Dentro il Mistero: Prospettive teologiche
Di Inos Biffi
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Ora, esattamente la riflessione sulla figura della teologia – scienza o «intelligenza della fede», riflessione o «reazione» del credente all’interno della Parola di Dio – mostra che a vari livelli la storicità ne contrassegna e imprime il carattere.
I testi contenuti in questo volume, già apparsi nella «Rivista di Teologia di Lugano» e in questa sede riproposti secondo una successione non cronologica, ma metodologica, affrontano sotto molteplici aspetti il metodo teologico e alcune figure storiche rilevanti della teologia medioevale. La storia del pensiero cristiano genera sempre un genuino fascino; innestata nell’adesione di fede e senza rinunciare alla ragione, ricorda all’uomo la perenne attualità del mistero cristiano e dell’amorevole disegno di Dio.
Inos Biffi
Mons. Inos Biffi è teologo e storico della teologia. Da studioso di liturgia è stato inoltre protagonista della riforma liturgica ambrosiana. Jaca Book ne ha pubblicato l’Opera Omnia, a cui hanno fatto seguito i Percorsi, frutto degli ultimi anni di docenza. È stato insignito nel 2016 del «Premio Ratzinger» per il suo contributo allo studio della teologia
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Dentro il Mistero - Inos Biffi
Inos Biffi
DENTRO IL MISTERO
PROSPETTIVE TEOLOGICHE
© 2020
Editoriale Jaca Book Srl, Milano
tutti i diritti riservati
Prima edizione italiana
febbraio 2021
Copertina e grafica
Break Point / Jaca Book
Redazione Jaca Book
Impaginazione Elisabetta Gioanola
eISBN 978-88-16-80270-4
Editoriale Jaca Book
via Frua 11, 20146 Milano, tel. 02/48561520
libreria@jacabook.it; www.jacabook.it
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INDICE
DESIDERIO DELLA SALVEZZA E SALVEZZA DEL DESIDERIO. PROSPETTIVA TEOLOGICA
1. Premessa
2. Approccio metodologico
3. Dal profilo storico
3.1 Il desiderio
3.2 La salvezza
4. Il desidero e la salvezza cristiana
5. Il desiderio della salvezza, la salvezza del desiderio
LA PREDESTINAZIONE DI CRISTO E LA SALVEZZA UNIVERSALE
IL CROCIFISSO RISORTO E GLORIOSO E L’UMANITÀ IN LUI PREDESTINATA
1. Il Crocifisso risorto e glorioso: fondamento, motivazione e fine della realtà
2. L’intimità creatrice di Dio
3. La filosofia incompiuta di Platone e di Aristotele
3.1 Un itinerario arduo
4. Una prima conclusione
4.1 Interrogativi gravi e impellenti
4.2 L’uomo e il mondo creati in grazia, cioè in Cristo
4.3 Il contenuto originale e fondamentale della Rivelazione: la predestinazione di Gesù Cristo e la compredestinazione in Lui
4.4 Il peccato e il perdono
4.5 Predestinato e Primeggiante
4.6 Il Crocifisso risorto: immagine originaria dell’uomo
4.7 In Cristo l’epifania del mistero trinitario
4.8 «Figli nel Figlio»
4.9 L’uomo consorte con Cristo, per commorire e conrisorgere con lui nella gloria
5. Un già
e un non ancora
IL LIBERO ARBITRIO. TRA LA LIBERTÀ E LA STORIA
LA PASSIONE E L’UTOPIA DI ANSELMO D’AOSTA: UN CREDENTE ASSETATO DI VISIONE
Introduzione
1. Il caso già sintomatico del Monologion
2. Il Proslogion
3. Il Cur Deus homo?
L’UMANESIMO CRISTIANO DI TOMMASO D’AQUINO
TEOLOGIA E FILOSOFIA IN TOMMASO D’AQUINO
1. Il supremo interesse della teologia: Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo
2. La teologia da scienza speculativa a scienza pratica, ossia dalla Trinità a Cristo all’uomo
3. La teologia creatrice di filosofia
4. La ragione risanata dal Vangelo
5. La mistica anima della teologia
RIFLESSIONI SULLA STORIA DELLA TEOLOGIA
1. La storia della teologia e il suo statuto scientifico
1.1 Presupposti della storia della teologa
a) La figura della teologia
b) La storicità della teologia
c) La storia
della teologia e il suo oggetto
d) Le epoche
della storia della teologia
2. La storia della teologia e la sua relazione con la ratio studiorum di una Facoltà di Teologia
3. Un fiorire di storie della teologia
LA STORIA DELLA TEOLOGIA: PREMESSE DI METODO
1. La storicità della Rivelazione
2. La dimensione o gli àmbiti multiformi della Rivelazione
2.1 La dimensione veritativa e intellettiva
2.2 La dimensione di bontà e di desiderabilità dell’evento fatto per l’esperienza
2.3 La dimensione dell’estetica
2.4 L’unità dell’evento della rivelazione
2.5 Antropologia eristica ed evento della Rivelazione
3. La natura della teologia
3.1 L’intelligenza della fede
3.2 L’esperienza della fede
3.3 L’estetica della fede
4. Conclusione
LA TEOLOGIA NELLA RELAZIONE CON LA FILOSOFIA E NEI SUOI LINGUAGGI
1. A partire dalla Parola di Dio
1.1 L’evento della Rivelazione
1.2 I caratteri distintivi della Rivelazione
1.3 Tra equivocità e univocità: l’analogia
1.4 La posizione di san Tommaso
1.5 Un’antropologia e un’analogia inclusa
1.6 La mediazione della fede
2. La «naturalis ratio» e la sua Sapienza
2.1 Necessità della filosofia
3. I linguaggi della teologia
4. A conclusione
IL DISEGNO TEOLOGICO COME RIMANDO TRINITARIO (LECTIO MAGISTRALIS, 13 NOVEMBRE 2014)
IL VOLUME DI JOSEPH RATZINGER SU L’INSEGNAMENTO DEL CONCILIO VATICANO II. PRESENTAZIONE IN OCCASIONE DEL 90° COMPLEANNO DI PAPA BENEDETTO XVI
I testi contenuti in questo volume sono già stati editi nella «Rivista di Teologia di Lugano». Vengono qui ripubblicati senza ritocchi sostanziali o modifiche. Solo, sono disposti secondo una successione non cronologica, ma metodologica.
Per primi abbiamo i saggi sul metodo della teologia. Seguono, quindi, i vari capitoli dell’opera, che si chiude con una nostra Lectio magistralis e con la presentazione del volume «L’insegnamento del Concilio Vaticano II».
DESIDERIO DELLA SALVEZZA E SALVEZZA DEL DESIDERIO. PROSPETTIVA TEOLOGICA¹
1. Premessa
Disporre il desiderio della salvezza e la salvezza del desiderio in prospettiva teologica non può che significare l’interpretazione sia del desiderio sia della salvezza dal profilo della rivelazione o della Parola di Dio, poste a principio della riflessione.
Restando d’altra parte pertinenti due domande:
– la prima, pregiudiziale: se l’argomento sia teologicamente affrontabile: e lo è, dal momento che sia il desiderio sia la salvezza appartengono linguisticamente e concettualmente all’orizzonte teologico, salvo – ed è il compito proprio della teologia – a determinare il contenuto originale e critico che essa attribuisce al desiderio e alla salvezza;
– la seconda domanda è più particolareggiata: che senso possa avere chiedere alla teologia che cosa pensi della salvezza del desiderio, dove – di là dal chiasmo brillante che avrebbe fatto la delizia di sant’Anselmo – sia salvezza sia anche desiderio sono riofferti, ma con significato nuovo e diverso: la salvezza, riferita al desiderio, non coincide, almeno immediatamente alla salvezza in quanto oggetto del desiderio.
Le due domande, in ogni caso, intendono avvertire o accentuare la coscienza che la teologia – sempre salutarmente incentivata dall’esterno – non necessariamente si riconosce autorizzata a dire la sua parola, e soprattutto che per definizione ha una sua parola originale, i cui contenuti essa ritrova in sé – o meglio a misura dell’ascolto della Parola di Dio che la genera e che si propone di riflettere – e su cui si fonda la prerogativa di assolutezza e di giudizio.
E questo indica subito la pertinenza e insieme il limite dell’approccio teologico anche al tema del desiderio della salvezza, per non dire al tema della salvezza del desiderio.
2. Approccio metodologico
La teologia può affrontare l’argomento da due profili strettamente connessi:
Il primo: nella forma più originaria dell’interpretazione della salvezza secondo la visione teologica e del desiderio ad essa coerente.
Il secondo: nella forma critica rispetto ad altre interpretazioni, d’altronde nella consapevolezza, da un lato, che la pertinenza del suo giudizio è chiaramente limitata quanto a competenza, e che, dall’altro, le conviene una valutazione non precaria e non indebita di tali interpretazioni dal profilo della loro validità in relazione all’assolutezza della Parola di Dio e della fede.
D’altra parte, accostamento critico non significherebbe puramente di valutazione, chiamata com’è la teologia, per il suo stesso costituirsi scientifico, all’assunzione integrante da cui riceve consistenza. Secondo l’affermazione di Tommaso che nella questione del metodo teologico parla della «ratio humana» a sua volta chiamata al compimento dalla «gratia», della «ratio» chiamata al compimento dalla «fides» e della «naturalis inclinatio voluntatis» dalla «caritas». I termini di san Tommaso sono: «perficere» e «subservire», e crederei non fuorviante tradurre questo «subservire» non nei termini della dipendenza ancillare, ma in quelli di infrastruttura
, assai più significativo e conveniente.
Questo mio approccio vorrebbe avere, però, un carattere soprattutto di metodo e rilevare i nodi e le questioni che la teologia del desiderio della salvezza ha posto, e soprattutto pone, di fronte ad altre forme di riconoscimento e di interpretazione.
3. Dal profilo storico
Il tema del desiderio della salvezza coinvolge due termini fondamentali: il desiderio; la salvezza. La teologia ha a sua disposizione ambedue i termini, o meglio i due concetti, sia dal punto di vista formale sia da quello del contenuto.
3.1 Il desiderio
La riflessione sul desiderio, riguardo al quale il rimando alla Parola di Dio, e quindi alla Scrittura, è senza dubbio di rigore ed è qui presupposto dal profilo analitico, è avvenuta in teologia – o meglio in un certo momento e in una certa tradizione teologica, almeno in Occidente determinante – con l’utilizzazione della sua definizione in un duplice contesto:
– quello dell’antropologia, come suo luogo soggettivo: «il desiderio è una inclinazione della volontà verso un bene da conseguirsi»²; «moto del concupiscibile verso un bene»³; «primo moto dell’appetito verso un bene»⁴; «un moto verso lo stesso amabile che non si è ancora posseduto»⁵; «un inizio dell’amore e quasi come un amore imperfetto»⁶; «un moto verso il bene»⁷, secondo il procedimento: facultas / desiderium / spes / caritas, nel presupposto della fides, dal momento che «ogni atto della parte affettiva presuppone un atto della parte cognitiva»⁸;
– quello della teologia, con la correlazione tra il desiderio e la visione di Dio, come compimento dell’uomo. E, più precisamente, il contesto del «desiderium videndi Deum» come compimento dell’uomo. Il richiamo a san Tommaso è obbligato, alle sue affermazioni sul «naturale desiderium» nei confronti della «divina visio per essentiam», anche se si è potuto scrivere che «non è ancora venuto il giorno di poter dire, senza far sorridere e senza tema di essere smentiti, che egli sul problema del desiderio di vedere Dio pensava questo» con l’aggiunta del «sospetto che forse questo giorno non verrà mai»⁹. E la ragione, probabilmente, è che si pretende che Tommaso risponda non alle sue, ma alle nostre domande.
Comunque è noto quanto l’Aquinate afferma: «il fine ultimo della creatura intellettuale è conoscere Dio nella sua essenza»¹⁰; «niente di finito può quietare il desiderio dell’intelletto […], nella conoscenza di Dio […] il desiderio è appagato»¹¹; «raggiunto questo fine è necessario che il desiderio naturale sia acquietato, perché l’essenza divina, che nel modo predetto è unita all’intelletto di colui che vede Dio, è il principio sufficiente per conoscere tutte le cose ed è la fonte di ogni bontà, per cui non rimane più niente da desiderare»¹².
Sappiamo anche che da un lato Tommaso ha affermato che «alla visione della divina sostanza l’intelletto creato è innalzato da una luce soprannaturale»¹³ e, dall’altro, che «tutte le intelligenze desiderano per natura la visione dell’essenza di Dio; e un desiderio naturale non può essere vano», per cui «qualsiasi intelletto creato può giungere alla visione dell’essenza divina»¹⁴.
Diamo per conosciuta la storia complessa e per certi versi dolorosa a cui queste affermazioni, con le loro varie interpretazioni, hanno dato adito; o meglio, la storia della questione del soprannaturale
nella quale queste affermazioni sono state coinvolte. Di questa dibattutissima questione, che giunge a toccare la figura e la proprietà stessa del mistero cristiano, solo ricordiamo gli aspetti implicati fondamentali:
– la gratuità della grazia e cioè della visione di Dio;
– l’esistenza di un ordine e di un fine ultimo naturale e di una natura pura
;
– anzi, la possibilità di una natura pura e quindi di uno spirito che non sia ordinato alla grazia e alla visione di Dio;
– il valore e il senso del desiderio naturale di vedere Dio.
Diremo subito, nella prospettiva teoretica, come per un certo verso la questione del soprannaturale
si sia o debba essere ritrattata
; osserviamo anche che legittimamente possiamo, invece che di grazia e di visione (immediata) di Dio, parlare, assumendo il linguaggio del nostro colloquio, di salvezza. Comunque si possono cogliere immediatamente nelle questioni del soprannaturale i temi emergenti di questo stesso colloquio:
– il valore delle molteplici forme di desiderio reperibili nell’uomo, variamente accessibili dalle diverse scienze;
– il criterio della loro validità;
– la loro relazione con il «desiderio cristiano» di cui parleremo;
– il senso di un desiderio naturale
nei confronti di questo stesso desiderio.
E come dire, risolutivamente, tutto l’esercizio della filosofia del desiderio, con le sue definizioni
e le sue aree di applicazione, che, alla fine, convergono in una antropologia filosofica – nell’ambito del sapere sostanziale e particolarmente e conclusivamente nell’ambito dell’amore – e anche in una filosofia della storia.
3.2 La salvezza
Dal versante della salvezza
, i temi sono correlativi:
– la configurazione di una «salvezza naturale» oggetto del desiderio;
– la sua consistenza e il suo valore;
– il criterio secondo cui discernere la sua validità;
– la relazione tra «salvezza naturale» e «salvezza cristiana».
E, ancora, e più consistentemente e oggettivamente, è la questione dell’antropologia filosofica e della storia «mondana» a fronte dell’antropologia teologica e dell’escatologia.
4. Il desidero e la salvezza cristiana
Ho accennato alla ritrattazione
della questione del soprannaturale in cui storicamente nella teologia – anche se secondo una storia e una teologia parziali –, e di fatto la «teologia moderna», i temi del desiderio e della salvezza si sono trovati compresi. Qualcuno ha parlato di «tramonto della teologia del soprannaturale»¹⁵, d’altronde con queste precisazioni: «Sulla base di un mondo costruito dalla pura ragione
e quindi fondato sulla pura
natura, il termine soprannaturale
– è da riconoscere – ha potuto sviluppare una particolare efficacia semantica, presumibilmente la più immediata, nell’intenzionalità di esprimere un rapporto, per altro solo negativamente determinato»¹⁶; «Effettivamente, se non avesse detto il soprannaturale
, la teologia moderna non avrebbe detto nulla della fede cristiana»¹⁷.
D’altra parte, questa ritrattazione
della teologia del soprannaturale e la sua impostazione rinnovata su più adeguato principio – e si dovrebbe parlare in realtà di ritrattazione
e di impostazione rinnovata della teologia semplicemente –, se perseguita in modo coerente e rigoroso, riprende con maggiore concretezza e penetrazione proprio i temi del desiderio e della salvezza, riportandoli alla loro radice e alla loro singolarità, che non può che essere radice e singolarità cristologica, dove desiderio e salvezza trovano inizio e forma.
Riconosciuta la possibilità di uno spirito, e quindi dell’uomo
, non soprannaturalmente destinato – per usare l’antico linguaggio – o meglio non compredestinato in Cristo, non nella grazia
– uomo di cui di fatto ci sfuggono i dati e la forma, perché non esistito mai di fatto –; e riconosciuto che concretamente dal principio l’uomo è concepito e predestinato in Cristo, e solo in lui, contro la visione di una grazia
che si aggiunga o si innesti, cioè di un Cristo che si sovradetermini all’uomo secondariamente –, allora vengono a configurarsi con precisione e con rigore i caratteri del desiderio e della salvezza e le condizioni perché essi trovino coscienza e compimento.
Non si parte da una natura
dell’uomo e neppure dalla grazia
, ma «da Gesù Cristo, che nella sua singolarità
è offerto dalla rivelazione e compreso
dalla fede… Si ha quindi un capovolgimento di prospettiva, in quanto viene attribuito al dato di fede la funzione di principio e unità di misura, spossessandone la natura
»¹⁸.
Su questo principio
possiamo intendere la salvezza: essa è la riuscita dell’uomo come condivisione della riuscita di Gesù Cristo sul quale è esclusivamente ideato, e quindi come comunione con la sua gloria. L’ordine soprannaturale, o la grazia
, è rigorosamente iniziale
. L’uomo salvato è l’uomo risorto.
Né è immaginabile, di fatto, un uomo che si salvi diversamente, cioè per il quale essere salvato significhi una cosa diversa: si dovrebbe ammettere una varietà di predestinazioni, che in realtà