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La dialettica della libertà in Nietzsche e Dostoevskij
La dialettica della libertà in Nietzsche e Dostoevskij
La dialettica della libertà in Nietzsche e Dostoevskij
E-book137 pagine1 ora

La dialettica della libertà in Nietzsche e Dostoevskij

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Vi è un profondo legame tra la “filosofia con il martello” di Friedrich Nietzsche e la produzione narrativa dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij. Attraverso l’analisi del sottosuolo e delle critiche tanto al determinismo positivista quanto all’idealismo, in questo testo ci si concentra sulla concezione di dialettica della libertà che i due autori condividono. La loro critica radicale dei valori tradizionali poteva condurre a una deriva nichilista; entrambi, però, rifiutano questo esito e ne confutano la necessità. La libertà autentica per i due autori non è infatti l’indifferenza del libero arbitrio infinito, bensì l’oltreumana accettazione del non-senso e della sofferenza inutile della vita. Non bisogna però intendere questo amor fati come una rassegnazione passiva. Esso è piuttosto l’aurora di un nuovo umanesimo: è il coraggio di assumere su di sé il peso del mondo, continuando a desiderare di essere e di volere “ancora una volta”. In questa dialettica della libertà, il negativo è una contraddizione che alimenta il movimento; e tuttavia non è necessario attraversare quel negativo per affermare il positivo, né è assicurata poi la vittoria di quest’ultimo. L’oltreuomo nietzscheano ha dunque i tratti della figura del “santo peccatore” di Dostoevskij: un uomo in grado di vivere in contatto profondo con l’esperienza, il sentire e la vita, dalla vetta all’abisso.
LinguaItaliano
EditoreIl Prato
Data di uscita14 mag 2014
ISBN9788863362442
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    La dialettica della libertà in Nietzsche e Dostoevskij - Maria Russo

    i cento talleri

    59

    Direttori di collana

    Jacopo Agnesina, Università del Piemonte Orientale - Vercelli

    Diego Fusaro, Università di Milano - San Raffaele

    Segretario di redazione

    Mario Carparelli, Università del Salento

    Comitato Scientifico

    Giovanni Bonacina, Università di Urbino

    Gaetano Chiurazzi, Università di Torino

    Vincenzo Cicero, Università di Messina

    Massimo Donà, Università di Milano - San Raffaele

    Domenico Fazio, Università del Salento

    Sebastiano Ghisu, Università di Sassari

    Giuseppe Girgenti, Università di Milano - San Raffaele

    Marco Ivaldo, Università di Napoli - Federico II

    Roberto Mordacci, Università di Milano - San Raffaele

    Vesa Oittinen, Università di Helsinki

    Pier Paolo Portinaro, Università di Torino

    Roberta Sala, Università di Milano - San Raffaele

    Andrea Tagliapietra, Università di Milano - San Raffaele

    I membri del Comitato Scientifico fungono da revisori. Ogni saggio pervenuto alla collana I Cento Talleri, dopo una lettura preliminare da parte dei Direttori di collana, è sottoposto alla valutazione dei membri del Comitato Scientifico (due per ogni saggio).

    Le proposte di pubblicazione devono essere inviate ai seguenti indirizzi: info@ilprato.com o, in forma cartacea, il prato publishing house srl

    via Lombardia 43, 35020 Saonara (Padova).

    MARIA RUSSO

    LA DIALETTICA DELLA LIBERTÀ IN NIETZSCHE E DOSTOEVSKIJ

    PREFAZIONE DI ROBERTO MORDACCI

    A Mariella e a Enrico

    Ringraziamenti

    Questo lavoro nasce dalla mia tesi di Laurea con il Prof. Roberto Mordacci, che qui ringrazio sia per avermi seguito nella stesura di questo lavoro, sia per avermi incoraggiato ad ampliarlo. Ringrazio anche Diego Fusaro e Giuseppe Girgenti per i preziosi suggerimenti.

    Prefazione

    di Roberto Mordacci

    La libertà come dialettica della vita.

    La segreta alleanza di Nietzsche e Dostoevskij

    Non è affatto un segreto che Nietzsche abbia conosciuto, sia pure tardivamente, i romanzi di Dostoevskij. Anzi, come ricorda Maria Russo all’inizio di questo libro, Nietzsche confessa di sentire un’affinità così profonda con lo scrittore russo da definirlo, in una lettera a Peter Gast, come un fratello di sangue. La cosa potrebbe apparire sorprendente solo a chi si fermasse all’immagine di un Dostoevskij cristiano e di un Nietzsche anticristo, che dovrebbe respingere sdegnosamente, secondo quest’ottica, la vicinanza con un pensatore dalla religiosità intensa, certamente devoto per quanto critico della Chiesa romana e delle forme convenzionali del cristianesimo. È invece evidente che la radicalità dei drammi di Dostoevskij è naturaliter affine al tormento che muove il pensiero immoralista di Nietzsche, che la vena caustica di quest’ultimo non è affatto assente dall’ironia con cui parlano molti dei personaggi dostoevskiani, soprattutto quelli del sottosuolo, adirati contro le forme esteriori e inautentiche del vivere.

    Tuttavia, non è su questo piano emozionale e quasi esistenziale che vedremo indagata e descritta, in questo lavoro, una profonda affinità, quasi una segreta alleanza, fra il filosofo con il martello e il giocatore d’azzardo della scrittura. Si tratta piuttosto di un’alleanza filosofica, teorica e argomentativa, una comune lotta intellettuale contro alcune delle dottrine più influenti e comunemente accolte dalla cultura del loro tempo, che i due combattono fuori dall’accademia ma dentro alle forme sociali, pubbliche e artistiche che tali dottrine, colte al loro diffondersi nel senso comune, assumono nella vita concreta delle persone.

    L’alleanza, non dichiarata perché nessuno dei due mirava a definirsi filosofo, riguarda anzitutto la critica contro alcune minacce teoriche con cui la cultura ottocentesca si è troppo volentieri identificata. Il determinismo in primo luogo, esplicito o solo implicito, che sia nella versione empirista sia in quella storicista mostra di essere del tutto alieno alle dinamiche profonde del volere. Non si deve credere all’apparenza di un Nietzsche determinista solo per il suo disprezzo per la fantasia rassicurante del libero arbitrio: certamente l’idea di una libertà come assenza di causa, come mera casualità e come arbitrio, appunto, senza alcun principio di affermazione di sé, è qualcosa di cui Nietzsche si fa beffe. E Dostoevskij non è da meno, se si considera il superficiale libertinismo di uno Svidrigajlov o dei personaggi che si prodigano a difendere una libertà solo superficiale. Il determinismo è, appunto, solo un’epidermica dottrina fisica per i nostri due autori: il potere di determinazione che la volontà è non si muove affatto né secondo leggi ad essa estranee né secondo il piccolo cabotaggio delle vogliuzze del giorno e della notte.

    Serve, ci dicono i due, una più profonda filosofia della volontà per poterne parlare sensatamente. Per questa ragione, in secondo luogo, per entrambi i nostri autori sono nemici tanto il positivismo quanto l’idealismo, non solo per la loro carica negatrice della storia (nonostante lo storicismo), ma per l’unilateralità della loro visione di che cosa significhi, nella carne delle persone vive, volere. Così, sono nemiche le anime belle e i risentiti, i presunti intellettuali moralistici e il popolo vendicativo e facilmente condotto all’obbedienza dal Grande Inquisitore. Così, infine, è nemico anzitutto il nichilismo, che Nietzsche e Dostoevskij conoscono in due versioni diverse: quello solo immaginato del primo, una minaccia che incombe sull’Europa come fosse un destino (ma che un destino non è, per Nietzsche: per questo egli alza la propria voce); e quello realissimo, politico e letterario, che Dostoevskij incontra nella sua Russia e che confonde gli animi e li incatena a un groviglio contraddittorio di rivendicazioni e di speranze incoerentemente mescolate con forme popolari di socialismo e di millenarismo.

    La reazione, vibrante e drammaticamente vissuta, a questo stato delle coscienze e della cultura contemporanea è certo il primo movente dell’intesa filosofica tra i due. Ma affine fra i due autori è anche il segreto movente di tutta questa critica, vale a dire la ricerca di quelle dinamiche profonde della libertà che, nel loro radicale contrasto dialettico con i continui tentativi di ingabbiarla, le consentano di dispiegarsi in quella che Maria Russo definisce la dialettica della vita viva: un’antidialettica, in realtà, la traduzione pratica di un principio di affermazione del volere che accomuna, paradossalmente, l’oltreuomo nietzscheano e il santo peccatore di Dostoevskij. Per entrambi gli autori, e per le rispettive personificazioni del cuore pulsante delle loro concezioni filosofiche, la libertà è anzitutto un potere d’azione, è volontà di potenza, appunto. Ora, si badi, questa espressione nietzscheana non va affatto intesa nel senso di un desiderio di acquisizione di un sempre maggiore potere: si tratterebbe di un grossolano fraintendimento, che farebbe di Nietzsche la goffa scimmia di Hobbes e traviserebbe persino la più demoniaca delle figure di Dostoevskij. Il senso di questa volontà, per entrambi, è quello di dirigersi verso la propria affermazione precisamente come vita e come vita viva, palpitante e tragica nelle sue forme decadenti e splendente e gloriosa, ma consapevole del dolore e della sua necessità, nelle sue forme propriamente umane, Zarathustra o il Cristo, l’ultimo uomo o lo Starets Zosima, ma più ancora l’oltreuomo e Sonja, colui che apre la nuova vita e la donna che restituisce letteralmente Raskol’nikov alla propria libertà, al proprio volere liberato dalla contraddizione.

    Non è facile saper cogliere la struttura profonda, interamente nascosta sotto forme narrative o di scrittura polemica e poetica, del pensiero di due autori di autentico genio come Nietzsche e Dostoevskij. In quest’impresa si sono infranti molti intelletti troppo incatenati a schemi teorici e molti cuori troppo inebriati degli slanci e degli abissi di cui i nostri due sono stati capaci come nessun altro. Con mano ferma e intelletto deciso, l’autrice di questo testo tiene in equilibrio la ricerca del nucleo teorico e la sensibilità primaria per l’origine di ogni pensiero in questi autori, vale a dire anzitutto la loro volontà di vivere e di far vivere i propri personaggi, le proprie invettive, e di indicare al proprio tempo quanto si fosse allontanato dalla vita stessa, quanto si stesse perdendo in teorizzazioni che si nutrono solo di se stesse e che avvizziscono inevitabilmente in un vuoto senz’aria. La lotta contro il nichilismo, pur se inteso in modi diversi, accomuna Nietzsche e Dostoevskij, ma più ancora di questo li unisce la lotta per l’uscita dal nichilismo, la ricerca di quel cammino tortuoso e nascosto che le anime forti – come quelle semplici – conoscono per istinto e che all’uomo del sottosuolo – e agli autori stessi nella loro consapevole inadeguatezza umana, troppo umana – appare solo grazie a una disperata onestà con se stessi, una volontà di vivere che attraversi e superi la volontà di sapere. Un viaggio pericoloso, una ferita nel tessuto dell’esistenza che, però, è per Nietzsche come per Dostoevskij un taglio arrischiato nel pensiero vivente, nella vita pensante, senza separare mai concetto e physis, argomento e movimento.

    Può sorprendere, ma anche qui solo gli intelletti più proni alle convenzioni, che a testimoniare con una voce schiettamente filosofica, apparentemente lontana anni luce dal dramma agitato dei pensieri di questi due autori compaia qui, alla fine, lo spirito (si badi: non lo spettro, ma lo spirito vivo) del vecchio ma fiero Kant. Egli, infatti, diede un nome a quella volontà di affermazione di sé che è la libertà come potere causale che ha una propria legge, che non è mera erogazione di forza (il che sarebbe pura dispersione e già solo per questo ressentiment) ma che per affermarsi deve sapere del proprio criterio per dire di sì e delle ragioni per gridare il proprio no!. Nessuno dei due amava il mandarino di Königsberg, come ebbe a definirlo Nietzsche. Eppure, sia pure riconoscendo che allo stesso Kant mancò troppe volte il coraggio di trarre tutte le conseguenze dalla sua invenzione dell’autonomia del volere, egli non si troverebbe a mal partito nelle tensioni vive e spietatamente sincere delle opere di Nietzsche e Dostoevskij. Che la libertà sia il potere più terribile e insieme il destino di lotta degli esseri umani Kant lo sapeva bene e

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