Realtà onirica a Qalat An-Nisa e sogni di vita reale nelle zolfare

Di Nino Lacagnina

Nel romanzo “Realtà oniriche a Qalat An-Nisa e sogni di vita reale nelle zolfare” asserisco che spesso si fa fatica a riemergere dalle sensazioni provate nel sogno tanto esse appaiono vivide e reali e che, aldilà delle varie spiegazioni e interpretazioni di scienziati e psichiatri, i sogni che ci hanno particolarmente colpiti, non solo sembrano fatti realmente avvenuti ma restano impressi così fortemente nella mente tanto che, col trascorrere del tempo, vanno a confondersi con i fatti della vita reale. Per converso, col tempo, molti fatti della vita reale sbiadiscono, s’arricchiscono di particolari anche solo desiderati e si fissano nella mente come sogni. Così il vissuto si evolve e continua a farlo sino a quando resta impresso nella mente nella forma più gradita e più corrispondente alla mentalità e sensibilità di ciascuno permettendogli di rivivere con gioia avvenimenti e fatti emozionali passati.

È per questo che allora, tra sogno e realtà, mi rivedo nelle vesti di Lord Alfred, capitano normanno sceso in Sicilia nel 1038 con un esercito, comandato da Stefano fratello dell’imperatore bizantino Michele quarto detto il Paflagone, per riconquistarla.

• Lingua: Italiano
• Editore: Youcanprint
• Data di uscita: 18 mar 2013
• ISBN: 9788891106711

Anteprima del libro

come:

Morfeo

Scende la notte bruna

che avvolge tutto in un manto d’ombra

e le creature tutte s’apprestano al riposo

dopo una giornata laboriosa.

Ed è allora che Morfeo, l’alato principe notturno,

figlio di Ipno e della Notte,

afferra per mano ciascuno

e lo conduce nelle segrete e agognate cose:

su isole tropicali,

tra perenni ghiacciai,

alla presenza dei dolci cari estinti,

in casa di voluttuose donne misteriose

o principi azzurri innamorati.

Non esiste più alcun ostacolo

alla realizzazione di nascosti desideri …

Il vecchio ha riacquistato vigore e giovinezza

il bimbo è grande,

un cavaliere senza macchia e paura che,

in groppa al suo destriero,

galoppa veloce contro gl’ignobili

a difesa di donzelle spaventate.

Da una rupe alta mille metri

mi tuffo giù fluttuando senza peso

sospinto da una brezza capricciosa

libero come un aquilone

sfuggito dalle mani di un bambino.

Dall’alto tutto appare ancor più bello,

i campi, i fiori e i ruscelli,

col vento che mi bacia sulle guance

volo senza ali o strumenti.

Poi, inaspettatamente, senza alcun avviso,

ecco che lotto contro cento schiere

di guerrieri Vichinghi indemoniati

che al grido di Odino fanno strage

dei miei compagni d’armi.

Cade trafitto il mio luogotenente,

il maresciallo,

il medico … l’araldo,

non ho più scampo

ma attendo impavido la fine quando,

all’improvviso son sveglio e,

col cuore in gola, m’accorgo ch’era tutto un sogno,

una finzione o la vita in un’altra dimensione?

La vaga sensazione al risveglio mattutino non già da un sogno immaginario ma da un’altra condizione di vita mi balenò prepotentemente nel cervello la prima volta molti anni fa quando, risvegliandomi di soprassalto , avvertii un terribile dolore alla coscia sinistra causato dalla penetrazione di una freccia scagliatami contro da un arciere. Guardai attentamente la coscia ma essa non presentava alcuna ferita, non era imbrattata di sangue, ma il dolore lancinante persisteva. Provai ad alzarmi e vidi che mi reggevo perfettamente in piedi. La mia mente allora si concentrò sull’accadimento onirico della notte precedente e ricordai:

Vita onirica a Qalat An-Nisa

Ero un fuggiasco con una freccia conficcata nella coscia sinistra braccato da armigeri arabi guidati al mio inseguimento dal fiuto di due grossi cani latranti.

Nella fioca luce di alcune torce, poste agli angoli dei vicoli di un borgo, correvo a perdifiato tra le viuzze svoltando ad ogni incrocio con la speranza di distanziare i miei inseguitori.

Mentre avvertivo sempre più vicino l’ansimare dei cani, mi resi conto che le case diradavano sempre più sino a lasciar posto a un gran spazio vuoto che conduceva, dopo una lieve discesa, ad una barriera di rocce sormontate da un castello. Compresi subito che non potevo andare oltre in quella direzione se non volevo essere catturato, a meno che non svoltassi alla mia destra per aggirare la rocca. Così feci, ma oltre la sommità della barriera comparve una voragine dove io, trasportato dall’impeto della corsa, precipitai. Precipitai sobbalzando qua e là su rami e spuntoni di roccia che mi lacerarono in varie parti del corpo sino a che, con un impatto rovinoso, mi fermai su uno spiazzo e persi i sensi. Non so per quanto tempo rimasi incosciente sino a che non mi ripresi per la frescura che avvertivo sulle parti doloranti del corpo. Ero supino, disteso con il capo poggiato su indumenti piegati a mo’ di cuscino con a fianco una fanciulla che con un panno bagnato puliva le mie