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TU: Viaggio nella mia vita.
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E-book139 pagine1 ora

TU: Viaggio nella mia vita.

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Info su questo ebook

È una storia in cui sono descritti gli usi e costumi dei contadini e dei

loro bambini fino agli anni 60 del secolo scorso (1900). Segue poi un

esame critico sulla società fino ai nostri giorni e infine qualche idea

filosofica.
LinguaItaliano
Data di uscita22 giu 2021
ISBN9791220344937
TU: Viaggio nella mia vita.

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    Anteprima del libro

    TU - Rocco Cedrone

    PRIMA PARTE

    Ricordi della mia vita

    1-Una serata con Lucio

    Qualche mese fa girando per i supermercati con i miei familiari, mi sono imbattuto dopo diverso tempo in un mio amico e collega. Si chiama Lucio e ha fatto per tutta la vita lavorativa il medico della mutua.

    Dopo un po’ di chiacchiere ci siamo dati appuntamento a cena presso un ristorante della zona con le nostre signore per parlare e raccontarci qualcosa sul nostro passato e sull’epoca della pensione, non sempre da tutti ben accettata. E infatti ci siamo rivisti tre settimane fa, era di sabato e il locale abbastanza affollato, il tutto idoneo a creare un’aria di serena felicità.

    Ci siamo salutati con piacere e, abbiamo chiesto il menù, c’erano tanti assaggini per antipasto, delle ottime linguine all’astice, pesce, verdura e un eccellente vino bianco che solo al profumo stimolava le ghiandole salivari.

    Ci siamo seduti e, in attesa che ci servissero, degustando qualche sorso di vino, il discorso, non so perché ma, parlando delle nostre capacità e abilità intellettive, in presenza di quel buon vino, è andato a finire sulle nostre invenzioni.

    2-L’inventore e il cacciatore.

    Io subito ho approfittato per parlare della mia prima invenzione: la sorgente … ebbene sì, proprio la sorgente.

    Avevo 4 o 5 anni quando notai che in alcuni posti l’acqua sgorgava dal terreno senza arrestarsi mai.

    Allora decisi di riprodurre il fenomeno. Presi una bottiglietta di vetro e la riempii per metà di terra, poi finii di riempirla con acqua. Nascosi gelosamente questa mia opera in una insenatura creata tra un grosso contenitore di acqua e la cisterna, dove si raccoglieva sempre dell’acqua e andavano a dissetarsi le galline (i miei genitori erano contadini e io abitavo in campagna). Il contenitore di acqua fungeva da abbeveratoio per gli animali più grandi. La mia bottiglietta restava sempre chiusa per permettere alla terra a contatto continuo con l’acqua di acquisire quelle proprietà proprie della sorgente. Aspettai con pazienza per 21 giorni sempre fiducioso della buona riuscita della mia invenzione. Al ventiduesimo giorno, con le mani tremanti e il cuore che mi palpitava forte mi decisi, presi la bottiglia, la aprii e la depositai a in senso orizzontale per vedere fin quando sarebbe uscita l’acqua: esattamente quella che ci avevo messo io e tutto finì. Una delusione totale: la mia prima invenzione era ormai fallita.

    Intanto che io parlavo i camerieri si affaccendavano a servirci gli antipastini:

    Paté di tonno al pepe verde, Arancini, Vol-au-vent agli asparagi, Uova ripiene, Tortino di zucchine e pomodori, Torta di gamberi.

    L’appetito era tanto e così piano piano, tra una parola e l’altra, abbiamo finito tutto ciò che era sul tavolo. Intanto il mio amico iniziò a raccontare di quando andava a caccia con le frecce. Egli abitava in campagna ed aveva una bella villetta con recinto, dietro alla villa verdeggiava un bellissimo boschetto e qui egli amava trascorrere gran parte del suo tempo libero. In periodi di caccia, molti cacciatori sparano e uccidono i poveri uccelli, ma talvolta non riescono a ritrovarli dove cadono. Allora Lucio, che allora aveva circa cinque o sei anni, costruì un arco con pezzi prelevati dalla intelaiatura di ombrello, e poi, con un altro pezzo dello stesso ombrello fece una freccia ben appuntita. L’arco era molto elastico e forte e la punta della freccia riusciva a farla conficcare su un tronco di albero dove rimaneva vibrando. Trovò un uccellino ucciso dai cacciatori, lo legò e se lo appese al fianco, iniziando a camminare al confine tra i campi e la strada con l’arco a tracolla e la freccia in mano. A chi gli chiedeva cosa stesse facendo rispondeva con aria di sufficienza: Mah veramente sono a caccia, finora ho fatto un uccello, speriamo che riesco a prenderne altri così per stasera possiamo mangiare carne; ai complimenti dei passanti egli gioiva gonfio di orgoglio e di soddisfazione sentendosi un vero cacciatore.

    3-La mia prima sbornia

    Mentre i piatti con gli antipastini, ormai malinconicamente vuoti, venivano ritirati dal personale, si cominciava a notare il cameriere che riordinava il tavolo per il secondo piatto. Io personalmente avevo ordinato le linguine all’astice: il mio piatto preferito. Intanto, ordinando una seconda bottiglia di vino, mi è venuto in mente un episodio del tempo delle mie elementari.

    Era il pomeriggio e io dovevo fare i compiti, allora ancora si scriveva col pennino intinto all’inchiostro. Ma purtroppo sul tavolo, oltre al quaderno, alla penna con pennino e all’inchiostro, c’era anche qualche altra cosa: mezzo bottiglione di vino. Avevo nove anni e, pur non essendo avvezzo all’alcool, mi incuriosii vedendomi avanti quella bevanda che quasi tutti gradivano in modiche quantità. Piano piano ne bevvi circa un bicchiere, non ero abituato e … la testa cominciò ad andare dove e come voleva. Il foglio su cui scrivevo non era più scritto ma semplicemente macchiato. Nel frattempo rientrò mio padre che mi osservò quasi divertito, egli che passava per un tipo molto severo, quella volta mi disse: Vieni con me, ho bisogno di aiuto per fare un lavoro. Io mi sentii importante e rassicurato e subito accettai l’invito. Mi portò ai piedi di un mucchio di pietre e stava riordinando il mucchio lanciandovi sopra le pietre cadute. Mi invitò a prendere qualche masso più piccolo e a fare altrettanto. Subito raccolsi una pietra con le due mani e la lanciai verso la sommità del mucchio: con mia somma sorpresa successe che io me ne caddi seduto all’indietro e la pietra cadde restando nella zona in cui era stata presa. La mia testa girava vorticosamente e io sentii la voce di mio padre che diceva: Hai bevuto eh? Io perciò ti ho chiamato ad aiutarmi, per dimostrarti cosa può fare l’alcool. Ancora ammiro la maestria e la psicologia di quest’insegnamento dato da una persona senza quella che noi chiamiamo istruzione.

    I primi piatti erano pronti a tavola, c’erano i maltagliati, fettuccine ai funghi porcini, ravioloni e le mie linguine all’astice. Tutta roba buona e da far resuscitare i morti (come si dice), non come la minestra fredda che io trovavo quando tornavo da scuola ai tempi dell’elementare. I miei genitori dovevano uscire la mattina per lavoro e tornavano la sera, mi lasciavano la minestra o la pasta nella scodella coperchiata da un piatto. Questa si rifreddava e quando arrivavo io non mi andava di mangiare, anche perché un bambino a quell’età, se non viene spinto non sempre mangia volentieri.

    Quando arrivavo era festa per le galline, io infatti, e loro già lo sapevano, davo a loro il mio pasto anche per nascondere ai miei il mio comportamento. Finché un giorno, colto da ipoglicemia, stavo quasi svenendo davanti a mia madre mentre lei sminuzzava un po’ di pane ai pulcini. Mi sembrava di stare su un piatto che si muoveva e ruotava su di sé, e istintivamente sentii il bisogno di afferrare il pane che lei aveva in mano per i pulcini e mettermelo in bocca: Rocco, che hai fatto!! mi gridò. Poi mi condusse dal medico, mi obbligarono a recarmi da loro dopo le ore scolastiche e tutto si risolse per il meglio.

    4-L’orgoglio di un cucciolo

    A questo punto, senza accorgercene, anche i primi piatti erano scomparsi nelle nostre pance. Data la nostra età ormai avanzata e quindi l’appetito che non era più come una volta, tutti d’accordo abbiamo rinunciato al secondo piatto e siamo andati direttamente ai dolci. Mentre servivano, il mio collega ha raccontato una scena bellissima che ci riporta in campagna in mezzo al verde dei prati.

    In un campo vicino alla strada c’era un gregge che pascolava custodito dal pastore con l’aiuto dei cani. A un certo punto il custode del gregge, per far tornare indietro le pecore che stavano sconfinando, lanciò un fischio e tirò un sasso. Allora i cani scattarono minacciando le pecore e facendole indietreggiare. Tra dei loro c’era anche un cagnolino che imitava i suoi simili, anche egli si lanciava ma tra i suoi passi trovava un cucciolo di pecora, un futuro montone che, pur essendo piccolino, si staccava dal gruppo e prendeva a testate il cagnolino fino a costringerlo alla fuga.

    L’agnello era piccolo, ma nel suo sangue ardeva già il coraggio e l’orgoglio di un vero montone.

    Finita la cena ci siamo ringraziati a vicenda per la compagnia. Le signore nel frattempo avevano fatto conoscenza e si erano intrattenute chiacchierando tra di loro. Ci siamo salutati e ci siamo ripromessi di sentirci spesso.

    5-Il ritorno a casa

    Tutti risalivamo sulle nostre rispettive macchine, Lucio con la sua signora ed io e la mia signora sulla nostra. Per sicurezza chiesi a mia moglie di guidare fino a casa: infatti, avendo ben mangiato e anche ben bevuto nella serata allegra, temevo un eventuale controllo della alcolemia da parte di personale della sicurezza stradale.

    Tornando a casa tanti ricordi si accavallavano nella mia testa, mi sono tornati alla mente

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