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Il grande sogno
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E-book71 pagine50 minuti

Il grande sogno

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Un piccolo libro nato per caso: la tesi di fine corso per Direttore Sportivo, germogliato sui banchi del Centro Tecnico di Coverciano e pubblicato a sorpresa da chi e per chi, accanto a te ne ha vissuto ed assaporato ogni momento. " Il grande sogno" è la storia, raccontata in modo semplice e genuino, a tratti pungente, di come, in un crescendo, la tua passione ti abbia preso per mano e accompagnato fino a diventare ciò che sei oggi. Con amore, Simona.
LinguaItaliano
Data di uscita13 dic 2013
ISBN9788868851514
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    Anteprima del libro

    Il grande sogno - Lorenzo Vitale

    GRANDE

    Alla mia mamma

    Come una farfalla che mi gira intorno

    E in fondo è un po'

    Come se tu fossi sempre qua

    Puntualmente, in ogni cosa bella che mi capita

    Per ricordarmi che ogni giorno è il giorno migliore

    (Raf – Metamorfosi)

    Introduzione

    La parola passione deriva dal verbo latino pati che significa patire/soffrire, quindi è chiara la sua etimologia tutt'altro che positiva; ma quando a muoverti è la passione va inteso quale principio di attivazione di un’emotività che investe con forza l’intera personalità dell’individuo al quale conferisce una specifica identità.

    Così la mia vita è sempre stata regolata dalla mia passione per il calcio: Papa Wojtyla morì il giorno precedente alla gara Audace Legnaia-Sporting Sesto; il primo governo Berlusconi salì in carica 4/5 giorni prima del mio esordio in serie D; gli Stati Uniti invasero l'Iraq un mese dopo che l'Empoli aveva battuto il Milan a S. Siro.

    La mia storia inizia il 24 giugno del 1976, giorno importantissimo per la mia città, Firenze, perché in quel giorno si festeggia il patrono.

    L'ostetrica entrò nella stanza ed urlò E' un maschio, si chiamerà Giovanni (nome del Patrono). Mia madre, considerando le 12 ore di travaglio appena passate, la guardò con sguardo torvo e con un filo di voce le disse No! Lorenzo.

    Mio padre, a causa del suo lavoro, arrivò solo qualche ora più tardi ed avvicinandosi a sua moglie espresse il desiderio di chiamarmi Matteo. L'anagrafe era già passata, per cui non ci fu neanche modo di discutere sul nome, che poi sarebbe stato in ogni caso Lorenzo. La mamma è sempre la mamma...

    La mia prima infanzia sarà caratterizzata da una formidabile complicità con mia madre: c’eravamo solo io e lei, in barba al resto del mondo. Una formidabile intesa questa, che mi accompagnerà anche nell’adolescenza e nell’età adulta.

    Il primo ricordo nitido di una giornata passata in compagnia di mio padre risale ad un giorno in cui venne a prendermi all'asilo per portarmi agli allenamenti della sua squadra. Allenamenti? Squadra? Di cosa stiamo parlando? Pensai in silenzio. Qualsiasi cosa fossero, era comunque un modo per stare un po' con lui, per cui mi sembrava la cosa più bella del mondo.

    Fu il primo contatto con quella che diventerà la mia più grande storia d'amore.

    Gli allenamenti della sua squadra si svolgevano in un posto bellissimo con tanti campi da calcio, spogliatoi, una piscina, il tutto in mezzo ad un verde ed una pace surreale. Solo dopo capii che quello non era un semplice campo di allenamento, ma il tempio del calcio: Coverciano.

    Il mio babbo, che da adesso chiamerò Pino, all’epoca era Direttore Sportivo della Rondinella Marzocco, ma io ancora ignoravo il significato di quella carica e non avevo idea di cosa fosse la Rondinella. Anzi sì, un uccello!

    Le mie presenze a Coverciano si fecero abbastanza costanti durante l'ultimo anno di asilo, soprattutto di giovedì, giorno della partitella.

    Pino si spogliava con la squadra, era parte integrante del gruppo. Pretendevo che giocasse con Cesario, un suo giocatore che avevo particolarmente in simpatia, ma, a parte me, non penso che abbia lasciato un segno indelebile nei cuori di molti altri tifosi. Ricordo anche di un rigore che tirai al portiere Biagini. Mi fece fare platealmente goal ed avvicinandomi a Pino gli dissi L’ha fatto a posta. Ero piccolo, mica scemo.

    Ancora però il colpo di fulmine non era scoppiato, tant’è che Pino fu costretto a prendere una piccola tv in casa perché non volevo vedere le partite di calcio. Preferivo passare il mio tempo con la mamma a guardare TeleMike o programmi del genere, piuttosto che vedere venti scalmanati correre dietro ad un pallone.

    Non so se in cuor suo Pino abbia anche pensato al test del DNA; in quegli anni non era un esame molto diffuso e comunque avrebbe messo in dubbio l'amore di mia madre, sentimento che lo ha guidato per tutta la vita e che ne ha reso possibile l’affermazione a livello personale e professionale.

    Fino all’età di sette anni il calcio avrà una rilevanza molto marginale nella mia vita; giusto qualche sporadica immagine che ogni domenica ero costretto a sorbirmi a casa di mia nonna, giorno di ritrovo della mia famiglia paterna. La tavola ogni volta era imbandita a festa e chiunque arrivasse veniva

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