Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Siamo tutti Boris: Un libro scritto a cazzo di cane
Siamo tutti Boris: Un libro scritto a cazzo di cane
Siamo tutti Boris: Un libro scritto a cazzo di cane
E-book504 pagine6 ore

Siamo tutti Boris: Un libro scritto a cazzo di cane

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

"Siamo tutti Boris. Un libro scritto a cazzo di cane" è il libro ufficiale dedicato alla serie tv più geniale d'Italia. Tramite interviste, curiosità, foto inedite e con il contributo di tutto il cast, vengono analizzati i retroscena di Boris attraverso un vero e proprio "backstage cartaceo".
L'opera racconta la genesi della sitcom che in tre stagioni si è trasformata in un fenomeno di costume, grazie a un umorismo capace di mettere alla berlina la fiction italiana.

Introduzione di Walter VELTRONI
Prefazione di Antonio DIPOLLINA
Postfazione del TRIO MEDUSA

L'opera ha visto la partecipazione di tutti gli attori del cast, da Francesco PANNOFINO a Corrado GUZZANTI, da Marco GIALLINI a Carolina CRESCENTINI, passando per Ninni BRUSCHETTA, Paolo CALABRESI, Giorgio TIRABASSI, Pietro SERMONTI, Andrea SARTORETTI, Caterina GUZZANTI, Antonio CATANIA, Alessandro TIBERI, Massimo DE LORENZO, Giacomo CIARRAPICO Luca VENDRUSCOLO, Lorenzo MIELI, Luca AMOROSINO, Carlo DE RUGGIERI, Ilaria STIVALI, Eugenia COSTANTINI, Karin PROIA, Raffaelle BURANELLI, Massimiliano BRUNO, Angelica LEO, Giulia MOMBELLI, Alberto DI STASIO, Michele ALHAIQUE, Arianna DELL'ARTI, Margot SIKABONYI e Valerio APREA.

Parte del ricavato di questo libro verrà devoluto ad Antea, Fondazione di fa assistenza gratuita 24 ore su 24, a domicilio e in hospice, ai pazienti in fase avanzata di malattia secondo i principi delle Cure Palliative e della Terapia del Dolore.

LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2021
ISBN9788869347238
Siamo tutti Boris: Un libro scritto a cazzo di cane
Autore

Gianluca Cherubini

Gianluca Cherubini, Giornalista, speaker in Radio e TV collabora con "Il Tempo" e "Il Corriere dello Sport". Nel 2019 ha pubblicato “Siamo tutti compagni di scuola” (Bibliotheka, 2019) e “E anche questo Natale…” (Bibliotheka, 2020).

Leggi altro di Gianluca Cherubini

Correlato a Siamo tutti Boris

Ebook correlati

Arti dello spettacolo per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Siamo tutti Boris

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Siamo tutti Boris - Gianluca Cherubini

    Gianluca Cherubini & Marco Ercole

    Siamo tutti Boris

    Un libro scritto a cazzo di cane

    Cinema

    © Bibliotheka Edizioni

    Piazza Antonio Mancini, 4 – 00196 Roma

    tel: (+39) 06. 4543 2424

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, giugno 2021

    e-Isbn 9788869347238

    Disegno di copertina: Riccardo Brozzolo

    Parte del ricavato di questo libro sarà devoluto ad Antea

    La Fondazione Antea è un ente non profit nato per garantire assistenza gratuita 24 ore su 24, a domicilio e in Hospice, a persone affette da malattie inguaribili. L’assistenza Antea è basata sulle Cure Palliative, un approccio che comprende assistenza medico-infermieristica, ma anche supporto psicologico, riabilitativo, sociale, spirituale e legale, con l’obiettivo di garantire la migliore qualità di vita possibile al paziente e alla sua famiglia. La Fondazione Antea, grazie ad un’équipe di professionisti, da oltre 30 anni prende in carico gratuitamente il paziente e la sua famiglia e avvia un programma di assistenza personalizzato nel pieno rispetto della sua volontà e dignità.

    www.antea.net

    A Mattia Torre

    Gianluca Cherubini & Marco Ercole

    Gianluca Cherubini, giornalista, speaker in radio e tv. Ha pubblicato Siamo tutti compagni di scuola (Bibliotheka, 2019) ed E anche questo Natale… (Bibliotheka, 2020).

    Marco Ercole, giornalista per La Repubblica, Il Corriere dello Sport e Fox Sports. Insieme a Lino Banfi ha pubblicato Siamo tutti allenatori nel pallone (Bibliotheka, 2020).

    Boris nasce da un misto tra talento e culo

    Mattia Torre

    Introduzione

    Walter Veltroni

    Quante volte avrò visto le tre stagioni di Boris? Da ragazzi si guardano e si riguardano tante volte le cose che sono piaciute. Da adulti è più raro. Eppure io ci casco ancora. E confesso che, durante il lockdown, ho spesso trovato conforto nelle storie scritte da quei geni di Torre, Ciarrapico e Vendruscolo e prodotte da quell’altro rabdomante delle cose giuste e belle che è Lorenzo Mieli. Io ho amato immensamente anche il film, lo confesso. La sequenza in cui Stanis, travestito da Fini, cerca di infilarsi nelle riprese di una scena e finisce per terra con Alessandro che, per contenerlo, deve menargli sonoramente, è per me irresistibile. Ma stiamo al tema.

    Boris mi fa pensare a uno stadio di calcio: lo Zerão di Macapà, nel nordest brasiliano. L’impianto prende il nome dai numeri della sua latitudine. Perché è proprio sulla linea dell’equatore che è delimitata dalla striscia bianca di centrocampo. Per cui i giocatori, attraversandola, passano da un emisfero all’altro.

    Così è Boris, lo Zerão meravigliao delle nostre serie televisive.

    Si disse, quando uscì, che era troppo piccolo come possibile pubblico. Troppo riferito a gente del rutilante mondo dello spettacolo – quante armate saranno? – e troppo romano. Ergo, se lo vedranno quelli che lo hanno scritto e interpretato e, forse, relative famiglie. Questo era il vaticinio di tanti dottor Cane dell’epoca.

    E invece lo Zerão ha funzionato. Mischiando, come in una trasmigrazione da un emisfero all’altro, generi e linguaggi diversi, il pesce omonimo del teutonico tennista ha conquistato, a macchia d’olio, pubblici sempre più vasti. Ed è oggetto, dopo dieci anni, di fanatico amore, devozione, rimpianto.

    Boris, come tutti i prodotti che funzionano, è entrato nel linguaggio comune. Ci sono riusciti in pochi, che io ricordi. La grande commedia italiana: Maccherone tu m’hai provocato e io te distruggo, me te magno di Sordi o Capannelle che, a chi gli domanda come diavolo si fosse vestito, risponde con accento bolognese Sportivo! o Un Whisky maschio senza rischi di Mandrake Proietti. Ma, siamo sinceri, anche il mitico Mi avete preso per un coglione di Lino Banfi.

    Oppure Fantozzi con i suoi congiuntivi e le trasmissioni di Arbore, forse quanto di più vicino allo spirito di cazzeggio intelligente di Boris: non capisco ma mi adeguo di Ferrini, il brodo primordiale di Pazzaglia o l’edonismo reaganiano di D’Agostino. O, ancora, i personaggi di Corrado Guzzanti nei programmi della Dandini.

    Insomma, capita a pochi fortunati innovatori di entrare nel lessico familiare degli italiani.

    Boris è lì e nessuno lo muoverà. Fa ridere, molto. Come raramente è successo dopo.

    Non parlo qui dei singoli personaggi per non omettere di citarne anche uno solo. Chi ama Boris prende tutto il pacchetto. Voglio solo dire che ci ho trovato sempre, non sorprenda, una grande tenerezza. Nel produttore millemestieri, nel runner sempre appeso a un filo, negli attori cialtroni e infelici. Ridere e intenerirsi. Uno scambio di emisferi che si può fare, allo Zerão.

    Boris ha più livelli di racconto: uno si chiude nel singolo episodio, gli altri attraversano la serie. È alto e basso, iniziatico e popolare, colto e pop.

    Boris è un trattato sulla cialtronaggine, sul mestiere di sopravvivere, sull’ambiguità dei valori e sulla stupidità di certa industria dello spettacolo. È contro le catene dei luoghi comuni e del politicamente corretto. Ma non è cinico né furbacchione.

    Boris è nella memoria di tanti.

    Non è una di quelle serie di cui, dieci giorni dopo, non ci si ricorda il nome.

    Boris non si discute, si ama.

    Prefazione

    Antonio Dipollina

    La sera in cui divenne ufficiale il ritorno di Boris per la quarta stagione il giornale mi chiese un commento. Era appunto sera, significava che dovevo scrivere qualcosa di sensato in meno di mezz’ora su una cosa che era bellissima in sé ma sulla quale non sapevo cosa pensare. Ma proprio zero. In quei casi te la devi cavare comunque, mi uscì alla fine un riferimento del tipo: se Luca Vendruscolo, Giacomo Ciarrapico e gli altri del gruppo hanno deciso così, hanno ragione loro.

    Boris e il mondo attorno hanno diffuso quindi, e da subito, soprattutto fiducia: in quantità inaudita per noi addetti ai lavori abituati a diffidare di tutto e ad accontentarci spesso per quieto vivere di qualche raro pezzo di tv che comprendesse dignità, un po’ di mestiere, un rimando azzeccato, una battuta non terribile.

    La prima cosa che ricordo del sorgere di Boris all’orizzonte è l’aver pensato: questa cosa qui, a questo livello, non ha paragoni nemmeno all’estero, in America, nelle cose più ganze della comicità che hanno loro, quelle che passiamo la vita a dire: eh, ma da noi quando mai?

    Boris e il suo mondo ci hanno rovinato quella comoda scappatoia, quella che alla fine poi porta ad assolvere comunque le nostre cose mediocri, in quanto che ci vuoi fare, siamo qui, mica al Chelsea Hotel.

    E tutto questo ottenuto con almeno tre quarti di gag, battute, situazioni da commediaccia forte e alla portata di chiunque, in un gioco in cui la parodia e la contro-parodia, la citazione e il suo contrario, l’allegoria che annulla sé stessa a ogni passo ridendoci sopra (cioè facendo ridere chi guarda e ascolta) alla fine procuravano un minimo di vertigine: e quindi finivi col ridere di te stesso perduto nel tentativo folle di cercare di capire il trucco, come diavolo facessero, cosa ci fosse alla base di tutto. E l’unica salvezza era: questa cosa che hai appena pensato, l’hai pensata…

    E qui seguiva la nota espressione gergale, quella che da allora mi ha sempre fatto sorridere di nascosto se alla radio sbucava un pezzo degli AC/DC.

    Sarebbe una snobberia estrema tacere del mio vago ma sbalorditivo – per me – coinvolgimento nel primissimo episodio della primissima stagione. Non ne sapevo nulla, la vidi in onda – più o meno – c’era Alessandro Tiberi, lo stagista, che per sobillare l’attrice Carolina Crescentini veniva spacciato per il feroce critico AD. Già l’attestato era spassoso di suo ma queste cose non si dimenticano, lasciano tracce.

    La prima fu una mail dieci minuti dopo. Un’amica di lunga data, c’era scritto solo: Magari tu fossi così. Risposi: Siamo amici, ma non fino a questo punto. Mi era venuta insomma una battuta che a Boris non avrebbero mai preso e fu come una lezione. Ma vale soprattutto quello che successe dopo: per almeno dieci, quindici anni, ma forse anche di più, ogni tanto mi arrivava un messaggio di qualcuno. Così: "Ma lo sai che sei citato nel primo episodio di Boris?. Nel tempo, la risposta è evoluta da Eh sì a Giura!". Ma quando si vuole spiegare il successo prolungato nel tempo, la fruizione moderna delle serie tv, lo streaming e Boris su Netflix e così via, io cito questa cosa.

    Sul set poi ci andai davvero, nel famoso capannone periferico. Ero compreso di me ed emozionato pure, dopo dieci minuti con Mattia, Luca e Giacomo eravamo arrivati a: "A che punto collocheresti La Donna Cannone nella classifica delle migliori canzoni di De Gregori". Non meritavo tanto, somigliava al luogo dei giochi come l’ho sempre sognato, e dire che sulla canzone la pensavamo all’opposto: per fortuna durò poco altrimenti ci avrei fatto l’abitudine e non me lo sarei mai potuto permettere. Incrociai Stanis-Sermonti e fui felice di dirgli quanto era stato importante per me il libro del suo papà sul giornalismo dei Mondiali del 1982. E altre cose bellissime.

    Quando mi telefonarono per dirmi che Mattia se n’era andato stavo guidando in autostrada e ricordo il chilometro esatto. Se non ci sono più passato non è solo perché da tempo non si va più da nessuna parte. Tengo caro quel tweet di Rocco Tanica che scrisse: Stavolta il Padreterno si è sbagliato di brutto. Nelle testimonianze, nel ricordo di tutti che trovate in questo libro di assoluta generosità, si recupera molta emozione: se mai c’è stato il backstage ideale di una bella storia è questo, ed è ora di iniziare a leggerlo.

    Premessa

    Gianluca Cherubini e Marco Ercole

    Tutti, più o meno, nasciamo con delle passioni. E tutti, più o meno, cerchiamo di coltivarle. E sempre tutti, più o meno, alla fine ci arrendiamo. Non sempre eh, sia chiaro: esiste anche chi ce la fa. Alcuni addirittura ci riescono evitando di ricorrere a spinte o raccomandazioni, senza avere santi in paradiso. Magari semplicemente perché se lo sono meritato. Davvero, esistono anche queste persone, c’è chi giura di averle viste di tanto in tanto (pare abbiano delle magnifiche ali, sputino fuoco e cose così). Purtroppo, però, questa insignificante percentuale è rappresentata da casi sempre più rari, piccoli granelli di sabbia sparsi nel deserto, isolati e guardati con disprezzo da quelli che invece nella vita hanno avuto tutto senza dover muovere un dito. Ecco, ve lo diciamo chiaramente: questo non è un libro per figli di papà, questo è un libro per chi ha combattuto, continua a combattere e probabilmente non otterrà mai nulla. O comunque molto meno rispetto a quanto avrebbe dovuto (e voluto). La storia è già scritta, non la cambieremo certo noi e nemmeno voi, funziona così e non ci sono vie d’uscita. Vi abbiamo angosciato, vero? Vi sentite tristi? Rassegnati? Sono sensazioni e stati d’animo che conosciamo a memoria, spaccati di vita che Boris ha denunciato con il sorriso, ma tra le righe sarebbe stato troppo stupido non capire la gravità di quello che stava cercando di raccontarci attraverso la metafora del set di una serie televisiva. Perché quelle dinamiche puoi trasportarle ovunque, in ogni ambiente lavorativo, da Caltanissetta a Trieste, l’importante è rimanere sempre dentro lo Stivale. Appena esci, forse, sei salvo.

    Sapete perché noi siamo riusciti ad andare avanti nonostante le palate di merda che ci piovevano da tutte le parti? Perché ogni giorno sorridevamo paragonandoci a Seppia, identificandoci in molti dei soprusi con i quali è stato costretto a convivere. Nello specifico noi veniamo dall’ambiente del giornalismo sportivo, un mondo tragicomico. Anzi, è il giornalismo ad essere tragicomico, lo sport ha poche colpe. È un ambiente devastato (non dai toscani, non solo almeno), pieno di luci, di illusioni e di gente che con quarantanove collaborazioni (da freelance) fatica ad arrivare a fine mese: State tranquilli, scrivete ottanta articoli all’anno per i prossimi ventiquattro mesi e diventate pubblicisti. Noi vi firmiamo le ritenute d’acconto e voi lavorate. Soldi, chiaramente, zero. Capito? Te la fanno passare come normalità dall’inizio, sin dal primo momento in cui ti approcci al mondo del lavoro. Questa è la nostra particolare esperienza da personaggi di Boris. Conosciamo a memoria gli schiavi, i sottopagati, gli esaltati, gli aumenti o i contratti a tempo indeterminato promessi e mai mantenuti (Ma vedrai che il prossimo anno la situazione si sblocca, basta avere pazienza, tranquilli). Di personaggi tipo Claudio, che ti promettono (finalmente) un cambiamento sostanziale e poi scappano a Santo Domingo, ne frequentiamo almeno un paio al mese, ormai non ci fregano più. O meglio, ci hanno già fregato e quindi preferiamo non farci prendere troppo per il culo.

    Entrambi, insieme ad altri colleghi che inevitabilmente sono tra i nostri migliori amici, abbiamo condiviso momenti duri, di insofferenza profonda, di sconforto totale, dove intravedere uno spiraglio di luce sembrava veramente un miraggio. A volte, e non esageriamo, ci siamo ritrovati a scegliere se mangiare a pranzo oppure mettere dieci euro di benzina per portare a casa il nostro giorno di lavoro, magari imbarcandoci in fretta e furia verso Fiumicino perché pare stia arrivando un nuovo giocatore, non si sa quando e non si sa dove. Voi andate a controllare per sicurezza. E la maggior parte delle volte siamo passati direttamente alla cena, senza nemmeno la soddisfazione di aver immortalato questo fantomatico acquisto.

    In un’altra occasione invece, a uno di noi due, un editore di un’emittente radiofonica romana molto famosa che oggi non c’è più, dopo un anno di lavoro senza retribuzione e almeno un paio di macchine sfondate in giro per Roma, a Natale gli ha regalato un ombrello: Così se piove nun te bagni…. Ah, non si chiamava Sergio Vannucci eh, perché l’atteggiamento è molto simile, se non identico a quello del direttore della Magnesia. E questo è soltanto uno dei tanti esempi che potremmo farvi. Sì, avete capito bene, uno dei tanti: può sorprendere, ma credeteci che dopo un po’ diventa una consuetudine. E non dovrebbe mai, sia chiaro, perché se i precari esistono significa che qualcuno è disposto a esserlo. Non sempre per necessità, a volte lo si fa avendo le spalle coperte e con l’obiettivo di perdere tempo, alimentando uno sfruttamento naturale dove le aziende adorano sguazzare.

    Ma questo è un altro discorso, troppo lungo per essere affrontato all’interno di una semplice premessa. Una cosa è certa, noi due, come altri milioni di ragazzi, le spalle coperte non ce l’abbiamo mai avute e di questo ne siamo pure orgogliosi. Quel minimo che abbiamo ottenuto ce lo siamo guadagnato con il sudore, con la passione.

    Abbiamo fatto da schiavi per anni ad alcuni mentori (chiamiamoli così), sopportandone l’egocentrismo e l’egotismo tipici di Stanis La Rochelle e Corinna Negri, l’opportunismo di Diego Lopez, la voglia di non fare un cazzo di Duccio Patanè, degli sceneggiatori e così via. Il tutto, sentendoci poi dire questo, con quella tipica faccia come il culo: Ragazzi, lo facciamo per il vostro bene. Ma che cazzo significa? Cioè, vi rendete conto che è una motivazione senza senso? Per il nostro bene? Ma quale bene? Boh, la voglia di mandarli affanculo era molto forte (e a volte è pure capitato, perché insomma c’è un limite a tutto).

    La nostra è una storia come altre mille, non ci sentiamo più sfortunati di qualcuno o trattati peggio, abbiamo soltanto sentito la necessità di ringraziare chi ha provato a difenderci. Sì, perché gli sceneggiatori, il produttore e tutto il cast di Boris hanno creato uno scudo tra noi e le ingiustizie, raccontando delle verità che magari qualcuno avrebbe preferito non vedere, continuando a fare finta che fosse tutto normale.

    Ed è per questa lunga serie di ragioni che possiamo dire di essere stati tutti dentro Boris. Ed è sempre per questa lunga serie di ragioni che possiamo dire che in fondo Siamo tutti Boris.

    Da qui, il titolo del libro che vi apprestate a leggere (tranquilli, dentro si ride un po’ di più). Speriamo vi piaccia, noi c’abbiamo messo il cuore. E pure gli occhi, due. Anzi, quattro.

    GENESI

    È il 23 settembre 2020, alle 10.58 uno di noi due (Gianluca) manda un messaggio su WhatsApp all’altro (Marco): Io stanotte ho fatto un sogno importante. Dopo ti chiamo e mi racconti, la replica pressoché immediata. Può trattarsi di qualsiasi cosa, in passato (e pure successivamente in realtà) questo tipo di annunci ci sono già stati all’interno della nostra comitiva (e anche nella vostra, ne siamo certi). Di volta in volta c’era sempre uno di noi che si alzava con una nuova idea geniale. Peccato però che, storicamente, ogni iniziativa abbia dimostrato una vita lunga quanto quella di una farfalla (da Wikipedia: Vivono in media un mese, ma alcune specie muoiono solo dopo poche ore, mentre altre sfiorano l’anno di vita). «Oh, ragazzi, ufficiale, da domani ci mettiamo a dieta», «Iniziamo l’album delle figurine Panini?», «Ho scaricato questo gioco, iscrivetevi tutti e partiamo con un campionato», «Cominciamo a vedere tutti i film Marvel in ordine cronologico?», «Ma quale fantacalcio italiano, noi dobbiamo buttarci sul Fanta Premier League», «Ci compriamo un acquario?», «Ho scoperto un modo infallibile per vincere alla scommesse, datemi retta che svoltiamo», «Coltiviamo un bonsai?», «Andiamo al centro commerciale e prendiamo la PlayStation nuova?», «Creiamo un blog?», «Organizziamo una trasmissione nostra su Twitch?», «Ma che è Twitch?» e così via.

    Quel 23 settembre 2020, però, Gianluca si è svegliato veramente con un’idea pazzesca. E Marco, che del gruppo è il pessimista, lo scettico, quello che dice sempre no a qualsiasi progetto facendo piombare tutti nella tristezza generale, in quell’occasione ha una reazione totalmente diversa dal solito. Perché quando chiama per sapere di cosa tratti quel sogno importante, si sente rispondere così: «Ho sognato che io e te avremmo scritto un libro insieme. E questo sarebbe stato su Boris. Che ne dici?». La risposta è secca, immediata: «Genio». Ci siamo messi a ridere insieme, abbiamo cominciato a immaginarci quello che adesso avete tra le mani. Era davvero un’idea geniale, che in più ci avrebbe consentito di completare una trilogia (se così si può definire), in realtà mai preventivata, della collana Siamo tutti portata avanti con la nostra casa editrice. Questa è iniziata nel 2019 con Gianluca e il suo Siamo tutti compagni di scuola, è proseguita l’anno successivo con Siamo tutti allenatori nel pallone di Marco e, nei nostri pensieri di quel momento, avrebbe chiuso il cerchio con un terzo capitolo, scritto per la prima volta da noi due a quattro mani, sulla serie televisiva che amavamo follemente.

    Nei mesi successivi, passo dopo passo, abbiamo costruito la crisalide. E poi l’abbiamo vista rompersi, facendo fuoriuscire una meravigliosa farfalla. E questo a prescindere dal fatto che possa essere di vostro gradimento (speriamo di sì) o meno. No, il libro che state leggendo in questo momento, oltre a raccontare una serie televisiva che adorate (così come l’adoriamo noi) è il simbolo di un’amicizia, l’emulazione involontaria e in scala ridotta di ciò che è stato Boris per Andrea, Giacomo, Pietro, Mattia e tutti gli altri componenti di quel gruppo che si sono aggiunti nel corso degli anni, arrivando al magnifico cast di quel capolavoro che ci ha fatto innamorare.

    Se Gianluca quella notte tra il 22 e il 23 settembre 2020 non avesse fatto quel sogno e non lo avesse detto subito a Marco, adesso questo libro non esisterebbe. E allo stesso modo, se Giacomo molti anni prima non avesse affittato un teatro senza dire niente agli altri, oggi non ci sarebbe stato Boris.

    Sì, avete letto bene. Perché chi pensa che in questo volume si parli solo di una semplice serie televisiva sbaglia di grosso. Per spiegare meglio di cosa scriveremo, prendiamo in prestito un concetto utilizzato da uno dei nostri intervistati (non vi diciamo chi per evitare spoiler), che ritroverete poi più avanti nella lettura. Per lui Boris è una sorta di torta dell’amicizia, il coronamento del sogno di una qualsiasi comitiva. Quello di trasformare il proprio cazzeggio in qualcosa di concreto, di diventare famosi amplificandolo a dismisura e consentendo a molte altre persone di riderci su, di apprezzarlo.

    Quello che tutti noi abbiamo visto in questa serie non è altro che un tipo di umorismo che un gruppo di ragazzi si porta dietro da anni. È iniziato sui banchi di scuola con le note sul registro, si è consolidato con le uscite in motorino alla ricerca della miglior pizza di Roma, si è affinato dicendosi cazzate al parco fumando le prime sigarette (e non solo quelle, spesso era necessario portarsi dietro il collirio…). Insomma, anche se in modo più grezzo rispetto a oggi, Boris c’era già a quell’epoca, ed è maturato anno dopo anno. È nato e cresciuto con loro, con gli stessi protagonisti che poi lo hanno messo in scena al teatro, in televisione o al cinema. Si è generato spontaneamente, senza alcuna pretesa di ottenere successo. Quello è venuto di conseguenza, quasi con serendipità (parola che usiamo solo per darci un tono, ma al suo posto avremmo potuto scrivere tranquillamente anche bucio de culo). È servita l’illuminazione di uno di loro (genio!), per avviare il percorso artistico vero e proprio: Ahò, ma perché non facciamo uno spettacolo in teatro?. Poteva essere una di quelle molteplici frasi buttate lì, tanto per dire un’altra cazzata e far librare nell’aria una nuova farfalla dalla vita breve come è capitato a noi e come sicuramente è accaduto almeno una volta nella vita anche a voi che state leggendo. Loro però sono andati avanti, in teatro ci sono arrivati davvero. E pure se all’inizio li andavano a vedere solo tre persone, non si sono mai persi d’animo, semplicemente perché non gli interessava. L’obiettivo era divertirsi, stop. E quello lo avevano raggiunto in partenza. Tutto il resto contava per carità, ma solo fino a un certo punto. Così sono cominciati i primi spettacoli, che nella sceneggiatura hanno visto collaborare principalmente Mattia Torre e Giacomo Ciarrapico (quest’ultimo intanto portava avanti la carriera da attore al cinema). Da L’Ufficio a Tutto a posto, fino a Io non c’entro e Piccole anime, la cui trasposizione al cinema ha permesso l’ingresso di Luca Vendruscolo nel gruppo di lavoro nel ruolo di sceneggiatore (insieme a Giacomo Ciarrapico) e aiuto regista.

    A partire da quel momento, è iniziata una lunga serie di produzioni televisive e cinematografiche che hanno visto intrecciarsi continuamente i destini di questi tre straordinari autori e del loro relativo gruppo di attori, il tutto culminato nel 2007 con la realizzazione della prima stagione di Boris, che li ha consacrati definitivamente e da cui sono nati successivamente altri lavori meravigliosi.

    Qui di seguito, per chi si fosse perso qualcosa, ecco l’elenco completo. In ciascuno di questi titoli potrete trovare un pizzico (più o meno sostanzioso) di Boris.

    Compagnia teatrale composta da Massimo De Lorenzo, Pietro Sermonti, Mattia Torre e Giacomo Ciarrapico

    Dei giovanissimi Andrea Sartoretti e Pietro Sermonti

    Pietro Sermonti durante una prova teatrale

    Dall’inizio a Boris (e oltre)

    1993: Il grande cocomero (Film)

    Giacomo Ciarrapico (Attore)

    1995: Io non c’entro (Teatro)

    Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre (Sceneggiatori)

    Giacomo Ciarrapico (Regia)

    Giacomo Ciarrapico, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri e Andrea Sartoretti (Attori)

    1995: Nella mischia (Film)

    Giacomo Ciarrapico (Attore)

    1997: Tutto a posto (Teatro)

    Giacomo Ciarrapico (Sceneggiatore)

    Giacomo Ciarrapico (Regia)

    Raffaele Buranelli, Giacomo Ciarrapico, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Giulia Mombelli, Andrea Sartoretti e Pietro Sermonti (Attori)

    1998: Piccole anime (Teatro e Film)

    Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo (Sceneggiatori)

    Giacomo Ciarrapico (Soggetto e Regia)

    Andrea Sartoretti, Valerio Aprea, Giacomo Ciarrapico, Massimo De Lorenzo, Pietro Sermonti, Carlo De Ruggieri, Giuliano Taviani, Mattia Torre, Raffaele Buranelli, Giulia Mombelli (Attori)

    1998: Per tutto il tempo che ci resta (Film)

    Luca Vendruscolo (Sceneggiatore)

    2000: In mezzo al mare (Teatro)

    Mattia Torre (Sceneggiatore e Regia)

    Valerio Aprea (Attore)

    2000: Ricominciare (Soap opera)

    Luca Vendruscolo (Sceneggiatore)

    2001: Dentro e fuori (Cortometraggio)

    Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo (Sceneggiatori)

    Giacomo Ciarrapico (Regista)

    Massimo De Lorenzo, Giulia Mombelli (Attori)

    2001: L’ufficio (Teatro)

    Giacomo Ciarrapico (Sceneggiatore e Regia)

    Andrea Sartoretti, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Giulia Mombelli, Arnaldo Ninchi, Luca Vendruscolo (Attori)

    2002: Eccomi qua (Film)

    Giacomo Ciarrapico (Sceneggiatore e Regia)

    Andrea Sartoretti, Massimo De Lorenzo, Valerio Aprea, Carlo De Ruggieri, Arnaldo Ninchi (Attori)

    2003: Piovono mucche (Film, vincitore del Premio Solinas)

    Luca Vendruscolo, Mattia Torre (Sceneggiatori)

    Luca Vendruscolo (Regista)

    Alessandro Tiberi, Massimo De Lorenzo, Luca Amorosino, Andrea Sartoretti, Carlo De Ruggieri, Mattia Torre (Attori)

    2005: Migliore (Teatro)

    Mattia Torre (Sceneggiatore e Regia)

    Valerio Mastandrea (Attore)

    2006: Buttafuori (Sit-com)

    Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo (Sceneggiatori)

    Giacomo Ciarrapico (Regista)

    Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Andrea Sartoretti, Valerio Aprea, Massimo De Lorenzo, Giorgio Tirabassi, Luca Amorosino, Orlando Orfeo, Mattia Torre, Raffaele Buranelli, Giacomo Ciarrapico, Lucio Patanè, Renato Marzi, Augusto Fornari, Ilaria Stivali, Carlo De Ruggieri (Attori)

    : Gola (Teatro)

    Mattia Torre (Sceneggiatoree Regia)

    Valerio Aprea (Attore)

    2007: Boris – La fuori serie italiana (Serie TV)

    2008: Boris 2 – Il ritorno (Serie TV)

    2010: Boris 3 – Un’altra televisione è possibile (Serie TV)

    2011: Boris – Il film (Film)

    2011/12: 456 (Teatro e serie di corti su The Show Must Go Off)

    Mattia Torre (Sceneggiatore)

    Carlo De Ruggieri, Massimo De Lorenzo, Paolo Calabresi (Attori)

    2014: Ogni maledetto Natale (Film)

    Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo (Sceneggiatori e Registi)

    Francesco Pannofino, Corrado Guzzanti, Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Caterina Guzzanti, Andrea Sartoretti, Laura Morante, Valerio Aprea (Attori)

    2015: Stare Meglio (Teatro)

    Giacomo Ciarrapico (Sceneggiatore)

    Giacomo Ciarrapico (Regista)

    Carlo De Ruggieri (Attore)

    2015: Qui e ora (Teatro)

    Mattia Torre (Sceneggiatore e Regia)

    Valerio Aprea e Valerio Mastandrea (Attore)

    2016: Dov’è Mario? (Serie TV)

    Corrado Guzzanti, Mattia Torre (Sceneggiatori)

    Corrado Guzzanti, Valerio Aprea (Attori)

    2018: Uno di famiglia (Film)

    Giacomo Ciarrapico (Sceneggiatore)

    Pietro Sermonti, Massimo De Lorenzo (Attori)

    2018: Perfetta (Teatro)

    Mattia Torre (Sceneggiatore e Regia)

    2018: Troppa grazia (Film)

    Giacomo Ciarrapico (Sceneggiatore)

    2018: La linea verticale (Serie TV)

    Mattia Torre, Valerio Mastandrea (Sceneggiatori)

    Mattia Torre (Regista)

    Valerio Mastandrea, Giorgio Tirabassi, Paolo Calabresi, Ninni Bruschetta, Antonio Catania (Attori)

    2019: Domani è un altro giorno (Film)

    Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo (Sceneggiatori)

    Massimiliano Bruno (Soggetto)

    Marco Giallini, Valerio Mastandrea (Attori)

    2019: Liberi tutti (Serie TV)

    Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo (Sceneggiatori e Registi)

    Giorgio Tirabassi, Caterina Guzzanti, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Luca Amorosino, Giulia Mombelli (Attori)

    2019: Il grande salto (Film)

    Giorgio Tirabassi, Mattia Torre (Sceneggiatori)

    Giorgio Tirabassi (Regista)

    Giorgio Tirabassi, Marco Giallini, Valerio Mastandrea (Attori)

    2019: Imma Tataranni – Sostituto procuratore (Serie TV)

    Luca Vendruscolo (Sceneggiatore)

    Carlo De Ruggieri (Attore)

    2020: Figli (Film)

    Mattia Torre (Sceneggiatore)

    Valerio Mastandrea, Paolo Calabresi, Valerio Aprea, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Giulia Mombelli (Attori)

    2021: Boris 4 (Serie TV)

    Sceneggiatura della prima puntata di Boris la serie

    Sampras: il copione antecedente a Boris

    Pietro Sermonti e Andrea Sartoretti

    Un giovanissimo Giacomo Ciarrapico

    Lorenzo Mieli

    Il produttore

    Potremmo chiamarlo LM7, il Cristiano Ronaldo dei produttori italiani. E probabilmente non andremmo lontani dalla realtà, anzi.

    Basta guardare infatti il suo curriculum per capire che Lorenzo Mieli, nato a Roma nel 1973, sia l’artefice dei successi nostrani più importanti degli ultimi quindici anni. Figlio di Paolo, ex direttore del Corriere della Sera, ha iniziato a muovere i primi passi come regista di cortometraggi, videoclip, spot pubblicitari e programmi televisivi. Una passione coltivata nel tempo, ma tutto sommato non in linea con il suo vero talento, quello di raccogliere e sviluppare idee per poi trasportarle su un set.

    Ecco, è qui che Mieli ha fatto la differenza, diventando un innovatore capace di immaginare con netto anticipo un certo tipo di televisione o cinema, all’epoca del tutto sconosciuta o poco compresa.

    Nel 2001 ha fondato la Wilder, società il cui catalogo ha incluso titoli prodotti sia per la tv satellitare che generalista, spaziando dal factual ai programmi di informazione, dall’entertainment alla fiction. La serie che lo ha lanciato definitivamente è Boris, ma di questo ne parleremo qualche riga più avanti.

    Un paio di anni dopo, più o meno in contemporanea con la seconda stagione capitanata da René Ferretti, Lorenzo Mieli ha deciso di avviare la Wildside, una società specializzata nella produzione di lungometraggi per sale e fiction, nata dal feeling professionale tra Fausto Brizzi, Marco Martani, Mario Gianani e Saverio Costanzo. Il nome è ovviamente l’unione di due società già esistenti: la Wilder, appunto, e la Offside. Inoltre, dal 2010 al 2019, Mieli è diventato amministratore delegato di FremantleMedia Italia, società di produzione televisiva che ha portato a fatturare una media di 40 milioni di euro all’anno, realizzando show per tutti i broadcaster. Tre nomi su tutti: XFactor, Italia’s Got Talent e The Apprentice.

    Dal 2020 è il presidente, oltre a essere l’amministratore delegato, di The Apartment Pictures: «Un’incubatrice di progetti pensati da persone che stimo». Un’azienda, il cui nome è stato scelto come omaggio a Billy Wilder, che tra le altre cose ha firmato con Wildside serie come The New Pope di Paolo Sorrentino, L’amica Geniale – Storia del nuovo cognome di Saverio Costanzo e We are who we are di Luca Guadagnino e ne svilupperà pure gli eventuali seguiti.

    Insomma, forse adesso il paragone con CR7 vi è un po’ più chiaro. E tra l’altro ci siamo andati anche leggeri: per il cinema ha prodotto circa una trentina di pellicole, tra cui Boris – Il film, La mafia uccide solo d’estate, Ogni maledetto Natale, Forever young, Come un gatto in tangenziale, Figli, Rifkin’s Festival per la regia di Woody Allen.

    La lista delle serie tv invece è infinita e non a caso parte proprio da un prodotto ideato da Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo e Mattia Torre. Lorenzo Mieli, infatti, è stato il primo a credere in Buttafuori, una sit-com geniale realizzata per Rai 3 nel 2006. A seguire non possiamo non ricordare Il mostro di Firenze per Fox Crime, In Treatment, 1992 e 1993 per Sky Atlantic, The Young Pope e The New Pope con la regia del premio Oscar Paolo Sorrentino.

    Tutto però è iniziato nel 2007, da quel pesciolino rosso che inizialmente si sarebbe dovuto chiamare Sampras, sul quale il produttore romano ha puntato fortemente. Un’idea rivoluzionaria, un modo diverso di raccontare le cose e di prendere in giro un determinato ambiente lavorativo. Ci sono tutti gli ingredienti per rimanere nella storia del cinema e della televisione italiana, senza Lorenzo Mieli oggi avremmo parlato di altro. E questo libro non sarebbe nemmeno esistito. Allora grazie, anche da parte nostra.

    Mieli, intanto grazie per aver accettato la nostra proposta. Le va di dirci come è nato Boris?

    «Molto volentieri, vi dirò la verità e nient’altro che la verità. All’epoca io avevo già la mia società, ma lavoravo anche come ufficio stampa dentro un’altra grande casa di produzione, all’interno della quale realizzavamo fiction per Rai Uno. Insieme a me c’era Luca Manzi e un giorno, mentre cazzeggiavamo guardando tutto quello che accadeva lì dentro, ci venne in mente di fare qualcosa che riprendesse il dietro le quinte di una fiction. Ecco, questo fu l’atto di concepimento di Boris. Di conseguenza con la mia casa di produzione, la Wilder, iniziai a far scrivere allo stesso Luca Manzi e a Carlo Mazzotta una prima versione. Loro buttarono giù una buona puntata pilota, ma non eravamo soddisfatti fino in fondo. Nel frattempo avevo individuato Luca Vendruscolo come possibile regista, che conobbi quasi per caso grazie a Piovono mucche, un film che mi folgorò completamente. Pensai che lui, con Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre, che conoscevo per i loro spettacoli teatrali, fossero le persone giuste per lavorarci insieme».

    E poi cosa è successo?

    «Decidemmo che avrebbero riscritto da capo la puntata pilota e che poi io avrei provato a venderla. Avevo un ottimo rapporto con i dirigenti della Fox e quindi gli raccontai di questa idea. Loro furono

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1