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Il profumo della natura
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Il profumo della natura
E-book88 pagine1 ora

Il profumo della natura

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Info su questo ebook

Nel cuore della foresta selvaggia, senza comodità, senza protezione, dimenticando le regole della vita moderna.

Un viaggio ai confini della natura, alla ricerca di uno dei predatori più temuti dall'uomo.

L'avventura che Federico vive e racconta in queste pagine cariche di emozione lo aiuteranno a spazzare via i radicati luoghi comuni ed entrare in contatto con la parte più autentica di sé.

Una storia vera, capace di mostrarci come tutto diventi possibile quando troviamo il coraggio di inseguire i nostri sogni.
LinguaItaliano
Data di uscita10 set 2020
ISBN9788831693790
Il profumo della natura

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    Anteprima del libro

    Il profumo della natura - Federico Iannaccone

    GIORNO 1

    Dopo diversi voli con aerei sempre più piccoli e dall’aspetto poco rassicurante, atterrai finalmente a Kajaani, minuscolo paesino in una zona assolutamente remota del mondo.

    Ringraziai il mio angelo custode per avermi permesso di sopravvivere a quell’ultima tratta effettuata su un vecchio

    ANTONOV AN-24, aereo di fabbricazione ucraina che, riuscendo a decollare, aveva davvero superato ogni mia aspettativa.

    L’aeroporto era il più piccolo che avessi mai visto, lo staff era composto da tre sole persone che svolgevano diverse mansioni contemporaneamente.

    Uno di essi scaricò il mio bagaglio dalla stiva e me lo consegnò direttamente. Aveva capito che quello zaino da trekking non poteva che appartenere a me.

    Gli altri quattro passeggeri, con i quali avevo condiviso il volo, non avevano l’aspetto da turisti.

    Mi diressi all’uscita e, proprio sulla porta, vidi un uomo piuttosto robusto venirmi incontro con un cartello che diceva: Sig. jannalone.

    Nonostante la storpiatura del mio nome, non ebbi alcun dubbio che stesse aspettando me.

    Lo salutai. Lui si presentò come Markuu, e quella fu l’unica parola che mi rivolse.

    Mi fece capire a gesti che non parlava inglese, e che era l’autista che mi avrebbe accompagnato al punto di ritrovo. Salimmo su una jeep e partimmo.

    Ero un po’ stanco dal viaggio, ma cercai di vincere la sonnolenza per non perdermi nemmeno un istante di quel paesaggio che passava rapido davanti al mio finestrino.

    Stavamo percorrendo una strada che tagliava in due una foresta di conifere dall’aspetto davvero maestoso. Ebbi subito la percezione che, in quel luogo, noi esseri umani non contavamo più nulla, la Natura era protagonista.

    Ogni tanto, lungo il tragitto, qualche animale attraversava la strada davanti a noi. Il mio autista inchiodava facendomi sbattere regolarmente contro il sedile anteriore. Poi stava fermo, anche per diversi minuti, aspettando semplicemente che il nostro piccolo amico giungesse dall’altro lato. Solo allora faceva ripartire l’auto.

    Quel piccolo gesto, ripetuto più e più volte, mi colpì molto. Ebbi la sensazione che non si trattasse solo di amore per gli animali.

    A quell’uomo, probabilmente, avevano semplicemente spiegato che una lepre o una volpe hanno lo stesso diritto che abbiamo noi di vivere su questo pianeta.

    Un pensiero questo che può apparire semplice e scontato ma che, se venisse insegnato a tutti i nostri figli, potrebbe cambiare il mondo in pochissimo tempo.

    Assorto nei miei pensieri, continuai a guardarmi attorno.

    Negli ultimi chilometri lo sterrato che stavamo percorrendo divenne più stretto e sconnesso. Dopo circa quattro ore giungemmo a destinazione.

    Ci trovavamo in una piccola fattoria circondata dalla foresta. La casa era completamente costruita in legno e pitturata di rosso, in tipico stile nordico.

    Non appena scesi dalla macchina mi venne incontro un ragazzo. Sembrava sulla trentina, la sua lunga capigliatura era di un biondo chiarissimo. Anche barba e baffi erano biondi. Indossava una camicia di flanella a scacchi, portata fuori dai jeans, degli stivali e un cappello da cowboy.

    «Ciao Federico, io sono Antti, e sarò la tua guida per questa avventura» mi disse in un perfetto inglese. «Nella fattoria potrai mangiare qualcosa insieme alla proprietaria, poi ti accompagnerà nella tua stanza. Approfittane per farti una bella dormita, questa sarà l’unica notte che passerai in un letto. Io intanto finirò di controllare l’attrezzatura. Ci vedremo qui domattina alle 6 in punto, faremo colazione insieme, dopodiché abbandoneremo tutte queste comodità e ci addentreremo nella natura.»

    Lo salutai ed entrai in casa. L’ambiente era caldo e accogliente. Ricordava una baita di montagna. L’arredamento era interamente in legno. Tavolo, sedie, una vecchia credenza e una cassapanca. I muri erano tappezzati di foto di animali in bianco e nero. Lupi, orsi, renne, alci.

    Sull’altro lato del salone c’era un piccolo angolo cottura, dove una signora anziana era intenta a cucinare. Quando si accorse della mia presenza, mi venne incontro sorridente e mi strinse la mano. La sua stretta vigorosa era in contrasto con quel fisico minuto e ingobbito dagli anni.

    «Prego, siediti, è tutto pronto.» Così dicendo, aprì un piccolo forno a legna simile a quelli che noi usiamo per la pizza. Tirò fuori del pane nero e delle patate al cartoccio. Prese poi una pentola fumante dai fornelli e la portò a tavola.

    «Ho preparato una minestra di verdure del nostro orto, delle patate e del pane di segale. Spero che sia sufficiente.

    Questa mattina ho provato ad andare a caccia, ma non ho trovato nulla. Sai con l’età faccio sempre più fatica.»

    «Non si preoccupi signora, anzi meglio così. Sa, io sono contro la caccia.»

    «Contro la caccia?» mi domandò lei incuriosita. «Ma io caccio per vivere, non per divertirmi. Il negozio più vicino si trova a quattro ore di auto, e qui abbiamo neve e gelo per nove mesi all’anno. Nei restanti mesi coltiviamo un po’ di tutto e poi surgeliamo, ma non basta mai. I miei genitori mi hanno insegnato a rispettare gli animali, mai e poi mai prenderei una vita se non servisse a salvare la mia. Con un cervo posso sopravvivere un intero anno, e ogni singolo giorno che mi siedo a questa tavola lo ringrazio per il suo sacrificio.» Rimasi in silenzio. Non potevo darle ragione, andando contro i miei principi, ma allo stesso tempo comprendevo il suo pensiero e non mi sentivo affatto di condannarla. Come recita un antico proverbio indiano: Prima di giudicare una persona devi camminare almeno tre lune nei suoi mocassini.

    Durante la cena mi parlò un po’ della sua vita, della morte di suo marito, di quanto le mancassero i suoi figli, i quali avevano preferito abbandonare la foresta per trasferirsi a Helsinki.

    «Questo tipo di vita non è fatta per i giovani, è troppo dura» mi disse.

    Erano stati proprio loro però a insegnarle un po’ di inglese. Grazie a questa lingua poteva ogni tanto ospitare qualche persona che passava in quella zona e guadagnare qualche soldo extra.

    Io seguivo con grande passione i suoi racconti, ero incantato da quella donna. Avrà avuto 65 o

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