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Messaggi rivoluzionari
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E-book416 pagine5 ore

Messaggi rivoluzionari

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Info su questo ebook

Di Antonin Artaud sappiamo ormai tutto, o quasi. Più che dire chi è stato, converrà dire cosa non è stato. Non è stato un sognatore. Né un utopista. Forse è stato un pazzo. Ha contaminato mondi tra loro incompatibili; non con spirito di avventura, ma con la ferrea disciplina di un ricercatore che ostinatamente mette alla prova le sue conclusioni. Così, ha letto diversamente i dati del reale, per rimetterne in questione la pregnanza; ha scoperto vasti crateri di senso, nascosti dal reale per celare le proprie, improvvide debolezze. Dove altri avrebbe perso l’uso della ragione, si è fatto forte di una coerenza assoluta. Oggi non ci stupisce un’archeologia dell’anima, né un’antropologia del cosmo. E l’idea di una scienza dell’immaginario vagliata al microscopio non è peregrina. Ebbene, Artaud non è andato in Messico – lo racconta questo libro – per fuggire la realtà. Ma per andare alla ricerca del reale e delle sue origini. E il viaggio gli rivela le possibilità del reale, inutilizzate dal reale stesso. Da scienziato, allora, avrebbe voluto riprendere il mondo dalle origini. E farne teatro. Che il suo palcoscenico appartenesse a uno di quei possibili, l’ha dimostrato il secolo.
LinguaItaliano
EditoreJaca Book
Data di uscita7 lug 2021
ISBN9788816802957
Messaggi rivoluzionari
Autore

Antonin Artaud

(1896-1948) è figura fin troppo nota della cultura del Novecento perché se ne possa tentare un profilo biografico senza incorrere in elisioni e forzature. Poeta, scrittore, saggista, uomo di teatro nel senso più profondo del termine, autore di un’opera labirintica ed infinita, dopo aver percorso da protagonista i più arditi sentieri della ricerca espressiva lasciando ovunque profonde tracce di sé, nel corso di un viaggio in Irlanda (1937) cade preda di una crisi che lo costringerà alla reclusione forzata in diversi ospedali psichiatrici. A maggio del 1946, grazie all’intervento di un nutrito gruppo di sodali ed amici viene trasferito alla clinica di Ivry, a poca distanza da Parigi; qui può finalmente passare ad un regime “aperto” che gli consente di riprendere progressivamente contatto con il suo ambiente artistico e culturale. In ritardo, ma assolvendo al meglio il compito di un risarcimento dovuto alla sua figura, il Théâtre Sarah-Bernhardt (7 giugno 1946) gli rende omaggio con una serata in suo onore, introdotta da André Breton, in cui J. Vilar, A. Adamov, J.L. Barrault e tanti altri leggono i suoi testi. Il 13 gennaio 1947, al Vieux-Colombier, Artaud stesso tornerà per l’ultima volta sul palco. Nello stesso mese gli viene assegnato il premio Sainte-Beuve per Van Gogh, il suicidato della società: Il 4 marzo muore, a causa di un tumore inoperabile al retto. L’edizione delle sue Œuvres Complètes si estende, per la parte edita, per 26 volumi in 28 tomi, più diverse altre pubblicazioni, e almeno due Cahier. Il suo nome resta legato alla teorizzazione del Teatro della Crudeltà e al volume in cui vengono pubblicati i manifesti relativi: Il Teatro e il suo doppio. Messaggi Rivoluzionari raccoglie gli scritti teorici, gli interventi, le recensioni - proposte culturali e provocazioni intellettuali - che Artaud ha redatto in Messico nel 1936, in quello che possiamo definire il primo viaggio in cerca di teatro della cultura europea, subito prima o immediatamente dopo aver incontrato l’etnia Tarahumara e aver partecipato al rituale del peyote.

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    Anteprima del libro

    Messaggi rivoluzionari - Antonin Artaud

    ANTROPOLOGIA

    Titolo originale

    Messages révolutionnaires, in Œuvres Complètes,

    vol. VIII, Gallimard, Paris 1980³

    nouvelle édition revue et augmentée,

    Éditions Gallimard, Paris 1971 e 1980

    © 2021

    Editoriale Jaca Book Srl, Milano

    tutti i diritti riservati

    Nuova edizione riveduta e accresciuta giugno 2021

    Tutte le traduzioni, ove non diversamente

    indicato, sono del curatore

    Redazione Jaca Book

    Impaginazione Elisabetta Gioanola

    Stampa e confezione

    Geca Industrie Grafiche Srl, S. Giuliano M.se (Mi)

    maggio 2021

    ISBN 978-88-16-80295-7

    Editoriale Jaca Book

    via Frua 11, 20146 Milano, tel. 02/48561520, 342 5084046

    libreria@jacabook.it; www.jacabook.it

    Seguici su

    INDICE

    A MO’ DI PREMESSA

    Criteri dell’edizione

    INTRODUZIONE

    Protasi

    RICOGNIZIONE DI UN VIAGGIO ATTRAVERSO LE LETTERE

    di Marcello Gallucci

    I.Il Messico, prima

    II.Dal luglio 1935 al gennaio 1936

    III.Da L’Avana a Città del Messico

    MESSAGGI RIVOLUZIONARI

    I

    TRE CONFERENZE TENUTE ALL’UNIVERSITÀ DI CITTÀ DEL MESSICO

    Surrealismo e Rivoluzione

    L’uomo contro il Destino

    Il Teatro e gli dei

    II

    MEXICO

    Il teatro del dopoguerra a Parigi

    Lettera aperta ai governatori degli Stati del Messico

    Basi universali della cultura

    Primo contatto con la Rivoluzione messicana

    Una Medea senza fuoco

    La giovane pittura francese e la tradizione

    Il teatro francese cerca un mito

    Ciò che sono venuto a fare in Messico

    La cultura eterna del Messico

    La falsa superiorità delle élite

    Segreti eterni della cultura

    Le forze occulte del Messico

    L’Anarchia sociale dell’arte

    Sono venuto in Messico per fuggire la civiltà europea…

    III

    FRANZ HALS – ORTIZ MONASTERIO – MARIA IZQUIERDO

    Franz Hals

    Un tecnico della lavorazione della pietra: Monasterio

    La pittura di Maria Izquierdo

    Maria Izquierdo

    Due note

    Il Messico e lo spirito primitivo: Maria Izquierdo

    APPENDICE

    I.Il Rito dei Re dell’Atlantide

    II.I testi de L’Avana

    a)Il Teatro in Messico

    b)La corrida e i sacrifici umani

    c)Pittura rossa

    d)Gli Indios e la metafisica

    e)L’eterno tradimento dei bianchi

    III.Lettera al dott. Alexis Carrel

    Addenda

    TESTIMONIANZE E DOCUMENTI

    Artaud. No se juega infamemente con los Dioses, di Alfonso Reyes

    Antonin Artaud, di Elías Nandino

    DOCUMENTI

    1)Surrealismo e rivoluzione

    2)L’uomo contro il destino

    3)L’anima magica in Francia, di Rafael Cardona

    Apodosi

    FIORI D’ANIMA SUL CORPO

    di Marcello Gallucci

    Edizioni originali di riferimento

    L’Autore

    A MO’ DI PREMESSA

    Quelli che seguono sono forse i soli resti di un sogno, o di un naufragio. Sono i testi scritti da Antonin Artaud in Messico, tra il febbraio e l’ottobre del 1936 – con l’esclusione di quelli relativi al soggiorno tra i Tarahumara, peraltro già noti al pubblico italiano e più volte editi.

    Liberati da una frammentarietà eccessiva, a volte esaltata arbitrariamente, questi articoli rivelano una luce più intima, più sottile. E se restano indubbiamente testimonianza diretta di uno scacco, se rivelano l’abisso che l’autore si è preparato quasi scientemente, che ha voluto, diventano nondimeno per noi la testimonianza concreta del primo viaggio in cerca di teatro della cultura occidentale.

    Criteri dell’edizione

    È bene ribadire subito, ove ce ne fosse bisogno, che Messaggi Rivoluzionari è un volume indiziario, basato sul desiderio di Artaud di veder raccolti sotto questo titolo tutti i suoi scritti sulla cultura autoctona del Messico (cfr. Lettera a Jean Paulhan del 21 maggio 1936, qui alle pp. 62-4) e ricostruito con ragionevole arbitrio da Luis Cardoza y Aragón, prima, e Paule Thévenin e Philippe Sollers, dopo. Le indicazioni autorali in proposito sono assolutamente embrionali e, tolte le tre conferenze pronunciate all’Università di Città del Messico, tutto il resto è congetturale. I diversi curatori hanno proposto indici plausibili del volume, anche con notevoli differenze tra l’edizione francese e quelle messicane, in dipendenza però non da un’intenzione editoriale definita, ma solo dalla contingenza del materiale di volta in volta reperito e disponibile.

    E dunque, se sotto questo titolo si fossero dovuti raccogliere tutti gli scritti dal febbraio all’ottobre 1936, risulterebbe in contrasto con quanto richiesto da Artaud l’enucleazione dei testi relativi al soggiorno tra i Tarahumara pubblicati a Città del Messico, mentre Il Messico e lo spirito primitivo: Maria Izquierdo, scritto e pubblicato in Francia al ritorno dal viaggio, non dovrebbe esser considerato. Al contrario, La montagna dei segni, Il paese dei Re Magi, Una razza-principio e Il rito dei re dell’Atlantide fanno oggi parte della raccolta intitolata Les Tarahumaras, pubblicata da Gallimard nel vol. IX (1979) delle Œuvres Complètes, nonché in varie edizioni singole (ultima nel 2017), mentre dovrebbero di diritto appartenere a questa silloge.

    Atteso come valido il piano proposto dalla Thévenin, resta comunque aperto il problema fondamentale della redazione dei testi origine, che spesso risentono delle condizioni precarie in cui è stata condotta la traduzione.

    Di qui l’esigenza di una edizione italiana che tenesse conto anzitutto del presupposto dei testi messicani, pur considerati nella loro sufficienza, e utilizzasse a confronto e supporto quanto ammirevolmente ricostruito da P. Thévenin e Ph. Sollers. Uno scrupolo critico forse eccessivo ha portato all’ulteriore analisi dei dattiloscritti artaudiani delle tre conferenze, conservati alla BNF, senza tuttavia che emergessero rilievi di una qualche entità, anche dove correzioni, aggiunte, ripensamenti, dislocazione di paragrafi e correzioni di correzioni, soprattutto per Surrealismo e Rivoluzione, restituiscono un esempio particolarmente sofferto della scrittura di Artaud.

    Lo schema che segue dà ragione di come si è proceduto per la traduzione:

    Dove D indica il dattiloscritto artaudiano conservato nella Bibiothèque Nationale de France, S i testi in edizione messicana; S² l’eventuale edizione in rivista (o in altra pubblicazione separata) di quanto non incluso in S; F il volume francese relativo, VIII delle Œuvres Complètes (1980³ – nouvelle édition revue et augmentée, che corregge i moltissimi refusi delle precedenti). Casi minimi di discordanza sono stati quasi sempre risolti a favore della traduzione francese, tenendo conto della diversa consuetudine di Paule Thévenin con le pagine e lo stile di Artaud e a fronte di versioni spagnole affidate a più mani, spesso realizzate in condizioni di estrema fretta, senza che l’autore potesse rivedere il testo. Ecco un esempio:

    Come si vede, l’edizione francese tenta di ristabilire un principio anzitutto stilistico – con inevitabili slittamenti di significato, ma di relativa o nulla entità. Mentre il contrario non può valere ad esempio, considerando che la traduzione delle tre conferenze (con l’intervento in particolare di José Ferrel, che lo stesso Artaud loda) è stata condotta con più agio, su un testo già redatto e con una discreta possibilità di revisione dell’autore. L’unico rilievo da fare è a proposito del mantenersi ostinato di un refuso sfuggito persino a Luis Mario Schneider: in Surrealismo e Rivoluzione si prende il Tevere per il Tibet – con il risultato di una confusione tanto comica quanto involontaria.

    Su queste basi, il valore di differenza dei testi giustifica la nostra scelta.

    Il teatro in Messico, La corrida e i sacrifici umani, Gli indios e la metafisica, riscoperti da Pedro Marqués de Armas nel 2019, compaiono per la prima volta in Europa e non ne esistono, a oggi, versioni diverse dallo spagnolo. Del solo Pittura Rossa una traduzione francese, sempre di Paule Thévenin, era stata pubblicata su «Magazine littéraire», nº 206, 1984. La Lettera al dott. Alexis Carrel è stata ritrovata dal prof. Etienne Lepicard nel 2014.

    Ventisette anni fa, nel licenziare la prima edizione dei Messaggi (edizioni Monteleone, Vibo Valentia, in una collana diretta da Vito Teti, che qui ancora ringrazio), mi era sembrato necessario colmare almeno una delle mende delle edizioni italiane di Artaud, che incideva sull’organicità del quadro relativo al Messico. In sintesi: il volume che raccoglieva e raccoglie tutt’ora l’edizione principale dei testi sui Tarahumara (1966) si basa su una silloge francese del 1956, quindi omette Tutuguri (seconda versione, diversa da quella compresa in Per farla finita col giudizio di dio), La Nature a produit les danseurs (brevissimo appunto integrativo de Il paese dei Re Magi) e, infine, proprio Le rite des Rois de l’Atlantide che, tra i tanti testi messicani, è forse quello che meglio aiuta a ricostruire il percorso che ha portato Artaud alla ricerca dell’etnia Rarámuri. In ragione di un impianto critico oggi ancora valido, avevo deciso di inserire almeno quest’ultimo al suo giusto posto, a chiusura dei testi messicani. Ho ritenuto di doverlo riproporre anche qui.

    Infine, tutte le traduzioni originali sono di chi scrive, così come le note e le altre parti di questo volume, ove non diversamente indicato.

    Come già detto, il titolo Messaggi Rivoluzionari è quello voluto dallo stesso Artaud per la pubblicazione dei suoi scritti messicani, di cui José Gorostiza¹ avrebbe dovuto farsi carico. Per una serie di traversie ancora difficili da ricostruire, il volume non apparve, né ad Artaud riuscì di realizzarne un’edizione francese. Solo nel 1962, Luis Cardoza y Aragón diede alle stampe una prima, parziale edizione, raccogliendo gli articoli comparsi sui giornali dell’epoca (México, Universidad Nacional Autonoma de México, México 1962); successivamente, per le Œuvres Complètes francesi, il corpus iniziale è stato arricchito da nuove acquisizioni, mentre nel 1984 Luis Mario Schneider ha proposto una sua versione (A. Artaud, Mexico y Viaje al país de los Tarahumaras, prólogo de L.M. Schneider, Fondo de Cultura Economica, México 1984), tuttavia ugualmente parziale.

    Questa nuova edizione, che oggi si propone ampliata, rivista e aggiornata, dispone un corpus di scritti integrato che può esser considerato esaustivo e costituire apparato di riferimento.

    La lapidaria e conclusiva affermazione di Luis Cardoza y Aragón² (No soy testigo de Artaud en México, calcinado por la druega y el sufrimiento), che riassume una solitudine venata da disperazione, ha spinto chi scrive ad aggiungere due testimonianze d’eccezione, che comprovano e definiscono il percorso artaudiano, aiutando a comprendere la portata della sua ricezione in Messico: si tratta di No se juega infamemente con los Dioses, di Alfonso Reyes – il padre spirituale di quasi tutta la letteratura iberoamericana del secolo scorso, ispiratore e interlocutore di J.-L. Borges – e del vibrante ricordo di Elias Nandino – una delle più alte e delicate espressioni della poesia messicana contemporanea.

    Ho già sottolineato come il lavoro si sia arricchito grazie a dei ritrovamenti di straordinario valore: i testi scritti o pubblicati a L’Avana nel medesimo anno e una lettera inviata ad Alexis Carrel da Città del Messico a proposito de L’uomo, questo sconosciuto. Reperti recenti, non ancora accolti nel corpus francese degli scritti, che vengono qui tradotti per la prima volta. Anche se, dunque, parzialmente esterni ai Messaggi Rivoluzionari, ho ritenuto giusto pubblicarli ad integrazione di un disegno che acquisisce così una migliore organicità.

    La documentazione in appendice riassume il rilievo dato ad Artaud dalla stampa messicana. Ringrazio qui la dott.ssa Susana Barajas Juárez, Jefa de la Sección de Consulta Automatizada de la Hemeroteca Nacional de México, e il dott. Guillermo Cerón, Encargado de la búsqueda y envío de información della stessa Hemeroteca, per l’aiuto fornitomi. Per i documenti d’epoca ho ovviamente riportato i nomi alla loro corretta grafia (Dreyer per Brever, Antonin per Antonio et similia).

    I nodi che risultavano ancora dopo il mio lavoro del 1994, sono quasi tutti sciolti, i testi integrati, le testimonianze vagliate. La traduzione ha acquisito in più luoghi una miglior forma, ed è infine possibile ricostruire una mappa ragionevolmente definita per chiudere gli interrogativi restati, allora, forzosamente aperti. Nel licenziare questa edizione, mi auguro di aver potuto contribuire a definire un aspetto non secondario della biografia e del pensiero artaudiani.

    Nella sua prima edizione, ormai più di un quarto di secolo fa, il libro si apriva nel ricordo di mio Padre. Aggiungo oggi, in identica costellazione, mia Madre e mio Fratello, Massimo, assieme al quale, al volgere dell’adolescenza, iniziai a leggere un libro il cui titolo mi aveva colpito. Quel libro era Il teatro e il suo doppio.

    Salvatore Piermarini (anche per lui il ricordo si fa dolente), Anna Tellini, Giannino Di Tommaso e Ornella Calvarese mi sono stati allora complici impagabili e solidali. A loro si unisce oggi Florinda Cambria, filosofa e interprete magistrale di Artaud, il cui entusiasmo mi ha facilmente convinto a questa nuova fatica.

    L’Aquila, maggio-giugno 2021

    M.G.

    ¹José Gorostiza (1901-1973), letterato, poeta e diplomatico messicano, fece parte del gruppo I Contemporanei, nel cui seno Artaud tovò i suoi principali interlocutori. È considerato uno dei massimi protagonisti della poesia iberoamericana del Novecento. Il suo capolavoro, Muerte sin fin (1939) mostra una profonda influenza della poesia francese contemporanea e di Artaud.

    ²Luis Cardoza y Aragón (1901-1992), poeta, saggista e diplomatico guatemalteco. Per la cultura messicana ha svolto un fondamentale ruolo di mediatore e provocatore di esperienze. Mentore di Artaud in Messico, a lui si deve la riscoperta e la pubblicazione della maggior parte dei testi qui raccolti e la testimonianza fondamentale per ricostruire le vicende del viaggio.

    INTRODUZIONE

    Nel 1945 Antonin Artaud è a Rodez già da due anni, ospite dell’ospedale psichiatrico in cui è stato sottoposto a circa cinquanta elettrochoc. Dietro lo stimolo occasionale di Henri Parisot, che vorrebbe realizzare l’edizione in volume dei suoi scritti sui Tarahumara, inizia a ripercorrere e ricongiungere la trama del suo passato. Il ricordo diviene materia e pretesto di riflessione, ricerca; prende forma progressivamente un’idea grazie alla quale si risolve l’individuazione del filo unitario che lega il passato e il presente: il superamento della lingua attraverso la riscoperta di un sistema originario, universale e concreto, dell’espressione:

    Da parecchi anni avevo avuto un’idea della consunzione, della consumazione interna della lingua, per esumazione di non so quali torpide e crapulose necessità. E, nel 1934, ho scritto tutto un libro in quel senso, in una lingua che non era il francese, ma che tutti potevano leggere, a qualsiasi nazionalità appartenessero. Purtroppo quel libro è andato perduto¹.

    Ma è davvero mai esistito quel libro dall’impronunciabile titolo Letura d’Ephrahi Falli Tetar Fendi Photia o Fotre Indi? Paule Thévenin ha definitivamente proposto di risolvere il problema leggendo nel «libro non scritto» il Libro iniziato a scrivere dopo il 1934, l’anno di pubblicazione di Eliogabalo o l’Anarchico incoronato: una raccolta ideale, che comprenderebbe dunque tutti i testi e tutti i viaggi, le peregrinazioni intellettuali e fisiche e l’infinita disperazione degli ospedali psichiatrici: dal Teatro e il suo Doppio al Viaggio al Paese dei Tarahumara, ai quaderni di Rodez, passando appunto per i Messaggi Rivoluzionari². Questo libro, che è l’esigenza di un raccogliere, di un’unità, indica la coerenza di un cammino compiuto sotto l’apparente divergenza dei molteplici aspetti dell’errare. E dunque non è perduto: piuttosto ci si è persi nell’imprevedibile dedalo della ricerca.

    Il fine che qui si è voluto perseguire è duplice: offrire un tentativo di sistemazione organica di saggi e articoli che – forse per l’eccessiva vicinanza a Il Teatro e il suo Doppio da un lato e agli scritti sui Tarahumara dall’altro – non hanno avuto la fortuna di una trattazione autonoma, risultando perciò piuttosto schiacciati dalla preponderanza dei testi maggiori, fino ad essere quasi del tutto sconosciuti (almeno in Italia), inserendoli nel pieno del discorso sulla nuova lingua che prima si ricordava (nella convinzione che questa, nel suo profilo eminente, si qualifichi come nuova lingua della scena); e allo stesso tempo, proprio in forza di quanto sopra, tentare una lettura di Artaud prendendolo, per così dire, alla lettera. O, se si preferisce, dandogli fiducia fin nelle sue estreme allucinazioni di concretezza.

    Sempre nel 1945, e ancora a Henri Parisot, Artaud scriveva di essere andato in Messico

    … non per fare un viaggio di iniziazione o di piacere… ci sono andato per ritrovare una razza che potesse seguirmi nelle mie idee. Se sono poeta o attore non lo sono per scrivere o declamare poesie, ma per viverle. Quando recito una poesia non è per essere applaudito, ma per sentire corpi d’uomini e di donne, dico corpi, tremare e volgersi all’unisono con il mio…³.

    Ora questa vibrazione che volge (trembler et virer) occasionando una precisa risposta fisica dello spettatore, si origina dal dettame corporeo dell’anima, materia magica di poesia⁴: la colpa folle di Artaud è insomma quella di aver inseguito le leggi di conoscenza ed utilizzazione dei principi che permettono una grammatica fisica delle emozioni, quindi una loro trasmissione per così dire corporea. L’atto poetico che ne risulta, di cui il teatro è la specificazione più naturale e logica, situa l’attore e lo spettatore lungo un asse coerente con quello della disposizione originaria delle forze (anch’esse materiali!) che muovono l’anima.

    Il sentiero che ci siamo proposti di seguire qui muove insieme da un presupposto teoretico più generale e necessario. Ricondotto ad una logica che è inevitabile riconoscere come interna al processo di elaborazione del suo pensiero, il tema del Messico compare non come una bizzarria o una stranezza, ma come l’inevitabile e imprescindibile termine di una lunga elaborazione. Così riscattati, i testi di Artaud recuperano tutta la concretezza di una scrittura non più o non solo visionaria, ma piuttosto radicale e vera, interna al discorso che l’ha generata.

    Infine, il processo di scrittura che si apre nelle pagine che seguono mira a un fine concreto, racchiuso nel duplice cammino tra Protasi e Apodosi. Con l’implicita affermazione non tanto di una valenza ipotetica, quanto di una modalità efficace nella posizione dell’argomento: se questo, allora; ma questo, dunque…

    ¹Lettres de Rodez (a H. Parisot, 22 settembre 1945), in O.C., IX, p. 171; trad. it. in Al paese dei Tarahumara e altri scritti, a c. H.J. Maxwell e C. Rugafiori, Adelphi, Milano 1966, p. 168; per il titolo del libro v. ivi, p. 172; l’ed. it. cit. (p. 169) riporta una versione leggermente diversa, anteriore a questa, corretta da P. Thévenin sulla base delle argomentazioni contenute in Entendre / voir / lire – ora in P. Thévenin, A. Artaud, ce Désespéré qui vous parle, Seuil, Paris 1993, p. 212ss.). Con la sigla O.C., seguita dal numero romano del volume, faremo di seguito riferimento al corpus artaudiano delle Œuvres Complètes, Gallimard, Paris 1956 – XXVI voll. editi, cui vanno aggiunti i voll. Cahier d’Ivry, Janvier 1948, fac-similé, édition et présentation d’Évelyne Grossman, Gallimard, Paris 2006 e Cahiers d’Ivry – février 1947-mars 1948, édition É. Grossman, Gallimard, Paris 2011 – tome I (cahiers 233 à 309), tome II (cahiers 310 à 406). L’edizione delle opere curata dalla Grossman (Antonin Artaud, Œuvres, édition établie, présentée et annotée par É. Grossman, Gallimard, Paris 2009) verrà indicata con Quarto. La sigla T.D. rimanda invece al vol. Il Teatro e il suo doppio e altri scritti teatrali, a c. G.R. Morteo e G. Neri, Einaudi, Torino 1974.

    ²Cfr. P. Thévenin, op. cit., p. 221ss.

    ³Lettera del 5 ottobre 1945, O.C., IX, p. 173; Al paese… cit., p. 171.

    Ivi, p. 175 (p. 173 ed. it.).

    Protasi

    RICOGNIZIONE DI UN VIAGGIO ATTRAVERSO LE LETTERE

    Marcello Gallucci

    All’inizio solo segni sporadici, capaci tuttavia di disegnare il percorso di una strana predestinazione: il richiamo in indice alla mitologia azteca nel piano per un Baccalauréat de la raison en exemples¹ e quel singolare volume in più, Le Secret des Mayas, arbitrariamente inserito (tra gli altri) nell’elenco di libri di letteratura amena che compare nella sua traduzione de Il Monaco di M. G. Lewis².

    La sostanza di queste citazioni è labile, e indica forse niente di più di una deriva delle letture fatte tra infanzia e adolescenza nel Journal des voyages et des aventures de terre et de mer, tra storie di vampiri, di vergini perseguitate, sacrifici atroci nella giungla e le vicende di Monsieur Rien, il primo uomo invisibile. La fascinazione infantile di luoghi immaginari e terre lontane dà parzialmente ragione del miraggio di geografie impossibili, attiva nei due resoconti sulla Cina e le Galapagos³, ma non della concretezza di un viaggio. Impossibile affidare all’evidenza di testimonianze scritte il nascere del suo interesse appassionato per il Messico. S’incarna, assoluto, nel progetto di quello che doveva essere il primo spettacolo del Teatro della Crudeltà: La Conquista del Messico.

    Poi, a luglio del 1935, esplode l’urgenza improvvisa di partire. Per disperazione, o per la speranza di "fuggire la barbarie europea".

    L’origine di questo viaggio andrà ricercata negli interstizi della vita, nelle pieghe dei testi, nello spazio convulso in cui gli appunti flettono le esperienze e le letture si fanno indisciplinate e furiose.

    I. Il Messico, prima

    In una prima sintesi cronologica della vita del fratello, Marie-Ange Malausséna scrive: «Nel 1936 realizza un vecchissimo progetto. Parte il 9 gennaio per il Messico, alla ricerca di una razza di indiani primitivi, i Tarahumara».

    Il resoconto è impreciso, sin dalla data di partenza; si snoda poi tenendo conto non della realtà dei fatti, ma piuttosto di quanto Artaud scrive nelle lettere a familiari ed amici, trasformando la distanza nello spazio di una ben orchestrata messinscena⁴ in cui il viaggio è una specie di trionfo, lui stesso è l’homme du jour di Città del Messico, i politici lo ascoltano e l’intellighenzia culturale lo riverisce⁵. E quanto ai Tarahumara, l’ipotesi più probabile è che Artaud ne debba la conoscenza a Valery Larbaud e alla sua traduzione del poema di Alfonso Reyes, dunque non prima del 1929⁶.

    Tuttavia, Marie-Ange ha ragione, c’è qualcosa di antico, di très vieux, in questo viaggio. Una verità di cui dovremo tener conto. Partendo da lontano.

    Il primo richiamo in chiaro al Messico e alla sua civiltà, compare solo nel 1933, anno in cui, nel Secondo Manifesto, La conquista del Messico viene annunciato come spettacolo inaugurale del nascente Teatro della crudeltà⁷. Per realizzarlo, Artaud avanza progetti, promuove sottoscrizioni, propone serate… poi, in una progressione tanto rapida quanto imprevedibile, La conquista viene abbandonato e al suo posto subentrano I Cenci. Il motivo reale di questa sostituzione è ancora da chiarire. Certo, I Cenci erano già parte del disegno drammaturgico complessivo di Artaud, ma all’interno di una strategia ancora tesa all’individuazione di un repertorio possibile. La conquista, invece, aveva ben altra definizione. Artaud, a ragione, descrive come completo il suo lavoro sulla sceneggiatura. Il livello del testo che conosciamo è, a tutti gli effetti, eccezionale. Michel Corvin, nella sua recente edizione critica de I Cenci, lo considera un magnifico poema in prosa, in cui la distribuzione delle azioni è regolata da un principio squisitamente classico della composizione: Artaud costruisce i primi due atti in costante crescendo, e nel terzo fa esplodere il conflitto drammatico tra Montezuma e Cortés; il ritmo incalzante che sorregge il gioco dell’opposizione tra le due culture sfocia in una deflagrazione apocalittica, oltre l’umano e il verosimile. Corvin ne parla come di una visione dantesca, bruciante, assoluta⁸.

    Inoltre, La conquista segna per Artaud il punto di più avanzata e matura ideazione di una nuova funzionalizzazione dello spazio scenico, a pianta centrale, in cui circa 300 comparse⁹ avrebbero dovuto circondare gli spettatori, posti al centro e stretti da uno spettacolo che non concede pause; l’utilizzo di gallerie e ponti per permettere agli attori di comparire all’improvviso, quasi dal nulla, ai quattro angoli della sala; l’uso di apparecchi innovativi avrebbe favorito l’imposizione di un principio sonoro unico… una cospicua parte del futuro teatro del Novecento è anticipata da questo processo, che trasforma il teatro da luogo di un’esecuzione a spazio per una rivelazione, per rendere lo spettacolo una trascendente esperienza vitale, per restituirgli una appassionata e convulsa concezione di vita¹⁰?

    Mentre..

    Mentre I Cenci, all’inizio non erano niente più di una tentazione. Una bella tentazione, trasmessagli dall’amico Balthus in una delle tante sere trascorse insieme, magari la stessa in cui lo presentò a Lady Abdy, futura protagonista dello spettacolo. O comunque in quel periodo¹¹.

    Già nel 1931, comunque, in una lettera a Jean-Richard Bloch, Artaud considerava la possibilità di una messinscena della tragedia; e tuttavia, solo come un’ipotesi, alla pari dell’Empedocle di Hölderlin, di un dramma – non meglio specificato – di Byron e della Tragedia della vendetta di Middleton. Anzi, il testo di Shelley gli pareva soffrire di una certa sufficienza, cui si sarebbe dovuto porre rimedio¹². Almeno fino al 1935, non ne avrebbe più parlato¹³.

    Tra la lettera a Bloch, il Primo (1932) e il Secondo manifesto (1933), i testi cambiano, slittano, sconfinano e scompaiono: appaiono un lavoro di Klossowski tratto da Sade, il Woyzeck, il Riccardo II… Il repertorio deve dar conto della diversa qualità del teatro, e per questo si traduce nella ricerca affannosa dei testi. La sarabanda di titoli rivela come Artaud stesse, in realtà, facendo esercizio di drammaturgia, per strappare ai testi il segreto di una lingua non compromessa, in rapporto organico con la scena.

    Una lingua in cui l’azione non è derivazione, ma consustanziale alla scrittura stessa.

    Esercizio e confronto corrono insieme, a definire una costellazione possibile che va dai classici elisabettiani al Faust di Ribemont-Dessaignes, a Leonce e Lena di Büchner, a un episodio dello Zohar… tratto comune è la restituzione scenica di un’impellenza che renda all’azione il carattere di ineludibilità e di trascendenza, ridefinendo lo statuto dei rapporti tra teatro e scrittura. Com’è per Rabbi Shimon «che brucia come il fuoco ed è attuale come il fuoco»¹⁴: nella sua storia, l’anticipazione di una metafora che diverrà centrale. Non solo per Artaud.

    Crudeltà, appunto, è l’intreccio indistricabile che dà forma alla catena: ad un estremo, il mito – come realtà metafisica cogente; all’altro, il teatro – come metafisica sperimentale. I testi, quelli servono a capire come fissare biunivocamente gli elementi di questo andirivieni. Il risultato si concentra sempre più attorno ad un tema caro e ben coltivato: La conquista del Messico.

    Ed ecco insieme la ragione e il torto di Marie-Ange: Artaud coltiva da molto tempo la passione di diversi esotismi. Ma se questa passione si specifica, se la forma che questo antico sogno assume è il Messico, tutto ciò si lega alla ricerca di una nuova possibilità del teatro. I Tarahumara, come già detto, sono ancora in là da venire.

    E tuttavia, lo ribadiamo ancora, Marie-Ange ha ragione. Il sogno del Messico, per tradursi in una sceneggiatura di tale forza e potenza, deve essere antico. Alejo Carpentier¹⁵ ricorda che Artaud andava spesso a trovarlo, anche a notte avanzata, per parlare del Messico e

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