Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Uniti. Libro uno. Druso
Uniti. Libro uno. Druso
Uniti. Libro uno. Druso
E-book325 pagine4 ore

Uniti. Libro uno. Druso

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il primo libro di una nuova appassionante saga Fantasy!

Druso è un centurione Romano in fuga, dalle sue responsabilità e da se stesso, catapultato in un mondo che non conosce, in una realtà molto più grande di quanto potesse mai immaginare.

Nani, Elfi, Mezzitroll, Umani, Orchi, Nibli, Goblin. Un male oscuro e antico come il tempo ha innescato una guerra contro queste razze, ormai divise da un passato dimenticato, sterminando la razza dei Nani che per primi hanno osato affrontarlo.

Ma le Razze sapranno ritrovare l'unità che un tempo le rendeva forti? Riusciranno a ritrovarsi come fratelli? Riuscirà Druso a ritrovare l'uomo che era un tempo?
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2021
ISBN9791220347624
Uniti. Libro uno. Druso

Correlato a Uniti. Libro uno. Druso

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Uniti. Libro uno. Druso

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Uniti. Libro uno. Druso - Giovanni Miorin

    Capitolo 1

    La corsa era stata lunga e snervante ma Ruld, il primo capitano dell’esercito dei Nani, oltre a essere un ottimo ufficiale, era anche un ottimo atleta forgiato da anni di lunghe campagne di guerra e di prove di forza morale che gli avevano consentito di superare numerose avversità. Un po’ più basso degli altri Nani (anche se a dire il vero i Nani non erano molto alti) aveva i capelli di un color oro come il sole del mattino, un mento pronunciato e occhi viola che esprimevano molta fiducia, la stazza massiccia preannunciavano una muscolatura potente come la pietra. Ma da due anni il suo cuore si era incupito, non perché il suo animo fosse diventato cattivo, ma perché il suo mondo era ormai destinato alla fine. Aveva lasciato gli ultimi olmi della Foresta che Trema e si era immesso nella Strada del Cammino, quando dovette fermarsi per ammirare, anche se non era la prima volta, il castello del suo sovrano. Ogni volta il cuore gli balzava in gola. La visione era stupefacente. Intriso di magia, una magia antica e di origine sconosciuta, il castello era costruito tutto in avorio verde acqua, una pietra che si trovava solo nella sua terra e nelle grotte più profonde. Le pareti lisce e senza nessun appiglio e sporgenza mostravano finestre che apparivano a intervalli di un minuto, così che un ipotetico nemico non avrebbe potuto servirsene per entrare. Le tre torri che evidenziavano la forma triangolare del castello erano ornate dalle insegne delle due famiglie dei Nani che erano rimaste. Queste insegne chiaramente magiche ogni volta che venivano mosse dal vento mostravano le battaglie vittoriose che avevano affrontato le due famiglie. Il fossato largo 136 metri era praticamente insuperabile, ma non solo per la sua larghezza, ma anche perché era avvolto da una barriera magica che impediva a chi voleva attraversarlo senza autorizzazione di vederne il margine, e chiunque vi cadeva non faceva più ritorno. Ruld lo sapeva, il castello era meraviglioso così come era inespugnabile, ma si chiedeva se sarebbe stato sempre così. Quanto tempo ancora quella magia sarebbe sopravvissuta? E forse la sua fine avrebbe segnato la fine della sua razza? Purtroppo nessuno poteva saperlo, nemmeno il più saggio del suo popolo.

    Capitolo 2

    Mentre rimuginava su quei pensieri si ritrovò di fronte la barriera, molto più avanti riusciva a vedere la grande porta che conduceva all’interno del castello. Dal margine superiore della barriera magica scaturì una luce quasi invisibile. Questo metodo di riconoscimento, come del resto la barriera, usato solo da quando era cominciata la guerra, incuteva in Ruld sempre un certo timore, ma era un metodo efficace perché chi stava dentro il castello riusciva a capire se il visitatore era un amico o un nemico.

    La luce scrutò il capitano da testa a piedi, ma fu questione di qualche secondo, poi la luce sparì e dinnanzi a lui comparve un lunghissimo corridoio fatto tutto in legno di quercia, che portava dritto alla grande porta. Il capitano si incamminò e dopo un po’ era davanti alla porta che si spalancò per farlo entrare. Si trovò di fronte un vasto giardino ben curato con alberi di acero a destra e a sinistra, una stradina fatta di mattoni rossi portava a un piccolo arco che a sua volta era l’entrata di un torrione. Circa dieci metri avanti, alla sua sinistra, fra due olmi reali molto vecchi, c’era una piccola costruzione dove la guardia di turno aveva i suoi alloggi. Due rampe di scale, formando una semicurva, si diramavano dalla parte più alta del torrione. Dopo qualche secondo di attesa, dalla rampa destra presero a scendere sei soldati della guardia reale, le armature brillavano alla luce del sole, i pettorali fatti di alluminio portavano inciso lo stemma delle loro famiglie di appartenenza, i gambali erano lunghi fino a coprire le ginocchia, un elmo molto spesso ricalcava la forma della testa che copriva. Sotto l’armatura portavano una tunica color verde acqua che arrivava a metà coscia. Tre di loro portavano sulla schiena, tenuta da un laccio di cuoio, un’ascia bipenne, gli altri tre non avevano l’ascia come arma ma una spada corta che pendeva da entrambi i fianchi.

    Le sei guardie si fermarono qualche metro dinnanzi a lui, creando una formazione a cuneo che faceva capire che erano in attesa del loro comandante. Infatti dopo qualche secondo dall’entrata del torrione uscì un Nano molto massiccio con un’armatura simile a quella delle sei guardie ma con pettorale, gambali ed elmo di puro argento e sotto una tunica verde smeraldo. Lei sue armi erano un’ascia bipenne sulle spalle e una spada corta sul fianco destro, queste due armi portate insieme significavano che egli era il comandante della guardia reale. Il comandante si posizionò in testa al piccolo schieramento. Salute e pace a te, capitano Ruld, disse il Nano con un piccolo inchino.

    Salute e pace a te, Melfrod, rispose il capitano.

    Dinnanzi a lui il suo più caro amico adesso era comandante. E Ruld non poté fare a meno di esserne contento.

    – Già, almeno qui è lontano dalla guerra – pensò Ruld.

    Si guardarono un attimo, poi disse: Comandante, devo parlare urgentemente con sua maestà, la situazione ormai è critica.

    Sì lo so, capitano, rispose Melfrod, e nella sua voce c’era molta ansia. Seguimi, sua maestà ti sta già aspettando.

    Capitolo 3

    Guardie, rompete le righe, gridò il comandante. I sei della guardia reale salutarono i due ufficiali e rompendo il piccolo schieramento si sparpagliarono. I due Nani avevano già passato il piccolo arco. Melford era in testa seguito da Ruld. Superato il piccolo arco si trovarono in un ambiente un po’ più caldo dell’esterno, le pareti e il soffitto tutto in pietra emanavano un leggero bagliore e Ruld vide che questo bagliore era emanato da una specie di muschio attaccato alla pietra. Tante volte era entrato nel castello, ma ogni volta non poteva far a meno di ammirarne le sue forme e la sua bellezza.

    Dopo qualche metro si trovarono dinanzi la porta della sala del trono. Era una costruzione molto imponente fatta anch’essa di avorio verde. La sala era la base dell’abitazione reale, che occupava tutta l’area formata dall’unione dei due lati delle mura che unendosi davano vita alla forma triangolare del castello. In cima alla costruzione si scorgeva una passeggiata, larga come il tetto stesso. Dal basso non si riusciva a vedere ma Ruld sapeva, anche se non l’aveva mai vista, che lì c’era una porta, che portava all’ultima torre che a sua volta portava all’esterno del castello, quindi ad una via di fuga.

    La porta venne aperta da un’altra guardia reale. I due ufficiali entrarono nella sala. Anche la sala, come del resto l’intera costruzione, era di forma triangolare. La guardia reale era posizionata su entrambi i lati, sopra le loro teste degli arazzi di splendida foggia mostravano tutta la loro antichità e un lusso che ormai non era più concepito. Al centro della sala un grosso camino costruito a livello del pavimento era in grado di riscaldare l’intero ambiente. Nella parte più alta delle mura delle piccole feritoie facevano filtrare la luce del giorno ed erano appena sufficienti a illuminare tutto l’ambiente. Nella punta più estrema della sala c’era posizionato il trono. Era un trono strano, perché era tutt’uno con il pavimento, e aveva la forma di una roccia scavata al centro in modo da far entrare una figura, ma di non farla sentire comoda. Su di esso una pelle di cervo rosso copriva sedile e spalliera. Il re dei Nani era seduto e sembrava molto comodo, almeno in apparenza.

    Ruld e il comandante si avviarono verso il re, dalle mura si staccarono tre soldati per parte, e li affiancarono. Arrivati a circa due metri dal trono si fermarono.

    Maestà, il capitano Ruld porta notizie, disse Melford un po’ impacciato.

    Ruld si protese in un profondo inchino, mentre con la coda degli occhi dava una piccola sbirciatina ai due maghi consiglieri che si trovavano uno a sinistra e una alla destra del re. Dallar, detto il filosofo, per la sua capacità di aver tenuto unite le ultime due famiglie dei Nani, era un Nano insolitamente alto e mingherlino e tutta la sua saggezza si rifletteva nella sua età ormai avanzata e nella sua regalità. I Sapienti, la sua famiglia, erano ormai estinti da circa un secolo e come eredità avevano lasciato la capacità di ragionare, e di riflettere a lungo su un problema. Grazie a questo dono, Dallar era riuscito a evitare la scomparsa definitiva di tutta la razza nana.

    Mio capitano, quali notizie porti?, si rivolse a Ruld con tono grave e pieno di angoscia.

    Ruld sapeva che le notizie che portava erano a dir poco amare, trasse un profondo respiro e rispose: Sire, dai monti Vuoti il male avanza e ci costringe a indietreggiare le nostre linee, perdiamo almeno 200 passi al giorno, negli ultimi due giorni, siamo arrivati a 1000, i caduti sono molti, ma resistiamo, e mandiamo all’inferno un bel po’ di quelle creature. Ma non resisteremo a lungo.

    Ruld chinò istintivamente la testa. Il re divenne cupo, perché sapeva che essi erano l’unica speranza di libertà per il loro mondo, dove tutte le razze vivevano ancora libere. Ma per quanto ancora? Avrebbe visto il male prevalere e spazzare via tutte le razze libere? Per gli Dei, quanti uomini, quanti bambini, quante donne…

    Il mago alla sinistra del re si alzò dal piccolo scranno in cui sedeva. Ma gli Elfi del Vento dove sono? Perché non combattono anche loro?

    Il capitano girò di scatto la testa, a parlare era stato Dandarof, il mago umano. Ruld non si fidava di lui, era il capo di quei pochi Umani che non si erano venduti al male della terra della notte, sapeva che gli uomini erano volubili e per il potere erano disposti a tutto. Ma sapeva anche che il re stimava quel mago, anche se ne sconosceva il motivo. Quindi, suo malgrado, doveva essere gentile. I suoi antenati avevano tramandato nel tempo la forza e la fierezza dei Nani ma anche di essere aperti verso le altre razze e di dare una possibilità quando nel buio si intravedeva una piccola luce. Ma Ruld ancora non era riuscito a scorgere quella luce in quei pochi Umani che erano rimasti. In cuor suo sperava di sbagliarsi.

    Dandarof, gli Elfi del Vento sono rimasti in pochi, hanno combattuto al nostro fianco, ma adesso non vogliono rischiare l’estinzione, e sono tornati nelle loro terre, pur sapendo che se noi soccombiamo anche per loro sarà la fine.

    Il viso del mago divenne paonazzo. Sono dei codardi, ecco cosa sono, dopo che hanno perso quasi tutta la capacità di fare incantesimi, chi li ha protetti fino a ora? Noi con la nostra magia.

    Dallar si eresse in tutta la sua altezza e disse: Mago umano, ricorda che la tua razza si è alleata con quella feccia maligna e la vostra magia li ha asserviti, quindi risparmia i tuoi ragionamenti, prima che ti scacci da questo regno. Ringrazia il nostro retaggio se sei ancora qui a servirmi.

    Il mago umano rimase a bocca aperta, e si sedette, Ruld non poté fare a meno di notare una scintilla di astio balenare per un attimo negli occhi del mago.

    Il re riprese: Fra due ore ci riuniremo in Consiglio, con i capi delle altre razze, il tempo stringe e dobbiamo trovare una soluzione.

    Ruld e Melford fecero un breve inchino e uscirono dalla sala, da una porta che si trovava nella parete che formava il lato destro del castello, questa portava ad altre sale e agli alloggi.

    Quell’Umano è soltanto un parassita, disse Melford appena usciti dalla sala del trono, e la sua razza è buona solo a tradire.

    Ruld, continuando a camminare, rispose Forse hai ragione, ma il re deve avere un motivo per tenerlo al suo fianco. Forse pensa che la magia umana possa aiutarci in qualche modo o è troppo legato agli insegnamenti dei nostri antenati. Come noi tutti del resto.

    Mah! Io credo che il Filosofo si stia sbagliando. Vedremo e con queste parole si congedò da Ruld. Il capitano, si diresse verso gli alloggi degli ufficiali, pensando che sicuramente era saggio non fidarsi troppo degli Umani. Si fermò di colpo, un pensiero gli invase la mente come un fiume che erompe gli argini dopo una piena. Chi era l’altro mago? Era rimasto fermo e in silenzio e la poca luce che illuminava la sala del trono non era stata sufficiente a illuminare il suo viso. Soltanto ora ricordava che quel posto accanto al re fino a tre settimane fa era vuoto. Continuò a camminare, superò diverse sale, arrivò alla fine del corridoio, lì una scala portava agli alloggi. Il pensiero non lo aveva abbandonato. Rimuginando ancora su quella strana figura, arrivò al suo alloggio, entrò e non appena vide il letto con un morbido cuscino, la stanchezza lo prese e gli fece scordare ogni pensiero. Non si svestì nemmeno, posò soltanto le sue armi e si gettò sul letto addormentandosi subito.

    Capitolo 4

    Si trova in una pianura immensa, si guarda intorno, ma fin dove i suoi occhi riescono a vedere c’è solo deserto. Non un albero, non un filo d’erba, non un rigagnolo d’acqua, nessun segno di vita.

    – Per gli Dei, dove sono andati a finire tutti e tutto? –

    Comincia a camminare, le sue gambe sono pesanti, ha la sensazione di avere camminato per giorni e giorni.

    – Ma io non ricordo di aver camminato così a lungo. –

    Mentre cammina tende le orecchie e aguzza la vista per cercare di individuare qualche segno di vita.

    – Qui non c’è niente, solo silenzio, silenzio assoluto. Eppure non vedo nessun segno di distruzione. Mah! Forse sarò morto, ma mi sento vivo. –

    A un certo punto, un’ansia tremenda pervade il suo corpo, si gira di scatto e vede un grande buio, più nero del buio delle caverne più profonde, dirigersi verso di lui.

    – Oh Dei! Devo correre più forte che posso… –

    Ha percorso molte miglia.

    – Mi sta raggiungendo, ma cosa è quella luce lì in fondo? Devo raggiungerla… –

    Continua a correre, sente il sangue pulsare a un ritmo insostenibile, il cuore batte a una velocità innaturale.

    – Dovrei essere morto, eppure sono ancora vivo. –

    Giunge a destinazione, quella luce è emessa da una cittadina con decine di case tutte bianche. Il portone del muro di cinta è aperto, entra.

    – Per gli Dei, com’è possibile che in una città così piccola ci sia così tanta gente? E di tutte le razze? –

    Si gira, il Buio sta arrivando.

    – Ma che cosa fanno, non si accorgono del pericolo? –

    Comincia a gridare: Ehi guardate, siamo in pericolo….

    – Ma perché non mi stanno a sentire? –

    Dobbiamo scappare, quel buio avvolge tutto.

    – Niente, la vita continua come se niente stesse per accadere. Brutti idioti, state tutti per morire e io con voi…

    – Non si muovono, sono tutti pazzi, non vedono il pericolo. –

    Un gelo lo prende all’improvviso, si gira, il Buio è su di lui e su di loro.

    – Devo scappare, ma non riesco a muovermi, le mie gambe sono ferme. –

    Si svegliò di soprassalto. Il suo corpo, i suoi vestiti, il letto, quel morbido cuscino erano inzuppati di sudore.

    – Per Surton, creatore di tutti i Nani, ma che razza di sogno era? – pensò mentre con il palmo della mano si detergeva invano il sudore dalla fronte. – Che sia un presagio? O è soltanto la troppa stanchezza? Ma quel buio sembrava così vero, quell’ansia e quel gelo così intensi… Ma del resto era solo un sogno.

    Si alzò, andò verso la finestra, aprì le imposte e respirò a pieni polmoni l’aria fresca del pomeriggio. Guardando la posizione del sole stabilì che aveva dormito circa un’ora e mezza. Pensò che ancora aveva 30 minuti circa per rinfrescarsi e darsi una ripulita, un Nano sporco e puzzolente poteva solo assomigliare a un Mezzotrol. E i Mezzotrol non erano ben accetti nei consigli reali e comunque sia si erano già estinti.

    Uscì dalla stanza, malgrado avesse dormito meno di due ore, si sentiva riposato. Ma il riposo non gli aveva dato nessuna tranquillità. Più i giorni passavano, più le cose si complicavano. Il nemico era inesorabile, non risparmiava niente e nessuno. Il Buio che avanzava toglieva la vita a tutto ciò che avvolgeva, non era come quello del sogno che aveva appena fatto, era meno denso, meno inesorabile ed era preceduto da nemici fatti di carne e ossa quindi si poteva combattere e forse fermarlo. Forse. Quanto avrebbero resistito? Questo era il pensiero più struggente che tormentava il capitano dei Nani. Ma Ruld sentiva che da un po’ di tempo in lui cresceva una paura che non aveva mai provato. E non era la paura che ogni essere vivente ha di perdere la vita, anzi per lui e per la sua famiglia, quella dei Guerrieri, morire faceva parte della naturalità delle cose, soprattutto se la vita si perde in battaglia per una causa giusta e quindi con onore. No… era la paura che ogni uomo ha quando la speranza è ormai finita. Al Consiglio cosa poteva inventarsi, su chi poteva contare? Questo Ruld non lo sapeva e con tali pensieri che passavano dalla speranza allo scoraggiamento cominciò a scendere le scale che aveva salito qualche ora prima.

    Si ritrovò nel corridoio, ormai la sera era prossima e il lungo corridoio, così come tutto il castello, era illuminato dalle torce pulite. Ruld guardando quella luce calda e dalla giusta intensità si disse che la magia a volte era davvero una buona cosa, soprattutto quando giungeva spontanea dalla terra. Quelle torce erano ricavate da alberi particolari che crescevano nel deserto dell’Acqua, donavano i loro rami spontaneamente e spontaneamente si illuminavano con un fuoco che non brucia e non consuma e non si estingue se la magia perdura.

    Fece soltanto pochi passi e alla sua sinistra scorse la sala del Consiglio, due guardie piantonavano l’entrata.

    Le due guardie riconobbero il capitano e si affrettarono a salutarlo, Ruld rispose al saluto ma aveva rivolto già il suo sguardo all’interno della sala. Entrò. Non era mai stato in quella parte del castello, quella era la prima volta. Era una sala molto grande e dal tetto abbassato da un controsoffitto in legno di noce. In fondo, un camino riusciva a scaldarla, e assieme alle torce pulite la illuminava. Al muro destro e a quello sinistro vi erano delle panche che per tutta la riunione sarebbero rimaste vuote, e questo fece capire a Ruld che in quella sala si stava per svolgere un Consiglio per pochi eletti. Accanto al camino in entrambi i lati due piccole rastrelliere contenevano le tipiche armi dei Nani. Era loro usanza avere delle armi in ogni posto che ritenevano importante. Al centro della sala vi era un tavolo di forma triangolare. Questo tavolo era fatto di granito rosso, proveniente dalle immense grotte che si trovavano nelle terre degli Elfi del Vento, ma dove solo i Nani potevano lavorarci. I Nani tenevano questo materiale in ogni luogo dove si prendevano decisioni importanti, anche i generali tenevano nella loro tenda e perfino nella loro armatura un pezzo più o meno grande di granito. Nella credenza dei Nani questa pietra riusciva a filtrare i loro pensieri decisionali e a separare quelli giusti da quelli sbagliati. Addirittura il loro dio Surton quando aveva deciso di creare la Terra delle Razze aveva con sé un pezzo di granito rosso. Ma tutti i Nani sapevano che non sempre la pietra funzionava.

    Intorno al tavolo si trovavano dei ceppi ricavati sempre da alberi di noce, per un totale di otto, e quindi quattro per lato. Questi fungevano da sedile, avevano tutti la stessa altezza, lo stesso diametro e avevano una spalliera non molto alta. Dove un tempo c’era la corteccia adesso si trovavano degli intarsi, alcuni raffiguravano scene di antiche battaglie, altri luoghi che ormai non esistevano da millenni, altri disegni di vario tipo a seconda della fantasia del Nano che li aveva lavorati. Alla punta del tavolo il ceppo di un noce centenario con la spalliera ricavata dall’albero stesso, e con intarsi che racchiudevano i disegni di tutti i ceppi più piccoli, era destinato al re. Il capitano entrò, diede una rapida occhiata agli occupanti che già sedevano sui propri sgabelli, e si sedette a sua volta. Il re non era ancora arrivato, i due consiglieri maghi erano al loro posto, Dandarof col suo sguardo enigmatico, che al capitano non piaceva per niente, sembrava già annoiato di stare in quella sala ad aspettare e non riusciva a stare fermo nello sgabello. L’altro consigliere era invece immobile, e anche questa volta Ruld non lo vide in viso perché il cappuccio della sua tunica lo nascondeva quasi del tutto. Solo il suo mento pronunciato si riusciva a distinguere.

    – I maghi – pensò –, alcuni sfacciati e incuranti delle persone che gli stanno attorno. Altri enigmatici, arcani e insondabili –. Negli altri ospiti Ruld riconobbe un Orco seduto alla sinistra del mago umano. Alto almeno due metri e robusto come una sequoia, aveva l’aspetto fiero e orgoglioso. Ma Ruld si chiedeva perché un popolo così orgoglioso e così combattivo si fosse ritirato dalla guerra; di loro non vi erano più tracce già da un anno. Forse quella sera avrebbe avuto la risposta alla sua domanda, e a tante altre. Almeno così sperava. Accanto all’Orco un Umano con i gomiti appoggiati al tavolo aspettava con gli occhi chiusi, era il solito Umano, capelli un po’ radi, spalle larghe, pizzetto non troppo ben curato e il solito pallore. Che strano popolo era quello, una parte di loro si era venduta all’Uno, altri, pochi, invece si erano nascosti dietro la protezione dei Nani, ma non combattevano perché i Nani stessi li ritenevano codardi e traditori e non affidabili del tutto. Cosa ci faceva lì? Con questo pensiero il Capitano rivolse lo sguardo all’ultimo ospite di quella riunione, un Elfo del Vento seduto accanto al consigliere mago misterioso. Capelli verdi, occhi gialli, orecchie a punta, spalle piccole e braccia sottili, evolutesi per tirare con l’arco e scagliare lance a grandi distanze. Leali, generosi e miti. Ma anche loro non combattevano più, erano rimasti in pochi e la loro magia era quasi finita. Questo Ruld lo sapeva, ma non capiva perché, al contrario, il suo popolo avrebbe combattuto fino all’ultimo Nano della sua razza. I suoi pensieri vennero interrotti dall’arrivo del re, Ruld lo aveva rivisto due ore prima, seduto sul trono. Adesso era in piedi e si incamminava verso il suo scranno, e il capitano non poteva fare a meno di notare quanto il suo re fosse ancora forte e pieno di vita nonostante la sua età ormai avanzata. Tutti si alzarono e salutarono il re con un inchino.

    Seduti, amici miei, è arrivato il momento di decidere, disse il re sedendosi a sua volta.

    L’orco stava per parlare ma il re lo interruppe con un gesto e disse: Lerat, prima di cominciare voglio presentarvi il mio capitano, Ruld. Ci ha tenuti informati sull’andamento della guerra. È il guerriero più forte, coraggioso e leale che io abbia mai conosciuto. Io stesso gli affiderei la mia vita.

    Il Nano si alzò, fece un profondo inchino e disse: Mio re, ti ringrazio ma sei troppo generoso, io vivo per il mio popolo e il mio re e in maniera del tutto naturale.

    Il re abbozzò un sorriso al capitano e fece cenno di sedersi. Capitano, continuò, questi è Lerat, capo della tribù del fiume, i due si guardarono e si fecero un piccolo saluto con il capo.

    Il re proseguì: Questo Umano, Med, è un rappresentante della sua razza, come ci ha consigliato il nostro Dandarof, è un uomo coraggioso e affidabile.

    – Sempre se esistano uomini coraggiosi e affidabili fra gli Umani – pensò Ruld per niente convinto. Ma come fece con l’orco lo guardò negli occhi e fece un piccolo saluto col capo, però Med si limitò a uno sguardo molto breve e non ricambiò il saluto. Ruld fece finta di niente, levò lo sguardo e pensò che se fossero stati in un altro luogo sarebbe stato lui a non salutarlo.

    Il re si rivolse all’elfo: Nintin, tenente supremo degli Elfi del Vento, il re Duntin doveva essere qui ma è molto malato e ha mandato il suo uomo migliore e più fidato. Il Nano e l’Orco lo salutarono a loro modo e l’elfo ricambiò, l’Umano questa volta non rivolse nemmeno lo sguardo, come aveva fatto con Ruld, ma l’elfo guardava già il re dei Nani, perché come gli altri aspettava la presentazione del mago consigliere nascosto dal cappuccio. Il re capì che loro erano ansiosi di conoscere il volto del consigliere e disse: Amici miei, lasciate che sia il mio consigliere stesso a presentarsi.

    Trascorsero pochi secondi e il consigliere mago si scoprì finalmente il viso. Nintin, preso dallo stupore, si bloccò per qualche secondo prima di inginocchiarsi così velocemente che Ruld si rese conto finalmente perché si chiamavano Elfi del Vento. Ruld guardò il novo viso. Era un Elfo del Vento

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1