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Io sono il mio viaggio
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E-book141 pagine1 ora

Io sono il mio viaggio

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Info su questo ebook

Un viaggio durato 40 anni tra luoghi pieni di calore umano e ricette ,selezionate direttamente dal protagonista e autore di questo libro .

Roberto Saltini (pasticcere,cioccolatiere ed insegnante di cucina)
LinguaItaliano
Data di uscita18 mag 2020
ISBN9788831673532
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    Anteprima del libro

    Io sono il mio viaggio - Roberto Saltini

    RINGRAZIAMENTI

    INTRODUZIONE

    Un’anima inquieta. In perenne movimento.

    È un innato desiderio di andare oltre a spingere Roberto Saltini ad addentrarsi dentro le pieghe della vita. Di avvicinarsi all’altro da sé per scoprire e sperimentare un ingrediente insolito. Un accostamento inconsueto. Perché a ogni latitudine, si sa, la vita ha un sapore differente. Un universo, quello del cibo, in cui Roberto ama affondare le mani. E il naso.

    In cucina si consuma il più ancestrale dei riti. È lì che le tradizioni vivono e si perpetuano, giorno dopo giorno, sfidando il logorio del tempo e accorciando le distanze. Ed è lì, attorno a un fuoco o a un tavolo che si consuma il più misterioso e il più autentico degli incontri. Quello con l’altro. Ed è proprio in quello spazio, in quel contatto, che si può scoprire una tra le infinite vie possibili. Per Roberto ogni strada offre un’avventura a cui è impossibile sottrarsi. Un viaggio da vivere con lentezza. Per riscoprirsi, misurarsi coi propri limiti, sfuggendo al disincanto e imparando a lasciar andare ciò che si è perduto lungo la strada. Roberto è un uomo in cammino. Un pasticcere che ama viaggiare leggero e che con queste pagine ci ha fatto dono dei suoi passi.

    Jessica Bianchi

    (Giornalista)

    NOTE DELL'AUTORE

    Qualunque essere vivente o prossimo a guardare dritto negli occhi il creatore da vicino si ciba, ingurgita e muove le mandibole miliardi di volte prima di finire la propria carriera da critico enogastronomico seriale di sé stesso.

    Ogni mio giorno, ogni mio viaggio, ogni viso che ho incontrato e vissuto mi ha lasciato quel calore ma allo stesso tempo quel gelido richiamo alla stanza più colorata dell'alcova che varchiamo e carichiamo di acchiappapolvere ogni giorno. La cucina, in fondo al corridoio, quella che ognuno di noi vive e ama con odio misto a fascino condito di invidia e una spruzzatina acida di dissenso.

    Questo viaggio durato quarant'anni ha avuto come punto di forza la voglia di assaggiare quel gusto sempre più intenso e mai saziante che ogni banchetto, cena, suk o pescatore africano potesse farmi battere forte il cuore e che con un grido di eclettica magia ho saputo portare dentro di me per tutto questo sogno di vita.

    Nei prossimi capitoli sarà il mio cervello a parlare ed i miei occhi lo guideranno nel lungo cammino verso il cuore.

    ROBERTO SALTINI

    ( Autore de: Io sono il mio viaggio)

    CAKE E PASTRY

    Capitolo 1

    L'invidia di noi ragazzi a volte si fa spietata, torna in voga come onde sonore che già all'epoca scoppiavano dai miei timpani, sempre sul pezzo ad ascoltare quella musica che tanto oggi non ritrovo neanche a cercarla, ci vorrebbe un critico musicale nostalgico anni '90, ma che non mi faceva  rendere conto di quanto fossi fortunato ad aver trovato quanto segue grazie al mio padre in seconda nonno Canzio.

    Si, fu proprio lui l'artefice di tutta la mia esistenza dopo ovviamente i miei genitori di sangue.

    Tutti noi abbiamo un punto di partenza, cioè quel momento unico che ci dà il rintocco di campana, il nostro Big Bang personale che ovviamente unito ad un viso famigliare come quello di un pescatore/muratore ci ha dato il dono della vita e forza di cambiare l'andamento della nostra esistenza.

    Mio nonno era unico e sapevo che lo ero io per lui, infatti nonostante il suo vivere sopra le righe e il farsi strada tra la stola di donne che lo apprezzavano con quella camicia sempre sbottonata al petto e quella sigaretta che ogni giorno passava solenne tra fumo e dita ingiallite, per me aveva sempre tempo.

    Anche quel giorno, ricoverato per l'ennesima volta a causa dei suoi vizi, non perse tempo, riuscì a fissarmi un colloquio con un noto pasticcere del mio piccolo ma grande paese, suo compagno di stanza.

    Avevo da poco terminato la scuola alberghiera e cercavo un'occupazione come apprendista pasticcere ma non era così semplice, cosa invece non difficile fu trovare, in attesa di tempi migliori e più dolci, un posto fisso al trapano dal grande Maino.

    Un ometto buffo ma cazzuto che capitanava una medio-grande azienda metalmeccanica.

    Ma questo mi servì solo a far passare l'estate del '93 che in mezzo all'odore delle vigne appena fuori l'officina e le mie prime sigarette non tardò a terminare.

    Finalmente come un'idea geniale arrivò una telefonata al vecchio marchingegno grigio con la rotella numerata, e dall'altra parte c'era lui, mio nonno.

    Rigorosamente in dialetto e con qualche bestemmina intercalante mi avvertì che aveva preso il tanto atteso appuntamento con l' amico pasticcere che lui stesso rivelò e di lì a poco avrebbe ripreso l'attività.

    Non poteva mancare il mio trapano che ogni giorno ormai aveva imparato a guardarmi e annuire secondo esigenza, come un picchio sul più duro dei tronchi ma, dovevo andare, addio trapano amico mio e addio Maino, con tutta quella ferraglia nel capannone poggiata alla rinfusa e con il persistente odore acre del liquido di raffreddamento bianco, hai fatto si che l'hotel sulla rotonda 1 maggio a Milano marittima mi avesse come regale ospite a me e ai miei dopo sbornia di una settimana in quel fatidico luglio rovente, grazie ancora.

    L'indomani con mio padre, non grande oratore, andammo in questa pasticceria che portava un nome di ragazza comune a proporci.

    Lui era lì, quel pasticcere con la schiena divisa in due dalla cucitura della casacca bianca opaca e i grandi occhialoni che intravedevo riflessi dai tavoli inox.

    Due chiacchere veloci e quel che echeggia ancora nel mio timpano e finalmente quella sensazione di onnipotenza e la sicura invidia che avrebbero provato i miei amici del tempo che ogni giorno ancora si recavano con la Graziella (bici d'epoca) presso scuole superiori inseguendo il momento tanto atteso per venir proclamati maturi.

    Per un esile ragazzo come me, appena 55 kg, essere invidiato era finalmente l'essere riconosciuto, quel momento dove intorno a te si accorgono che esisti.

    In effetti fu così, uno stipendio buono, totale libertà e autonomia e sopratutto la voglia di far vedere l'estro e l'artista che in me volevano scavalcare il muro del mio io.

    Ovviamente gli alti e bassi della vita stavano preparando a tavolino il loro rilancio, e non tardò ad arrivare, considerando che mi trovai a lavare pentole per 1 anno e a fare da consulente al figlio del pasticcere che diceva di essere un gigolò.

    A me non sembrava proprio belloccio per esserlo però, i gusti son gusti, e se alle donne piaceva meglio per lui, ma, quel non so che di dubbio un pò mi assaliva, quando vedevo quel faccione butterato, i chili di troppo e la stempiatura incalzante, in effetti al solo pensiero delle sue convinzioni in fatto di gusti erotici femminili mi apriva tanti interrogativi senza risposta, o meglio, la risposta l'avevo ma mi limitavo a lavare le mie ramine.

    Arrivarono i miei 18 anni e dopo appena 2 anni di lavandino e liti continue tra padre e figlio fui messo al corrente, dal titolare del locale, che le cose non andavano proprio bene e, come se me lo aspettassi, arrivò quel momento dove vidi allontanarsi sulla scialuppa il capitano e il suo vice, e qui la nave affondava.

    Venne però il giorno dove questo pasticcere di Stresa accettò di provare a sollevare da quell'infinità di letame in cui eravamo sommersi noi e questo laboratorio.

    Arrivò finalmente il mio momento di riscatto dove avrei potuto far vedere ciò che valevo a livello di passione culinaria.

    Sin da piccolo il pallino della cucina mi ronzava in testa e solo la mia famiglia sa quanti esperimenti hanno dovuto ingurgitare dall'età di 8 anni, ma il momento sabbatico di ferma forzato era arrivato,  ero maggiorenne e a quell'epoca tutti attendevamo con ansia il fatidico richiamo alle armi. Come non smentire il mio essere sperando nel non fare nulla e per più tempo possibile, lo Stato ti passa qualche soldino e ho sentito parlare di un nuovo metodo per servire il paese.

    Voglio fare l'obiettore di coscienza dissi a tutti i miei amici già invidiosi del mio essere.

    Loro anche non

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