce.

    –Ciò è grave –soggiunse il Balzatore –Ma non ne conosco il significato. Solo il Saggio lo può sapere.

    –L’agnello ha perduto del sangue – constatò il Guardiano –Ho usato una foglia per le ferite.

    –Presto giungerà un altro Guardiano –disse il Balzatore –e tu potrai scendere al villaggio con il sacro agnello, per carpirne l'auspicio.

    Quando il Guardiano del sacro gregge giunse al villaggio, tutte le donne erano radunate davanti al grande capanno, in un cerchio che avvolgeva gli uomini. I bambini, curiosi, correvano qua e là per vedere le novità.

    Il Guardiano camminava con ostentata sicurezza, stringendo al petto le zampe del sacro agnello. L’animale, mansueto, non belava: riconosceva le mani esperte del pastore.

    Quando furono abbastanza vicini al villaggio, un bambino gridò qualcosa: in un attimo tutti quanti i ragazzini furono presi da una grande eccitazione.

    –Ti aspettano! –annunciò il Balzatore.

    Il Guardiano annuì soddisfatto. Fu allora che il Balzatore si mise davanti a lui e iniziò ad aprirgli la strada, accelerando il passo per distanziarlo. E prese a cantare la saga del vincitore.

    I ragazzini si zittirono, eccitati per la novità cantata dal Grande Balzatore dei Caturigi, il quale esponeva ben chiare le insegne del proprio grado sull’elmo.

    Il Balzatore entrò nel villaggio per primo, cantando. Poi si fermò di fronte al duplice cerchio rituale degli abitanti.

    In quel momento il Guardiano fece il suo ingresso con

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