Siamo tutti allenatori nel pallone
Di Lino Banfi e Marco Ercole
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Gli aneddoti, le curiosità e i retroscena di un film che, a distanza di oltre 35 anni dall'uscita nelle sale, non ha perso il suo fascino.
Una squadra di provincia, la Longobarda, guidata da un istrionico allenatore, Lino Banfi, e sorretta dall'estro del suo giocatore più rappresentativo, il brasiliano Aristoteles (Urs Althaus), riuscirà nell'impresa di ottenere la salvezza al suo primo anno in Serie A, superando mille insidie e sfidando ogni pronostico?
Cult degli anni '80, pietra miliare delle pellicole sul calcio, "L'allenatore nel pallone", deve il suo successo all'interpretazione di Lino Banfi, alla regia di Sergio Martino, ai duetti comici di Gigi e Andrea, nonché alla partecipazione speciale dei reali eroi delle domeniche italiane Ancellotti, Graziani, Pruzzo, Zico...
Lino Banfi
Lino Banfi, nome d'arte di Pasquale Zagaria (Andria, 9 luglio 1936), è un attore, comico, sceneggiatore ed ex cabarettista italiano. Durante la sua lunga carriera ha recitato in ruoli sia comici sia drammatici e lavorato con alcuni noti registi del cinema italiano, quali Luciano Salce, Nanni Loy, Steno, Dino Risi e Lucio Fulci. Insieme a Lando Buzzanca, Mario Carotenuto, Alvaro Vitali, Johnny Dorelli e Renzo Montagnani, è ritenuto uno degli attori più rappresentativi della commedia sexy degli anni settanta e ottanta. Ha raggiunto la popolarità con pellicole cinematografiche che lo hanno visto protagonista o co-protagonista come L'allenatore nel pallone, Vieni avanti cretino, Fracchia la belva umana, Il commissario Lo Gatto e Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, per poi dedicarsi prevalentemente a fiction televisive come Un medico in famiglia.
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Anteprima del libro
Siamo tutti allenatori nel pallone - Lino Banfi
© Bibliotheka Edizioni
Piazza Antonio Mancini, 4 – 00196 Roma
tel: +39 06. 4543 2424
info@bibliotheka.it
www.bibliotheka.it
I edizione, ottobre 2020
e-Isbn 9788869346880
Disegno di copertina: © Enzo Sciotti
Progetto grafico: Riccardo Brozzolo
Prefazione
Appena entrati nel Duemila, sedici anni dopo l’uscita al cinema de L’allenatore del pallone. Lavoravo come commentatore tecnico a Telemontecarlo, un’emittente che trasmetteva le partite di calcio. Lecce-Fiorentina, mi trovavo sul posto con il giornalista Roberto Bernabai. Mancava poco al fischio d’inizio. Lasciammo le nostre cose in un albergo al centro, poi di corsa a mangiare un panino in un bar lì vicino. Rientrando in hotel (saranno stati 150 metri, non di più), venimmo affiancati da una coppia di ragazzi, avranno avuto poco più di trent’anni. Uno di loro iniziò a camminare al mio fianco, incurvandosi il più possibile per guardarmi sul volto. Mi squadrava: «Mannaggia – esordì – ho il tuo nome in pizzo
alla lingua, ma non ricordo come ti chiami. Eppure ti conosco, sei un giocatore famoso. Mannaggia, non mi viene proprio il nome…». La situazione era divertente. Da una parte avrei voluto dirgli chi fossi per farla finita, dall’altra mi faceva sorridere quel siparietto. Volevo vedere dove andasse a parare.
Anche Roberto aveva capito la portata comica del momento e così provò a dare un suggerimento per creare confusione e rendere ancora più esilarante la vicenda: «Somiglia a Chiarugi…». In un primo momento il mio fan
sembrò convincersi – «Ecco chi sei!» – poco dopo tornò sui suoi passi: «No, non sei Chiarugi, lui ha i capelli ricci. Mannaggia la miseria…». Poi, l’intuizione: «Ecco! Finalmente mi sono ricordato di te!». Mi aspettavo che stesse per dire «Sei Giancarlo De Sisti!», ma mi sbagliavo… «Tu sei quello che ha fatto L’allenatore nel pallone». Scoppiammo subito tutti a ridere, gli risposi quasi in lacrime: «Ma te possino acciaccatte
, ho fatto quasi 500 partite in Serie A, porca puttana, e vengo riconosciuto per due minuti de film?». Una scena troppo simpatica, anche perché poi ho ripensato più volte a quel paradosso. Insomma, ho una carriera da calciatore importante alle spalle e quello mi riconosceva perché avevo recitato in quel film. La dice lunga sulla sua portata. E questo è stato solo uno dei tanti episodi in cui sono stato fermato per ricordare L’allenatore nel pallone. Non so quante volte mi è stato detto per strada «io Picchio De Sisti e gli spezzo pure la noce del capocollo».
E pensare che tutto è nato quasi per caso. Voglio dire, non è che io provenga dall’Actors Studio di Londra. Ma il momento in cui sono stato chiamato me lo ricordo come fosse ieri, perché mi è sembrato quasi un segno del destino. Io abito nella zona dei Castelli Romani e stavo tornando a casa da Roma insieme a mio figlio, che all’epoca aveva 7 anni. Ricordo perfettamente che stavamo parlando in automobile degli attori che lo facevano ridere in televisione. Lui mi aveva detto che i suoi preferiti erano Alvaro Vitali, Tomas Milian e, ovviamente, Lino Banfi. Una volta rientrati a casa, poi, ecco la telefonata: «Salve, la chiamiamo perché vorremmo farla partecipare a questo film. Se vuole ci possiamo vedere a cena per parlarne meglio». A questo incontro ci sarebbero stati anche Sergio Martino, Lino Banfi, Gigi e Andrea. Così, sulla scia di quanto accaduto in macchina poche ore prima, ho pensato che avrei potuto rendere felice mio figlio e chiesi di poterlo portare con me. Sapevo che sarebbe stato euforico di conoscere uno dei suoi idoli e anche io, devo ammettere, ero un appassionato, avevo visto praticamente tutti gli altri film precedenti di Banfi (e non solo quelli con la Fenech…). E soprattutto ero curioso di capire cosa avrei dovuto fare.
In quel periodo ero l’allenatore della Fiorentina, ma era un momento di pausa e mi trovavo a casa mia a Roma. Così, dopo quella cena, abbiamo fissato l’appuntamento per girare la scena. Ci siamo trovati in uno studio sul Lungotevere, di fronte a Ponte Sisto, sul lato opposto a Piazza Trilussa. In una mattinata abbiamo fatto tutto, anche meno in realtà. Ci ho messo più tempo ad arrivare là e parcheggiare (chi abita da quelle parti sa perfettamente a cosa mi riferisco) che a registrare quel segmento. Lo abbiamo dovuto comunque ripetere 2-3 volte, perché parlavo troppo velocemente e rischiavo che non si capisse ciò che dicevo. Dopo aver trovato la cadenza giusta, è andato tutto bene e abbiamo completato quella mia particina. Un’esperienza simpatica, del tutto inusuale per me. E che nel tempo ho visto e rivisto più volte, perché quel film è diventato un cult con il passare degli anni. Era anche prevedibile che avesse successo, la storia di quell’allenatore alle prime armi, che spera un giorno di essere chiamato da un club di Serie A, ha portato tante persone ad immedesimarsi nel protagonista.
E lui, Lino Banfi, si è confermato un maestro, affrontando tutti i temi del calcio ed esasperandoli, mettendo a nudo vizi e virtù. Dai moduli sempre più complicati rappresentati dalla Bi-zona e dal 5-5-5 ai tentativi di combine, passando ai mille interessi che ci sono dietro al calciomercato e molto altro ancora. Lui è riuscito a far sorridere su tutto questo, affrontando questi temi con leggerezza. Già all’epoca tutti i suoi film riempivano le sale, in questo in particolare era anche facilitato dall’argomento, uno dei più seguiti in assoluto dagli italiani. Così L’allenatore nel pallone è diventato un’icona del cinema e dello sport. Io l’ho visto un sacco di volte. Addirittura, quando andavamo in trasferta, ce lo portavamo sempre dietro. Ti permetteva di passare un paio d’ore in libertà, senza impegnare troppo il cervello. Lino Banfi è stato eccezionale, lo stimavo tantissimo all’epoca e lo stesso vale oggi, perché conoscendolo dal vivo e lavorando addirittura con lui, l’ho ammirato ancora di più. Sono stato contento di poter provare quell’esperienza. E poi mi ha dato popolarità, no? Per quel leccese, in fondo, le mie quasi 500 partite in Serie A non erano state sufficienti.
Giancarlo De Sisti
Introduzione
Quando sono entrato per la prima volta in casa di Lino Banfi (grazie al preziosissimo aiuto di Paola Comin, fondamentale per mettermi in contatto con lui) per parlare di questo progetto che avevo in mente, mi è sembrato quasi di varcare la soglia di un luogo sacro. La sua per me era (ed è ancora) una sorta di figura mitologica, di un attore che mi ha accompagnato con tutti i suoi personaggi durante la mia crescita (sono nato solo qualche mese dopo l’uscita de L’allenatore nel pallone, tanto per dare un riferimento temporale), facendomi ridere con la sua ironia e riflettere con la profondità di certe battute e riflessioni. Di interviste, anche a personaggi molto importanti, ne ho dovute fare tante nella mia professione di giornalista, ma di fronte a quello che avevo sempre considerato una leggenda ero emozionato come non mi capitava da tempo e faticavo anche a esprimere un concetto senza lasciarmi distrarre dal pensiero del Oh mio Dio, sono davvero a casa di Lino Banfi
.
Quando si è aperta la porta, lui si è avvicinato con passo cadenzato e solenne, ai miei occhi appariva come avvolto da un’aura mistica. Mi ha accolto dandomi un’occhiata iniziale non troppo approfondita, invitandomi a seguirlo nel suo studio per fare una chiacchierata, sottolineando subito a suo modo il motivo: «Per telefono non ho capito un chèzzo di quello che vuoi fare…». Via libera alla prima risata, un modo per rompere il ghiaccio, ma ammetto che l’emozione fosse sempre ai massimi livelli. Diciamo pure che vedere tutte le reliquie che riempivano la stanza non mi era d’aiuto. Dagli innumerevoli premi ricevuti ben esposti in una bacheca immensa, ma comunque gonfia e al limite della saturazione, a tutte le locandine dei film più significativi ben incorniciate sulle pareti (ed eccola lì, esattamente nel centro, quella de L’allenatore nel pallone), fino ad arrivare alle fotografie con tutti i Papi degli ultimi quarant’anni, con personaggi illustri del mondo dello sport e dello spettacolo. Insomma, per un amante di Lino Banfi, una specie di Luna Park tematico dal quale era oggettivamente complicato non lasciarsi distrarre sentendosi anche un po’ in soggezione.
La chiacchierata però doveva iniziare e così ho provato a entrare nell’argomento: «Maestro…». Neanche il tempo di cominciare, che vengo subito interrotto: «Ma quale Maestro? Che poi non è che fai questo gran complimento, i maestri insegnano alle scuole elementari. Al massimo dovresti dire Professore, Eminenza o Santità. Ma noi possiamo darci del tu, vai tranquillo». Ho sorriso, ma l’emozione e il rispetto reverenziale non mi hanno permesso subito di entrare così in confidenza. Era più forte di me: «Ok, come sa… Cioè come sai, sono il ragazzo che hai sentito per telefono signor Banfi…». Anche in questo caso, nuova interruzione: «Ma che signor Banfi, dammi del tu ho detto. Anche se sei giovane non ci sono problemi, potresti essere mio nipote… Mi dicevi che sei giornalista». «Sì, sportivo», ho risposto, per far capire anche il perché volessi fare un libro proprio su L’allenatore nel pallone. Lino, però, ha colto subito l’assist: «Beato te che sei sportivo. Un po’ si vede dal fisico. Io invece sono sedentario da morire…». Se c’è la possibilità per fare la battuta, d’altronde, non riesce a tirarsi indietro. Ed è stato fondamentale, perché è riuscito da subito a creare un clima leggero e spensierato.
Dopo aver superato in un modo o nell’altro quella fase di stallo dettata dallo stupore e l’ammirazione sconfinata (fondamentale in tal senso la presenza al mio fianco del mio amico e collega Gianluca, che mi aveva accompagnato per l’occasione), sono riuscito a esporre il mio progetto. Anzi, il mio sogno: coinvolgere l’attore principale nella scrittura di un libro interamente dedicato a quel film. Inizialmente non avevo capito bene come, pensavo fosse impossibile che Lino Banfi accettasse di prestarsi a una cosa del genere con un giornalista giovane e che, molto probabilmente, non conosceva. Immaginavo quindi che, più che altro, potesse limitarsi al massimo a una premessa, una prefazione, un’introduzione o qualcosa del genere. Poi, però, da quel confronto è nata un’opportunità che mai avrei immaginato e che successivamente mi ha fatto entrare molte altre volte nella casa di quel mito. E non da semplice fan cacachèzzo
, ma addirittura da co-autore di questo libro, che alla fine abbiamo scritto insieme, grazie alle ore di suoi racconti ascoltati come si farebbe con un saggio davanti al camino, andando ben oltre i ricordi di quel film iconico, ma attraversando un po’ tutta la sua vita.
Dalle memorie sulla sua infanzia a quelle nel mondo dell’avanspettacolo, il tutto con le varie interferenze
di Nonno Libero, del Commissario Lo Gatto, di Paquale Zagaria e di Oronzo Canà. Già, perché dietro il volto di Lino Banfi ancora oggi ci sono tutti questi personaggi e molti altri ancora. Convivono in un unico individuo ed è praticamente impossibile isolare uno o l’altro. E chiacchierare con tutti loro, per quanto a volte possa essere un po’ caotico e confusionario, lo ammetto, è stata un’esperienza unica e inimitabile. Che tutti insieme, in un certo senso, proveremo a raccontarvi in questo libro, Siamo tutti allenatori nel pallone. Che è sì, prima di tutto, un tributo a uno dei film più importanti della storia cinematografica italiana e che ha segnato (e sta continuando a segnare) diverse generazioni, ma allo stesso tempo è anche un modo per consentire a tutte queste diverse personalità di Lino Banfi di intervenire di volta in volta, mescolando ricordi ed emozioni di quella che in fondo è sempre la stessa meravigliosa persona. Un vero e proprio totem, che non finirò mai di ringraziare per avermi dato l’enorme opportunità di realizzare questo progetto insieme a lui.
Un libro che rende orgoglioso me, ma soprattutto tutte le persone che mi vogliono bene e mi sono sempre state vicine, aiutandomi a portare avanti questo lavoro in un momento non certo facile come quello che ha vissuto tutto il mondo negli ultimi mesi. I miei genitori Emanuela e Mauro, mia nonna Maria, la mia compagna Nicla, mio fratello Massimiliano e sua moglie Letizia, che mi hanno fatto diventare zio di due splendidi nipotini come Federico e Alessandro. E una dedica speciale è per mio nonno Alfio e mia zia Grazia. Loro purtroppo non ci sono più da tempo, ma mi auguro che (ovunque siano) possano essere fieri di me.
Marco Ercole
Dedica di Lino Banfi a Oronzo Canà
Prima di cominciare, in qualità di Lino Banfi, vorrei fare da prefattore
al grande Oronzo Canà, il mio alter ego. E per questo, in occasione del mio 84esimo compleanno festeggiato durante la scrittura di questo libro, il 9 luglio 2020, ho deciso di scrivergli una poesia…
Possibile che abbia già compiuto 84 anni?
Ma io li ho festeggiati tutti questi compleanni?
Gli ultimi 4 sì, anche con techetechetè
in tv
Insomma, Lino Banfi esiste solo da 80 anni in su?
È il contrario dei miei personaggi, più o meno amati
Più vecchi sono i film e di più sono ricordati
E al primo posto assoluto, non ci sta niente da fa’
C’è il Mago del Tavoliere, Mister Oronzo Canà.
1984, l’Italia nel pallone
Il mondo nel 1984 non è diviso in tre grandi imperi dittatoriali perennemente in guerra tra di loro, ma la predizione scritta nel 1949 da George Orwell, in fondo, non si è allontanata poi così tanto dalla verità.
Nel pianeta immaginato nel celebre romanzo tutto era spartito tra Oceania, Eurasia ed Estasia, in quello reale ci sono Stati Uniti e Russia a condizionare l’intero globo e dividerlo due maxi-sfere d’influenza, separate simbolicamente dal Muro di Berlino (che verrà abbattuto solamente cinque anni più tardi). La Guerra Fredda, insomma, si avvia gradualmente verso la sua conclusione.
Intanto in California, precisamente al