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Il mago dei ghiacci
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E-book479 pagine7 ore

Il mago dei ghiacci

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Info su questo ebook

La temuta barriera di ghiaccio che separava l’impero di Marcus da quello di Athelmet è andata in frantumi. Colui che ha avuto l’ardire di distruggerla è chiamato dai ghiacciati il Mago. Un’entità di cui si sa poco e nulla e che ha combattuto una guerra taciturna, ma brutale contro le schiere degli eserciti comandati dal sovrano del regno di ghiaccio. Ancora una volta i due principi si ritrovano divisi nelle proprie alleanze. Athelmet non ha nessuna intenzione di lasciare sua cugina indietro, mentre Marcus dovrà una volta per tutte fare una scelta: rimanere leale al suo sangue e alla sua vendetta o tradire la sua famiglia per un bene più grande? Il cammino è intriso di sangue, ovunque ci si volti per guardarlo…
LinguaItaliano
Data di uscita7 ott 2021
ISBN9791220854009
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    Anteprima del libro

    Il mago dei ghiacci - Ciufo Elvira

    Prologo

    Re dei Ghiacci

    La notte si levò immobile in un cielo senza stelle e la luna, la luna di quello sgradevole colore scuro, mi sorrise dalla sua prigione infinita. Mi sistemai il cappuccio sulla testa e spronai la mia cavalcatura ad avanzare ancora di qualche metro. Quella mi obbedì docile, al contrario del cavallo del mio accompagnatore. Sentì Burvik, a un solo un passo di distanza, maledire la bestia e cercare di farla avanzare ancora, ma quella non volle saperne. Non ve ne fu bisogno, comunque; eravamo giunti a destinazione. Scesi di sella e cozzai con gli stivali lungo il ghiaccio freddo e azzurro del mio impero. Accarezzai il mio destriero e gli sorrisi teneramente. Ghiliad era un purosangue imperiale, nato dalla razza più forte e candida dei cavalli a nostra disposizione. Il suo manto, bianco e accecante anche nella luce più chiara del mattino, risultava morbidissimo al tocco e scintillante alla vista. La sua possente muscolatura non aveva rivali tra i suoi simili, così come la sua intelligenza ed il suo coraggio. Lo vidi ergersi davanti la barriera senza nessuna paura nei suoi occhi. Accarezzai il suo muso e lo liberai dalle sue catene per lasciarlo libero di correre a nascondersi nel fitto della foresta, in attesa del mio ritorno.

    "Va, mio bellissimo amico."

    Gli assestai una pacca sulla schiena e quello intuì i miei ordini. Lo osservai voltarsi, dare le spalle alla barriera ed avviarsi al trotto in lontananza. Superò la cavalcatura di Burvik e la sua luce si spense davanti i miei occhi al pari di una stella morente. La mia cuore-lama scese a terra e lanciò una ennesima ingiuria al suo destriero. Quello sbuffò una volta, si sottrasse alla presa del suo cavaliere, le narici frementi e spalancate, e corse dietro la mia cavalcatura dando vita ad un frastuono infernale. Lo vedemmo correre all'impazzata e dare la schiena alla barriera. Burvik si sistemò alla bene e meglio il mantello sulle spalle e mi raggiunse con un'espressione disgustata sul volto. Vidi il pomolo della lancia fuoriuscire di poco dal suo fodero dietro la schiena dell'uomo.

    "Quella bestia mi sta facendo ammattire" disse.

    "Credevo di aver scelto la migliore. Piccola, ma agile e veloce. Invece mi sta creando molti più problemi di quanti ne avessi calcolato all'inizio."

    Sorrisi alla mia cuore- lama e presi la lancia dalla sua schiena.

    "Povero animale" gli risposi.

    "Non è colpa sua. La barriera spaventa tutti, persino le belve create dal Mago non si avvicinano mai ad essa."

    Burvik accennò una smorfia e cominciò a guardarsi intorno, con ansia crescente.

    "Meglio muoverci, comunque. Stiamo rischiando troppo di questi tempi. Prima o poi la fortuna finirà anche per te."

    Il mio viso sotto il cappuccio si illuminò a giorno e denudai la lancia, giusto quel tanto per poter intaccare la barriera. Con la sua punta acuminata mi graffiai la pelle della mano e lasciai che il sangue mi scorresse nel palmo. Osservai, affascinato, quel colore di un rosso ceruleo scorrermi tra le dita e vidi alcune gocce cadere al suolo e colorare la neve ai miei piedi di porpora. L'occhiata ammonitrice di Burv mi riportò al presente e alla nostra imminente missione. Strinsi il pugno con determinazione e bagnai la lancia con il mio sangue. Dopo di che poggiai la sua punta in un punto imprecisato della barriera e cominciai a creare una porticina circolare. I punti toccati dalla lancia divennero trasparenti ed una fenditura si aprì per il mondo al di là di esso. Intravidi un'immensa distesa ghiacciata, dei laghi in mezzo ad essa ed una foresta al di là ancora. Riuscì a scorgere le punte aguzze di un castello ergersi al di sopra delle chiome degli alberi di un verde pallido, ma molto più luccicante di qualsiasi altra cosa avessi mai visto. Ricoprì la lancia con il suo panno blu notte e la affidai a Burv che la riagganciò, al sicuro, dietro la sua schiena, nascosta tra le mille piaghe del mantello nero.

    "La fortuna non cerca e non sceglie nessuno" dissi alla mia cuore-lama.

    "Io la fortuna me la creo da solo."

    "Anche io" mi rispose lui.

    Attraversammo il varco e ci incamminammo, silenziosi, tra i ghiacciai e i laghi oscuri. I miei occhi percorsero i movimenti di singolari creature nelle profondità di quelle torbide acque violacee, curiosi adesso, come la prima volta, di scoprire cosa si celasse in essi. Sentì il mio ghiaccio muoversi lentamente nel mio corpo, curioso quanto me di fare quella scoperta, ma lo azzittì. Lui si quietò facilmente e si ritirò nel fondo del mio stomaco, pronto a soddisfare una mia chiamata. In gioventù, spesso, mi aveva dato del filo da torcere, ma adesso, lui come me, sembrava essere invecchiato. Aveva smesso di sfidarmi e non mi parlava più come era solito fare in passato ed io sapevo, avevo sempre saputo che la mia Vis non era mai stata così potente come quella dei miei antenati. Strinsi i pugni e attraversai l'ennesimo lago ghiacciato, con prudenza. Mio figlio sarebbe stato più forte, lo sapevo. Burv mi si affiancò di soppiatto e, insieme, corremmo fino a raggiungere i margini della foresta.

    "E se non fossero dove li abbiamo lasciati ieri notte?" mi chiese, una nota di panico nella voce.

    Io mi morsi le labbra e continuai a correre.

    "Ci saranno."

    Con un grande sospiro di sollievo, ci fermammo ad osservare i due morelli castani che avevamo sottratto solo ieri dalle stalle del castello e che avevamo condotto fino a qui. Mi voltai verso il mio guerriero e lui annuì al mio cenno. Velocemente e senza fare rumore ci avvicinammo ad essi e li calmammo con qualche carezza e qualche pacca sulle loro schiene. Vidi le stelle illuminare il nostro cammino e la luna, qui più lucente e meno perversa di quella del mio impero, sorridermi dal cielo. Lo presi come un buon auspicio, per una volta tanto. Slegai le corde del mio cavallo dal ramo al quale lo avevo legato la notte prima e gli saltai addosso con destrezza. La stessa cosa fece Burvik. Entrambi voltammo i nostri cavalli in avanti e li spronammo al passo di carica. Sentì il vento sferzarmi il corpo ed una piacevole calura riscaldarmi il viso. Strinsi i miei talloni con ancora maggior forza sulle anche della bestia e quella scattò più velocemente. Guardai in avanti, verso il futuro, verso mio figlio. Alla fine, finalmente, dopo quelle che mi parvero ore ed ore di cavalcata sfuriata e sfrenata, io e Burv arrivammo a destinazione. Sbucammo dietro il castello del mio nemico e ci fermammo senza fiato al suo margine. Osservai con un odio crescente e dirompente le torri e le merlature che sembravano luccicare anche nel buio della notte. Riuscì a distinguere le guardie sulle torrette, i fuochi accesi per riscaldarsi, le balestre appoggiate con noncuranza sui muretti e riuscì perfino a sentire un chiacchiericcio indistinto che giunse fino a noi. Nessuno guardava indietro e perché avrebbero dovuto farlo, poi. Non vi erano pericoli con la barriera dietro le loro spalle, non che loro avessero mai potuto conoscere la verità. Conficcai le unghie nel palmo delle mie mani alla vista di quelle casacche color del fuoco. Burv mi afferrò per un braccio e mi portò al di sotto delle vedette, all'imbocco degli scarichi fognari del castello. I suoi timori, le sue ansie e le sue incertezze si trasferirono nel mio corpo quando la sua pelle venne a contatto con la mia. Abbassai lo sguardo e feci un lungo e lento respiro.

    "Non è il momento di farsi prendere dall'ira" mi ricordò la mia cuore-lama,

    "Abbiamo studiato ed ideato questo piano per settimane intere."

    "Lo so" gli risposi, quasi infastidito dal quel tono di voce così calmo e apatico.

    "Ho tutto sotto controllo, non c'è bisogno che me lo ricordi, Burv."

    Infilai la mano sinistra nelle pieghe del mantello ed afferrai la boccettina racchiusa in essa con forza. Io e Burvik ci guardammo e, annuendo insieme, ci infilammo nella galleria sotterranea. Immediatamente un odore di lerciume, letame e muffa aggredì con fermezza le mie narici. Mi portai la mano guantata a chiudermi il naso e la stessa cosa fece il guerriero al mio fianco.

    "Sarà anche un posto migliore del nostro, questo mondo sussurrò il mio comandante nell'avanzare, verso l'alto, tra il sudiciume e lo sterco con apparente tranquillità, ma con un altrettanto disgusto stampato sul suo volto celato nell'ombra ma la puzza dei loro escrementi è peggio della nostra."

    Sorrisi alle sue parole, ma non riuscì a dire nulla di altrettanto divertente. L'ansia di ciò che stavo per fare era troppa e nulla sarebbe riuscito a distrarmi da questo momento in poi. Arrivammo alla nostra meta e Burv si accovacciò fino a terra, le sue dita a tastare il muro in cerca del pulsante di apertura. Io spaziai lo sguardo in avanti, dove sapevo doveva trovarsi la sala del tesoro e le carceri del castello, ma tutte le ricchezze del mondo non erano nulla in confronto al riavere il mio ragazzo indietro. Sentì uno scatto e la sezione del muro di fronte si spostò di lato improvvisamente. Burv mi fece cenno di nascondermi meglio nel mio mantello e di procedere in assoluto silenzio da questo momento in poi. Annuì alla mia cuore-lama e gli feci cenno di non preoccuparsi. Lo vidi ugualmente posare la mano sul pomolo della spada, nascosta al suo fianco. Non obbiettai. Attraversammo il bugigattolo delle scope e delle provviste e sbucammo nell'oscurità della cucina. Ci eravamo riusciti. Mi trovano dentro la casa del mio più acerrimo nemico. Il tempo di due battiti di cuore, di due respiri sincronizzati, di due sguardi l'uno nell'anima dell'altro e ricominciammo a muoverci. Burv diede un'occhiata all'esterno, mentre io lanciai uno sguardo alla pentola di rame sul fuoco spento ancora piena di quella che sembrava una deliziosa zuppa di carne. Mi innervosì al pensiero del mio popolo affamato e spaventato confrontato alle pance piene e soddisfatte di questo terribile regno. Presi il mestolo posato lì accanto e lo immersi nella brodaglia marrone dello stufato, ma non feci in tempo a portarmelo alle labbra perché la mia cuore-lama mi afferrò per un braccio e mi spinse dietro la porta facendomi cenno di non fare un fiato. Sentimmo alcuni passi nel corridoio esterno e due voci. Ci superarono e si persero in un eco lontano. Estrassi la fialetta dal mantello e la portai sotto la luce della finestra. Conteneva un liquido ambrato vorticante che aspettava solo di essere bevuto. Dopo qualche secondo uscimmo dalla cucina e ci infilammo nel passaggio buio e freddo del castello. Le torce erano spente e la via sembrava libera. Sfilammo lungo di esso fino a raggiungere una diramazione delle scale che portavano in alto. Bruvik mi fece un cenno ed io annuì.

    "Le stanze della regina sono al primo piano sussurrò il biondo guerriero. Bevi quell'intruglio e facciamola finita. Prima torniamo indietro, meglio è. Lo avevo detto che avremmo almeno dovuto portare un paio dei nostri in caso di problemi."

    "Non ci sarà nessun problema" ribadì, sicuro di me stesso.

    "Lo sciamano non mi ha mai deluso fino ad ora. Deve essere questa notte, i segni sono inconfondibili secondo lui. Mi basterà bere la pozione e assumere l'aspetto di quel deprecabile sovrano. Giacerò con la regina e lei rimarrà incinta. Crederà di aver giaciuto con il marito e, una volta scoperto di poter avere un figlio loro, cercheranno di sbarazzarsi del mio. Sarà allora che andrai a prenderlo e lo riporterai a casa."

    "Sbrighiamoci, allora."

    Feci per svitare il tappo della fiala, quando il mio ghiaccio mi avvertì di alcuni passi silenziosi in avvicinamento. Burv scattò sull'attenti e mi afferrò per la spalla, trascinandomi dietro un angolo sormontato dalla statua di un fuoco personificato. Ci schiacciammo il più possibile contro il muro e fermammo i nostri respiri. Sentì la voce di una donna alzarsi di un'ottava man mano che quella si avvicinava al nostro nascondiglio.

    "Se vostro padre lo venisse a sapere, mi farebbe impiccare per aver taciuto la cosa. Dovete immediatamente smetterla con questa assurdità."

    I passi si bloccarono d'improvviso ed io decisi di dare un’occhiata. Vidi la schiena di una donna robusta, le mani sui fianchi, arrabbiata e con uno straccio sporco in una mano ed un cesto vuoto nell'altra. Lasciò cadere il cestello a terra ed afferrò con la mano, ora libera, il braccio di un bambino al di là della sua tozza figura. Il ragazzino fece una smorfia e si districò in malo modo dalla sua stretta. Mi si mozzò il respiro in gola.

    "I poveri hanno fame" disse lui, con una voce tagliente ed elettrica.

    "Ed il re non fa nulla per aiutarli. Quella è la mia cena e la regalo a chi voglio io."

    La donna provò ad allungargli un ceffone, ma poi cambiò repentinamente idea dopo essersi soffermata sulla faccia tagliata e già gonfia del bambino. Gli accarezzò bonariamente i riccioli scuri e scosse la testa con un gesto di disapprovazione.

    "Non dovreste uscire di notte per dare la vostra cena ai poveri della strada. Guardate come vi hanno ridotto questa volta per un semplice pezzo di pane e della zuppa calda. Vi uccideranno prima o poi e cosa diranno i vostri genitori?"

    "Probabilmente mio padre salterà dalla gioia" disse sprezzante il ragazzino pallido.

    "Non dite sciocchezze. Siete suo figlio ed erede e vi ama moltissimo. Quindi è ora di smetterla. Andate a letto e fate coscienza di ciò che state facendo ultimamente, principe. Io farò finta di nulla e voi spiegherete a vostro padre come vi siete procurato quei lividi sulla faccia. Gli direte la verità questa volta."

    I miei occhi videro il bambino annuire e la donna fare un cenno di approvazione, sfinita. Alla fine quella si allontanò dall'altra parte del corridoio lasciandolo lì, da solo e con una torcia in mano a riverberare il cammino. Mi paralizzai quando la sua testa si alzò verso l'alto, la fronte fiera e ricoperta di ricci ribelli, gli occhi di un inconfondibile colore viola. Feci uno scatto fulmineo nella sua direzione, ma Burv mi afferrò il petto da dietro impedendomi di uscire allo scoperto.

    "Non possiamo prenderlo adesso, non così."

    Mi strattonai il guerriero di dosso, il ghiaccio a ricoprirmi le mani e pronto a trapassare la mia cuore-lama come se nulla fosse.

    "Lasciami andare" dissi, la voce bassa e carica di minaccia.

    "È mio figlio."

    Burvik non si perse d'animo e non mollò la presa sul mio corpo. Intanto Marcus aveva preso a salire le scale e presto sarebbe scomparso dalla mia vista, di nuovo, come quella terrificante volta di tanti anni addietro. Diedi una gomitata al guerriero biondo e mi fiondai sulle scale per prendere mio figlio. Il ragazzo si fermò a metà scalinata ed alzò maggiormente la lampada.

    "Chi c'è?" chiese titubante.

    La sua voce era tesa, ma per nulla spaventata. Mi sentì così fiero di lui.

    Burv mi corse incontro e cercò nuovamente di fermarmi.

    "Manderai all'aria il piano se lo prendi adesso" cercò di farmi ragionare, inutilmente.

    L'unica cosa che vedevo era il mio bambino, lì, fermo nel bel mezzo di quelle scale, i suoi occhi uguali ai miei, pronto per essere riportato a casa.

    "Se lo rapisci, lui non ti crederà mai e ti odierà per averlo allontanato da quella che crede la sua famiglia, da tutto ciò che ritiene essere la sua casa."

    Mi bloccai alle parole del mio guerriero.

    "Se invece portiamo avanti il piano andrà tutto per il meglio. Lui scoprirà la verità e li odierà tanto quanto tu odi loro adesso. Lo addestreremo e lo renderemo forte e ci vendicheremo tutti insieme. Devi solo pazientare, mio re... ancora qualche altra settimana e sarà di nuovo tra le tue braccia."

    Le sue parole fecero breccia nella mia coscienza e avvertì il mio ghiaccio sciogliersi improvvisamente e lasciarmi andare, esausto quasi quanto me. Mi voltai, il cappuccio ancora sulla testa, ma ormai era troppo tardi. Marcus ci aveva alla fine visti. Lo vidi esitare sulle scale, incerto se dover urlare e chiamare aiuto o provare a cavarsela da solo contro quelli che erano solo due sconosciuti nel bel mezzo del suo castello, a notte fonda. Vidi i suoi occhi piroettare ovunque in cerca di altri fantomatici nemici per lui ed alleati per noi ed il suo cervello mettersi in moto in modo piuttosto veloce, ma io non gli diedi il tempo di scegliere alcun che. Mi abbassai maggiormente il cappuccio sulla testa ed alzai le mani in segno di resa.

    "Non allarmatevi, mio principe" dissi.

    La mia voce carica di rimpianti e di paura.

    "Stiamo stati assunti dal re per pattugliare il castello durante le notti buie come queste."

    Una spiegazione patetica e insensata, me ne resi immediatamente conto, anche perché non avevamo nessuna divisa addosso e sembravamo esattamente quello che eravamo: due infiltrati loschi pronti a far danni. Capì anche che Marcus non si era bevuto quella sciocca spiegazione dal modo in cui aggrottò le sopracciglia chiare e si morse il labbro superiore. Trattenni il respiro in tralice dinanzi la sua espressione, così simile a quella di sua madre. Burv mi strattonò il mantello, nel panico più totale, ma mio figlio non urlò né cadde anche lui nel panico. Mi fissò con i suoi occhi identici ai miei e disse sprezzante:

    "Allora qualsiasi cosa stiate pattugliando vi conviene sorvegliarla meglio. Mio padre è un tipo mattiniero e così le sue guardie del corpo."

    Detto questo spostò la lanterna in avanti e riprese a salire le scale. Sentì Burvik allentare di scatto la sua morsa sul mio mantello e cacciare fuori un sospiro di sollievo. Cedendo al mio istinto saltai un paio di gradini e raggiunsi il ragazzo sul pianerottolo. La mia cuore-lama borbottò un'imprecazione che cercò di soffocare sul nascere e mi corse dietro. Marcus si voltò un'ultima volta e spalancò gli occhi quando le mie mani nude, i guanti tolti, afferrarono le sue. Non riuscì a vedermi in faccia, in parte per il buio così scuro che permeava l’area del castello e in parte perché avevo ben nascosto il mio viso. Sentì la mia voce tremarmi dentro quando presi a parlargli ancora e le mie dita andare a fuoco quando accarezzarono i lividi sulla sua guancia.

    "Io penso che siate molto coraggioso ad uscire di notte per dare il vostro cibo ai più bisognosi. La forza di un re non si vede solo nel suo braccio ma anche dalla sua mente."

    Aprì il palmo e poggiai la mano sul suo cuore. Lo sentì battere al ritmo con il mio.

    "La vera forza di un re è data dalla sua anima."

    Marcus continuò a fissarmi per alcuni secondi e poi mi regalò un timido sorriso. Tremai e fermai le mie braccia pronte ad abbracciarlo e a portarlo via da questo orrendo posto. Mio malgrado lo vidi allontanarsi silenziosamente, come un piccolo lupo delle nevi e sparire lungo il corridoio, probabilmente in cerca della sua stanza. Sentì Burvik affiancarmi e rimanere in silenzio per qualche secondo. Presto... promisi a mio figlio... presto io e te saremo di nuovo insieme. Ripresi la fialetta in mano, svuotai il tappo ed ingurgitai tutto in un sorso il suo contenuto. Le mie labbra si piegarono in un ghigno e mi incamminai in cerca della camera della regina.

    "Facciamolo" dissi.

    "Diamo un fratello a Marcus."

    Capitolo uno

    Ferswall

    Impero di Ghiaccio

    Athelmet

    Non era passato nemmeno un giorno intero dal mio primo incontro con il Mago che già mi ritrovavo a correre per aver salva la vita. Inciampai malamente in un arbusto e quasi persi l'equilibrio. Alle mie spalle sentì Neìme imprecare ed afferrarmi un braccio per impedirmi di ruzzolare malamente a terra e così cadere tra le fauci di quell'orrenda belva a quattro zampe.

    Corri! Continua a correre!

    Facile per te dirlo le risposi a voce un po' troppo alta.

    Non sei tu quella che quel mostro vuole mangiare!

    Arrestai bruscamente la mia corsa, giusto in tempo per non capitombolare al di sotto di un burrone. Allungai il collo ed intravidi un stradina stretta e tortuosa, quasi completamente gelata, serpeggiare su per i boschi in lontananza. La guerriera di sangue mi tirò per la manica del mantello e mi condusse al riparo, al di sotto di una sporgenza rotonda. Ci rannicchiammo stretti l'uno all'altra, in un silenzio tombale ed attendemmo il verso della creatura che ci stava inseguendo. Per alcuni istanti le mie orecchie non colsero nulla, se non i tipici rumori di una foresta.

    Forse ha lasciato perdere dissi speranzoso.

    Avrà capito che non vale la pena darsi tanto da fare per una preda insulsa come me.

    Zitto mi rispose la ragazza di rimando.

    Un suono di pesanti zoccoli arginò le mie continue proteste. Mi sigillai la bocca con la mano e alzai gli occhi verso l'alto anche se non riuscì a scorgere nulla. Una nuvoletta di fuoco cominciò a scendere da sopra verso il basso, a mo’ di avvertimento ed uno strano verso iniziò a percuotere lo spazio circostante. Quello che voleva uccidermi era un Draugari, un animale del fuoco. Per cui, potete immaginare con estrema chiarezza come sia andato a finire il nostro primo incontro: io, sicuro di me, gli ho scagliato contro una grossa palla infuocata e lui, leccandosi le fauci orripilanti, ha aperto la bocca e ha inghiottito il mio fuoco facendo anche un bel verso di apprezzamento per il lauto pasto. Da quel momento in poi abbiamo giocato al gioco delle prede e del predatore.

    Perchè non ti avvali di quei fasci rossi che ti ho visto adoperare la prima volta che ci siamo visti? Quando hai combattuto contro Marc?

    La ragazza mi mimò di abbassare la voce e poi scosse la testa, quasi affranta.

    Il Mago mi ha tolto quei poteri, non posso fare nulla.

    Improvvisamente, un acuto stridio riempì il cielo sopra le nostre teste ed uno stormo di strane creature rivestì completamente il sole pallido e violetto. Le vidi passare alla velocità della luce e correre verso est, verso la barriera. Non esiste più nessuna barriera, mi ricordò la mia mente traditrice. Il Draugari rispose al verso dei suoi simili e si precipitò ad inseguirli via terra, il pasto settimanale, vale a dire me, già dimenticato. Io e Neìm uscimmo dal nostro nascondiglio e riuscimmo a scorgerlo una volta ancora, un'ultima volta per qualche altro secondo, le possenti zampe sotto un corpo muscoloso e snello, che cominciarono a correre per l'intera foresta fino a sparire in lontananza. Prostrai al suolo con un sonoro sospiro, tra l'erba fracida e bagnata, completamente esausto per la corsa a rotta di collo. Stava per scendere la sera e, presto, avremmo dovuto trovare un riparo per la notte. Neìm indusse nei miei stessi pensieri, perchè la vidi aggrottare la fronte dopo essersi guardata in giro, i capelli ramati corti e ribelli ad incorniciarle il viso magro. I suoi occhi rossi ed alquanto spaventosi si posarono per un attimo sulla mia figura lacera e striminzita al suolo per poi spostarsi in avanti. Ebbi un brivido di inquietudine, che passò immediatamente. Se la mia intenzione era quella di salvare mia cugina, non potevo fare altro che fidarmi completamente della mia accompagnatrice. Ricordai il volto sorridente ed allegro di Ehnys e mi ripromisi, ancora una volta, di riportarla a casa sana e salva. Alla fine riuscì a rimettermi in piedi; mi sentivo i muscoli e le ossa del corpo completamente indolenziti e marchiati a causa del freddo. Neìm mi fece segno di seguirla ed io lo feci. Camminammo nel folto della foresta per un'altra mezz'ora, fino a quando il sole venne cancellato dal sorgere della luna e la notte scese come un falco in picchiata sulle nostre teste. Finalmente la ragazza decise che, per oggi, ne avevamo avuto abbastanza.

    Questo posto è completamente allo scoperto disse stizzita.

    Nemmeno una cavità nella quale nascondersi per la notte. Pazienza aggiunse poi.

    Dobbiamo solo sperare che niente e nessuno venga ad importunarci. Vado a cercare della legna per il fuoco, non ho intenzione di gelare in questo tugurio infernale. Tu aspetta qui continuò poi, dopo avermi lanciato un'occhiata quasi di sufficienza.

    Lì per lì aprì la bocca con l'intenzione di risponderle a tono, ma poi decisi che non ne valeva davvero la pena; che facesse lei la fatica di cercare e trasportate ramoscelli secchi di legna per il fuoco se proprio era così entusiasta dalla prospettiva. Io me ne sarei rimasto qui, tranquillo e beato ad aspettarla. Mi sedetti su una zolla di terra dura e asciutta e scoccai un sorriso radioso alla giovane.

    Affare fatto, signore.

    Neìm non apprezzò per nulla il mio spirito allegro e la vidi allontanarsi di qualche metro dopo aver scosso la testa prima a destra e poi a sinistra. Io mi sistemai meglio al suolo ed aprì il sacco delle provviste. Tirai fuori i nostri mezzi di sostentamento e venni colto da una terribile malinconia: gallette, gallette, carne essiccata e dura, pane malfermo e ispido e... oh, ma guardate, altre gallette. Staccai un morso ad un pezzo di pane e mi sdraiai a terra. Speriamo che almeno Neìm sappia davvero dove stiamo andando. A ben pensarci mi trovavo in una situazione davvero, ma davvero disperata. Secondo la guerriera di sangue mia cugina era ancora viva, ma perché mai il Mago avrebbe dovuto lasciarla tale visto che ormai sembrava aver raggiunto il suo scopo? La barriera era andata per sempre, quel muro di ghiaccio e di potere invalicabile, quella linea che da sempre aveva separato il mio impero, Carsey, da quello di Marcus, ora non esisteva più. La via era stata di nuovo aperta, i due mondi ancora una volta collegati. Ripensai al volto di mio fratello, quell'ultima volta che lo avevo visto, il che era avvenuto solo un giorno addietro a dire la verità, ma a me sembrava già una vita fa. Mi era sembrato turbato da qualcosa, pallido in viso, con gli occhi cerchiati di nero e di un viola scuro e turbinoso. Come al solito, però, non mi aveva espresso i suoi pensieri, figurarsi i suoi sentimenti. Prima di mettersi in marcia con i pochi ghiacciati sopravvissuti del suo impero mi aveva guardato per qualche secondo e poi aveva stirato le labbra ad imitazione di un cereo sorriso. Le uniche sue parole erano state quelle di non farmi ammazzare e di ritornare presto a Carsey con le due ragazze rapite dal Mago, cosa che io avevo tutte le intenzioni di fare ed anche velocemente. Le mie considerazioni vennero interrotte bruscamente dal ritorno di Neìm. La ragazza era riuscita a scovare un paio di legnetti e di foglie secche che lanciò a terra con poca noncuranza. Dopo qualche attimo riuscì ad aizzarmi contro un bel fuocherello rosso acceso. La vidi sedersi a gambe incrociate di fronte ad esso e chiudere, per un singolo istante gli occhi, in cerca del suo calore sulla pelle del viso. Mi avvicinai al fuoco anche io, sebbene non ne avessi davvero bisogno. Le mie vene e il mio sangue pulsavano di Siv, ed essa mi riscaldava ogni volta che io comandavo. Mi sovvenni di come mi fossi completamente abituato ad avere questo tipo di potere dentro di me, soprattutto da quando avevo domato le fiamme ed il suo dio e li avevo fatti miei. Sembrava una parte di me adesso, come un braccio o una gamba e usarlo diventata ogni giorno più facile del previsto. Neìme, intanto, aveva richiuso gli occhi ed io mi ritrovai ad osservarla ancora. Vi era qualcosa di affascinante misto a qualcos'altro di orribile in lei che mi attirava verso la sua figura minuta. Osservai i suoi capelli ramati scurirsi con le fiamme e la sua pelle liscia e bianca e mi venne un'inspiegabile voglia di spostarle un ciuffo ribelle dalla guancia. Il pensiero di Marcus e Cal mi sovvenne dal farlo per davvero.

    Allora cominciai nervoso, cercando di intavolare una conversazione con la ragazza.

    Dove siamo diretti? Spero che non sia troppo lontano, mia cugina ha già subito abbastanza. Il pensiero di lei, spaventata e sola, racchiusa chissà Zarusca sa dove, mi riempie di angoscia.

    Non è da sola disse lei senza aprire gli occhi.

    La profetessa è con lei.

    Già... le risposi io con voce malferma. Neìm aprì di scatto gli occhi e prese ad osservarmi incuriosita.

    Già cosa?

    Il fatto è che... beh, quelle due non vanno molto d'accordo. Spero solo che non si uccidano a vicenda prima del nostro arrivo.

    Neìm rise ed il fuoco scoppiettò. Osservai le fossette aprirsi ai lati delle sue labbra e mi rallegrai del fatto che, finalmente, fossi riuscito a farla ridere, ma la risata durò un battito di ciglia. Presto la ragazza ritornò a trasformarsi nella guerriera focosa e irritata che avevo imparato a conoscere in questo periodo passato in sua compagnia. Abbassai lo sguardo sul fuoco e le fiamme mi rimandarono l’immagine del mio volto indietro.

    In verità non ho davvero idea di dove il Mago possa averle portate.

    La sua voce, così bassa e arrendevole mi fece saltare un battito di cuore.

    Cosa?

    Mi alzai di scatto e sparpagliai del terriccio sul fuocherello che, già piccolo prima, adesso si spense del tutto. L'oscurità e le ombre avvolsero la figura ammantata della guerriera di sangue. Neìm non si mosse, ma riuscì lo stesso a scorgere una smorfia di disapprovazione sul suo viso per averle spento l'unica fonte di calore a lei concessa. Mi sovvenne perfino il pensiero che non mi aveva nemmeno chiesto se avessi potuto accenderle io un fuoco, come se non avessi il potere di farlo, come se non rappresentassi una minaccia per la sua persona.

    Che diamine significa che non sai dove si trova Ehnys? Perchè avresti dovuto mentire a Marcus?

    Lei mi trapassò con gli occhi rosso brace e mi fece cenno di calmarmi, di non gridare e di non attirare l'attenzione delle belve. Con un cenno perentorio della mano mi ordinò di rimettermi a sedere, ma io non feci nessuna di queste cose. Quando si accorse delle mie remore e della mia resistenza la sentì sbuffare e muoversi all'interno di quel suo mantello oscuro come la notte.

    Calmati principino, conosco qualcuno che saprà sicuramente dove è rinchiusa tua cugina; non preoccuparti, abbiamo tutto sotto controllo.

    Ma davvero? E se così non fosse? Ho accettato questo folle piano solo perché tu mi avevi giurato che l'avremmo salvata.

    E la salveremo, non c'è bisogno che ti agiti così tanto.

    Mi scaraventai a terra, esausto e con le palpebre pesanti, già stanco di tutto questo. E sei in viaggio da solo un giorno.

    Perchè mentire però? Fa parte di qualche tuo folle piano? Mi devi la verità, almeno adesso.

    Neìm mi trapassò con lo sguardo e poi abbassò la testa.

    Non ho nessun folle piano in mente. Faremo esattamente quello che ti ho detto, solo... solo che avremmo bisogno di un piccolo aiuto. Non sarà difficile. Il Mago è scomparso e le sue creature presto lo seguiranno. Io dico che le due ragazze, per non parlare di noi due, adesso sono molto più al sicuro qui al contrario di Cal e di Marc. Sono quei due che presto dovranno fare i conti con la realtà.

    In che senso?

    Lei alzò gli occhi e, anche nel buio della notte fui in grado di vedere le sue braci guizzare in essi. Mi si mozzò il respiro in gola e venni afferrato da un composto di eccitazione e di paura assieme.

    Gli hai affidato la salvezza del tuo popolo e della tua casa, hai detto che ti fidavi di lui, ma non so se sia stata una mossa saggia.

    Mi agitai e le scoccai anche io un fuggevole sguardo.

    Mi fido di lui, voglio fidarmi di lui. Tu non capisci… sospirai e cercai di spiegarle meglio.

    Dovendo scegliere tra questo e il combatterlo preferisco di gran lunga la prima opzione. Solo così potrò salvarlo da se stesso.

    La ragazza non mi rispose ed il silenzio pervase per qualche minuto la foresta. Che avesse ragione lei? Avevo appena mandato un distruttore con il potere di una portentosa divinità del ghiaccio contro il mio impero? Scossi la testa. No. Non posso farmi prendere da certe paranoie adesso, una cosa per volta. Prima dovevo riprendermi Ehnys e poi sarei tornato a casa. Nel frattempo mi sarei completamente fidato del giudizio di mio fratello e lei non mi avrebbe fatto cambiare idea. Dopo altri attimi di distopico silenzio, la voce della ragazza riprese a riverberare ovattata per il nostro infelice e piccolo accampamento.

    Tu non lo conosci come lo conosco io, per niente. Non sai il tipo di rapporto che ha con suo padre e suo padre odia davvero i Carseity. Nutre un profondo disprezzo per tutti quelli della tua razza, un disprezzo condiviso dalla maggior parte dei ghiacciati. Voi, con la vostra pelle abbronzata e baciata dal sole, con quei capelli scuri e quei corpi tonici e ben nutriti, e poi ci siamo noi… noi che non abbiamo fatto altro che arrancare da sempre, arrancare nel freddo e negli stenti, in un mondo che non ci ha mai voluto e non ci ha mai accolto. Separati dalla vita da un Dio che si è sentito tradito e che ha preferito aiutare i suoi rivali pur di distruggerci, un Dio trasformatosi poi in una barriera per non farci passare e per ricordarci per sempre le nostre colpe. E poi è arrivato anche il Mago, con i sui deliri di distruzione e livore, anche lui nato da sentimenti di vendetta. La vendetta è ciò che ci ha portato fino a qui. La vendetta è ciò che guida tutti i cuori dei ghiacciati, compreso quello di Marcus.

    Ma tu sai chi è il Mago, vero? Eri una dei suoi guerrieri.

    Lei si alzò il cappuccio sulla testa, dissimulando le sue emozioni.

    Non mi va di parlarne. Vero, sono stata dalla sua parte, ma adesso non più. Ora voglio solo aiutare la mia gente.

    E che mi dici di Cal e di Marc? Li conoscevi da prima di tutto questo, vero?

    Siamo cresciuti insieme, prima che il Mago mi catturasse e facesse di me una sua alleata. Per questo ti dico che tu non lo conosci davvero, non come me. Lui ama suo padre più di ogni altra cosa al mondo ed ora tu li hai ricongiunti. Insieme potrebbero fare qualsiasi cosa. Marc è forte… aggiunse poi.

    La persona più forte che abbia mai conosciuto ma... suo padre lo ha cresciuto cibandolo di rivincita e di ripugnanza verso la tua famiglia ed il tuo popolo. Quel tipo di vendetta, quel tipo di paura, non si cancellano facilmente. Di tutto questo ne risentiranno tutti, soprattutto il mio popolo.

    Allora perché non sei andata con lui? Perchè, se sei tanto preoccupata, sei rimasta qui, con me? Alla ricerca di due ragazze che non conosci e che non sai nemmeno dove si trovino? Mi sarei dovuto portare dietro Cal, almeno con lui sarei stato certamente al sicuro da qualsiasi pericolo.

    È proprio a causa di Cal se ho mentito, non lo hai capito?

    Incastrai i miei occhi nei suoi, cercando di estrapolare i pensieri dalla sua testa, non riuscendoci però, non riuscendoci per nulla.

    Cosa?

    Se avessi detto la verità, vale a dire che non so dove si trovi la profetessa di Marcus, lui avrebbe ordinato a Cal di rimanere con te per cercarla e a me di andare con lui in guerra, perché crede di aver bisogno della mia presenza al suo fianco, perché crede di amarmi.

    Sussultai alle sue parole.

    So che mi ama, ne sono certa, ma separarlo dalla sua cuore-lama non è un'opzione praticabile. Lui non se ne rende conto, ma ha più bisogno di lui al suo fianco che di me. Cal è tutto ciò che lo rende umano, tutto quello di cui ha veramente bisogno, ciò che scioglie il suo ghiaccio e lo rende il vero se stesso. Cal è l'unico capace di farlo ragionare, l'unico che può tenere a bada la sua ira e la sua idea assurda di vendetta. L'unico che vorrebbe vicino senza neanche saperlo, l'unico che ama incondizionatamente senza aspettarsi di riceve altrettanto amore indietro, ciò che invece chiede continuamente quando scruta ininterrottamente dentro di me. Ecco perché adesso sono qui con te e non con lui. Spero solo che Callum sia in grado di mettersi tra il principe e suo padre e di ricordargli la promessa che ti ha fatto prima di lasciarti.

    Rimasi ammutolito e immobile per alcuni minuti, ripensando alle sue parole espresse con così tanta foga e rabbia e poi decisi che, almeno in parte, lei aveva torto.

    Ti sbagli le spiegai a bassissima voce.

    Non su Callum e non sul suo rapporto con Marc. Ho percepito anche io il loro strano legame dalla prima volta che li ho visti e, ancora oggi mi riesce difficile da spiegare o da tradurre a parole, ma ti sbagli sul fatto che tu conosca mio fratello meglio di me. Forse sei tu che non lo conosci davvero, sei tu che vuoi vedere ostacoli là dove non ce ne sono, non veramente. Marc amerà anche suo padre e odierà ancora la mia famiglia per quello che gli hanno fatto, ma ha una testa sua e sa cosa è giusto e cosa è sbagliato fare. Spesso ci mette un po' troppo nel prendere le decisioni oneste, è vero, ma alla fine le prende sempre e comunque e non mi delude mai. Il tuo problema è che non ti fidi di lui, io si, mi fido ciecamente del suo giudizio. Andrà a Carsey e farà ragionare il suo re, farà in modo che i Carseity si alleino con i ghiacciati ed insieme affronteranno le schiere mostruose del Mago e, una volta ricongiuntomi con Ehnys io sarò lì, con lui, a combattere per un mondo libero dal suo giogo.

    Spensi la mia voce e voltai la schiena alla ragazza. Mi sdraiai sul suolo cedevole e limaccioso della foresta e chiusi gli occhi in attesa di un nuovo giorno. Sto arrivando Ehnys, ovunque tu sia aspettami, presto torneremo tutti e due a casa. Mi addormentai con ancora il nome di mia cugina sulle labbra.

    Capitolo due

    Carsey

    Reame di Armeth

    Marcus

    Mi immobilizzai alla vista di quelle guglie bianche e slanciate alla luce del cielo limpido del mattino. Avevo trascorso metà della mia infanzia tra le mura di quel castello e, per quanto avessi solo voluto odiarlo e disprezzarlo, non i tutti i miei ricordi di quel posto erano così ripugnanti. Ricordavo le cavalcate all'alba, quando il mondo dormiva ancora profondamente e i riservati raggi del sole sfioravano timidamente il mio corpo senza farmi alcun male, ricordavo le abbuffate nelle

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