Come Fare Impazzire un Marchese: I Lord di Londra, #2
Di Tamara Gill
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Lei gli ha salvato la vita, ma può salvarlo da se stesso?
Hunter, Marchese di Aaron, è riuscito a ingannare l’alta società. Fuori è un gentiluomo, con buone conoscenze, denaro e fascino. Ma dentro è un disastro. È vizioso – beve ogni giorno fino ad ubriacarsi – e quasi perde la vita vagando in strada e rischiando di farsi investire da una carrozza. La sua salvatrice, una persona che non si sarebbe mai aspettato di incontrare, è un angelo ma con la lingua più tagliente di una spada.
Cecilia Smith detesta la pigrizia e gli sprechi. Se fosse nata maschio, starebbe già lavorando per lo studio legale di suo padre. Quindi, un giorno in cui era in ritardo per un importante incontro inerente una delle sue tante opere di carità, Cecilia non si sorprende di dover intervenire per salvare un gentiluomo ubriaco dall’essere investito da una carrozza.
Quando i loro mondi si incontrato, Hunter è sia sorpreso sia ammirato dalla capace e bellissima signorina Smith. Cecilia, d’altro canto, è confusa e piuttosto preoccupata per i demoni che tormentano il Marchese. Chissà se queste due persone provenienti da mondi diversi riusciranno a crearne uno tutto nuovo insieme…
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Anteprima del libro
Come Fare Impazzire un Marchese - Tamara Gill
Capitolo 1
Cecilia Smith si trovava a Curzon Street nel tentativo di chiamare una carrozza. Le strade erano piene di persone che trasportavano carri colmi di carbone, gente che camminava lungo il marciapiede di ciottoli e gentiluomini che avevano portato le proprie signore a fare una passeggiata pomeridiana. Cecilia si strinse nel suo spencer, quando una leggera brezza gelò l'aria, e chiamò con la mano un'altra carrozza che le passò accanto senza fermarsi.
Che cosa stava succedendo? Non la vedevano? Quel pensiero era probabilmente più vicino alla realtà di quanto le piaceva ammettere. Lì a Mayfair, nel suo abito scialbo da lavoratrice, non c'era da stupirsi se nessuna carrozza si prendeva la briga di fermarsi per farla salire. La classe popolare di cui lei faceva parte non era ben vista in quel quartiere, e Cecilia non si era fatta sfuggire gli sguardi incuriositi delle persone, irritate dal suo osare entrare nel loro stimato regno.
Con la coda dell'occhio, vide qualcosa di nero catturarle l'attenzione. Voltandosi per guardare, vide un gentiluomo inciampare contro un lampione, appoggiandosi ad esso come se fosse l'unica cosa a tenerlo dritto.
Era un gentiluomo alto, i vestiti confezionati perfettamente e che ben si adattavano al suo fisico alto e muscoloso, ma Cecilia notò che i suoi occhi non riuscivano a vedere la strada ed erano iniettati di sangue con dei grossi cerchi scuri.
Era malato di apoplessia o era soltanto ubriaco?
Una carrozza sfrecciò lungo la strada senza mostrare alcun cenno di rallentamento. Cecilia rivolse nuovamente la sua attenzione al gentiluomo e vide con orrore che aveva iniziato a dirigersi verso la trafficata strada principale.
Senza un attimo di esitazione, Cecilia si diresse verso di lui e, notando un'altra carrozza, fu incerta se sarebbe riuscita ad allontanarsi e allo stesso tempo a togliere il gentiluomo dalla strada prima che fosse troppo tardi. Che uomo stupido e bizzarro per aver messo lui stesso, ed ora anche lei, in pericolo. Non avevano del sale in zucca quei dandy di Mayfair?
L’uomo inciampò proprio quando Cecilia lo raggiunse e, alzandolo di peso con tutta la sua forza, lo colpì al petto facendolo cadere all’indietro e al sicuro sul bordo della strada. Sfortunatamente, l’uomo la prese per un braccio proprio in quel momento facendo cadere Cecilia addosso a lui. La testa dell’uomo si schiantò contro il marciapiede di ciottoli con un rumore sordo.
La carrozza passò loro accanto senza fermarsi e Cecilia si rimise in piedi a fatica per andare accanto all’uomo e osservarlo. L’odore dell’alcol era forte, quasi come se ci si fosse fatto il bagno, e Cecilia capì molto bene il motivo del suo passo incerto e incurante per la strada. In ogni caso, non poteva lasciarlo lì, sebbene avrebbe voluto. Che bello sarebbe stato camminare tranquilli per la città in pieno giorno, ubriachi e senza alcuna preoccupazione, come sembrava esser solito fare quell’uomo. Probabilmente si trattava di uno di quei ricchi snob che danzava ai balli e credeva ad ogni cosa che gli veniva detta o che leggeva.
Se solo avessero saputo che quelli del ceto sociale di Cecilia ridevano di loro e li schernivano continuamente. Se non fosse stato per quelli come lei, Londra si sarebbe fermata, a prescindere da quello che pensavano i pochi eletti. Loro si occupavano di legiferare, di assumere mano d’opera, ma erano le persone come lei che mandavano avanti la città, così come chi lavorava nelle campagne, a pensarci bene.
L’uomo gemette e Cecilia si inginocchiò accanto a lui picchiettandogli leggermente la guancia. I suoi vestiti puzzavano di vino raffermo, l’alito sapeva di alcol e di una notte passata chissà dove, per non parlare del leggero tanfo di sudore che permeava l’aria. Quando l’uomo non reagì alle maniere gentili di Cecilia, la ragazza gli diede un bello schiaffo. Gli occhi dell’uomo si aprirono grandi e blu per lo shock prima di assottigliarsi per l’irritazione. Così vicino a lui, Cecilia riuscì a notare gli zigomi pronunciati, la mascella squadrata e il naso fin troppo perfetto e probabilmente più carino del suo.
Ma che pensate di fare colpendomi in quel modo? Siate gentile, signorina, signorina, signorina.
Cecilia si alzò porgendogli la mano. L’uomo la osservò confuso prima che Cecilia sospirasse rimettendolo in piedi prendendolo per la mano. Alzatevi, prima che rischiate ancora di venire investito da una carrozza. E sbrigatevi. Sono già in ritardo per il mio appuntamento.
L’uomo gemette concedendo a Cecilia di aiutarlo a rialzarsi. Cecilia lo condusse sul marciapiede e si assicurò che stesse bene prima di lasciargli la mano. È vicina casa vostra? Posso accompagnarvi a casa e assicurarmi che arriviate sano e salvo, a differenza di quanto appena accaduto in strada.
L’uomo aggrottò la fronte e se la sfregò. Ero in strada?
Sì, è così. Quanto avete bevuto, signore?
Non sono un signore,
rispose l’uomo con un cenno arrogante del capo.
Cecilia fece un respiro profondo per calmarsi ed evitare di spingere quell’imbecille nuovamente in strada. Davvero. Non era un signore? E allora ditemi, che cosa siete? Sono certa che sia così importante da dover correggere le mie sciocche maniere.
Siete sarcastica?
Un leggero sorriso gli increspò le labbra. Cecilia si rese conto che la sua attenzione era rivolta completamente sulle sue labbra e tra sé e sé pensò di sembrare davvero patetica.
Siete intelligente, signore.
Per sua informazione, sono il Marchese di Aaron, Hunter per gli amici. Hunt per gli amici ancora più intimi.
Come siete volgare.
Cecilia fece un passo indietro, sistemandosi la gonna che si era impolverata dopo il loro scontro. Ora me ne andrei, se non siete ferito e in grado di tornare a casa vostra prima di essere colpito da un altro veicolo.
Cecilia si voltò e iniziò a dirigersi lungo il marciapiede. Lasciò il marchese in piedi dietro di lei con la bocca spalancata, ultimo ricordo che avrebbe avuto di lui. Cecilia sorrise leggermente, immaginando che nessuno si fosse mai rivolto così a lui. Non che non meritasse di abbassare la cresta.
Aspettate!
urlò il marchese dietro i lei con passo accelerato per raggiungerla. Non mi avete detto il vostro nome.
Dal momento che sua signoria aveva un debole per i titoli, Cecilia decise di fargli uno scherzo. Sono la figlia del Duca di Ormond. Erede di una grande fortuna e in cerca di marito.
Il marchese sussultò. Davvero?
No. Non è vero. Mi chiamo Cecilia Smith. Mio padre è il proprietario dell’ufficio legale J. Smith e Figli e abito a Cheapside, se proprio dovete saperlo. Sono anche in ritardo per un incontro di beneficienza. Quindi, se non vi dispiace, vi lascerei qui col vostro stupore e me ne andrei.
Cecilia se ne andò ignorando le leggere risate che sentì dietro di lei. Il marchese non la seguì, ma Cecilia sentì comunque il calore del suo sguardo sulla schiena. Era piacevole sapere che la stesse guardando, non che l’avrebbe visto una seconda volta. Le loro sfere sociali erano distanti anni luce l’una dall’altra e il marchese avrebbe cercato tra gli appartenenti alla sua società solamente per trovare un’amante. Lì non vi avrebbe mai cercato moglie, a meno che non fosse stato strettamente necessario per via di qualche problema finanziario o qualche altra ragione della medesima natura.
E per quanto odiasse ammetterlo, Cecilia aveva già sentito parlare del Marchese di Aaron e per le sue avventure selvagge e volgari per le quali il riccone era conosciuto a Londra. Se quanto scrivevano su di lui i giornali era vero, si trattava di un uomo che viveva la sua vita velocemente e senza freni, lasciando dietro di lui una fila di giovani donne desiderose di sposarlo. Si diceva che queste ultime si innamorassero di lui appena il marchese chiedeva loro di ballare.
Cecilia alzò gli occhi al cielo, per nulla impressionata del suo primo incontro con quel gentiluomo. Cercando nuovamente di far fermare una carrozza che si dirigeva verso di lei, sospirò di sollievo quando questa si fermò, permettendole di viaggiare per qualche isolato verso la sua destinazione. La carrozza si fermò all’angolo tra Fleet Street e St. Bride’s Avenue. Cecilia scese dalla carrozza, pagò il cocchiere e diresse la sua attenzione verso l’Old Bell Tavern dove avrebbe esposto la sua idea di far sorgere un altro orfanotrofio e un’altra scuola a Pilgrim Street presso Ludgate, dove si trovava un grande edificio attualmente sfitto. Suo padre le aveva promesso i fondi e ora tutto quello che Cecilia doveva fare era convincere le donne presenti all’incontro e tutti i suoi piani sarebbero diventati concreti. Era la cosa giusta da fare ed era certa che non avrebbe avuto problemi a farle acconsentire.
Se fosse riuscita a far avere un lavoro stabile per vivere una vita piena e serena anche ad un solo bambino di Londra, allora il suo lavoro nella beneficienza sarebbe servito a qualcosa. Era la giornata più bella di sempre quando i bambini che arrivavano malati e poveri se ne andavano per diventare dei domestici, magari anche dei cuochi se la loro inclinazione propendeva in quella direzione. I maschi diventavano maggiordomi, stallieri e, quelli bravi in matematica, addirittura assistenti. Per raggiungere il cambiamento, era necessario lavorare verso un obiettivo e non credere che la soluzione sarebbe piovuta dal cielo.
Con passo vigoroso, Cecilia aprì le porte della Bell Tavern e si diresse verso il salottino privato dove si svolgevano sempre i loro incontri. La vita era bella e Cecilia stava per renderla ancora migliore, specialmente per coloro che vivevano in strada e non avevano affatto una vita. O almeno, non ancora.
Capitolo 2
Hunter guardò l’arpia sparire lungo la strada. Era davvero adorabile vista da dietro, il taglio della sua gonna, per quanto banale e scialbo, non nascondeva la vita sottile, il seno generoso e il sedere delizioso che si muoveva leggermente con ogni suo passo. La signorina Smith era una donna alta e Hunter non riuscì a fare a meno di pensare a quanto sarebbero state adorabili e lunghe le sue gambe, quanto si sarebbero avvolte alla sua vita durante dei particolari esercizi fisici…
Sbatté le palpebre quando le vertigini lo assalirono e dovette afferrare la lampada ad olio sul marciapiede per non perdere l’equilibrio. Diamine, aveva bisogno di bere. Aveva la bocca secca come il deserto dell’Egitto. Una signora gli passò accanto e lo guardò disgustata. Inchinandosi, Hunter fece per togliersi il cappello ma la sua mano incontrò solamente l’aria.
Che diamine era accaduto al suo cappello? Aveva lasciato tardi il Whites e si era infilato in una carrozza, ricordando di aver un incontro con un buon amico per giocare d’azzardo di notte vicino al St. James Park. Aveva avuto l’intenzione di concludere la serata al boudoir della sua amante ma, evidentemente, non era riuscito ad andarci. Hunter aggrottò la fronte, sfregandosi la mascella. A dire la verità non aveva idea di come si fosse svolta la serata