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Tra la vita e la morte: La psicanalisi scomoda
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E-book163 pagine1 ora

Tra la vita e la morte: La psicanalisi scomoda

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Info su questo ebook

Il volume segue una traccia interna al pensiero di Freud che comincia con l’introduzione del tema della morte e della “caducità” (nelle Considerazioni attuali sulla guerra e la morte, del 1915, e nel coevo Caducità) e che, attraverso alcuni testi fondamentali, procede fino ad Analisi terminabile e interminabile (1937) e, sostanzialmente, fino alla fine dell’opera e della vita di Freud. Che sia la morte vera e propria in quanto caducità della vita, o l’inestinguibile distruttività degli esseri umani, o la demoniaca insistenza a ripetere un copione sintomatico, dal ’15 in poi il tema della morte e del negativo si è prepotentemente introdotto nel pensiero freudiano. Esso costituisce il versante più spinoso del freudismo, quello che la psicoanalisi istituzionale ha occultato, basti pensare alla pulsione di morte o all’angoscia di castrazione. Per l’autrice, la psicoanalisi deve riprendere la riflessione su se stessa e sul mondo che la circonda proprio da questi nodi controversi e attualissimi, se gli psicoanalisti vogliono dare un contributo anche politico agli accadimenti del proprio tempo, dentro e fuori la stanza d’analisi.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2020
ISBN9791280124272
Tra la vita e la morte: La psicanalisi scomoda
Autore

Cristiana Cimino

Psichiatra e psicoanalista di formazione freudiana e lacaniana, è full member della Società Psicoanalitica Italiana (organo dell’International Psychoanalytical Association); è stata coeditor dell’European Journal of Psychoanalysis e attualmente è membro dell’Editorial Board della rivista Vestigia. Ha scritto molti articoli su riviste specializzate e generaliste, sia italiane che straniere. Per i nostri tipi ha pubblicato Il discorso amoroso. Dall’amore della madre al godimento femminile (2015).

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    Anteprima del libro

    Tra la vita e la morte - Cristiana Cimino

    Cop_EPub_Cimino.jpg

    Parola di Donna

    © 2020 La Talpa srl – manifestolibri

    Via della Torricella 46 – Castel San Pietro Romano (RM)

    ISBN 979-12-8012-427-2

    www.manifestolibri.it

    book@manifestolibri.it

    Cristiana Cimino

    Tra la vita e la morte

    La psicoanalisi scomoda

    manifestolibri

    Introduzione

    Questo libro nasce dall’idea di seguire una traccia nel pensiero di Freud la cui comparsa riconduco, come convenzione, a Considerazioni attuali sulla guerra e la morte (1915), il saggio contemporaneo a Caducità, e che, attraverso alcuni testi fondamentali, procede fino alla fine dell’opera e della vita di Freud. Idealmente considero Analisi terminabile e interminabile (1937) come riferimento conclusivo. Il reperimento di questa traccia e di una sorta di svolta freudiana sono inaugurati dalla tematizzazione della morte. Non che fino a quel momento il tema della morte non fosse presente, al contrario. Esso, tuttavia, era stato trattato da Freud in maniera obliqua, come qualcosa da tenere a distanza. Sappiamo quanto Freud fosse preoccupato per la morte dei suoi cari e per la propria, alla quale, a lungo ha tentato di attribuire una data, ponendo come limite della propria vita i sessanta-sessantadue anni. Questa previsione è stata sconfessata, visto che la morte lo ha colto a ottantatre anni, dunque dopo avere dedicato un bel po’ di tempo all’anticipazione dell’evento temuto. In saggi come Il motivo della scelta degli scrigni (1913) e Totem e tabù (1912-13) il tema della morte è trattato come declinazione dell’Edipo. Nel secondo è svelata la faccia scabrosa del legame al padre, che esita nella sua uccisione; nel primo, Freud, parlando della morte, si avventura in quello che Fachinelli ha chiamato territorio proibito, ossia il territorio materno. Il riferimento a questo ambito percorre tutta l’opera di Freud e, verso la fine, come vedremo, il materno diventerà il femminile per diventare nuovamente il materno. Che sia lo scrigno (come nel Mercante di Venezia) o la figlia femmina (come in Re Lear), l’oggetto scelto sarà un Ersatz della madre, il sommo bene a cui si vuole tornare, in un abbraccio definitivo che plachi ogni inquietudine. È sorprendente come in questo testo del ’13, in sordina, Freud già anticipi le conclusioni che avrebbe formalizzato nel ’20 in Al di là del principio del piacere: il vero piacere consiste nell’azzeramento di ogni tensione e, in sostanza, nel tentativo (illusorio, evidentemente) di riunificazione all’oggetto perduto. Del tutto diverso, quasi un richiamo all’ordine, il tono in Considerazioni attuali sulla guerra e la morte, il testo in cui Freud dichiara ciò che avrebbe detto in termini più aggraziati in Caducità: la morte esiste (in barba alle leggi dell’inconscio, sembrerebbe), è bene che gli esseri umani di questo prendano atto per poter vivere. Lo sguardo sugli sconvolgimenti del suo tempo, culminati nello scoppio della Prima Guerra mondiale è la peculiarità del testo. Del resto, l’apprensione freudiana per la drammaticità degli eventi storici è lo sfondo di quasi tutti i testi che vengono qui presi in considerazione. Tuttavia, attribuire esclusivamente a questa angoscia la produzione di quegli anni non renderebbe giustizia al pensiero freudiano. La finzione o illusione di non sapere della morte sembra, a un certo punto, non tenere più, sebbene, ancora molti anni dopo, Freud ribadisca che nell’inconscio non ci sia "nulla che possa dare un contenuto al nostro concetto di annientamento della vita (Inibizione Sintomo e Angoscia, 1925)". Affermazione non nuova ma sorprendente non solo perché in controtendenza con quanto affermato più volte nel ’15, ma perché l’originaria condizione umana di derelizione (Hilflosighkeit) sempre pronta a ripresentarsi, ben si presta a sperimentare quella di annientamento o morte che dir si voglia. Quello della morte sembra per Freud un altro territorio proibito, o quanto meno assai controverso da trattare. È pur vero che l’opera di Freud si snoda lungo un arco di tempo di decenni, che egli è in febbrile ricerca e dunque sempre pronto a rimescolare le carte. La suddivisione in periodi del pensiero freudiano è un’operazione poco frequentata (per non dire affatto) rispetto alla stessa operazione per il pensiero lacaniano, ad esempio. Ciò che più somiglia a un’operazione del genere per Freud è la monumentale biografia di Ernest Jones. È innegabile che Freud non smetta mai di sorprendere, una delle sue peculiarità è infatti quella di costruire una nuova teoria proprio quando quella precedente è in via di assimilazione e il lettore sta appena iniziando a padroneggiarla. A quel punto Freud, con una spaesante acrobazia intellettuale, spazza via quel po’ di chiarezza guadagnata e enuncia una nuova formalizzazione. Ne sono esempi patenti l’introduzione della seconda topica e la sostituzione della seconda ripartizione pulsionale a quella tra pulsioni dell’Io e pulsioni di autoconservazione. Esistono esempi meno eclatanti, affermazioni disorientanti e/o contraddittorie di quanto affermato altrove. Come se non volesse lasciarci tranquilli, se lo spirito freudiano non in cerca di riconoscimento istituzionale, che pure esiste, fosse sempre preoccupato di un possibile addomesticamento della psicoanalisi, che la strega si trasformi in una signora beneducata. In ogni caso, che sia la morte vera e propria (la caducità della vita), o la demoniaca insistenza a ripetere un copione sintomatico, proprio ciò che apparentemente ci fa più soffrire, o l’infrangersi della cura contro la roccia basilare (Analisi terminabile e interminabile, 1937), o persino l’operazione necessaria alla strutturazione del soggetto (La negazione, 1925), il tema che della morte, in tutte le sue declinazioni, in incubazione da tempo, dal ’15 in poi è prepotentemente e definitivamente introdotto nel pensiero freudiano. Esso costituisce il versante più spinoso, quello che più la psicoanalisi istituzionale ha tentato di occultare del freudismo, basti pensare alla di pulsione di morte o all’angoscia di castrazione. Un altro aspetto essenziale di questo versante o traccia è effettivamente quello relativo al rapporto dei soggetti con la castrazione e con il femminile, che, oltre i saggi del ’31 e del ’32, culmina nel 1937 con Analisi terminabile e interminabile. Il tentativo freudiano di esplorare il dark continent e di avere a che fare con le peculiarità del femminile, naufraga nell’enunciare l’invalicabilità della roccia basilare, ossia della posizione femminile in quanto tale.

    Ringraziamenti

    Ringrazio Francesca Pani, Nuna Lini, Sergio Benvenuto, Antonello Correale, John Gale, Paolo Vinci, Riccardo Williams e, naturalmente, Stefano Petrucciani.

    Capitolo

    1

    Tra la vita e la morte

    I. Una dubbia civilizzazione

    § (1) La guerra

    Dalle grandi nazioni di razza bianca dominatrici del mondo, nelle cui mani è affidata la guida del genere umano, che sapevamo intente a perseguire interessi estendentisi al mondo intero (…), da questi popoli almeno ci aspettavamo che giungessero a risolvere per altre vie i loro malintesi e i loro contrasti di interesse. All’interno di queste nazioni erano state instaurate, per il singolo, norme morali elevate, e ad esse il singolo individuo doveva uniformare la sua condotta di vita se voleva partecipare ai beni comuni della civiltà. Queste prescrizioni, spesso troppo rigorose, esigevano molto da lui: una considerevole limitazione, una cospicua rinuncia al soddisfacimento pulsionale.¹

    La durezza contenuta in Considerazioni attuali sulla guerra e la morte² emerge tutta in questo frammento del testo freudiano. Il 29 giugno 1914, sei giorni dopo l’ultimatum alla Serbia da parte dell’Austria, quest’ultima aveva cominciato l’offensiva che darà inizio alla Prima Guerra Mondiale. I venti di guerra sono, in un primo tempo, accolti con entusiasmo patriottico dallo stesso Freud, come testimonia la lettera a Abraham del 26 giugno³, in cui egli dichiara il proprio sentirsi austriaco e l’entusiasmo per l’atto di coraggio compiuto dall’Austria. Nemmeno Freud, evidentemente, è immune dalla presa dei meccanismi che guidano le masse e che analizzerà in modo così sistematico e innovativo pochi anni dopo in Psicologia delle masse e analisi dell’Io⁴, le cui premesse sono rintracciabili proprio in Considerazioni. L’afflato freudiano è destinato a spegnersi molto rapidamente per lasciare il posto a ben altri sentimenti e a riflessioni che avranno una grande portata sul suo pensiero e sulla sua vita. La rabbiosa amarezza che percorre questo testo del ’15 è evidentemente determinata dalla tendenza di Freud a illudersi sulle possibilità evolutive degli esseri umani e dalla successiva bruciante disillusione. Immaginiamo che Freud sia edotto di questo. Gli esseri umani civilizzati, quelli da cui ci si aspettava di più, e i gruppi sociali da essi formati, hanno fallito. Non sono riusciti ad autolimitarsi, né a far prevalere l’interesse della collettività a fronte di quello dei singoli Stati che si sono rivoltati l’uno contro l’altro con odio e orrore. Né sono riusciti ad approfittare di una (a quanto sembra, altrettanto illusoria), comunanza tra i popoli che sembrava consentire una libera circolazione di tutti da un luogo all’altro, non solo per soddisfare le necessità della vita, ma per poter godere delle bellezze artistiche e naturali, oltre che della varietà di costumi e di lingue, di quella che oggi chiameremmo differenza.

    Ancora Freud:

    …all’interno di queste nazioni civili erano qua e là frammischiate minoranze etniche universalmente impopolari, e perciò ammesse solo controvoglia, e non completamente, a partecipare al comune lavoro civile, benchè si fossero dimostrate sufficientemente idonee a svolgerlo. Tuttavia, si poteva supporre che questi grandi popoli avessero acquisito tanta comprensione per ciò che fra loro vi è di comune, e tanta tolleranza per ciò che vi è di diverso, da non poter più, come ancora avveniva nell’antichità classica, confondere in un unico concetto lo straniero e il nemico".

    Lo straniero, nella nostra contemporaneità incarnato più che rappresentato, dai fiumi di esseri umani che incessantemente migrano da Africa, Asia, Medio Oriente, continua ad essere confuso con il nemico, cosa che probabilmente non avrebbe meravigliato Freud che, in quanto ebreo, ne aveva fatto esperienza personale. L’estraneo-straniero è ancora oggi, contro ogni evidenza, il barbaro. L’attitudine freudiana, ottimista verso la civiltà al punto di immaginare un mondo comune di cui godere tutti, che permetta la libera circolazione degli individui, di sorprendente modernità e fiducia nel logos, è coerente con l’attitudine dell’uomo di scienza, che pensa (almeno fino a questo momento) sia possibile alla psiche sottrarsi alla dipendenza dalla vita emotiva che rende creduli e stupidi anche gli uomini più intelligenti. In termini duri e a lui inusuali Freud ribadisce, nonostante l’amarezza, non

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