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Ritrovarsi a cuore aperto: Conoscere, possedere e trasformare ciò che abita nel nostro cuore per riappropriarci della nostra esistenza
Ritrovarsi a cuore aperto: Conoscere, possedere e trasformare ciò che abita nel nostro cuore per riappropriarci della nostra esistenza
Ritrovarsi a cuore aperto: Conoscere, possedere e trasformare ciò che abita nel nostro cuore per riappropriarci della nostra esistenza
E-book138 pagine1 ora

Ritrovarsi a cuore aperto: Conoscere, possedere e trasformare ciò che abita nel nostro cuore per riappropriarci della nostra esistenza

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Info su questo ebook

Ritrovarsi a cuore aperto è un libro a carattere introspettivo, che parla delle difficoltà di sistemi ricostituiti, di dinamiche disfunzionali, di scelte spesso inconsapevoli, di bisogni di riconoscimento e di accettazione, che spingono i personaggi nelle direzioni più errate.
Narra di un sistema nel quale i ruoli genitori/figli spesso vengono invertiti, di una mancanza di alfabetizzazione emotiva e di strategie di sopravvivenza che alla lunga fanno acqua. Descrive una giustizia discutibile e giochi di potere che impattano sugli ideali e i valori più puri, ma anche di scelte, di possibilità, di forza e coraggio che emergono proprio quando tutto sembra perduto. Il tema di fondo è la trasformazione e la nuova forma che il dolore può acquisire, così da utilizzarlo come motore propulsivo per ritrovarsi più fedeli a se stessi e riappropriarsi della propria essenza, attraversando e poi tramutando le ferite in nuove opportunità, dove risiedono i doni più preziosi di ognuno.
LinguaItaliano
Data di uscita14 giu 2021
ISBN9788863656107
Ritrovarsi a cuore aperto: Conoscere, possedere e trasformare ciò che abita nel nostro cuore per riappropriarci della nostra esistenza

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    Anteprima del libro

    Ritrovarsi a cuore aperto - Barbara Dall'Argine

    A TE

    A chiunque crede che non sia possibile.

    A chiunque sia convinto che l’impatto di un trauma generi solo sofferenza.

    A chi fatica ad assumersi la responsabilità della propria vita ricorrendo ad alibi e scuse, identificandosi come vittima di un destino beffardo.

    A chi fatica ad affidarsi, caricando il suo essere di fardelli eccessivi ed emozioni invalidanti.

    A chi considera la vita un nemico ed immagina la felicità come una chimera.

    A chi nonostante tutto desidera aprirsi all’esistenza, abbracciando una visione più alta e spirituale che niente ha a che vedere con il dogma della religione.

    All’universo, immenso, infinito e ricco di mille possibilità di cui tutti noi facciamo parte.

    Alle persone che hanno costituito la mia spina dorsale; nel bene e nel male mi hanno permesso di crescere, evolvere e assumere una posizione sempre più eretta.

    A coloro che mi hanno supportata, ascoltata, accolta e vista. A chi non lo ha fatto.

    A chi mi ha amato davvero; a chi svaluta l’amore e lo riduce a mero possesso e attaccamento.

    Alle anime profonde che ho avuto l’onore di incontrare e con cui ho condiviso parti di me.

    A chi crede che la condivisione sia qualcosa di vano e insensato.

    A chi mi ha spinta e invitata a mettere nero su bianco la mia storia per offrire all’altro un’opportunità, una possibile diversa angolazione, portando la mia esperienza come esempio.

    Alla mia famiglia, allargata, ricomposta, distrutta e poi riassestata.

    A mio nipote, a mio fratello e alla dolce e immensa Gin; ma soprattutto a te che hai tra le mani il mio cuore. Qualsiasi cosa sceglierai di farne, abbine cura.

    Grazie,

    buona lettura.

    INCHIOSTRO

    Scrivi!

    Una voce pedante con insistenza incalza.

    "Devi scrivere! Raccontare di te, della tua esperienza, del tuo percorso, così da far circolare l’energia, così da testimoniare che il dolore, se attraversato, apre la via del cuore e porta ad un livello più alto, come quando percorri un lungo tunnel e solo attraversandolo torni alla luce.

    Scrivi e smettila di tergiversare!"

    Una parte di me fatica, non ci crede del tutto, ma la voce è perseverante. La sua insistenza mi obbliga a prestarle attenzione. Del resto è da tempo che va avanti e per quanto io tenti di azzittirla, non sembra volersi acquietare. A ben pensarci in passato la scrittura mi donava sollievo, ma scrivevo per me stessa, non certo per portare un messaggio ad altri e questo rappresenta una differenza sostanziale, significa assumersi la responsabilità.

    Oggi in verità tutto è diverso. Non sono più quella di ieri e per quanto coesista in me una parte dubbiosa, il suo tono severo preme affinché doni agli altri ciò che ho ricevuto, narrando di come tutto ebbe inizio, di quando, alle prese con una dipendenza affettiva, scelsi di intraprendere un cammino di crescita personale, sempre in corso d’opera e di come le cose si siano trasformate, un passo dopo l’altro.

    Dal mondo patinato e ambito della moda, in cui ho trascorso quasi vent’anni della mia vita, ad una nuova attività volta a sostenere chiunque abbia il desiderio di convertire ostacoli e barriere in nuovi punti di partenza, grazie al mio transito prolungato in un piccolo studio milanese, dove tutto prese forma nel momento in cui ammisi a me stessa di aver bisogno di aiuto, trovando la persona giusta in grado di accogliermi e guidarmi, con rispetto e amorevolezza.

    Mi chiamo Barbara, ho quarantacinque anni e oggi sono una Counsellor.

    Più per chiarezza, che non per amore di titoli e definizioni, sono una professionista della relazione d’aiuto con un approccio Psicosintetico, un metodo di formazione ed auto formazione nel quale nulla si butta e nulla è perduto. Al centro di questa visione c’è l’essere umano, guardato nella bellezza della molteplicità che detiene al suo interno e, attraverso questo sguardo, il seme che consentirà lui, se lo desidera, di dirigersi dall’esterno all’interno, dalle maschere all’autenticità, dall’illusione di dover essere, all’essenza del suo essere, unico, esclusivo e irripetibile. Sono una sorta di compagna di viaggio, che lungo il percorso e attraverso l’ascolto, restituisce sovranità a chi le ha chiesto supporto. Ogni volta che ho l’onore di accogliere qualcuno dinnanzi a me, avverto qualcosa di magico che ancora deve disvelarsi. Nella richiesta di un colloquio c’è una nuova opportunità, quella che la persona sta offrendo a se stessa e di cui potrà diventare protagonista assoluta. Al di là del problema, dell’ostacolo o di ciò che il cliente porta, come elemento limitante della propria vita, ne ammiro il coraggio; quel passo fondamentale che si autorizza a compiere, chiedendo aiuto, svela una forza d’animo che preme per procedere e un atto di fiducia che come tale comporta uno spingersi oltre, aprendo un po’ di più ad infinite possibilità e mai come oggi ne riconosco il valore perché quell’apertura mi ha portato sino a qui.

    DAL DIARIO DI BORDO…

    30 giugno 2010

    Prima che il loop prenda il sopravvento scrivo come consigliatomi. Non capisco cosa mi spinga alla finestra, anche se lui passasse sotto casa, cosa cambierebbe? Chi se ne frega che passi o meno, eppure una parte di me vorrebbe incrociarlo, mentre l’altra parte di me prova ansia solo all’idea! Spero tanto che tutto questo mi serva e mi faccia uscire da un meccanismo malato. In un certo senso in questo preciso momento ho voglia di stare spenta, ho voglia di non pensare a niente e nessuno, se non a me stessa. Ho bisogno di me, di sentirmi al centro, il mio centro! Ho bisogno di un mio equilibrio e di comprendere quante volte io abbia messo a tacere le mie emozioni per occuparmi di quelle altrui. Sono stata così abile in questo da negare totalmente la realtà, come se ne esistesse una parallela che viveva solo nelle mie fantasie, salvo poi scontrarsi con un’amara verità, creando un divario ed un dolore insostenibili. Quanto sono stata stupida! Crearsi un mondo fittizio per non sentire, per non provare dolore e poi avvertirlo frastornante tutto d’un colpo! Non mi condanno, ma il male provato lo sento dentro ad ogni cellula; a volte bussa forte e mi dice: Lo hai voluto tu! Hai fatto di tutto per raccontartela, per usare la mente in modo contorto, per illuderti sino a quando anche il tuo castello di inganni è crollato e ora non ne esiste un altro!. E per fortuna aggiungerei! Oggi ho bisogno di me, di amarmi, di volermi bene e non ho paura di esternare, di andare a fondo, di star male. No oggi no! Sono stanca di vivere una vita di compromessi, stanca di sentirmi fuori luogo, di vivere una vita che non mi appartiene, stanca di negare il mio cuore. Oggi voglio me, il mio lato più puro! Ecco già sto meglio, oggi ci sono, io esisto.

    Come la punta di un iceberg che mostra solo la parte più superficiale della sua interezza, così ciò che vivevo celava ben altro.

    Mi ero rivolta a qualcuno di competente, sotto indicazione di un’amica.

    Dopo un breve scambio, la professionista era stata chiara, avremmo lavorato sul riequilibrio tra il maschile ed il femminile.

    Non avevo accolto con gioia la sua affermazione e contro ogni mia previsione, in un batter d’occhio, ero scoppiata in lacrime.

    Io che credevo di essere la femminilità in persona, una donna emancipata, autonoma e determinata. Una trentenne dalle curve pronunciate, capelli lunghi color nocciola, leggermente mossi e occhi verdi. Una bellezza mediterranea, non certo esile e perfetta, ma capace di stuzzicare gli animi maschili.

    Il mio concetto di femminilità era alquanto limitato e viziato da un sistema che da sempre la rilegava alla mera attrattività da un lato e all’indipendenza generata dal Movimento femminista degli anni ’70 dall’altro.

    Lavoravo nell’ambito della moda occupandomi delle Relazioni Pubbliche, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica, la stampa e la tv, rispetto ai prodotti offerti da varie aziende del settore che rappresentavo.

    Notoriamente ero single da tempo e vivevo la mia quotidianità apparentemente in equilibrio, tra mille telefonate, eventi e fiumi di parole; erta sui miei amatissimi tacchi a spillo e avvolta da abbinamenti cromatici, che ancora oggi sottolineano una certa predisposizione per l’armonia in tutte le sue possibili manifestazioni, esistevo in funzione di un fare costante.

    A vedermi dal di fuori avevo tutto.

    Un corpo sinuoso, un andamento sicuro, il sorriso sempre pronto e lo sguardo seducente, non per flirtare di per sé, bensì per cercare conferme.

    La verità era un’altra e iniziavo a conoscerla grazie al supporto della Counsellor, con la quale, lavorando in piena collaborazione e fiducia, cominciavo ad aprirmi, spogliandomi di sovrastrutture e maschere che mi offuscavano non solo la vista, ma anche l’anima.

    Dietro a quell’immagine, ben costruita negli anni, c’era ben altro.

    Tanta spavalderia, sicurezza, rigidità e fermezza, celavano una fragilità mai espressa; una quantità di emozioni taciute per non provocare delusioni a chi mi aveva messo al mondo, per non generare ulteriori preoccupazioni in famiglia, visto che ne esistevano già tante e, non ultimo, anzi forse il punto principale, per essere vista e amata.

    Il ruolo della brava bambina che non crea disagi e sa sempre come far fronte alla vita era un atto dovuto e doveroso.

    Lo stesso atto dovuto e doveroso che a distanza di tempo ha materializzato nel mio studio altre brave bambine. Sedute di fronte a me, incurvate e sfinite, stanche e depauperate, preoccupate di non deludere chi ha dato loro la vita, salvo poi, loro malgrado, porla così in ostaggio. Gentili, educate, premurose, affidabili, sensibili e attente più agli altri che non a se stesse, nell’errata convinzione, acquisita e maturata nel tempo, che l’amore sia qualcosa di barattabile, che più dimostri di farti carico delle responsabilità altrui, più sarai premiata e considerata insostituibile, un vero punto fermo per l’esterno; persuase dall’omettere le emozioni e i desideri più autentici, in virtù di una tranquillità che in apparenza rimanda ad un mare calmo, sicuro e facilmente percorribile. Ma dentro, oltre

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